domenica 10 novembre 2024

Trump piglia tutto!




 Pensavamo, sbagliando, che la scelta del nuovo presidente americano fosse veramente una questione di testa o croce come i sondaggi dell'ultimo minuto ci volevan far credere. Evidentemente anche per la categoria dei sondaggisti tira un'aria grama: non ne hanno azzeccata una di previsione! Ci siamo quindi ritrovati mercoledì 6 novembre, in tarda mattinata, con un Trump che le elezioni non le ha vinte, le ha stravinte ottenendo la maggioranza dei voti popolari; 312 Grandi Elettori su 538 sono probabilmente dalla sua parte; Senato e Camera dei Rappresentanti sono in mano repubblicana e per finire la Corte Suprema, l'unica che potrebbe dichiarare incostituzionale una legge federale,  su 9 giudici 6 sono stati nominati da presidenti repubblicani. In sostanza, almeno per i prossimi due anni, può fare quello che vuole!

Quindi,  cosa ha funzionato in casa repubblicana in questa tornata elettorale? Praticamente tutto.  Così come in casa democratica pare che nulla sia andato per il verso giusto. Forse ci siamo dimenticati troppo presto che Kamala Harris è stata scelta in zona Cesarini quando a tutti era parso chiaro che Biden sarebbe stato surclassato da Trump: come tutte le scelte fatte un minuto prima della mezzanotte spesso non generano miracoli. Diciamo che per il partito Democratico ci sarà da fare una bella autocritica e sperare che fra 4 anni non ripetano gli stessi errori. Di commenti sulle elezioni americane ne avrete letti a tonnellate e non vediamo bene come il nostro possa aggiungere qualche cosa che ancora non sapete. Quindi ci fermiamo qui.

Ora non ci rimane che vedere quale sarà la squadra presidenziale che aiuterà Trump a fare buon uso dell'immenso potere che i cittadini americani hanno riposto nelle sue mani. A quanto pare ha già promosso  Susie Wiles, la "donna di ghiaccio" che ha curato la sua campagna elettorale, a capo di Gabinetto della Casa Bianca e questa potrebbe essere una buona notizia. Infatti la Wiles pare abbia trovato la formula magica per tenere le intemperanze di Trump sotto controllo e sembra che il presidente le dia ascolto... se non è un miracolo poco ci manca!

Poi ci sarà da vedere se Elon Musk diventerà il leader del nuovo "Dipartimento dell'Efficienza Governativa" dove lo ritroveremo nel consueto ruolo di tagliatore di teste. Il rapporto tra i due sarà poi da seguire con particolare attenzione  in quanto di "conflitti di interesse" ce ne saranno a tonnellate e vedremo se e come due soggetti con una personalità debordante come la loro riusciranno a convivere....

A squadra ultimata potremo iniziare ad immaginare quale sarà il futuro prossimo degli Stati Uniti d'America e soprattutto vedremo se quanto espresso in campagna elettorale sarà trasformato in azioni concrete ben consapevoli che le due cose non sono assolutamente da dare per scontate. Dopodiché cercheremo di adeguare il nostro portafoglio alla nuova realtà che per il momento, come vedremo, risulta rosea per le borse americane ma molto meno per quelle europee.

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Già che siamo in ambito politico non vi sarà sfuggito il fatto che la crisi tedesca, oltre che ad essere economica, da questa settimana è pure politica. Infatti Scholz ha deciso di licenziare il ministro delle finanze Lindner di area liberale. A parte il fatto che non sapevamo che i ministri si possono "licenziare", quello che fa specie è la motivazione (o una delle tante...): troppo rigido nel rispettare i parametri che obbliga il governo federale a mantenere un bilancio quasi in pareggio con un limite massimo di indebitamento strutturale dello 0,35% del PIL. Praticamente il PIL deve salire altrimenti scordati qualsiasi sforamento del bilancio statale. Con una legge simile in tempi di vacche grasse non hai grossi problemi, ma con una economia che da un paio d'anni non cresce affatto ogni forma di indebitamento diventa impossibile anche se a volte sarebbe necessario. Quindi il ministro è stato fatto fuori per aver rispettato pedissequamente la legge ed ora, se non si riesce a trovare un nuova coalizione (difficile), si apre la strada per andare ad elezioni anticipate probabilmente a marzo. Dal comportamento del DAX di giovedì quest'ipotesi  non dispiace affatto alla borsa...

