domenica 9 novembre 2025

Ritorna un po' di volatilità.




La scorsa settimana eravamo stati travolti dalla valanga di risultati societari e dalle decisioni, quasi simultanee, scaturite dalle riunioni di ben quattro importanti Banche Centrali. In questa, invece, la relativa scarsità di dati macro ci ha offerto un momento di riflessione: il -3,73% su base settimanale del Nasdaq e il quasi -2% registrato dagli altri principali indici ne sono plausibilmente la conseguenza.

Va detto, ad onor del vero,  che non siamo rimasti completamente privi d'informazioni: alcuni dati e qualche evento significativo hanno contribuito a generare un certo disagio tra gli investitori incentivando le di prese di beneficio che, tutto sommato, potrebbero anche essere benefiche. Diamogli un'occhiata.

Da dove vogliamo iniziare? Proviamo a partire dalla fine, cioè da quanto pubblicato venerdì dall'Università del Michigan a proposito della confidenza al consumo degli americani:


Raramente negli ultimi 45 anni lo si era visto sfiorare i 50 e sappiamo tutti cosa vuol dire: le famiglie percepiscono un netto peggioramento del proprio potere d'acquisto, temono per la perdita del posto di lavoro e avvertono l'inflazione come qualche cosa di persistente; le conseguenze sono altrettanto note: riduzione degli acquisti non essenziali, rinvio di spese importanti, uso più parsimonioso delle carte di credito e aumento del risparmio,  ovviamente il tutto a detrimento del PIL americano. 

Insomma il quadro che ne esce contrasta nettamente con quanto abbiamo visto la scorsa settimana a proposito del GDPNow calcolato dalla FED di Atlanta che l'8 di novembre segnala un PIL teorico al 4% (!). Sarà poi vero? Per verificarlo dovremo attendere, shutdown permettendo, la pubblicazione del dato ufficiale ma ciò non toglie che da qualche parte in America c'è un buon numero di cittadini che del PIL teorico se ne fregano e stanno guardando con crescente preoccupazione cosa rimane nel borsellino alla fine della settimana: sempre meno.

Possiamo incolpare l'attuale shutdown, che si protrae dal primo di ottobre,  di aver enfatizzato la perdita di confidenza dei consumatori americani? E' probabile che un ruolo lo stia avendo. Lo shutdown non paralizza i servizi essenziali ma comunque rallenta il funzionamento del governo, ritarda il pagamento dei dipendenti federali, riduce alcuni programmi sociali e crea incertezza nei consumatori e nelle imprese. Più a lungo dura, maggiore è l’impatto sul sentiment economico e sulla crescita. E' stato calcolato che ogni settimana la chiusura della macchina amministrativa erode dallo 0.1% allo 0.2% del PIL: significa che ad oggi, nella migliore delle aspettative, abbiamo un PIL ridotto di mezzo punto percentuale; nella peggiore ci avviciniamo al punto intero. Non bruscolini!

Poi, quando si tornerà alla normalità, qualche cosa verrà recuperato ma non tutto. Ad esempio nel primo lungo shutdown dell'era Trump (2018) 3 miliardi di dollari non sono più stati recuperati. Questa volta molto dipenderà anche da quanti dei 750'000 dipendenti che sono a casa ritroveranno il loro posto di lavoro. Parecchi, temiamo, saranno licenziati...

Già che stiamo parlando di licenziamenti e posti di lavoro, sappiamo che le statistiche ufficiali non vengono calcolate dall'amministrazione fino a quando durerà lo shutdown e di conseguenza dobbiamo fidarci di quanto prodotto dai privati che sappiamo non essere affidabilissimi. Come accade di frequente, i dati dei provider privati non si guardano in faccia: ciascuno ha la propria metodologia, la propria copertura, i propri algoritmi e questo può produrre segnali discordanti che vanno presi con le pinze. 

 Questa settimana, mercoledì 5 novembre, abbiamo visto gli ADP:

  • ADP ottobre: 42k (atteso: 22k; precedente: -29k)
Il dato non sembra male: si attendevano molti meno nuovi posti nel settore privato e soprattutto si arrivava da un periodo dove addirittura si erano persi dei posti di lavoro.
Poi giovedì 6 novembre una società privata (Revelio Labs) ha stimato che l'economia USA ha perso 9'100 posti di lavoro durante il mese di ottobre. Ma quello che ha mandato in tilt i mercati è stato il report pubblicato da Challenger, Gray & Christmas che ha mostrato come i licenziamenti nel mese di ottobre nel settore privato hanno raggiunto le 153'074 unità,  il livello più alto dal 2008!
Apriti cielo: la borsa americana (Nasdaq in testa) reagisce con una presa di profitto di quasi 2 punti percentuali. Insomma: il mercato inizia ad essere ipersensibile a tutte le cattive notizie, vere o false che siano. Dobbiamo tenerne conto. 

