La scorsa settimana eravamo stati travolti dalla valanga di risultati societari e dalle decisioni, quasi simultanee, scaturite dalle riunioni di ben quattro importanti Banche Centrali. In questa, invece, la relativa scarsità di dati macro ci ha offerto un momento di riflessione: il -3,73% su base settimanale del Nasdaq e il quasi -2% registrato dagli altri principali indici ne sono plausibilmente la conseguenza.
Va detto, ad onor del vero, che non siamo rimasti completamente privi d'informazioni: alcuni dati e qualche evento significativo hanno contribuito a generare un certo disagio tra gli investitori incentivando le di prese di beneficio che, tutto sommato, potrebbero anche essere benefiche. Diamogli un'occhiata.
Da dove vogliamo iniziare? Proviamo a partire dalla fine, cioè da quanto pubblicato venerdì dall'Università del Michigan a proposito della confidenza al consumo degli americani:
Raramente negli ultimi 45 anni lo si era visto sfiorare i 50 e sappiamo tutti cosa vuol dire: le famiglie percepiscono un netto peggioramento del proprio potere d'acquisto, temono per la perdita del posto di lavoro e avvertono l'inflazione come qualche cosa di persistente; le conseguenze sono altrettanto note: riduzione degli acquisti non essenziali, rinvio di spese importanti, uso più parsimonioso delle carte di credito e aumento del risparmio, ovviamente il tutto a detrimento del PIL americano.
Insomma il quadro che ne esce contrasta nettamente con quanto abbiamo visto la scorsa settimana a proposito del GDPNow calcolato dalla FED di Atlanta che l'8 di novembre segnala un PIL teorico al 4% (!). Sarà poi vero? Per verificarlo dovremo attendere, shutdown permettendo, la pubblicazione del dato ufficiale ma ciò non toglie che da qualche parte in America c'è un buon numero di cittadini che del PIL teorico se ne fregano e stanno guardando con crescente preoccupazione cosa rimane nel borsellino alla fine della settimana: sempre meno.
Possiamo incolpare l'attuale shutdown, che si protrae dal primo di ottobre, di aver enfatizzato la perdita di confidenza dei consumatori americani? E' probabile che un ruolo lo stia avendo. Lo shutdown non paralizza i servizi essenziali ma comunque rallenta il funzionamento del governo, ritarda il pagamento dei dipendenti federali, riduce alcuni programmi sociali e crea incertezza nei consumatori e nelle imprese. Più a lungo dura, maggiore è l’impatto sul sentiment economico e sulla crescita. E' stato calcolato che ogni settimana la chiusura della macchina amministrativa erode dallo 0.1% allo 0.2% del PIL: significa che ad oggi, nella migliore delle aspettative, abbiamo un PIL ridotto di mezzo punto percentuale; nella peggiore ci avviciniamo al punto intero. Non bruscolini!
Poi, quando si tornerà alla normalità, qualche cosa verrà recuperato ma non tutto. Ad esempio nel primo lungo shutdown dell'era Trump (2018) 3 miliardi di dollari non sono più stati recuperati. Questa volta molto dipenderà anche da quanti dei 750'000 dipendenti che sono a casa ritroveranno il loro posto di lavoro. Parecchi, temiamo, saranno licenziati...
Già che stiamo parlando di licenziamenti e posti di lavoro, sappiamo che le statistiche ufficiali non vengono calcolate dall'amministrazione fino a quando durerà lo shutdown e di conseguenza dobbiamo fidarci di quanto prodotto dai privati che sappiamo non essere affidabilissimi. Come accade di frequente, i dati dei provider privati non si guardano in faccia: ciascuno ha la propria metodologia, la propria copertura, i propri algoritmi e questo può produrre segnali discordanti che vanno presi con le pinze.