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Se non ci fossero state le elezioni americane, questa settimana l'evento clou sarebbe stata la riunione della FED che ha deciso per un taglio di un quarto di punto come avevamo previsto. Nell'euforia generale delle borse americane non siamo riusciti a capire quale ruolo abbia giocato questo taglio ma infondo non ci importa più di tanto; diciamo che ha contribuito al trend del mercato che da mesi è costantemente al rialzo. Prossimo taglio in vista? Probabilmente il 18 dicembre e sarà verosimilmente di un altro 0.25%.

Piccola nota di colore. Durante la conferenza stampa a Powell è stata posta la seguente domanda: se per caso Trump dovesse chiederle di cedere il suo posto quale governatore della FED prima del tempo (2026) accetterebbe? La risposta è stato un chiaro no! Una cosa del genere sarebbe fuorilegge. Vediamo cosa succederà appena Powell non seguirà quelli che saranno i probabili "consigli" del neo Presidente. Affaire à suivre.



Abbiamo dato un'occhiata alle aspettative dei tagli ai tassi per il prossimo anno (nov 2025. Negli USA il mercato se ne aspetta 4: se pensiamo che uno avverrà ancora quest'anno i tagli previsti per il 2025 saranno ancora 3. Chi ha bisogno come il pane di svariati tagli ai tassi è l'Europa ed in effetti il mercato ne mette in conto 6. Fa specie vedere la previsione per la Svizzera: di tagli se ne scontano  più di 3 e tra un anno i tassi potrebbero essere anche allo 0.13! (per sganciarsi dal Saron e bloccare le ipoteche a lungo termine sembra valere la pena aspettare ancora un po'...)


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Come abbiamo già sottolineato la vittoria di Trump ha fatto un gran bene alle borse americane mentre è evidente la preoccupazione degli altri mercati soprattutto europei: infatti da una settimana con l'altra lo S&P500 è cresciuto del 5.6% ed il Nasdaq del 6.97% mentre in europa l'Eurostoxx50 ha perso 1.66% mentre lo SMI è arretrato dell'1.52%. 

Gli statistici ci direbbero che negli ultimi 10 anni tra S&P500 ed Eurostoxx50 c'è sempre stata una correlazione positiva dello 0.85, che è da considerare piuttosto forte, a significare che il movimento dello S&P500 di norma condiziona anche quello dell'indice europeo. Per questa settimana la correlazione è decisamente saltata e lo si può probabilmente spiegare con il timore per l'America First di Trump. Poi magari il suo programma sarà rivisto e corretto (una guerra dei dazi, come la storia ci insegna, non porta nessuno molto lontano...) ma per il momento è sufficiente ad inquietare gli investitori.

A dir la verità, ad inquietare gli investitori, dovrebbero essere i P/E americani che non sono facili da difendere. Infatti sono stati pubblicati il 90% degli utili trimestrali del Q3 che sono buoni ma non straordinari: superano le stime del 4.3% ma la media quinquennale è dell'8.5% mentre quella decennale si attesta al 6.5%. Insomma si è guadagnato ma un po' meno del solito. Se questo trend dovesse continuare avremo in America prima o poi un (grosso) problema da risolvere. Un pochino meglio i P/E europei che sono decisamente più sostenibili ma che ovviamente rappresentano pure un'economia che non è proprio ai suoi massimi splendori.

Altra piccola curiosità, a mo' di antipasto, tanto per capire cosa dobbiamo attenderci dall'amministrazione Trump:


Lo S&P Global Clean Energy Index include 30 aziende globali che operano nel settore delle energie rinnovabili, come quella solare o eolica. Siamo andati a vedere come ha reagito alla nomina di Trump quale nuovo presidente USA: ovviamente non ci aspettavamo altro ma comunque sia vedere il declino di questo indice, che rappresenta delle società che in fondo stanno cercando di produrre energia pulita, non fa bene al cuore ma fino a quando questo genere di energie non saranno maggiormente profittevoli scordiamoci che qualche cosa cambierà... per le giovani generazioni questo non è un bel messaggio.

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Don't fight Ned Davis! Andare contro il suo algoritmo è pericoloso... Anche il rialzo post elezioni è stato acciuffato. Ci chiediamo cosa sarebbe successo se al posto di Trump ci fosse stata Harris... chissà! Ma in fondo non ha molta importanza, quello a cui noi badiamo è il trend e quest'ultimo per il momento non accenna a cambiar di direzione.



