domenica 16 novembre 2025

Statistiche smentite?




Due settimane fa avevamo ricordato come novembre, statisticamente, sia il mese migliore per i mercati azionari. Ma per il novembre 2025 questa regola sembra valere poco evidenziando, una volta ancora, come le statistiche sembrano fatte per essere smentite.

In ambito sociologico, dove la statistica è pane quotidiano, questo concetto è stato rielaborato e portato all’estremo: per i sociologi ci sono le bugie, ad un gradino superiore troviamo le maledette bugie e al vertice dominano le statistiche

In fondo, una statistica non è altro che il prodotto di un modello che cerca di semplificare una realtà complessa: per quello che ci concerne non conosciamo nulla di più intricato dell'universo della finanza. E' un mondo che tutti vorrebbero imbrigliare, semplificare e dominare ma nessuno - speriamo neppure l’AI - riesce a farlo se non in modo inevitabilmente approssimativo.

Ergo, non drammatizziamo troppo se talvolta abbiamo l’impressione di procedere a tentoni: se frequenti l’ambiente finanziario, prima o poi ti capiterà. È successo persino a Michael Burry, probabilmente il più celeberrimo dei contrarian — per intenderci il contrarian è un investitore che agisce in modo opposto rispetto al sentiment dominante del mercato. Compra quando gli altri vendono e viceversa — che ha da poco chiuso il suo fondo d'investimento ammettendo laconicamente: «Non capisco più il mercato». E pensare che è stato il primo a scommettere in modo massiccio contro il mercato immobiliare americano prima della crisi del 2008...

Ma con Burry non possiamo che essere solidali. Prendiamo Palantir, società simbolo del settore AI, che continua a salire imperterrita nonostante un P/E del tutto fuori contro;  malgrado ciò  noi continuiamo a comprarla...! A seconda dei modelli utilizzati — ancora una volta, quando si parla di finanza nulla è mai certo né univoco — il suo forward P/E oscilla tra 172 e 266. Ciò significa che un investitore, per avere Palantir in portafoglio, è disposto a pagare tra 172 e 266 dollari per ogni singolo dollaro di utile atteso. Per molti si tratta di una follia, soprattutto se si considera che il forward P/E del Nasdaq è intorno a 35

Tornando a Palantir, per far scendere il P/E verso la media del suo mercato di riferimento in un lasso di tempo variabile tra i 4 e i 6 anni, la società dovrebbe mantenere una crescita degli utili tra il 40% e il 50% annuo costantemente. È un ritmo estremamente impegnativo, sostenibile solo da società con un'esplosione della marginalità e dei ricavi. Per il momento la nostra sembra farcela: gli ultimi dati trimestrali (Q3 2025) ci dicono che i numeri ci sono ma è abbastanza intuitivo immaginare cosa può succedere ad una società del genere se qualche cosa non dovesse girare per il verso giusto anche solo per qualche trimestre.

Questo tipo di preoccupazione è quello che sta togliendo il sonno agli investitori: per molti il settore dell'AI è a rischio bolla. Questa sensazione genera ansia e allora i player finanziari entrano in modalità risk-off ed iniziano a liberarsi di tutto quello che potrebbe in un qualche modo scoppiargli tra le mani. Si vende tutto, soprattutto ciò che sembra quotato, almeno sul breve termine, in maniera esagerata: si cede il bitcoin, si vende l'oro (!)  e si alleggeriscono i titoli legati all'AI. Si chiede poi protezione ai beni rifugio. Considerato che l'oro, per il momento, sembra non essere percepito come tale, non rimane molto altro da fare che comprare franco svizzero. E' quello che è successo, come vedremo fra poco,  questa settimana.

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Per alcuni economisti dovevamo prepararci al disastro ma per fortuna coloro che hanno propiziato lo shutdown non se la sono sentita di rovinare il black friday, il cyber monday e tutto quel bailamme di acquisti che precedono il Natale. Quindi hanno trovato, in Zona Cesarini, un compromesso che ha messo fine allo shutdown più lungo della storia americana (43 giorni) consentendo la riapertura delle attività governative almeno fino al 31 di gennaio del prossimo anno, poi si vedrà. Non siamo ancora in grado di calcolare quanti danni ha provocato all'economia americana questa chiusura forzata delle attività governative ma, di certo, ha generato una serie di inconvenienti non da poco. Uno di questi è l'assenza di dati macroeconomici che molto probabilmente, a giudicare dalle esternazioni di alcuni suoi membri,  stanno mettendo in difficoltà la FED che fra meno di un mese (9.12.2025) dovrebbe decidere se procedere ad un taglio dei tassi:


Dato per scontato un mese fa (94%) oggi gli investitori pensano che ci sarà un taglio dello 0.25% al 44%... Non una bella notizia per il bitcoin, l'oro e i mercati azionari che infatti hanno già reagito...

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Una (apparente) buona notizia per la Svizzera: la delegazione di imprenditori che, guidati da una stella cometa, sono giunti nella grotta della Casa Bianca portando in dono Rolex, lingotti d'oro e 200 miliardi di investimenti negli USA ha ottenuto quello che voleva: essere trattata da nazione europea con i dazi al 15% e non allo scandaloso 39% come fossimo un paese in via di sviluppo. Ovviamente tutti, Consiglio Federale in primis, hanno tirato un sospiro di sollievo ma da questa storia il nostro Paese non ne esce troppo bene... Un esame di coscienza andrà fatto. Ad Appunti Finanziari comunque interessa soprattutto cosa ne pensa il mercato: la borsa, prevedendo un simile epilogo, aveva già reagito in settimana e ne siamo soddisfatti; il franco, per contro, così forte non ce l'aspettavamo ma sospettiamo che con l'abbassamento dei dazi non ha nulla a che fare... lo vedremo dopo.

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Il modello di Ned Davis prevede per lo S&P 500 un trend in buon rialzo. A noi la situazione sembra un po’ meno brillante e ci stiamo preparando ad un movimento più laterale che con ogni probabilità ci accompagnerà fino a fine anno.

In attesa dei dati macro di novembre — sembra ormai chiaro che quelli di ottobre non li vedremo — la prossima settimana, grazie ai dati societari,  potrebbe riservare qualche movimento interessante.

Mercoledì Nvidia pubblicherà i risultati del terzo trimestre: l'attesa è per risultati a dir poco stellari. Anche il settore retail merita attenzione: è utile per valutare come e quanto stanno spendendo i consumatori americani.  Home Depot (martedì), Target(mercoledì) e Walmart (giovedì) saranno osservati speciali.

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Lo S&P 500 (+14,49% YTD), dopo essere uscito dal canale ascendente, è sceso a testare il supporto statico dei 6.700 punti. Nel corso della settimana ha effettuato un classico pullback, per poi chiudere venerdì praticamente sugli stessi livelli di lunedì mattina.

