domenica 12 novembre 2023

Mercato azionario: nuovi trend in arrivo?


Se il presidente della FED afferma che ci possono volere tassi di interesse più alti per combattere l'inflazione americana e se giovedì, un'asta di Treasury a 30 anni non è andata proprio a buon fine tanto da indurre il governo statunitense ad invogliare gli investitori pagando un premio supplementare rispetto a quello che il mercato era disposto a scucire, si capisce meglio come mai i rendimenti, dopo una settimana di ribassi, sono tornati a salire interrompendo quello che poteva essere un inizio di rally di fine anno. Venerdì comunque le borse americane hanno invertito la rotta chiudendo con un discreto rialzo. Più tardi cercheremo di dare una spiegazione a questi movimenti in quanto sospettiamo che dinamiche simili si ripeteranno spesso durante il 2024. 

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La settimana che si sta per concludere è stata anomalamente povera di dati macro-economici e quindi si è un po' navigato a vista in attesa della prossima settimana dove sono attesi dati importanti.

In America abbiamo avuto la conferma che i consumi sono retti da un indebitamento che è tornato a crescere in maniera importante mentre la disoccupazione rimane a livelli estremamente bassi tanto da non costituire più una sorpresa, anzi...

  • Initial jobless claims: 217k (atteso: 218k; precedente: 220k)
  • Credito al consumo settembre: 9.05 mia (atteso: 9.5 mia; precedente: -15.6 mia). Il dato merita un breve commento:

Sono settimane che sospettiamo che gli americani hanno finito i risparmi e stanno facendo ricorso sempre più frequentemente al credito al consumo con l'uso delle carte di credito in testa. Qualche preoccupazione per un possibile eccesso di indebitamento può essere sollevata e siamo certi che la FED un dato simile lo sta valutando con grande attenzione: non sorprende più di tanto il warning lanciato da Powell questa settimana a riguardo della necessità di ulteriori aumenti dei tassi... Se questi poi avveranno sul serio non lo sappiamo ma ad ogni buon conto siamo stati avvisati.


Anche in Europa sono usciti alcuni dati (pochi anche qui per la verità) che ci confermano due o tre cose:
  • I consumi languono. EU retail sales per settembre: -2.9% (atteso: -3.1%; precedente: -2.1%)
  • L'inflazione tedesca si è fin troppo stabilizzata: 3.8% (atteso: 3.8%; precedente: 3.8%) ma è sempre ben lontana dal target della BCE; non siamo completamente tranquilli in quanto non possiamo escludere nuovi (deleteri) aumenti.
  • In ambito europeo l'inflazione attesa per i prossimi 12 mesi si attesta al 4% che è più o meno il tasso attuale; a 3 anni dovremmo invece ritrovarcela al 2.5% o almeno è quello che pensano coloro che sono stati coinvolti nel sondaggio. Se fosse vero significa che quel 2% ambito dalle Banche Centrali è un miraggio tanto, pensiamo noi,  da non escludere un cambio di paradigma che le obbligherà ad aumentare il target da raggiungere che con ogni probabilità sarà qualche cosa attorno al 3%
A proposito di inflazione siamo andati a dare un'occhiata alle quotazioni delle materie prime e dei costi energetici:


Le materie prime sono da giugno di quest'anno in un movimento laterale ma proprio dagli inizi del mese di novembre c'è stata una accelerazione al ribasso che potrebbe anche continuare. C'è un incrocio di medie mobili che in effetti potrebbe indicare che un movimento ribassista per prossimi mesi è già in atto... In ottica inflazione bene così ma putroppo sappiamo anche che il prezzo delle materie prime sono un buon indicatore dello stato di salute dell'economia e qualche preoccupazione iniziamo ad averla...



La componente oil di questo indice è importante ed ogni suo movimento impatta in modo importante. Lo spostamento laterale avviatosi durante il mese di giugno è stato sostituito da un movimento al ribasso causato principalmente dalla forte correzione che ha subito il prezzo del petrolio da inizio novembre:




In effetti il prezzo del petrolio si è letteralmente schiantato in queste ultime settimane pasando dai quasi 93 dollari al barial agli attuali 77... Evidentemente delle guerre in corso pochi si preoccupano; fanno invece paura i rallentamenti economici in Europa, la poco brillante economia Cinese (che da mesi non riesce ad uscire da un torpore che si sta prolungando da troppo tempo) e la pochezza del settore manifatturiero americano che abbiamo già visto in bel altri stati di forma.
Pure il gas sembra non destare troppi problemi: le riserve sono abbondanti e non vediamo rischi di una eccessiva volatilità dei prezzi sulla falsariga dello scorso anno.