Cosa dire? Avevamo visto che la rottura al rialzo dei 5650 punti dello S&P500 (+25.7% ytd) avrebbe trainato l'indice verso i 6'000 punti (vedi le due linee blu verticali) ma non pensavamo tanto in fretta. I 6'000 sono stato lambiti per un attimo e poi l'indice ha chiuso sotto ma comunque! E' chiarissimo il gap che si è creato dopo l'elezione (freccia rossa): quel buco dovrebbe venir colmato e quindi non escludiamo che a breve ci possa essere uno storno che ci porterà verso i 5'750 punti per poi teoricamente rimbalzare. Quindi se vediamo questa correzione, con un RSI in ipercomprato è probabile (freccia verde), non entriamo subito in panico ma se quest'ultima ci porta sotto i 5'650 punti del supporto allora dobbiamo scappare a gambe levate. (Ned Davis permettendo... :-))  PS: lunedì le borse americane sono chiuse.



Discorso simile anche per il Nasdaq (+28.48% ytd):  il gap è evidente ma questo indice è in piena espansione e non ha ancora esaurito il potenziale che può esprimere dopo aver forato il triangolo al rialzo. Il suo target è attorno ai 19'700 punti, non manca molto, e se pensiamo che il 21 novembre ci saranno i risultati di Nvidia tutto può succedere.  Stiamo comunque sempre sull'attenti, siamo in ipercomprato e sapete cosa vuol dire. 



Purtroppo la musica in Europa è molto diversa. L'Eurostoxx50 (+6.22% ytd) ha forato il supporto e non è più riuscito a risalire: da un punto di vista teorico una volta che il supporto viene violato bisogna aspettare che scenda di un 3% per avere la certezza di non essere in presenza di un falso segnale. Un -3% dal supporto non l'ha ancora fatto e sembra che ci sia la possibilità che si crei un altro supportino ai livelli attuali (freccia blu) ma non contiamoci troppo. La situazione europea non è bella e l'arrivo di Trump la fa sembrare ancora più brutta... siamo pronti a ridurre con convinzione la nostra esposizione.



Il grafico dello SMI (+5.93% ytd) non è facile da leggere. Sembra che addirittura sia uscito dal trend iniziato nell'ottobre del 2023 ma senza troppa convinzione: forse non abbiamo tracciato la linea di supporto in modo preciso... C'è ancora la media mobile dei 200 giorni che cerca di far da supporto, vediamo se tiene. Pronti anche in questo caso ad alleggerire se la settimana prossima non vediamo almeno un tentativo di rientro nel canale ascendente. 

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Il dollaro continua a rafforzarsi e, a maggior ragione, l'ha fatto anche dopo l'elezione di Trump: ha in mente due o tre cosette che potrebbero arrischiare di far ripartire l'inflazione, il mercato ne tiene conto e si comporta con una certa coerenza. Vende Treasury, le rese salgono e le aspettative per i futuri tagli che la FED dovrebbe fare nel 2025, come abbiamo visto, si sono ridotte a 3. La Svizzera dovrebbe fare la stessa cosa e quindi ci ritroveremo con un franco che potrebbe rendere quasi nulla a fronte di un dollaro che almeno tre punti e mezzo è in grado di darteli. Stiamo comunque tenendo d'occhio lo 0.87 e sotto questo livello portiamo a casa un po' dell'utile accumulato da inizio anno, poi vedremo se e a quale livello rientrare.



Anche contro euro il dollaro si sta rafforzando: l'economia europea ha bisogno d'aiuto e i 6 tagli previsti si stanno facendo sentire... vediamo se nelle prossime settimane ci avvicineremo al supporto posto a 1.0550...la media mobile dei 200 giorni sembra definitivamente forata ed ora tutto è possibile. Per chi pensa in euro ovviamente il dollaro va per il momento tenuto.



Euro franco non è facile da leggere: in teoria la rottura del triangolo pone il target della valuta europea con quella svizzera a 0.9580 ma per il momento non riesce a superare neppure lo 0.9420 e se continua di questo passo ancora per una decina di giorni possiamo ritenere il target a 0.9580 fuori dalla nostra portata. Succede che molte figure tecniche non portino i frutti sperati ma di questo ne siamo ben coscienti: per quanto l'analisi tecnica è basata su regole piuttosto precise che ci aiutano a "leggere" il mercato e a prendere certe decisioni, non dobbiamo mai scordare che NON è una scienza esatta. 



Da un punto di vista tecnico quanto sta succedendo al bitcoin è da manuale: rotta la resistenza nell'ultima settimana di ottobre, ha tentato una prima scalata agli 83'000 dollari che sono il nostro target (linea blu) per poi ripiegare su sé stesso nei primi giorni di novembre (pullback).  Il pullback è considerato un segnale di conferma della rottura, poiché indica che il livello di resistenza precedente è diventato un supporto solido. Se il prezzo rimbalza dal nuovo supporto e riprende il movimento verso l'alto, molti trader lo considerano un'opportunità per entrare o rafforzare la posizione a favore del trend rialzista. Chi è lungo di bitcoin se li tenga!