Passiamo ad altro: ricordate che la questione dazi imposti da Trump doveva passare al vaglio della Corte Suprema? In effetti mercoledì 5 la cosa è avvenuta e a quanto pare all'interno della Corte vi è dello scetticismo nei confronti delle scelte di Trump a tal punto che alcune di queste potrebbero presto essere abolite. 
Per essere precisi la Corte Suprema ha discusso la legittimità dei dazi sull’acciaio e sull’alluminio imposti sotto la Section 232 ed il tono dell’udienza suggerisce che vi sono dei dubbi verso la delega di potere presidenziale. Una decisione è attesa tra aprile e giugno 2026. Se la Corte limiterà l’uso della Section 232, alcuni dazi potrebbero dover essere rinegoziati o ridotti con effetti positivi per gli importatori e per il tasso d'inflazione; ovviamente saranno negativi per i produttori domestici protetti attualmente dalle tariffe.
Attenzione: non è atteso un rimborso generalizzato dei dazi già pagati! L’eventuale impatto della decisione inciderebbe solo sulle tariffe future, salvo casi rari di contenziosi già aperti da specifici importatori.

Ci è passata sotto gli occhi una piccola statistica: i dazi americani stanno frenando l'economia globale e sino ad oggi NON hanno ridotto il deficit americano motivo principale per il quale sono stati formalmente introdotti. In realtà sappiamo che Trump sta cercando di fare pagare a noi i mancati introiti dovuti alla riduzione delle tasse societarie. Vedremo se l'obiettivo riuscirà a raggiungerlo ma non è scontato.

Quello che sicuramente ha già raggiunto, come dimostrato dal sondaggio permanente di YouGov e pubblicato dall'Economist, è una costante erosione dell'apprezzamento del suo operato:


 Forse qualcuno del suo staff dovrebbe avere il coraggio di dirgli, alzando il volume, qualche cosa:  altrimenti la nomina di un trentaquattrenne, nato in Uganda da madre indiana e padre indiano/tanzaniano/ugandese, senza esperienza politica, che ammicca parecchio a sinistra facendo pure l'occhiolino a Bernie Sanders, musulmano, diventato martedì il 111° sindaco di New York (!) , non sarà più un "incidente di percorso" ma la risposta standard di una parte sempre più numerosa e confusa dell'elettorato americano che non riesce più a capire dove diavolo il loro Presidente vuole andare.

***

Il malessere borsitico di questa settimana è ben rappresentato dal VIX che è tornato pure sopra il 20...




...per poi rientrare verso le ultime ore di contrattazione di venerdì quando gli indici hanno toccato livelli tecnici rilevanti (per l’S&P 500 area 4.950–4.975) e sono scattati gli ordini automatici di ricopertura delle posizioni allo scoperto (short covering). Meglio così. Teniamoci comunque pronti in quanto abbiamo capito che prevedere gli improvvisi picchi di volatilità (quelli che daranno il via alle vendite massicce) sarà sempre più complicato e, se del caso, dovremo essere lesti a levare le tende.


Comunque l'algoritmo di Ned Davis per il momento ci conforta: dobbiamo ammettere che il timing della correzione (cerchio rosso) non è stato come al suo solito preciso ma insomma il trend, anche se con una sfasatura, è ancora intatto.

Già che ci siamo abbiamo anche dato un'occhiata ai P/E. L'ultima volta che l'abbiamo fatto era il 12 di ottobre. Ebbene, per lo S&P500, l'Eurostoxx50 e lo SMI, la situazione è praticamente invariata mentre per il Nasdaq notiamo un ulteriore appesantimento del rapporto: il 12.10 avevamo un P/E di  35.96 mentre venerdì l'abbiamo registrato a 37.23 a dimostrazione che "l'esuberanza irrazionale degli investitori"si dirige soprattutto - ma non poteva essere altrimenti - verso il settore tecnologico. 

Attenzione a non esagerare con l'esposizione al Nasdaq anche perché, lo avrete notato, durante la presentazione dei risultati del terzo trimestre sono molte le aziende (soprattutto le principali) che prevedono che, per lo sviluppo e il mantenimento di un efficiente apparato informatico legato allo sfruttamento dell'enorme potenziale dell'Intelligenza Artificiale, dovranno - e per molte aziende del settore è una prima - far capo all'indebitamento tanto sono ingenti i costi che non posso più semplicemente venire coperti dalla liquidità aziendale. Siamo stati avvisati.

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Questa settimana abbiamo preso nota che lo S&P500 (+14.40% ytd) è uscito dal canale ascendente di breve termine ed è andato a rimbalzare sulla media mobile dei 50 giorni. Ora si e riportato sopra il supporto statico dei 6'700 punti. Non pensiamo che, in un'ottica di medio termine,  si possa già parlare di un cambiamento del trend vero e proprio: per convenzione ci deve essere almeno uno spostamento dell'indice del 3% verso il basso una volta rotto il supporto ma non è (ancora) il caso. E' comunque da tenere ben sotto controllo e vediamo se la prossima settimana riuscirà a restare sopra i 6'700 punti. Se così sarà, bene; altrimenti dovremo prendere dei provvedimenti ed alleggerire senza per il momento esagerare.