Visto così, il problema inflattivo lo circoscriviamo ai soli servizi che, come sappiamo, sono ancora i principali artefici del rincaro. Va comunque detto che qualche avvisaglia che pure questo settore si sta un poco raffreddando l'abbiamo intercettata... 
Siamo riusciti in poco tempo a più che dimezzare il tasso d'inflazione nel mondo occidentale; ora ci rimane da compiere quell'ultimo miglio che, come sempre succede, è il più ostico da affrontare e che,  come abbiamo già sottolineato,  potrebbe anche indurre le Banche Centrali a rivedere il target del 2%.

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Prima di procedere alla consueta analisi dei grafici dei mercati azionari, ci preme capire meglio la dinamica dei movimenti delle ultime settimane. Ci scusiamo fin da subito se i ragionamenti che faremo sembreranno un po' contorti ma non sempre tutto è chiaro e limpido, anzi... ( Se l'argomento non vi interessa potete passare direttamente ai grafici delle borse.)

Facciamoci aiutare dal grafico dei rendimenti del Treasury a 2 anni:




Se vi ricordate bene, mercoledì 2 novembre, la FED aveva lasciato per la seconda volta i tassi invariati ed il mercato aveva subito interpretato il segnale alla sua maniera dando quasi per scontato la fine dei rialzi del costo del denaro. Immediata la reazione dei rendimenti dei Treasury che su tutta la curva hanno perso dai 15 ai 40 basis points (nel rettangolo rosso: la diminuzione del rendimento del Treasury a 2 anni che da oltre il 5% è sceso in un batter d'occhio al 4.85%)  reiterando il gradito rally borsistico già in corso da qualche giorno.   

Poi giovedì 9 novembre ci hanno pensato Power,  con la sua dichiarazione a riguardo dei tassi che potrebbero ancora salire, e soprattutto un'asta di Treasury a 30 anni  non andata proprio a buon fine a rispedire il rendimento del TB a due anni sopra il 5% (rettangolo nero) innescando una presa di profitto da manuale su quasi tutti i mercati azionari mondiali. 

Quale conclusione possiamo trarre da quanto successo in queste ultime 2 settimane? 

  • E' palese che una riduzione dei rendimenti, come è sempre stato, porta dell'acqua al mulino dei mercati azionari, non solo americani ma di tutto il mondo.  Anche alle nostre latitudini vedere tassi più bassi farebbe un gran bene alle borse, tant'è vero che basta il pensiero di tassi più bassi per scatenare un rally.
  • Purtroppo dobbiamo fare i conti con la realtà e quest'ultima ci dice che gli enormi debiti contratti dagli Stati in periodo pandemico (ma non solo) vanno finanziati. Capita che le emissioni di titoli di stato spesso superano la reale domanda degli investitori e per convincerli ad aprire i cordoni della borsa bisogna offrire rese più allettanti del previsto. L'asta dei Treasury a 30 anni di giovedì non andata tutta a buon fine costituisce un buon esempio. Putroppo l'"higher for longer" non è solo uno slogan ma è una necessità per le casse degli Stati che devono essere costantemente rimpolpate... Tirare giù i tassi, per il momento non sembra una opzione praticabile. 
  • Ciò non toglie, come dimostra la reazione della borsa americana di venerdì in netta ripresa, che l'idea dei rendimenti alti per più tempo non dispiace ai mercati e qui arriva la parte contorta del ragionamento. Il primo di novembre, se ben vi ricordate, Powell si diceva soddisfatto di vedere i rendimenti salire un po' su tutta la curva e non solo sulla parte a breve,  lasciando intendere che se così fosse non sarebbe stato più necessario continuare ad aumentare il costo del denaro. L'assalto al reddito fisso è stato fulmineo innescando un calo subitaneo dei rendimenti (rettangolo rosso), calo che poi è andato a sostenere il rally azionario. 
  • Putroppo il calo dei rendimenti ha avuto due conseguenze. La prima: a tassi più bassi diventa difficile finanziare una parte del debito pubblico. Per farlo il mercato chiede rendimenti ad un certo livello (diciamo dal 5% in sù in America e dal 4% in sù in Europa). La seconda: se i rendimenti scendono addio "higher for longer" e a Powell e compagni, per combattere l'inflazione, non resterebbe altro che aumentare i tassi, aumenti che sono la criptonite tanto dei mercati azionari quanto di quelli a reddito fisso.
  • La reazione positiva del mercato americano di venerdì potrebbe essere la conseguenza del ritorno delle rese vicino al 5% che eviterebbe probabilmente un ulteriore aumento dei tassi da parte della FED. 
Fine del ragionamento contorto... se non stiamo stati chiari (molto probabile...) ce ne scusiamo e se sentite il bisogno del conforto di uno strizzacervelli sappiate che a noi capita di sovente. Purtroppo ogni tanto dobbiamo ragionare ad alta voce per dare un senso a quello che accade sui mercati... come vedete la risposta (ammesso e non concesso che sia quella giusta)  non è sempre cristallina...