Buona domenica!

PS: il prossimo week end Appunti Finanziari non sarà pubblicato causa impegni famigliari.




domenica 3 novembre 2024

Presidenziali USA: è testa o croce...




 Les jeux sont faits! 50 milioni di americani hanno già votato e gli altri lo faranno il 5 di novembre. Forse, ma non se siamo tanto sicuri, il 6 potremmo avere un nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. Dagli ultimi sondaggi, per quanto possano valere, i due pretendenti sono dati quasi alla pari e quindi a fare la differenza in queste elezioni saranno come al solito gli Swing States... Se poi il distacco numerico tra i due risulterà pulviscolare, aspettiamoci un Trump show poiché con ogni probabilità darà fuori di matto e allora si dovrà contare e ricontare tutti i voti per chissà quanto tempo ancora. Ci potrebbero voler settimane prima di avere un risultato certo.  

Poi bisognerà vedere, una volta che il neo presidente prenderà in mano la nazione, se qualche cosa cambierà drasticamente:  molto dipenderà se riuscirà a controllare contemporaneamente Senato e Camera dei Rappresentanti ma l'impresa appare complessa se non impossibile. Quindi dovranno mettersi l'anima in pace e vedere di fare del loro meglio per edulcorare le loro proposte e cercare di far passare almeno una parte dei programmi esplicitati durante la campagna elettorale. 

Magari, tanto per fare un punto alla situazione,  questi programmi li possiamo brevemente riassumere.

Se alla presidenza ci sarà Trump, aspettiamoci soprattutto:

  • Riduzione delle tasse per le aziende e la classe media
  • Deregulation per le imprese, in primis per i settori energetico e finanziario
  • America First: dazi e protezionismo (60% per prodotti cinesi, 10% per il resto del mondo)
  • Produzione nazionale: vuole riportare le catene di produzione in USA
  • Controllo delle frontiere: regole più rigide e vuol terminare il muro con il Messico
  • Protezione militare dei confini nazionali e riduzione degli impegni verso Nato e Medio Oriente
  • Abrogazione dell'Obamacare e diminuzione del ruolo del governo nella sanità.

Se invece Harris ce la farà ad essere la prima donna che arriva a governare gli USA, cercherà di attuare questo programma:

  • Espansione del welfare e aumento del salario minimo
  • Supporto alle piccole imprese attraverso incentivi fiscali
  • Equità fiscale: più tasse per le fasce di reddito elevato
  • Espansione dell'Obamacare (copertura sanitaria universale)
  • Controllo dei prezzi dei farmaci
  • Ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione: Green New Deal per energia pulita
  • Riforma della giustizia penale e della polizia
  • Protezione dei diritti dei migranti e migliorie al sistema di accoglienza umanitario
  • Rafforzamento delle alleanze storiche degli USA
  • Approccio più collaborativo con laCina su questioni globali quali il cambiamento climatico
Come è logico che sia Trump ha un programma che farà sicuramente presa su una buona parte dell'elettorato vicino al mondo della finanza e dell'economia anche se la Harris, a ben pensarci, arriva a queste elezioni con un piccolo tesoretto che "Sleepy Joe", come Biden è chiamano spregiativamente dai repubblicani, le lascia in eredità. Ovverosia:
  • Pil a +2.8%
  • Inflazione più che accettabile (2%)
  • Mercato del lavoro tonico
  • Disoccupazione vicina ai minimi
  • Borse ai massimi storici

Per essere un "assonnato" non ce la sentiamo di accusare Biden di non aver fatto un buon lavoro almeno economicamente parlando. Chissà se il tesoretto sarà d'aiuto a Kamala... fra qualche giorno lo scopriremo.

Per quel che ci concerne, prima di mettere mano alle nostre asset allocation, vogliamo sapere chi comanderà negli USA per i prossimi 4 anni e se avrà la strada spianata (improbabile) o dovrà vedersela con uno dei due rami del Congresso che non controllerà. Poi vedremo cosa fare...

Considerato che il meccanismo elettorale americano, come ben sapete, è piuttosto complesso a margine del nostro domenicale intervento ci siamo chiariti le idee su come funziona. Può esservi d'aiuto per seguire meglio queste elezioni.