L’indice si trova ancora poco sopra il supporto, ma potrebbe essere un margine sufficiente per consentirgli un rimbalzo. La nostra impressione è che, più che un vero cambio di trend, si possa ipotizzare un appiattimento del movimento, con una possibile fase laterale che potrebbe protrarsi fino a fine anno.

Non sarebbe affatto drammatico. Il modello di Ned Davis, al contrario, contempla un rally di fine anno: e se così fosse, non potremmo che esserne lieti.



Dei timori legati alla possibile sopravvalutazione dei titoli associati all’AI abbiamo già discusso, ma è evidente che molti investitori iniziano a nutrire qualche inquietudine. Va però osservato un aspetto interessante per quel che concerne il Nasdaq (+18.59% ytd) : l’estensione dell’indice negli ultimi giorni di contrattazione.
Si vende molto, è vero, ma allo stesso tempo si compra altrettanto.

Sospettiamo che dietro questi movimenti ci sia la mano dei piccoli investitori—una massa ormai enorme e organizzata in comunità sui siti specializzati—che da tempo abbiamo imparato a riconoscere come una delle forze capaci di muovere davvero i mercati.

Per ora, la media mobile a 50 giorni continua a fungere da solido supporto e non si rilevano segnali di cambiamento di trend particolarmente preoccupanti. Anche il canale ascendente (linee verdi) si conferma robusto.



Dopo una lettura più attenta dobbiamo ammettere che il canale ascendente di breve periodo dell’Eurostoxx50 (+16,29% YTD) merita di essere ridisegnato con maggiore precisione. Ci ripromettiamo di farlo la prossima settimana.

Nel complesso, la settimana è stata più che soddisfacente, con un progresso del 2,59% rispetto al venerdì precedente: un risultato tutt’altro che trascurabile, che conferma come le borse europee abbiano ancora qualcosa da dire.

Avrete inoltre notato che la performance dell’indice è stata superiore a quella dello S&P 500 e, considerando che il dollaro ha perso il 12,22% contro l’euro da inizio anno, investire in Europa si è rivelato senz’altro un buon affare.

Restiamo convinti che il target a 5.870 punti rimanga raggiungibile.



Il recente pellegrinaggio a Washington di imprenditori e politici svizzeri, come già accennato, ha dato nuovo slancio allo SMI (+8,91% YTD), almeno nei primi due o tre giorni di contrattazioni. Peccato che le prese di profitto di venerdì abbiano rovinato quella che avrebbe potuto essere una delle migliori settimane dell’anno. Nonostante ciò, non possiamo certo lamentarci: il guadagno settimanale è stato del 2,90%.

12.400 punti sembrano ora essersi trasformati in un supporto convincente e, per quanto ci riguarda, il target di breve a 13.700 punti rimane immutato. Ci vorrà un po’ di pazienza, ma se saremo accompagnati da un rally di fine anno, l’obiettivo appare senz’altro raggiungibile.


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L’inquietudine degli investitori, questa settimana, si è riversata tutta sul franco svizzero. Forte la pressione sul dollaro, che ha sfondato il supporto a 0.7920, fortunatamente senza particolare convinzione.

Per il momento abbiamo evitato il rischio di una discesa verso i 78 centesimi, livello che potrebbe diventare il prossimo obiettivo qualora il cambio non riuscisse a mantenersi sopra l’attuale supporto.

Difficile prevedere se assisteremo ad un rimbalzo della valuta americana ma considerato il momentum non ci facciamo troppe illusioni.



Anche l'euro si è rafforzato negli ultimi due giorni di borsa ma tutto sommato con movimenti non eclatanti. Per noi rimane è sempre valido lo scenario di uno spostamento laterale che continuerà almeno fino alla fine dell'anno.

Ben diversa l'evoluzione dell'euro contro franco svizzero: in settimana abbiamo assistito ad uno sfondamento del supporto a 0.9216 e siamo andati per un attimo a vedere lo 0.9181 che possiamo considerare il minimo storico di questa parità (non vogliamo considerare i 75 centesimi che per un istante abbiamo visto quando la BNS nel 2015 ha tolto il floor a 1.20... ma ce lo ricordiamo bene!). Per il momento non sembra che la BNS abbia voglia di intervenire più di tanto, movimenti di acquisti massicci di euro non se ne sono visti. Speriamo solo che non stia pensando ai tassi negativi ma dobbiamo prepararci a questa evenienza. Ci aggrappiamo al RSI che segnala un ipervenduto e speriamo in un rimbalzo ma, come nel caso del dollaro, il momentum è quello che è e non ci facciamo troppo affidamento.




Dal 6 ottobre, quando il Bitcoin ha toccato e superato per un attimo i 126.000 dollari, la discesa è stata rapida e significativa: parliamo di circa -30%, un calo che sta facendo male a molti, soprattutto a chi ha acquistato in leva e sospettiamo non siano pochi. I margin call delle banche sono sempre in agguato...

Ad essere sinceri, non ci aspettavamo che il supporto a 98.500 dollari venisse violato con tanta facilità, ma così è stato. Il prossimo livello rilevante, che riteniamo piuttosto solido, si colloca intorno ai 92.000 dollari, zona nella quale gli investitori più “sportivi” potrebbero valutare un rientro.

Attenzione però: se anche i 92.000 dovessero cedere, il rischio è di scivolare rapidamente verso i 85.900 dollariPrudenza, quindi!



Se ricordate bene, la scorsa settimana l’oro si trovava ancora all’interno del suo triangolo di consolidamento e ci aspettavamo una fuoriuscita imminente, senza però sapere in quale direzione. Oggi la direzione è chiara: al rialzo. Come previsto dall’analisi tecnica, il prezzo ha rapidamente raggiunto il target di 4.230 dollari l’oncia.

Venerdì, tuttavia, il metallo giallo è stato improvvisamente venduto a piene mani, probabilmente da quegli investitori in leva costretti a liquidare posizioni a causa dei margin call, dove sei costretto a buttare via un po' di tutto, oro compreso. 

Non siamo comunque particolarmente preoccupati; anzi, questa correzione potrebbe persino rappresentare un’opportunità per incrementare leggermente l’esposizione.


Buona domenica!

domenica 9 novembre 2025

Ritorna un po' di volatilità.




La scorsa settimana eravamo stati travolti dalla valanga di risultati societari e dalle decisioni, quasi simultanee, scaturite dalle riunioni di ben quattro importanti Banche Centrali. In questa, invece, la relativa scarsità di dati macro ci ha offerto un momento di riflessione: il -3,73% su base settimanale del Nasdaq e il quasi -2% registrato dagli altri principali indici ne sono plausibilmente la conseguenza.