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Prima di passare alla consueta analisi dei mercati azionari, prendiamogli la temperatura: malgrado i venti di guerra Ucraini e Medio-Orientali i mercati non sembrano surriscaldati, anzi, il VIX questa settimana si è dato una bella calmata e si sta riportanto in zona 12/13. Per il momento l'unico pericolo che lo riporterebbe a livelli ben superiori sarebbe un allargamento del conflitto medio-orientale ma c'è grande consapevolezza che una simile ipotesi deve rimanere... un'ipotesi! Le conseguenze sarebbero catastrofiche.



 Molto interessante l'attività che ha contraddistinto lo S&P500 (10.64% ytd) questa settimana: è riuscito a superare la resistenza dinamica (linea rossa) che ora diventa supporto. I movimenti successivi sono da manuale: è salito per un paio di giorni, poi ha fatto un cosiddetto ritracciamento (pullback) sul nuovo supporto per poi ripartire al rialzo e chiudere addirittura sopra la media mobile dei 100 giorni (linea verde). Purtroppo un piccolo neo: i volumi non sono eccezionali e rendono quindi questi movimenti un pochino meno significativi. Comunque sia,  potremmo essere in presenza di un cambio del trend...


...ed anche l'algoritmo di Ned Davis sta ritornando sui suoi passi... un rally natalizio non lo escludiamo ancora...



Movimento molto simile anche per il Nasdaq (+31.83% ytd) che a sua volta ha superato la resistenza, ha fatto un pullback e poi è ripartito, forando la media mobile dei 100 giorni (verde) fermandosi in prossimità della resistenza dei 13'850 punti. Anche in questo caso il trend potrebbe mutare direzione... sarebbe una bella strenna pre-natalizia!



Che fatica! Povero Eurostoxx50 ( +10.64% ytd) è la quarta volta in poche settimane che sta cercando di issarsi sopra i 4200 punti... sembrava avercela fatta ma dei volumi non proprio eccezionali (anzi al ribasso, vedi freccia blu) hanno respinto l'attacco... la cosa comunque non ci sorprende in quanto questa borsa in effetti è lo specchio della sua economia che sappiamo bene in quali condizioni si  trova. Proprio per  questo un +10.64% da inizio anno è lodevole. 


Cosa dire del nostro SMI? (-1.62% ytd). Ogni due per tre c'è qualche società che pubblica dati insoddisfacenti risentendo del franco (troppo) forte (vedi Richemont) oppure incappa in qualche incidente di percorso come (troppo) sovente è capitato a Roche. 
Per lo meno in settimana è riuscita a chiudere il gap ribassista  creatosi agli inizi di ottobre (freccia verde) ma poi ha perso tutto lo slancio ed ha chiuso sotto la debole resistenza dei 10'600 punti. Volumi scarsi, per il momento non c'è sufficientemente interesse e a questo punto non ci resta che sperare nel traino delle altre borse... Un po' pochino...