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Nel frattempo l'economia non è che abbia smesso di produrre dati... anzi! Questa settimana ve ne sono di interessanti. Partiamo dagli USA:


  • Consumer confidence ott. : 108.7 (atteso: 99.5; precedente: 99.2)

Era dall'inizio dell'anno che questo indicatore non era così alto: significa che i consumatori sono più ottimisti riguardo alle prospettive economiche di quanto si prevedesse... è probabile che la propensione al consumo continui.


  • Posti vacanti set: 7.44 mio (atteso: 8 mio; precedente: 7.86 mio)  
Il trend è chiaramente al ribasso e potrebbe riflettere una certa cautela dei datori di lavoro che probabilmente vedono arrivare un rallentamento dell'economia (che per il momento tarda a farsi strada...). Il dato si scontra, e non di poco, con la recente creazione di nuovi posti di lavoro nell'economia privata (ADP) creando in tal modo un po' di confusione:
  • ADP ott: 233k (atteso: 113k; precedente: 159k).




  • Nuovi posti di lavoro non agricoli ott:  12k  (atteso: 110k; precedente: 254k)
Il dato è sorprendente: 12 mila nuovi posti di lavoro è un numero così scarso che non si vedeva più dal 2020 quando imperversava il covid e se letto superficialmente si potrebbe pensare che l'economia americana è veramente sull'orlo di un baratro. 
In realtà si può spiegare questo numero straordinariamente negativo con gli scioperi alla Boing ed in altre società che hanno tolto circa 40k posti di lavoro ed un paio di uragani (Helene e Milton) hanno contribuito con altri 50k. 
Dovremo attendere la statistica di novembre per vedere come stanno veramente le cose ma a quanto pare non ci sono dei veri e propri problemi se non quelli appena citati provocati da fattori temporanei quali scioperi e uragani. Infatti anche la disoccupazione, che dal mese di luglio ha manifestato un leggera tendenza alla crescita,  sembra essersi fermata:
  • Disoccupazione ott: 4.1% (atteso: 4.1%; precedente: 4.1%)
Chiudiamo con l'ISM manifatturiero:
  • ISM manifatturiero ott: 46.5 (atteso: 47.6; precedente: 47.2)
L'America cresce e cresce bene ma questo settore soffre (sotto il 50 è in contrazione) e non da ieri. Questa persistenza mette a nudo una certa debolezza del tessuto economico americano e speriamo che la FED ne tenga conto. 

A proposito di FED siamo curiosi di vedere cosa ne faranno dei tassi a margine della riunione del 6 novembre: in teoria dovremmo assistere ad un taglio di un quarto di punto ma non tutti sembrano convinti:


Se guardiamo il comportamento dei rendimenti dei Treasury americani verrebbe voglia di dire che sono pronti anche ad un nulla di fatto; i tassi restano fermi e arrivederci alla prossima riunione. Se chiedete ad un economista cosa sta succedendo potrebbe rispondervi che l'incremento evidente delle rese è la reazione ad un aumento dell'offerta di obbligazioni che sarà necessaria per far fronte alla futura politica fiscale del nuovo presidente,  chiunque esso sia, e che comporterà un aumento del debito pubblico. L'incremento del costo di quest'ultimo ne è la logica conseguenza.


Le obbligazioni in dollari continuano a soffrire (come non capirle...) ed hanno praticamente azzerato i guadagni da inizio anno. Non bello...


Due parole due sui alcuni dati europei:
  • PIL Eu terzo trim     : 0.9% (atteso: 0.8%; precedente: 0.6%)
  • Inflazione annua ott : 2% (atteso: 1.9%; precedente: 1.7%)
La crescita economica non è quella americana ma pur sempre di crescita stiamo parlando; il leggero aumento ci fa piacere e ci allontana un pochino da scenari che non escludono una entrata in recessione.
L'inflazione è coerente con il dato del PIL ed è cresciuta esattamente dove la BCE ha messo il suo target; sarebbe importante non andare oltre. Ammettiamo che questi dati sono propedeutici ad un taglio di un quarto di punto a dicembre e non al mezzo che auspichiamo... speriamo che basti.

Anche in Svizzera è uscito il dato sull'inflazione:


Ad ottobre è scesa di un ulteriore 0.1%. Il tasso di inflazione annuo è allo 0.6% che da un certo punto di vista fa sicuramente piacere ma ci sta mettendo comunque sull'attenti che è pure la conseguenza di un rallentamento che sta colpendo indistintamente TUTTI i settori della nostra economia. Urge un taglio ai tassi...

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Prima di addentrarci nei merca azionari,  gli vogliamo misurare la temperatura:



Tecnicamente l’indice Vix (quello che misura la paura…) è pronto per scattare verso l’alto e potrebbe accadere già durante la giornata del 5 novembre … Le elezioni non sono affatto scontate e la paura farà come minimo 30… vedremo e prepariamoci a qualche seduta piuttosto volatile.