Va detto, ad onor del vero,  che non siamo rimasti completamente privi d'informazioni: alcuni dati e qualche evento significativo hanno contribuito a generare un certo disagio tra gli investitori incentivando le di prese di beneficio che, tutto sommato, potrebbero anche essere benefiche. Diamogli un'occhiata.

Da dove vogliamo iniziare? Proviamo a partire dalla fine, cioè da quanto pubblicato venerdì dall'Università del Michigan a proposito della confidenza al consumo degli americani:


Raramente negli ultimi 45 anni lo si era visto sfiorare i 50 e sappiamo tutti cosa vuol dire: le famiglie percepiscono un netto peggioramento del proprio potere d'acquisto, temono per la perdita del posto di lavoro e avvertono l'inflazione come qualche cosa di persistente; le conseguenze sono altrettanto note: riduzione degli acquisti non essenziali, rinvio di spese importanti, uso più parsimonioso delle carte di credito e aumento del risparmio,  ovviamente il tutto a detrimento del PIL americano. 

Insomma il quadro che ne esce contrasta nettamente con quanto abbiamo visto la scorsa settimana a proposito del GDPNow calcolato dalla FED di Atlanta che l'8 di novembre segnala un PIL teorico al 4% (!). Sarà poi vero? Per verificarlo dovremo attendere, shutdown permettendo, la pubblicazione del dato ufficiale ma ciò non toglie che da qualche parte in America c'è un buon numero di cittadini che del PIL teorico se ne fregano e stanno guardando con crescente preoccupazione cosa rimane nel borsellino alla fine della settimana: sempre meno.

Possiamo incolpare l'attuale shutdown, che si protrae dal primo di ottobre,  di aver enfatizzato la perdita di confidenza dei consumatori americani? E' probabile che un ruolo lo stia avendo. Lo shutdown non paralizza i servizi essenziali ma comunque rallenta il funzionamento del governo, ritarda il pagamento dei dipendenti federali, riduce alcuni programmi sociali e crea incertezza nei consumatori e nelle imprese. Più a lungo dura, maggiore è l’impatto sul sentiment economico e sulla crescita. E' stato calcolato che ogni settimana la chiusura della macchina amministrativa erode dallo 0.1% allo 0.2% del PIL: significa che ad oggi, nella migliore delle aspettative, abbiamo un PIL ridotto di mezzo punto percentuale; nella peggiore ci avviciniamo al punto intero. Non bruscolini!

Poi, quando si tornerà alla normalità, qualche cosa verrà recuperato ma non tutto. Ad esempio nel primo lungo shutdown dell'era Trump (2018) 3 miliardi di dollari non sono più stati recuperati. Questa volta molto dipenderà anche da quanti dei 750'000 dipendenti che sono a casa ritroveranno il loro posto di lavoro. Parecchi, temiamo, saranno licenziati...

Già che stiamo parlando di licenziamenti e posti di lavoro, sappiamo che le statistiche ufficiali non vengono calcolate dall'amministrazione fino a quando durerà lo shutdown e di conseguenza dobbiamo fidarci di quanto prodotto dai privati che sappiamo non essere affidabilissimi. Come accade di frequente, i dati dei provider privati non si guardano in faccia: ciascuno ha la propria metodologia, la propria copertura, i propri algoritmi e questo può produrre segnali discordanti che vanno presi con le pinze. 

 Questa settimana, mercoledì 5 novembre, abbiamo visto gli ADP:

  • ADP ottobre: 42k (atteso: 22k; precedente: -29k)
Il dato non sembra male: si attendevano molti meno nuovi posti nel settore privato e soprattutto si arrivava da un periodo dove addirittura si erano persi dei posti di lavoro.
Poi giovedì 6 novembre una società privata (Revelio Labs) ha stimato che l'economia USA ha perso 9'100 posti di lavoro durante il mese di ottobre. Ma quello che ha mandato in tilt i mercati è stato il report pubblicato da Challenger, Gray & Christmas che ha mostrato come i licenziamenti nel mese di ottobre nel settore privato hanno raggiunto le 153'074 unità,  il livello più alto dal 2008!
Apriti cielo: la borsa americana (Nasdaq in testa) reagisce con una presa di profitto di quasi 2 punti percentuali. Insomma: il mercato inizia ad essere ipersensibile a tutte le cattive notizie, vere o false che siano. Dobbiamo tenerne conto. 

Passiamo ad altro: ricordate che la questione dazi imposti da Trump doveva passare al vaglio della Corte Suprema? In effetti mercoledì 5 la cosa è avvenuta e a quanto pare all'interno della Corte vi è dello scetticismo nei confronti delle scelte di Trump a tal punto che alcune di queste potrebbero presto essere abolite. 
Per essere precisi la Corte Suprema ha discusso la legittimità dei dazi sull’acciaio e sull’alluminio imposti sotto la Section 232 ed il tono dell’udienza suggerisce che vi sono dei dubbi verso la delega di potere presidenziale. Una decisione è attesa tra aprile e giugno 2026. Se la Corte limiterà l’uso della Section 232, alcuni dazi potrebbero dover essere rinegoziati o ridotti con effetti positivi per gli importatori e per il tasso d'inflazione; ovviamente saranno negativi per i produttori domestici protetti attualmente dalle tariffe.
Attenzione: non è atteso un rimborso generalizzato dei dazi già pagati! L’eventuale impatto della decisione inciderebbe solo sulle tariffe future, salvo casi rari di contenziosi già aperti da specifici importatori.

Ci è passata sotto gli occhi una piccola statistica: i dazi americani stanno frenando l'economia globale e sino ad oggi NON hanno ridotto il deficit americano motivo principale per il quale sono stati formalmente introdotti. In realtà sappiamo che Trump sta cercando di fare pagare a noi i mancati introiti dovuti alla riduzione delle tasse societarie. Vedremo se l'obiettivo riuscirà a raggiungerlo ma non è scontato.

Quello che sicuramente ha già raggiunto, come dimostrato dal sondaggio permanente di YouGov e pubblicato dall'Economist, è una costante erosione dell'apprezzamento del suo operato:


 Forse qualcuno del suo staff dovrebbe avere il coraggio di dirgli, alzando il volume, qualche cosa:  altrimenti la nomina di un trentaquattrenne, nato in Uganda da madre indiana e padre indiano/tanzaniano/ugandese, senza esperienza politica, che ammicca parecchio a sinistra facendo pure l'occhiolino a Bernie Sanders, musulmano, diventato martedì il 111° sindaco di New York (!) , non sarà più un "incidente di percorso" ma la risposta standard di una parte sempre più numerosa e confusa dell'elettorato americano che non riesce più a capire dove diavolo il loro Presidente vuole andare.