Buona domenica!!

sabato 4 novembre 2023

Benvenuti rimbalzi!

 Anche il mese di ottobre se n'è andato ed intuiamo che, facendo riferimento alle pessime performances dei mercati, non mancherà a nessuno! 

Il nuovo mese è partito con tutt'altro spirito e per questa settimana ci sono due importanti eventi da mettere in risalto ed una manciata di interessanti dati macroeconomici che vogliamo commentare.

Evento no. 1: la riunione della FED di mercoledì 1 novembre

Era attesissima a tal punto che nulla ma proprio nulla di quanto espresso dal suo Presidente è stata una sorpresa. Riassumiamo i punti salienti del Powell / FED pensiero che in fin dei conti sono sempre gli stessi:

  • Per il momento decidono che i tassi rimangono, per la seconda volta di fila,  invariati.
  • L'idea di un taglio è comunque stata presa in cosiderazione, ma la decisione di lasciarli immutati  tra il 5.25% ed il 5.5% è stata presa all'unanimità.
  • Restare ancora fermi non significa che hanno smesso di rialzarli: se l'inflazione attuale persiste, dovranno per forza farli salire. (Tutti gli occhi sono quindi puntati sull'inflazione del mese di novembre che verrà pubblicata alla metà del prossimo mese.)
  • Va da sé che si stanno domandando, i governatori, una volta calmierata l'inflazione per quanto tempo i tassi dovranno tenerli a questi livelli (probabilmente per qualche trimestre...pensiamo noi, ma evidentemente noi non siamo la FED e vedremo più avanti cosa faranno).
  • E' chiaro che alla FED è piaciuto molto il movimento fatto dai rendimenti sulle lunghe scadenze che,  come abbiamo già visto,  si sono anch'essi mossi al rialzo portando ad un appiattimento di tutta la curva che contribuirà di certo ad affievolire l'inflazione.
  • Powell si attende un idebolimento dell'economia nei prossimi mesi ma, in generale, la FED non si aspetta una recessione. Insomma, lo scenario atteso è quello del soft-landing. 
Come detto, nulla di nuovo all'orizzonte: ma come l'ha presa il mercato?


Sembra abbastanza evidente che il mercato ha già deciso che di aumenti dei tassi, sia in America che in Europa, non ve ne saranno più.
Tireremo a campare con questi tassi per i prossimi 6 mesi e poi si aspetta un progressivo allentamento: fra un anno avremo in America 54 basis points di meno; in Europa 76 ed in Svizzera 35. 

Nel frattempo i rendimenti dei Treasury iniziano a scendere:


Ad onor del vero sappiamo che il mercato ogni tanto si sbaglia di grosso: se vi ricordate bene, lo scorso anno, per molto tempo si è creduto che il terminal rate dei tassi americani fosse tra il 3.25% ed il 3.5%... oggi siamo al 5.25%-5.5%... 
Certo che se la FED vede arrivare un rallentamento,  l'idea che i tassi sono al culmine non è proprio fuori posto... ammesso e non concesso che dell'economia americana alla FED importi qualche cosa. 

Evidente il beneficio per le obbligazioni in $:


... in una settimana hanno recuperato il 2.90%...


Di rimando anche in Europa, che mai come in questi ultimi trimestri è al traino dell'America, le rese stanno scendendo:



Bene anche il comportamento delle obbligazioni europee...



... che, pur mostrandosi meno reattive di quelle americane, hanno comunque accumulato un aumento dell'1.39%. Potrebbe in effetti essere arrivato il momento di aumentare un pochino le duration...