Il Nasdaq (+19.13% ytd) è all'interno di un canale ascendente dalle fasce molto più larghe: la scorsa settimana avevamo detto che non saremmo stati sorpresi se ci fosse stata un'immediata copertura dei gaps rialzisti (cerchio rosso) che in effetti sono stati ricoperti questa settimana (freccia verde); meglio così, non dovremo più pensarci. Piuttosto prestiamo attenzione alla media mobile dei 50 giorni e vediamo se effettivamente è un supporto che regge. Siamo comunque confortati da un RSI che si è allontanato dall'ipercomprato ed ora si trova in zona neutra. Vediamo settimana prossima se qualcuno avrà il coraggio di rientrare.

Settimana movimentata anche per l’Eurostoxx 50 (+13,70% YTD), che è uscito dal canale ascendente molto stretto in cui si muoveva da diverse settimane. L’indice si avvicina ora al test della media mobile a 50 giorni: un livello tecnico importante.
Qualora questo primo supporto non dovesse tenere, il prossimo riferimento si colloca in area 5'500 punti, un supporto statico che al momento appare piuttosto solido.
Anche in questo caso, non riteniamo necessario allarmarsi, poiché le prese di beneficio sembrano, per ora, di natura fisiologica.


Lo SMI (+6,01% YTD) continua a muoversi in un range molto stretto e, in assenza di catalizzatori evidenti, consolida sostanzialmente sul posto. Al momento non è semplice individuare l’elemento che potrebbe sbloccarlo, ma per ora ci accontentiamo che l’indice rimanga sopra area 12'130 punti, livello che continua a fungere da supporto di riferimento


***

Da un paio di settimane il dollaro sta mostrando segnali di rafforzamento e il cambio con il franco non fa eccezione. Ci piacerebbe vederlo stabilmente sopra area 0.81, livello che è stato toccato più volte nell’ultima settimana ma che per ora fatica a consolidare.
Un superamento convincente di questa soglia sarebbe importante in quanto potrebbe fungere da trampolino verso 0.8175. Qualora si riuscisse a rompere anche questa resistenza, non vedremmo particolari ostacoli tecnici al raggiungimento della zona di 0.84.



Discorso simile per l’Eur/Usd: il dollaro si era rafforzato e stava puntando verso l’area di supporto a 1.1430, prima che nel pomeriggio di venerdì intervenissero acquisti sull’euro che hanno invertito il movimento. Stiamo monitorando il possibile incrocio verso il basso della media mobile a 50 giorni (freccia rossa) con quella dei 100 (linea verde). 
Rimaniamo comunque dell’idea che, nel medio termine, l’evoluzione più probabile sia un andamento  laterale, come suggerisce anche la struttura tecnica attuale (segui la freccia…).


Sembra appurato che per il momento 0.9216 sia un supporto piuttosto convincente per euro/chf: è la quarta volta da metà 2024 che, arrivato a quel livello, rimbalza con una certa convinzione.  Non ci facciamo troppe illusioni per un rafforzamento eccessivo, ma vederlo verso i 94 centesimi è il nostro obiettivo.



È ormai evidente che il Bitcoin presenti una correlazione crescente con il Nasdaq. Nei prossimi giorni ci proponiamo di quantificarla in modo più preciso.
Dal punto di vista tecnico, l’area dei 98'500 $ rappresenta un supporto chiave e costituisce un buon punto di ingresso. In generale, sotto i 100'000 $ è possibile valutare incrementi graduali delle posizioni.
È tuttavia importante ricordare che, in caso di rottura decisa dei 98.500 $, i supporti successivi più significativi si collocano soltanto in area 90.000 $...



Una parola anche sull’oro: la correzione delle ultime settimane ha spaventato alcuni investitori, ma riteniamo che sia stata assolutamente fisiologica dopo il forte rialzo precedente. Il metallo sta semplicemente consolidando.
La domanda che ci viene posta più spesso è se sia già il momento di acquistare. La risposta, dal punto di vista tecnico, è che conviene attendere: il prezzo si sta muovendo all’interno di un triangolo di consolidamento e prima di intervenire è utile capire da che parte avverrà la rottura.

  • Se la rottura sarà al rialzo, il segnale operativo è chiaro: si può acquistare, con target in area 4'230 $.

  • Se invece il prezzo dovesse rompere al ribasso, occorre prudenza, perché il potenziale correttivo potrebbe estendersi fino a 3'793 $ circa.

Ci aspettiamo che la direzionalità diventi evidente già nella prossima settimana. Serve solo un po’ di pazienza.


Buona domenica!
 








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