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Il malessere borsitico di questa settimana è ben rappresentato dal VIX che è tornato pure sopra il 20...




...per poi rientrare verso le ultime ore di contrattazione di venerdì quando gli indici hanno toccato livelli tecnici rilevanti (per l’S&P 500 area 4.950–4.975) e sono scattati gli ordini automatici di ricopertura delle posizioni allo scoperto (short covering). Meglio così. Teniamoci comunque pronti in quanto abbiamo capito che prevedere gli improvvisi picchi di volatilità (quelli che daranno il via alle vendite massicce) sarà sempre più complicato e, se del caso, dovremo essere lesti a levare le tende.


Comunque l'algoritmo di Ned Davis per il momento ci conforta: dobbiamo ammettere che il timing della correzione (cerchio rosso) non è stato come al suo solito preciso ma insomma il trend, anche se con una sfasatura, è ancora intatto.

Già che ci siamo abbiamo anche dato un'occhiata ai P/E. L'ultima volta che l'abbiamo fatto era il 12 di ottobre. Ebbene, per lo S&P500, l'Eurostoxx50 e lo SMI, la situazione è praticamente invariata mentre per il Nasdaq notiamo un ulteriore appesantimento del rapporto: il 12.10 avevamo un P/E di  35.96 mentre venerdì l'abbiamo registrato a 37.23 a dimostrazione che "l'esuberanza irrazionale degli investitori"si dirige soprattutto - ma non poteva essere altrimenti - verso il settore tecnologico. 

Attenzione a non esagerare con l'esposizione al Nasdaq anche perché, lo avrete notato, durante la presentazione dei risultati del terzo trimestre sono molte le aziende (soprattutto le principali) che prevedono che, per lo sviluppo e il mantenimento di un efficiente apparato informatico legato allo sfruttamento dell'enorme potenziale dell'Intelligenza Artificiale, dovranno - e per molte aziende del settore è una prima - far capo all'indebitamento tanto sono ingenti i costi che non posso più semplicemente venire coperti dalla liquidità aziendale. Siamo stati avvisati.

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Questa settimana abbiamo preso nota che lo S&P500 (+14.40% ytd) è uscito dal canale ascendente di breve termine ed è andato a rimbalzare sulla media mobile dei 50 giorni. Ora si e riportato sopra il supporto statico dei 6'700 punti. Non pensiamo che, in un'ottica di medio termine,  si possa già parlare di un cambiamento del trend vero e proprio: per convenzione ci deve essere almeno uno spostamento dell'indice del 3% verso il basso una volta rotto il supporto ma non è (ancora) il caso. E' comunque da tenere ben sotto controllo e vediamo se la prossima settimana riuscirà a restare sopra i 6'700 punti. Se così sarà, bene; altrimenti dovremo prendere dei provvedimenti ed alleggerire senza per il momento esagerare.


Il Nasdaq (+19.13% ytd) è all'interno di un canale ascendente dalle fasce molto più larghe: la scorsa settimana avevamo detto che non saremmo stati sorpresi se ci fosse stata un'immediata copertura dei gaps rialzisti (cerchio rosso) che in effetti sono stati ricoperti questa settimana (freccia verde); meglio così, non dovremo più pensarci. Piuttosto prestiamo attenzione alla media mobile dei 50 giorni e vediamo se effettivamente è un supporto che regge. Siamo comunque confortati da un RSI che si è allontanato dall'ipercomprato ed ora si trova in zona neutra. Vediamo settimana prossima se qualcuno avrà il coraggio di rientrare.

Settimana movimentata anche per l’Eurostoxx 50 (+13,70% YTD), che è uscito dal canale ascendente molto stretto in cui si muoveva da diverse settimane. L’indice si avvicina ora al test della media mobile a 50 giorni: un livello tecnico importante.
Qualora questo primo supporto non dovesse tenere, il prossimo riferimento si colloca in area 5'500 punti, un supporto statico che al momento appare piuttosto solido.
Anche in questo caso, non riteniamo necessario allarmarsi, poiché le prese di beneficio sembrano, per ora, di natura fisiologica.


Lo SMI (+6,01% YTD) continua a muoversi in un range molto stretto e, in assenza di catalizzatori evidenti, consolida sostanzialmente sul posto. Al momento non è semplice individuare l’elemento che potrebbe sbloccarlo, ma per ora ci accontentiamo che l’indice rimanga sopra area 12'130 punti, livello che continua a fungere da supporto di riferimento


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Da un paio di settimane il dollaro sta mostrando segnali di rafforzamento e il cambio con il franco non fa eccezione. Ci piacerebbe vederlo stabilmente sopra area 0.81, livello che è stato toccato più volte nell’ultima settimana ma che per ora fatica a consolidare.
Un superamento convincente di questa soglia sarebbe importante in quanto potrebbe fungere da trampolino verso 0.8175. Qualora si riuscisse a rompere anche questa resistenza, non vedremmo particolari ostacoli tecnici al raggiungimento della zona di 0.84.



Discorso simile per l’Eur/Usd: il dollaro si era rafforzato e stava puntando verso l’area di supporto a 1.1430, prima che nel pomeriggio di venerdì intervenissero acquisti sull’euro che hanno invertito il movimento. Stiamo monitorando il possibile incrocio verso il basso della media mobile a 50 giorni (freccia rossa) con quella dei 100 (linea verde). 
Rimaniamo comunque dell’idea che, nel medio termine, l’evoluzione più probabile sia un andamento  laterale, come suggerisce anche la struttura tecnica attuale (segui la freccia…).


Sembra appurato che per il momento 0.9216 sia un supporto piuttosto convincente per euro/chf: è la quarta volta da metà 2024 che, arrivato a quel livello, rimbalza con una certa convinzione.  Non ci facciamo troppe illusioni per un rafforzamento eccessivo, ma vederlo verso i 94 centesimi è il nostro obiettivo.



È ormai evidente che il Bitcoin presenti una correlazione crescente con il Nasdaq. Nei prossimi giorni ci proponiamo di quantificarla in modo più preciso.
Dal punto di vista tecnico, l’area dei 98'500 $ rappresenta un supporto chiave e costituisce un buon punto di ingresso. In generale, sotto i 100'000 $ è possibile valutare incrementi graduali delle posizioni.
È tuttavia importante ricordare che, in caso di rottura decisa dei 98.500 $, i supporti successivi più significativi si collocano soltanto in area 90.000 $...



Una parola anche sull’oro: la correzione delle ultime settimane ha spaventato alcuni investitori, ma riteniamo che sia stata assolutamente fisiologica dopo il forte rialzo precedente. Il metallo sta semplicemente consolidando.
La domanda che ci viene posta più spesso è se sia già il momento di acquistare. La risposta, dal punto di vista tecnico, è che conviene attendere: il prezzo si sta muovendo all’interno di un triangolo di consolidamento e prima di intervenire è utile capire da che parte avverrà la rottura.