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Visto che gli americani sono sempre prodighi di dati, ne abbiamo intercettati alcuni che riteniamo utili alla comprensione dell'attuale contesto macroeconomico e che abbiamo raggruppato come segue:
  • ISM manifattura         ottobre: 46.7% (atteso: 49.2%; precedente: 49.0%)
  • ISM servizi                 ottobre: 51.8% (atteso: 53.0%; precedente: 53.6%)
  • Consumer confidence ottobre: 102.6 (atteso: 100.0; precedente: 104.3)
In effetti si inizia a constatare un certo indebolimento che partendo dalla manifattura si sta propagando  ai servizi fino ad intaccare, piano piano, anche la fiducia del consumatore (che comunque è stata meglio del previsto...)
  • Posti vacanti                         settembre:  9.6 mio (atteso: 9.4 mio; precedente: 9.5 mio)
  • Nuovi impieghi non agricoli ottobre: 150k (atteso: 170k; precedente: 297k)
  • Nuove richieste disoccupazione 28 ott: 217k (atteso: 214k; precedente: 212k)
  • Tasso di disoccupazione          ottobre: 3.9% (atteso: 3.8%; precedente: 3.8%)
  • Salari orari                               ottobre: 0.2% (atteso: 0.3%; precedente: 0.3%)
Per chi vuole lavorare i posti vacanti non mancano, dal mese precedente se abbiamo 100k in più... si sono creati meno posti di lavoro non agricoli rispetto alle attese e questo sarà piaciuto molto alla FED (stanno proprio lavorando per ottenere un raffreddamento del mercato del lavoro). Ai mercati americani è piaciuto di certo!
Le richieste di disoccupazione per una volta sono leggermente più alte di quello che si pensasse; idem per il tasso di disoccupazione, che pur rimandendo molto basso, è salito più delle aspettative; altro segnale che piacerà a Powell...
I salari crescono ma ad un ritmo calmierato che fa del bene all'inflazione.
Insomma i dati sono buoni ma qualche piccola sbavatura inizia a farsi vedere... iniziamo quindi a capire come mai la FED, che in effetti dovrebbe vedere le cose prima di noi, ha il sospetto che un rallentamento è in arrivo.

Venerdì mattina, out of the blue, ci siamo chiesti a che punto sono i risparmi delle economie domestiche americane. Risparmi che, come sappiamo, sono stati alimentati dalle donazioni governative durante la pandemia e che rappresentano il motore che ha sostenuto fino ad oggi i consumi. Consumi che, come abbiamo visto la scorsa settimana,  girano a mille. 
Poi il pensiero è corso all'utilizzo delle carte di credito ed è sorta spontanea la domanda a proposito del grado d'insolvenza di quest'ultime (per intenderci: quanti sono quelli che non riescono a pagare gli acquisti fatti a credito?)... abbiamo incrociato i dati:


A quanto pare durante il mese di maggio gli Americani hanno smesso di risparmiare (linea blu) ed il tasso di insolvenze (linea rossa) ha ripreso a salire con una certa decisione a dimostrazione che forse i risparmi stanno veramente per finire... Le proccupazioni a riguardo del futuro PIL americano, che all'80% è composto dai consumi delle economie domestiche, iniziano a trovare una loro spiegazione...

Poi sabato mattina, leggendo il Corriere, siamo incappati in questa notizia:


... e subito siamo andati a vedere cosa ci dice il Baltic Dry Index (quello che monitora i costi del trasporto di merci secche come metalli e altro genere di materiali; è un buon indicatore che di norma anticipa la futura tendenza della congiuntura economica):


...ed in effetti dagli inizi di novembre sembra voler iniziare a scendere: un altro segnale che la domanda per questo genere di trasporti sta calando...

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Evento no. 2: il rimbalzo delle borse

Bellissimo! Ma quando è stata l'ultima volta che le borse hanno inanellato 5 rialzi consecutivi? Siamo reduci dalla miglior performance settimanale del 2023 e i mercati si stanno comportando come se i tassi avessero già imboccato la via della discesa. 
Soprattutto giovedì abbiamo assistito ad una seduta dove a farla da padrona sono state le ricoperture delle posizioni scoperte (short sqeeze) che solitamente, quando sono così accentuate, potrebbero generare false aspettative; è quello che nel gergo della finanza viene definito "il rimbalzo del gatto morto", gatto che una volta rimbalzato a contatto con il suolo viene nuovamente trascinato al ribasso dalla forza di gravità... 
Comunque sia, godiamocelo questo rimbalzo (lo dobbiamo al povero gatto...) ma prima di parlare di un inizio del rally pre-natalizio desideriamo vedere quanto segue:
  • La persistenza del rimbalzo anche per la prossima settimana.  Vorremmo essere soprattutto certi di vedere il ritorno sul merato dei compratori "veri", quelli che acquistano e tengono le posizioni perché credono in quello che stanno comprando; a noi non basta solo il panico dei shortisti che corrono a ricoprirsi.
  • Tecnicamente siamo in una fase delicata: come vedremo ci sono resistenze che devono essere superate con decisione prima di poter effetivamente affermare che il trend sta cambiando dando il via al vero rally. Non fraintendeteci: siamo molto soddisfatti della settimana che sta per finire ma cerchiamo segnali convincenti prima di gettare altro denaro nel calderone della borsa. Con un po' di fortuna non dovremmo attendere molto...