Questa settimana, mercoledì 5 novembre, abbiamo visto gli ADP:
- ADP ottobre: 42k (atteso: 22k; precedente: -29k)
Forse qualcuno del suo staff dovrebbe avere il coraggio di dirgli, alzando il volume, qualche cosa: altrimenti la nomina di un trentaquattrenne, nato in Uganda da madre indiana e padre indiano/tanzaniano/ugandese, senza esperienza politica, che ammicca parecchio a sinistra facendo pure l'occhiolino a Bernie Sanders, musulmano, diventato martedì il 111° sindaco di New York (!) , non sarà più un "incidente di percorso" ma la risposta standard di una parte sempre più numerosa e confusa dell'elettorato americano che non riesce più a capire dove diavolo il loro Presidente vuole andare.
Comunque l'algoritmo di Ned Davis per il momento ci conforta: dobbiamo ammettere che il timing della correzione (cerchio rosso) non è stato come al suo solito preciso ma insomma il trend, anche se con una sfasatura, è ancora intatto.
Il Nasdaq (+19.13% ytd) è all'interno di un canale ascendente dalle fasce molto più larghe: la scorsa settimana avevamo detto che non saremmo stati sorpresi se ci fosse stata un'immediata copertura dei gaps rialzisti (cerchio rosso) che in effetti sono stati ricoperti questa settimana (freccia verde); meglio così, non dovremo più pensarci. Piuttosto prestiamo attenzione alla media mobile dei 50 giorni e vediamo se effettivamente è un supporto che regge. Siamo comunque confortati da un RSI che si è allontanato dall'ipercomprato ed ora si trova in zona neutra. Vediamo settimana prossima se qualcuno avrà il coraggio di rientrare.
Qualora questo primo supporto non dovesse tenere, il prossimo riferimento si colloca in area 5'500 punti, un supporto statico che al momento appare piuttosto solido.
Anche in questo caso, non riteniamo necessario allarmarsi, poiché le prese di beneficio sembrano, per ora, di natura fisiologica.
Un superamento convincente di questa soglia sarebbe importante in quanto potrebbe fungere da trampolino verso 0.8175. Qualora si riuscisse a rompere anche questa resistenza, non vedremmo particolari ostacoli tecnici al raggiungimento della zona di 0.84.
Discorso simile per l’Eur/Usd: il dollaro si era rafforzato e stava puntando verso l’area di supporto a 1.1430, prima che nel pomeriggio di venerdì intervenissero acquisti sull’euro che hanno invertito il movimento. Stiamo monitorando il possibile incrocio verso il basso della media mobile a 50 giorni (freccia rossa) con quella dei 100 (linea verde).
Rimaniamo comunque dell’idea che, nel medio termine, l’evoluzione più probabile sia un andamento laterale, come suggerisce anche la struttura tecnica attuale (segui la freccia…).
È ormai evidente che il Bitcoin presenti una correlazione crescente con il Nasdaq. Nei prossimi giorni ci proponiamo di quantificarla in modo più preciso.
Dal punto di vista tecnico, l’area dei 98'500 $ rappresenta un supporto chiave e costituisce un buon punto di ingresso. In generale, sotto i 100'000 $ è possibile valutare incrementi graduali delle posizioni.
È tuttavia importante ricordare che, in caso di rottura decisa dei 98.500 $, i supporti successivi più significativi si collocano soltanto in area 90.000 $...
Una parola anche sull’oro: la correzione delle ultime settimane ha spaventato alcuni investitori, ma riteniamo che sia stata assolutamente fisiologica dopo il forte rialzo precedente. Il metallo sta semplicemente consolidando.
La domanda che ci viene posta più spesso è se sia già il momento di acquistare. La risposta, dal punto di vista tecnico, è che conviene attendere: il prezzo si sta muovendo all’interno di un triangolo di consolidamento e prima di intervenire è utile capire da che parte avverrà la rottura.
Se la rottura sarà al rialzo, il segnale operativo è chiaro: si può acquistare, con target in area 4'230 $.
Se invece il prezzo dovesse rompere al ribasso, occorre prudenza, perché il potenziale correttivo potrebbe estendersi fino a 3'793 $ circa.
Ci aspettiamo che la direzionalità diventi evidente già nella prossima settimana. Serve solo un po’ di pazienza.
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