  • Se la rottura sarà al rialzo, il segnale operativo è chiaro: si può acquistare, con target in area 4'230 $.

  • Se invece il prezzo dovesse rompere al ribasso, occorre prudenza, perché il potenziale correttivo potrebbe estendersi fino a 3'793 $ circa.

Ci aspettiamo che la direzionalità diventi evidente già nella prossima settimana. Serve solo un po’ di pazienza.


Buona domenica!
 








domenica 2 novembre 2025

La FED non ha fretta

Questa settimana non ci siamo certo annoiati. Ben quattro Banche Centrali si sono riunite quasi in contemporanea (Fed, BCE, BoC e BoJ) e un elevato numero di risultati societari ha contribuito a mantenere la nostra attenzione a livelli elevati. La Federal Reserve e la Banca Centrale del Canada hanno deciso per un taglio di 25 punti base, mentre la Banca Centrale Europea e la Bank of Japan hanno preferito mantenere i tassi invariati.
Tra gli appuntamenti, quello della Fed è stato senza dubbio il più rilevante, sia per le implicazioni macroeconomiche sia per gli effetti diretti sulle nostre strategie di gestione. Vediamo quindi più da vicino quanto emerso dalla penultima riunione annuale della banca centrale statunitense.

Il taglio di 25 punti base dei Fed Funds era ampiamente atteso dal mercato; meno scontato, invece, è stato il tono dell’intervento di Powell, particolarmente denso di indicazioni operative e non privo di elementi che hanno messo sotto pressione soprattutto i mercati obbligazionari.


Vediamo i punti principali emersi dalla conferenza stampa del 29 ottobre:

  1. Inflazione in discesa, ma non è ancora “dove deve essere”.
    Powell ha riconosciuto che l’inflazione ha continuato a rallentare rispetto ai picchi del 2022-2023, ma ha ribadito che la Fed vuole vedere progressi più costanti nel core, in particolare nei servizi non‐housing. Probabilmente è allarmata dal recente e persistente aumento della stessa.

  2. La Fed non si sente per il momento “obbligata” a tagliare rapidamente.

    • Il messaggio è stato: non abbiamo fretta

    • Powell ha sottolineato che eventuali tagli futuri dipenderanno dai dati (che non arrivano...)  e non da un calendario prestabilito.

  3. Mercato del lavoro: segni di raffreddamento, ma senza cedimenti clamorosi.

    • Non c’è evidenza di un deterioramento rapido dell’occupazione → quindi nessuna pressione per tagliare per evitare una recessione. (a tal proposito noi abbiamo qualche reticenza...)

  4. Condizioni finanziarie già più restrittive… da non sottovalutare!
    Powell ha fatto notare che:

    • i tassi di mercato sono ancora alti,

    • il credito bancario è meno espansivo,

    • le condizioni più severe nel private credit fungono già da “restrizione aggiuntiva” .

Due cose di ciò che ha detto hanno urtato la sensibilità di noi investitori: la prima riguarda le tempistiche di un ulteriore taglio ai tassi per il mese di dicembre che non sembra per nulla scontato: "Se guidi nella nebbia rallenti" ha affermato Powell facendo un chiaro riferimento allo shutdown dell'amministrazione USA che oramai da un mese non è in grado di fornire dati economici aggiornati; senza dati la FED non si muove o è restia a farlo.

Inoltre, lo abbiamo visto la scorsa settimana, l'inflazione sta lentamente ma inesorabilmente crescendo e la cosa non passa inosservata. 

Non passa inosservato anche  lo stato di salute dell'economia americana che, come dimostra il seguitissimo GDPNow della Fed di Atlanta, in effetti non sembra indicare che in questo momento la crescita economica stia rallentando, anzi:

 
il modello stima una crescita del PIL intorno al 3,9%. Anche considerando un margine di errore compreso tra lo 0,5% e l’1%, non riteniamo che, a questi livelli, vi sia un’urgenza particolare nel procedere ad un taglio dei tassi.

La seconda considerazione riguarda il raffreddamento del mercato del lavoro che, secondo la Fed, non sta avvenendo in modo rapido e preoccupante. È possibile, ma durante la stagione degli utili non sono mancate le aziende che hanno annunciato tagli occupazionali anche rilevanti: la sommatoria dei posti soppressi annunciati durante la presentazione dei dati del terzo trimestre supera i 200k e siamo solo agli inizi.
L’Intelligenza Artificiale non è ancora la causa principale di questi licenziamenti, ma riteniamo che il suo crescente impatto porterà un numero sempre maggiore di imprese a riorganizzarsi per restare competitive. La rapidità con cui l’AI sta avanzando è impressionante. L’aumento dell’efficienza aziendale passerà, purtroppo, anche attraverso una riduzione strutturale di ruoli e carriere professionali che difficilmente verranno reintrodotti. È vero che emergeranno nuove professioni e nuove competenze, ma al momento questa transizione è ancora in gran parte teorica, mentre gli effetti sull’occupazione “tradizionale” iniziano ad essere visibili. Bisogna ammettere che, in questo contesto, anche un eventuale taglio dei tassi in futuro potrebbe avere un impatto limitato.

Sono invece già visibili le conseguenze di quanto affermato da Powell durante la conferenza stampa: 



La scorsa settimana la probabilità di un taglio a dicembre era del 91.7%; oggi è scesa al 63%.  Un simile cambio di prospettiva non lascia i mercati indifferenti. 


Le rese dei Treasury (nell'immagine il 10 anni (nero) e 2 anni (rosso)) stanno risalendo. Quella del decennale non vuol saperne di scendere sotto il 4%...


...il total return sulle obbligazioni in dollari elaborato da Bloomberg ha perso questa settimana l'1% (e speriamo si fermi lì...)...



...mentre il dollaro, malgrado il taglio dello 0.25%,  è tornato ad apprezzarsi contro le principali valute (nell'immagine l'US dollar index) e potrebbe continuare a farlo anche la prossima settimana.

Per fortuna, come vedremo dopo, le ripercussioni sul mercato azionario non si sono (ancora) viste.

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Due parole, a proposito della decisione della BCE di lasciare i tassi invariati, le dobbiamo dire.


In effetti l'inflazione in Europa sembra essere sotto controllo ed in molti casi è addirittura sotto il 2% programmato dalla BCE. L'Eurozona nel suo insieme fa segnare un'inflazione al 2.2% la qualcosa fa contenta la Lagarde che ha deciso che, per il momento, di ulteriori tagli ai tassi non se ne parla. 