Prima di tutto diamo un'occhiata alla temperatura dei mercati,  che grazie ai 5 rialzi consecutivi, è scesa con decisione sotto i 20 dell'indice VIX... per il momento la grande paura sembra superata; meglio così!



Lo S&P500 (+13.51% ytd) ha segnato un recupero di oltre 6 punti percentuali in una sola settimana e si è fermato a ridosso della resistenza dinamica (linea rossa) in crociando sia la media mobile dei 200 giorni (blu) sia quella a 50 (viola); tutti segnali positivi. Ora, per poter affermare che il rally pre-natalizio è in corso, è necessario superare la linea rossa e magari riuscire ad incrociare la media mobile dei 100 giorni (verde). Come detto non siamo lontani da un cambio del trend... dita incrociate!



Situazione molto simile anche per il Nasdaq (+28.78% ytd) che, con un saldo settimanale del +8%,  ancora una volta si dimostra la borsa più volatile e reattiva di quelle che seguiamo. Le medie mobili dei 200 (blu) e 50 (viola) giorni sono state perforate dal basso verso l'alto: bene. 
Ora dobbiamo fare i conti con la resistenza dinamica posta a 13530 punti. Non siamo affatto lontani ma è certo che,  dopo una settimana al fulmicotone,  la tentazione di prendere qualche profitto è grande... ci sono anche due piccoli gaps rialzisti da chiuderre... però non siamo ancora in ipercomprato e non è detto che la prossima settimana si possa continuare a salire ancora un po'... speriamo che in un qualche modo si riesca ad uscire dal canale discendente che si è formato dal mese di luglio.



Anche l'Eurostoxx50 (+10.04% ytd) ce la sta mettendo tutta per cercare di non lasciarsi trainare dalla forza di gravità verso il basso. Per il momento sta ripetutamente battendo la testa sulla resistenza statica dei 4'220 punti (linea rossa) che sta diventano un ostacolo difficile da superare alla stessa stregua dei 4'400 punti di qualche mese fa. Putroppo l'economia europea si trova in una situazione che giustifica la fiacchezza di tutti i suoi indici di borsa ed una volta di più, se vogliamo uscire da una situazione poco simpatica, siamo nelle mani del mercato americano.


Diciamolo subito: abbiamo tirato un grande sospiro di sollievo quando abbiamo capito che il nostro indice SMI (-1.40% ytd) stava svoltando verso l'alto annullando di fatto quella "bandiera rovesciata" che abbiamo segnalato la scorsa settimana; se fosse stata confermata ci avrebbe portati dritti dritti verso i 10'000 punti. 
Ovviamente siamo solo parzialmente contenti del recupero settimanale della nostra borsa (+2.8%) che fra quelle europee è ancora il fanalino di coda. Putroppo fino a quando le grandi, con Roche in testa,  non si muovono con maggior decisione non sarà facile recuperare il terreno perso. 
Comunque arrivare almeno fino alla resistenza dei 10'720 punti non sembra una missione impossibile.

A proposito di Roche: come sottolinea Bloomberg, sembra che qualche problema nella ricerca ce l'ha: "le delusioni sono inevitabili nella ricerca scientifica, ma ultimamente (Roche) ha avuto un insolito numero di inciampi nelle sperimentazioni  cliniche, compresi prodotti di alto profilo sul cancro e sul morbo di Alzheimer." Il commento purtoppo lo sottoscriviamo anche noi e la sensazione che abbiamo è un po' quella di sparare sulla Croce Rossa...

Pensiamo sia arrivato il momento di dare il via a questo week end. Godetevelo!

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