  


Oramai manca solo Nvidia ed i risultati del terzo trimestre dei Magnifici 7 sono tutti conosciuti. Come sono obbligati a fare, per giustificare quotazioni stellari, non potevano che pubblicare numeri ben al di sopra delle aspettative...  




....ma quello che sorprende è stata la tiepida corrispondenza del mercato che li ha sì premiati ma senza l’entusiasmo consueto. 

A quanto pare gli investitori sono preoccupati per gli investimenti che le società implicate nello sviluppo dell’intelligenza artificiale devono fare: stiamo parlando di centinaia di miliardi che andranno investiti a breve e negli anni a venire. 

Ovviamente  sono soldi che non finiranno direttamente nelle tasche degli azionisti che non si accontentano mai, neppure delle performance straordinarie che le azioni di queste società offrono. L’avidità purtroppo non ha limiti. Il consiglio che possiamo dare a questo genere di investitori è di farsene una ragione in quanto è palese che il carrozzone dell’AI sarà un giocattolo estremamente costoso. Pensate solo al consumo energetico provocato da queste tecnologie e ai costi che ne derivano; non sorprende che Google e Amazon stiano per dotarsi di mini reattori nucleari modulari (SMR) per garantire in tal modo i consumi futuri. Pensiamo che abbiate capito di cosa stiamo parlando…

 


Lo S&P500 (+20.10% ytd), così come le altre borse,  ha alle spalle una settimana piuttosto volatile che ha azzerato tutto quello che di buono ha fatto nelle prime tre settimane di ottobre.  Ned Davis l’aveva previsto e quindi per il momento l’allarme rosso non è ancora scattato. Tecnicamente l’indice si è adagiato sulla media mobile dei 50 giorni e i guai potrebbero iniziare se comincia a muoversi con una certa costanza sotto i 5'650 punti. Non riusciamo ad aggiungere altro… Dobbiamo aspettare le elezioni.



Discorso molto simile per il Nasdaq (+21.51% ytd) che avrebbe dovuto beneficiare dei risultati, ben oltre le aspettative, dei Magnifici 7 ma così non è stato se non in minima parte. I 18'000 punti devono essere difesi con i denti altrimenti se va sotto fino ai 17'000 punti non vediamo un supporto degno di questo nome.

 


L’Eurostoxx50 (+7.88% ytd) non ci lascia tranquilli: in settimana ha sfondato i 4868 per poi riprenderli solo nella giornata di venerdì. Tecnicamente questo è un pull back, una sorta di pausa prima di riprendere il movimento in atto che in questo caso, ahinoi, è al ribasso… Primo supporto valido attorno ai 4700 punti...

 


Abbiamo perso il conto di quanti mal di pancia lo SMI (+7.45% ytd) ci ha causato quest’anno. Anche la settimana che sta per finire è stata a tal proposito “generosa” e se non fosse stato per il recupero di venerdì non saremmo ben messi: rischiamo un cambio del trend. Per fortuna la media mobile dei 200 giorni (linea blu) ha fatto egregiamente il suo lavoro di supporto, l’indice è infatti rimbalzato ma con volumi in ribasso e la cosa non ci piace… Difficile dire dove andremo la prossima settimana… se diamo retta a Ned Davis dobbiamo avere nervi saldi e tenere sperando che il rimbalzo dello S&P500, previsto per novembre, si faccia sentire anche dalle nostre parti... Vedremo, ma se il buon senso ci dice che dovremmo vendere... venderemo!

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Coloro che si occupano  di cambi venerdì hanno ricevuto la loro bella razione di volatilità! Guardate come si è comportato dollaro/franco: alle 8 del mattino ha accumulato 50 basis in pochi secondi e ne ha persi 40 subito dopo il dato sulla creazione di nuovi posti di lavoro: 12'000 sono pochini ed in effetti avrebbero spaventato chiunque… passano un paio di minuti e, chissà perché,  ha innestato il turbo e si è issato ben oltre lo 0.87… Se sei posizionato dalla parte sbagliata c'è da farsi male... alzi la mano chi vuol ancora fare il cambista!



E’ chiaro che il continuo aumento dei rendimenti tende a rafforzare la moneta americana… vedremo mercoledì, se avremo un chiaro vincitore alle presidenziali , se questo trend continuerà…

 


Meno marcato il movimento di Euro/dollaro che resta fondamentalmente legato al suo trend che è quello laterale da oramai quasi due anni.