Vien comunque da chiedersi se l'inflazione sia effettivamente rientrata grazie alle misure di politica monetaria avviate qualche anno fa dalla BCE, oppure sia il risultato di una crescita economica asfittica che da parecchio tempo (fatto salvo qualche lodevole eccezione come quella spagnola) è da zero virgola;  forse, vista così, un paio di tagli ai tassi non farebbero di certo male. 


Ma a nostro giudizio sarà difficile tagliare i tassi ulteriormente al fine di  preservare rendimenti reali positivi sui titoli di Stato, agevolando in tal modo la sottoscrizione della maggiore quantità possibile di debito che l’Europa dovrà emettere a breve. Se prendiamo l'inflazione europea 2.2% e sottraiamo il rendimento dei titoli pubblici tedeschi dai 4 anni in su otteniamo infatti un rendimento, anche se di poco, positivo. A dieci anni questo rendimento si situa allo 0.43%. 

In altre parole la BCE sta evitando di tagliare il costo del denaro per facilitare il finanziamento dei Paesi europei. È comunque in buona compagnia: anche gli americani, checché ne dica Trump, sembrano dover fare lo stesso!

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Sull'incontro tra Trump e il suo omologo cinese Xi molto è stato scritto e sarete di certo già informati. Per chi non ha avuto tempo di leggere facciamo riassumere brevemente a ChatGPT cosa si sono detti e aggiungiamo una nostra considerazione finale:

✅ Cosa è stato concordato

  • Trump ha annunciato che l’America ridurrà i dazi sulle importazioni cinesi (da ~57 % a ~47 %) in cambio di impegni da Pechino:

    • la Cina riprenderà l’acquisto di soia americana. 

    • la Cina differirà nuove restrizioni sulle esportazioni di terre rare per almeno un anno. 

    • Cooperazione rafforzata sul traffico di fentanyl dalla Cina verso gli USA. 

  • Xi ha parlato di volontà di lavorare insieme con gli USA “per il bene dei nostri paesi e del mondo intero”. 


⚠️ Quali sono le conseguenze immediate (in corsivo i nostri commenti)

  • Mercati finanziari globali hanno reagito con sollievo: la prospettiva di un’escalation sino-americana si attenua. Vero.

  • Per il commercio: la riduzione di dazi e l’impegno cinese sulle importazioni agricole americane indicano un’accelerazione dell’attività bilaterale. Fin che dura.

  • Per le catene di fornitura: la sospensione delle nuove restrizioni sulle terre rare aiuta le imprese high-tech che dipendono da questi materiali. La Cina ha sempre il coltello dalla parte del manico.

  • Per la geopolitica regionale: rafforzamento della cooperazione USA-Cina sulla questione fentanyl Difficile da giudicare: la Cina è solo una parte di una catena molto più complessa legata alla lavorazione e al commercio del fentanyl.

  • Per l’alleanza USA-Cina: si potrebbe aprire una fase di «tregua» commerciale, anche se non è una soluzione definitiva alle tensioni sistemiche. Ci sono due galli in un pollaio con un ego smisurato, secondo voi potrà durare?

A proposito di ego smisurato, ecco cosa ha dichiarato Trump a margine dell’incontro: “On a scale of 1 to 10, I would rate my meeting with Xi a 12.” Insomma, non si smentisce mai. Ammettiamolo: a volte riesce persino a risultare simpatico.
Noi, pur riconoscendo che sia stato molto positivo che l’incontro abbia avuto luogo, ci manterremmo più sobri: sulla scala svizzera da 1 a 6 non andremmo oltre un 4,5, quindi appena sopra la sufficienza.
Resta comunque un primo passo nella giusta direzione. Speriamo che ne seguano altri.

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Prima di passare alla consueta analisi tecnica dei grafici permetteteci due appunti:

1) Gli utili delle ultime settimane, compresi i dati positivi delle grandi aziende tecnologiche,  hanno ampiamente giustificato i guadagni in borsa a significare che, per quanto siano importanti i dati  macroeconomici (assenti da un mese), chi tira il carro delle quotazioni azionarie sono in effetti gli utili societari. Circa l'83% delle aziende dello S&P 500 che hanno pubblicato i risultati in questo trimestre sono riuscite a superare le stime sugli utili. Il tasso di crescita degli utili combinato delle società dello S&P 500 nel terzo trimestre, che tiene conto sia dei dati effettivi che delle stime ancora da pubblicare, mostra attualmente un aumento dei profitti del 13,8%.  Le attese erano per dei valori, se ricordiamo bene, attorno al +7%-8%. 

2) E' noto che, per quanto riguarda gli investimenti azionari, statisticamente ci sono mesi più propizi di altri. Demonizziamo spesso e volentieri i mesi di settembre e, a torto, quello di ottobre ma non ci eravamo accorti che il mese di novembre fosse quello che procura maggiori soddisfazioni:



Non prendiamo per oro colato tutto ciò che ci viene restituito dalle statistiche: sappiamo bene quali siano i loro limiti. Come nel vecchio esempio dei due amici e del pollo: se uno dei due lo mangia intero, la statistica dirà che ne hanno mangiato mezzo ciascuno, ma è chiaro che solo uno dei due si alza da tavola sazio.

Detto ciò, novembre è appena iniziato e un po’ di ottimismo non guasta. Tuttavia, restiamo vigili: continuiamo a monitorare con attenzione i trend azionari e i segnali del mercato senza farci travolgere dall’entusiasmo.


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Lo S&P500 (+16.30% ytd) sembra essere definitivamente rientrato nel canale ascendente di medio periodo. I 6'935 punti sono stati raggiunti per poi correggere un pochino dopo le parole di Powell, testando in tal modo la linea di supporto sulla quale ha rimbalzato. I 7'000 punti sono ancora un obiettivo raggiungibile. 


La crescita del Nasdaq (+22.86% ytd) sembra non aver fine e ovviamente ci fa piacere.  Il trend sembra solido e noi lo seguiamo. Attenzione al gap rialzista (cerchio rosso) che, come sappiamo, potrebbe anche venir coperto: l'RSI a 14 giorni è di nuovo in ipercomprato e una piccola correzione potrebbe manifestarsi a breve.


L'Eurostoxx50 (+15.65%) sta facendo il suo. Senza troppo clamore, con correzioni frequenti e con una rotazione tra i titoli non facile da prevedere, si sta spostando all'interno del suo canale ascendente con volumi leggermente crescenti. Lo lasciamo lavorare.


Lo SMI (+5.46% ytd) è la nostra croce! Ci eravamo illusi che il superamento dei 12'400 punti fosse definitivo ma così non è stato. Sappiamo che lo SMI fa fatica perché è difensivoha pochi titoli (30)non ha tecnologici e i suoi principali titoli sono in fase di bassa crescita. In un anno in cui salgono tecnologia e ciclici, lo SMI rimane indietro per definizione. Sika questa settimana ha poi fatto il resto... 
Che lo SMI rimanga almeno tra i 12'150 e i 12'400 punti non è chiedere troppo!

Buona domenica!

PS:  per chi è interessato alleghiamo una tabella con i ricavi e gli utili per azione riportati dai Magnifici 7 nel terzo trimestre. Manca Nvidia che pubblica i dati il 19 novembre.


I numeri si commentano da soli... 😁

sabato 25 ottobre 2025

CPI in costante leggero aumento

Per un’istituzione che si è sempre proclamata guidata dai dati, gli ultimi 26 giorni per la Fed sono stati come muoversi in una stanza scarsamente illuminata con il rischio d'inciampare di tanto in tanto in ostacoli imprevisti. Lo shutdown ha tutta l'aria di voler durare un tempo infinito e quindi Powell e compagni devono arrabattarsi, per gestire la più importante banca centrale al mondo, con quel che trovano: un ADP qui, un CPI là e poco altro di veramente significativo.

Potete quindi immaginare con quanta attenzione verranno vivisezionati i dati del CPI per il mese di settembre che sono stati pubblicati venerdì:

  • CPI yoy settembre          : 3% (atteso: 3.1% ; precedente: 2.9%)
  • Core CPI yoy settembre: 3% (atteso: 3.1% ; precedente: 3.1%)

Diciamolo subito: con tutto quello che sta succedendo i numeri potevano essere decisamente peggiori. L'inflazione generale è leggermente salita ma è sotto le aspettative; l'inflazione core (quella che piace alla FED) è addirittura scesa. Meglio così: i tassi, mercoledì 29 ottobre,  potranno essere ridotti di un quarto di punto senza troppi patemi d'animo. Infatti, subito dopo la pubblicazione del CPI,  le probabilità di un taglio sono salite dal 94.6% al 96.7%;  praticamente una certezza!


Una constatazione però va fatta.  La reazione del Treasury decennale è rivelatrice: malgrado la certezza di un taglio, i rendimenti fanno fatica a restare sotto il 4%... non dimentichiamoci che se il rendimento scende troppo, piazzare miliardi di debito pubblico non sarà facilissimo, soprattutto ora che l'oro è una valida alternativa per coloro che hanno bisogno di sicurezza...

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Come abbiamo sottolineato la scorsa settimana la volatilità dello S&P500 - di rimando pure quella di molti altri mercati, europei compresi - durante il mese di ottobre è salita e noi abbiamo intensificato i controlli dei trend azionari che, come vedremo, soprattutto in America sono intatti e puntano al rialzo.

Siamo inoltre ancora confortati dall'amico Ned Davis e dal suo algoritmo che fino ad oggi si è dimostrato assai affidabile:


Come ci suggerisce, nelle prossime settimane potremmo assistere a una lieve correzione dello S&P 500, soprattutto se la Fed, cosa assai improbabile, ci dovesse sorprendere evitando di tagliare i tassi. E' un'ipotesi remota ma non totalmente impossibile: da inizio ottobre Powell e colleghi operano quasi al buio, con dati scarsi e parziali. In questo contesto, per coerenza e prudenza, rimandare la riduzione del costo del denaro ci potrebbe anche stare.

Ma non pensiamoci più di tanto: i tassi al 96.7% saranno tagliati e questa è di certo una buona notizia per i mercati che si somma a quelle che arrivano a getto continuo  dalla pubblicazione dei dati aziendali del terzo trimestre che commentiamo brevemente:



141 aziende su 500 hanno già pubblicato i numeri e siamo quindi in grado di fornire un primo parziale giudizio sulla qualità dei dati pubblicati. 

Le vendite, sebbene meno sorprendenti rispetto agli utili, hanno complessivamente superato le stime, con l’unica eccezione del settore Utilities e, in misura marginale, di quello delle Comunicazioni. Si distinguono invece in positivo i comparti Energia e Consumer Discretionary. Quest’ultimo rappresenta i beni di consumo non essenziali la cui domanda di norma aumenta quando i bisogni primari risultano ampiamente soddisfatti. La loro tenuta è spesso un segnale di fiducia dei consumatori che tendono a spendere di più quando il mercato del lavoro appare solido. È però opportuno leggere il dato con cautela: le statistiche non distinguono tra le diverse fasce di reddito e non si può escludere che la crescita dei consumi sia trainata solo dai segmenti più abbienti, mentre altri stanno già riducendo la spesa.

Ciò non toglie che per il momento la stagione degli utili, con un +7.7% rispetto alle aspettative,  è positiva ed è in costante crescita dal Q3 2023 segno, con ogni probabilità, di un miglioramento dell'efficienza aziendale mentre i disfattisti parlano "di stime troppo prudenti..."; a noi piace pensare che per raggiungere questi numeri ci sia già lo zampino dell'Intelligenza Artificiale. Inoltre non vi nascondiamo che siamo molto curiosi di vedere cosa succederà agli utili di molte società (soprattutto quelle più indebitate) se la politica monetaria americana dovesse effettivamente imboccare la strada del ribasso.

Evidentemente gli analisti hanno in testa uno scenario simile:

altrimenti non si spiega come mai hanno una visione così positiva per gli utili attesi per l'anno che verrà e anticipano di già un primo trimestre 2026 decisamente al rialzo (cerchio rosso). Come ripetiamo da tempo: non c'è nulla di meglio degli utili al rialzo per spedire lo S&P500 verso i 7000 punti e oltre.

Ci pare comunque importante non passare sotto traccia una ricerca effettuata da Bank of America: evidenzia i  5 rischi principali, che anche noi monitoreremo, che potrebbero mettere in difficoltà le borse americane e lo S&P500 in particolare. Vediamo quali sono e come al solito ChatGPT ci viene in aiuto:

  1. Segnali di “mercato orso” già accesi
    BofA ha rilevato che circa il 60% degli indicatori che storicamente precedono un ribasso del mercato sono già attivi. In passato, quando questi segnali superavano il ~70%, spesso seguiva una fase negativa per l’indice.

    • Il mercato ci ha già “avvisato” in base ai precedenti storici: non è garanzia che crolli, ma il rischio d'inversione aumenta.

    • Da monitorare: indicatori di ampiezza, valutazioni elevate, credito debole.

  2. Boom dell’intelligenza artificiale + possibili licenziamenti dei “colletti bianchi”
    BofA segnala che l’entusiasmo attorno all’IA potrebbe portare a licenziamenti tra professionisti ben pagati (colletti bianchi). Se i consumatori con buon reddito riducessero la spesa, settori come quello dei beni discrezionali (shopping, tempo libero, ecc.) ne risentirebbero.