 


 
Il triangolo che si è formato da qualche settimana è stato forato al rialzo. Dobbiamo ammettere che ci aspettavamo che venisse forato al ribasso considerato lo stato generale dell'economia europea  e la necessità di un deciso taglio ai tassi ma come abbiamo visto anche quella svizzera non è messa benissimo e necessita anch'essa di una riduzione del costo del denaro. Per il momento l'euro ha picchiato la testa sulla sua resistenza a 0.9420 e lì si è fermato ma tecnicamente, se riesce a superarla, non ci sorprenderemmo di vedere l'euro salire fino a 0.9580.



Il segnale che aspettavamo per dare il via agli acquisti di bitcoin è arrivato: la ressitenza dei 69'500$ è sta superata ed in settimana abbiamo visto i 73000$ poi, come spesso capita, è ritornato sui suoi passi e guarda caso si è proprio fermato sul livello che faceva da resistenza e che ora è diventato il nuovo supporto a 69'500$. In teoria grazie a questo supporto dovrebbe rimbalzare e ripartire in direzione degli 83'000$... elezioni americane permettendo. E' abbastanza probabile che se dovesse vincerle Trump con un certo agio,  gli 83k li potremmo vedere molto presto.


Questa settimana con l'oro siamo andati ad un passo dai 2'800 dollari per oncia grazie alla continua domanda che nel terzo trimestre è aumentata del 5%. A chiederlo sono sempre le Banche Centrali anche se ad un ritmo meno sostenuto. Il consumo di gioielli è diminuito del 12% a/a ma è salita la domanda di metallo giallo da parte degli ETF che ha egregiamente compensato. Il target di UBS a 12 mesi è di 2'900 dollari ed una vittoria di Trump potrebbe aiutare al suo raggiungimento. Se dovesse invece  vincere Harris, la banca prevede una flessione a 2'600/2700 dollari per oncia.


Buona domenica!


Il sistema elettorale americano, ve ne sarete accorti, è  piuttosto complesso e di non facile comprensione. Ogni 4 anni anche noi dobbiamo rinfrescarci le idee in modo tale da poter seguire le elezioni con cognizione di causa. Abbiamo chiesto a ChatGPT di fornirci una traccia del processo elettorale americano che parte da lontano. Aggiungeremo i nostri commenti (in italico) dove le cose non ci sembrano chiare come ad esempio la questione dei Grandi Elettori.

Partiamo.

1. Primarie e Caucus (Gennaio - Giugno)

  • Scopo: I partiti principali (Democratico e Repubblicano) devono selezionare i propri candidati alla presidenza.
  • Primarie: Gli elettori votano direttamente per il candidato che preferiscono rappresenti il loro partito.
  • Caucus: Assemblee in cui i membri di un partito si riuniscono per discutere e votare sui candidati.
  • Ogni stato tiene primarie o caucus e assegna delegati ai candidati in base ai risultati.
Fin qui tutto chiaro

2. Convention Nazionale dei Partiti (Luglio - Agosto)

  • Ogni partito tiene una convention nazionale dove i delegati assegnati nelle primarie e nei caucus votano ufficialmente per nominare il candidato alla presidenza.
  • Durante la convention, il partito annuncia ufficialmente il candidato presidente e il candidato vicepresidente.
Anche qui nulla da aggiungere

3. Campagna Elettorale (Settembre - Novembre)

  • I candidati presidenziali e i loro vice conducono una campagna elettorale a livello nazionale, cercando di conquistare gli elettori nei diversi stati, con particolare attenzione agli “stati in bilico” (swing states).
  • Ci sono dibattiti televisivi e altre attività per persuadere l’opinione pubblica.
Forse la questione dei Swing States merita un piccolo approfondimento. L'America è un conglomerato di 50 Stati politicamente parlando piuttosto tradizionalisti. In molti di questi, una quarantina, si sa già  dove vinceranno con altissima probabilità i Democratici e dove a far man bassa sono i Repubblicani. Un gran numero di Grandi Elettori (GE) è quindi già allocato: vedremo al punto 4 che importanza hanno.  Ce ne sono però una decina (il numero nel tempo può variare...) che non votano sempre Repubblicano o Democratico ma sono ondivaghi;  sono quegli Stati dove si concentra maggiormente la campagna elettorale di chi ambisce a diventar presidente. Il loro voto, assolutamente non scontato, è appunto da conquistare. 