    • Anche con buoni utili aziendali, la “spesa del consumatore” potrebbe indebolirsi e frenare la crescita economica.

    • Da monitorare: tassi di disoccupazione dei professionisti, spesa delle famiglie con redditi medio-alti.

  3. Un “nodo gordiano” tra mega-tech, aziende private e partecipazione del governo
    BofA parla di una complessità crescente: grandi aziende tecnologiche, imprese private non quotate e il ruolo del governo statunitense negli investimenti o nella regolamentazione, stanno creando una situazione meno lineare. 

    • chiariamo noi di AF: un nodo gordiano è un problema estremamente complesso che sembra impossibile da risolvere con i metodi consueti. Più complessità vuol dire maggiore incertezza. Se il governo interviene o le aziende private creeranno “sgradite sorprese”, il mercato può reagire male.

    • Da monitorare: annunci governativi, investimenti statali, evoluzione delle aziende private grandi (pre-IPO) che potrebbero far traboccare gli effetti, soprattutto negativi, oltre i confini dove il problema si è generato.

  4. Nebbia macroeconomica: visibilità ridotta sull’economia
    Con le tensioni commerciali (ad esempio tra USA e Cina), i dati economici che arrivano più deboli e l' incertezza politica, BofA inizia a prendere in considerazione una “macro fog” (nebbia estesa) che rende gli scenari economici poco chiari. 

    • Se non sai da dove soffia il vento è più difficile prevedere la crescita economica e lo sviluppo degli utili societari. In un contesto così incerto è inevitabilmente più rischioso prendere decisioni davvero favorevoli per i portafogli.

    • Da monitorare: dati sul PIL, commercio USA-Cina, decisioni politiche/va­rie per l’economia, shutdown del governo USA.

  5. Problemi nei mercati del credito privato – “canarini e scarafaggi”
    Al di fuori dei circuiti bancari tradizionali, più regolamentati e trasparenti, i mercati del credito privato evidenziano alcune fragilità — i “cockroaches” menzionati da BofA — che potrebbero sfociare in problemi di liquidità o, nel peggiore dei casi, in effetti di contagio.

    • Le grandi aziende dello S&P 500 sembrano solide ma se, nei sistemi di prestito privati meno controllati, qualche cosa s'incrina si potrebbe generare un effetto domino che andrà a colpire il mercato nella sua globalità.

    • Da monitorare: default nei fondi di credito privato, condizioni di finanziamento per aziende non-banche, flussi di liquidità verso fondi/ETF.

Abbiamo quindi una traccia da seguire e cercheremo di essere disciplinati: ci rassicura sapere quali elementi monitorare per cercare di anticipare le forti correzioni dei mercati ed evitare di esserne colti di sorpresa. Non sarà comunque una passeggiata e ne siamo consapevoli.

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Lo S&P 500 (+15.47% ytd) ha concluso la seduta di venerdì a 6’791 punti ed ha messo a segno il sedicesimo record storico durante il 2025,  il tutto sostenuto dal dato sull’inflazione statunitense che, come abbiamo visto, lascia ancora aperta la porta a un possibile taglio dei tassi nella riunione della Fed di mercoledì. 

Questa settimana abbiamo visto la foratura rialzista del triangolo di consolidamento (in verde), seguita da un pullback fisiologico (freccia rossa) che ha innescato il successivo rialzo e verosimilmente porterà l’indice a testare l’area attorno ai 6’935 punti come ci vien suggerito dai modelli tecnici.


Malgrado per il momento mancano gli utili dei Magnifici 7, fatto salvo per quello non brillantissimo di Tesla che comunque è già stato digerito, l'indice dei tecnologici Nasdaq (+18.80% ytd) continua imperterrito la sua salita mettendo a segno l'ennesimo record storico ( ma quanti sono? noi non li abbiamo più contati...). I volumi sono leggermente in crescita  e non vediamo per il momento cedimenti tecnici che potrebbero fargli cambiare trend. Non vi sono validi motivi (se non la voglia di consolidare qualche utile... ogni tanto bisognerebbe farlo...) per iniziare ad abbandonare questo settore. 


Bene anche l'Eurostoxx50 (+15.72% ytd) che questa settimana ha confermato il supporto a 5470 punti per poi rimbalzare verso i 5870 punti. Anche in Europa per il momento non si vende.


Settimana non proprio altisonante per lo SMI (+8.21% ytd) dove rimane sempre l'incertezza legata all'andamento dei tre colossi, Roche, Novartis e Nestlé, che assieme fanno quasi la metà della capitalizzazione di questo indice. Questa settimana, ad appesantire l'indice,  è toccato ancora a Roche che ha riportato numeri per il terzo trimestre un pochino sotto le attese; a quanto pare il franco forte ha avuto la sua parte di colpa. Riteniamo che per il momento non c'è nulla di particolarmente brutto (fatto salvo il franco svizzero troppo robusto) che possa impedire a questo indice di salire almeno fino ai 13'000 punti.

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Dai cambi ci aspettavamo una settimana un pochino più frizzante ma così non è stato: continua a dominare la forza del franco svizzero che praticamente ha schiacciato verso i minimi storici non solo il dollaro ma, come vedremo, anche l'euro! Ora che la FED sembra essere pronta a tagliare i tassi non vediamo cosa potrebbe far risalire il dollaro contro la nostra valuta... a meno che la Banca Nazionale Svizzera sta preparandosi a portare i tassi in negativo. Speriamo che questa soluzione sia l'ultima ratio e ci siano altre frecce da tirare prima di vedere un segno meno davanti ai tassi. Dollaro/chf deve assolutamente tenere il supporto a 0.7920.


E' confermato: per il momento euro/usd continua a spostarsi lateralmente. Se l'euro si avvicina a quota 1.19 o anche qualche cosa di meno, un po' di dollari a quel livello si possono comprare... 😉


Se non vogliamo correre il rischio che la BNS reintroduca i tassi negativi, è imperativo che euro/chf non vada sotto lo 0.9216... non siamo, purtroppo, troppo lontani.


L'oro questa settimana ha fatto uno degli storni più importanti della storia del metallo giallo. Non c'è nulla di sorprendente: non è fisiologicamente possibile continuare a salire verticalmente come ha fatto dalla fine di agosto. Prima o poi una pausa se la doveva prendere: ora per lo meno si è scrollato di dosso l'ipercomprato che lo caratterizza dal mese di luglio ed e pronto per ripartire al rialzo. Non sappiamo dove possa arrivare ma sembra saperlo Goldman Sachs che ha dato un target a 4'900$ per oncia nei prossimi 12 mesi: ambizioso ma non impossibile.

Buona domenica! (PS: avete tirato indietro le lancette dell'orologio? ⏰)