Per questa campagna elettorale gli Swing States sono i seguenti (tra parentesi il numero di Grandi Elettori ai quali hanno diritto:  Arizona (11), Georgia (16), Michigan (16), Nevada (6), North Carolina (15), Pensilvania (20) e Wisconsin (10). 
In totale questi stati si portano appresso 94 Grandi Elettori su 538 totali (17.4%). Se avrete la pazienza durante la notte tra il  5 ed il 6 novembre di seguire le elezioni, questi Stati sono quelli che dovrete tenere maggiormente sott'occhio. 
Se prendiamo gli stati che di norma votano Repubblicano possono contare su 214 Grandi Elettori praticamente certi mentre per i Democratici ve ne sono 203. i 27 GE mancanti  dipenderà da come votano Maine e Nebraska in quanto assegnano i GE proporzionalmente (vedi punto 5).


4. Elezione Generale (Primo Martedì di Novembre)

  • Gli elettori votano in ogni stato per scegliere tra i candidati alla presidenza. 
  • Gli elettori non votano direttamente per il presidente ma per i “grandi elettori” dello stato, rappresentanti del candidato che preferiscono.
Il grassetto è nostro. Infatti è fondamentale capire che il 5 novembre si andrà a votare in ogni Stato per Trump o Harris ma in realtà, chi vince anche per un solo voto in più dell'altro,  si porta a casa TUTTI i Grandi Elettori (GE) di quello Stato a lui fedeli lasciando a bocca asciutta chi ha perso. 
Saranno poi questi GE che avranno il diritto di votare nel Collegio Elettorale a dicembre e scegliere ufficialmente  il presidente. (vedi punto 5). Le uniche due eccezioni sono costituite dallo stato del Maine e quello del Nebraska che assegnano i GE proporzionalmente.

Ma chi sono questi GE? In sostanza ogni partito che partecipa alle elezioni presidenziali in un dato Stato ha il diritto di presentare una propria lista di GE  che sono scelti dai notabili del partito in funzione della loro fedeltà agli ideali del partito stesso e che godono di un certo prestigio nella vita civile. Considerato il predominio di Democratici e Repubblicani non si sbaglia nel dire che le liste presentate sono di norma solo due. 

Il numero dei GE  di ogni Stato dipende da due fattori: 
a)  Ogni Stato riceve 2 GE così come ogni Stato ha diritto a due Senatori
b) Ogni Stato aggiunge un numero di GE proporzionale alla popolazione in esso censita. Il censimento è aggiornato ogni 10 anni. 

Qual'è lo scopo dei GE? Il sistema dei Grandi Elettori è stato creato con l'obiettivo di garantire un equilibrio tra stati piccoli e grandi e proteggere la democrazia rappresentativa. I Padri Fondatori, quando hanno scritto la Costituzione, volevano evitare che l'elezione del Presidente fosse influenzata solo dalle aree più popolose. Oggi il sistema è decisamente superato ma la tradizione per il momento vince sulla voglia di riformare il processo elettorale .

5. Collegio Elettorale (Dicembre)

  • Ogni stato ha un certo numero di grandi elettori, pari alla somma dei senatori e dei rappresentanti di quello stato (per un totale di 538 grandi elettori a livello nazionale).
  • Gli stati (tranne Maine e Nebraska, che assegnano proporzionalmente) adottano il sistema “winner-takes-all”: il candidato che vince il voto popolare nello stato ottiene tutti i grandi elettori di quello stato.
  • I grandi elettori si riuniscono nei loro stati a dicembre e votano ufficialmente per il presidente e il vicepresidente.
In teoria il voto del Collegio Elettorale è una pura formalità ma può capitare, raramente, che alcuni Grandi Elettori decidono di votare per il candidato dell'altro partito. Un tale elettore viene definito "infedele" (faithless elector) ma fino ad oggi mai hanno ribaltato l'esito finale di una votazione. E' comunque motivo di polemiche ed in diversi Stati ci sono leggi che vincolano i grandi elettori a votare secondo il risultato del voto popolare.


6. Certificazione del Congresso (Gennaio)

  • I voti del Collegio Elettorale vengono inviati al Congresso e conteggiati ufficialmente durante una sessione congiunta del Senato e della Camera dei Rappresentanti.
  • Il candidato che ottiene almeno 270 voti elettorali (la maggioranza dei 538) è dichiarato presidente eletto.

Comunque sia anche durante la elezione di martedì prossimo il numero 270 è l'unico numero che conta... tutto il resto fa statistica e basta.



7. Inaugurazione (20 Gennaio)

  • Il presidente eletto presta giuramento e assume ufficialmente l’incarico.

Bene, speriamo di non avervi confuso troppo le idee... Da parte nostra ci sembra di averle in chiaro ma siamo sicuri che fra 4 anni andremo a riprendere questo post e faremo un ripasso!