domenica 10 novembre 2024

Trump piglia tutto!




 Pensavamo, sbagliando, che la scelta del nuovo presidente americano fosse veramente una questione di testa o croce come i sondaggi dell'ultimo minuto ci volevan far credere. Evidentemente anche per la categoria dei sondaggisti tira un'aria grama: non ne hanno azzeccata una di previsione! Ci siamo quindi ritrovati mercoledì 6 novembre, in tarda mattinata, con un Trump che le elezioni non le ha vinte, le ha stravinte ottenendo la maggioranza dei voti popolari; 312 Grandi Elettori su 538 sono probabilmente dalla sua parte; Senato e Camera dei Rappresentanti sono in mano repubblicana e per finire la Corte Suprema, l'unica che potrebbe dichiarare incostituzionale una legge federale,  su 9 giudici 6 sono stati nominati da presidenti repubblicani. In sostanza, almeno per i prossimi due anni, può fare quello che vuole!

Quindi,  cosa ha funzionato in casa repubblicana in questa tornata elettorale? Praticamente tutto.  Così come in casa democratica pare che nulla sia andato per il verso giusto. Forse ci siamo dimenticati troppo presto che Kamala Harris è stata scelta in zona Cesarini quando a tutti era parso chiaro che Biden sarebbe stato surclassato da Trump: come tutte le scelte fatte un minuto prima della mezzanotte spesso non generano miracoli. Diciamo che per il partito Democratico ci sarà da fare una bella autocritica e sperare che fra 4 anni non ripetano gli stessi errori. Di commenti sulle elezioni americane ne avrete letti a tonnellate e non vediamo bene come il nostro possa aggiungere qualche cosa che ancora non sapete. Quindi ci fermiamo qui.

Ora non ci rimane che vedere quale sarà la squadra presidenziale che aiuterà Trump a fare buon uso dell'immenso potere che i cittadini americani hanno riposto nelle sue mani. A quanto pare ha già promosso  Susie Wiles, la "donna di ghiaccio" che ha curato la sua campagna elettorale, a capo di Gabinetto della Casa Bianca e questa potrebbe essere una buona notizia. Infatti la Wiles pare abbia trovato la formula magica per tenere le intemperanze di Trump sotto controllo e sembra che il presidente le dia ascolto... se non è un miracolo poco ci manca!

Poi ci sarà da vedere se Elon Musk diventerà il leader del nuovo "Dipartimento dell'Efficienza Governativa" dove lo ritroveremo nel consueto ruolo di tagliatore di teste. Il rapporto tra i due sarà poi da seguire con particolare attenzione  in quanto di "conflitti di interesse" ce ne saranno a tonnellate e vedremo se e come due soggetti con una personalità debordante come la loro riusciranno a convivere....

A squadra ultimata potremo iniziare ad immaginare quale sarà il futuro prossimo degli Stati Uniti d'America e soprattutto vedremo se quanto espresso in campagna elettorale sarà trasformato in azioni concrete ben consapevoli che le due cose non sono assolutamente da dare per scontate. Dopodiché cercheremo di adeguare il nostro portafoglio alla nuova realtà che per il momento, come vedremo, risulta rosea per le borse americane ma molto meno per quelle europee.

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Già che siamo in ambito politico non vi sarà sfuggito il fatto che la crisi tedesca, oltre che ad essere economica, da questa settimana è pure politica. Infatti Scholz ha deciso di licenziare il ministro delle finanze Lindner di area liberale. A parte il fatto che non sapevamo che i ministri si possono "licenziare", quello che fa specie è la motivazione (o una delle tante...): troppo rigido nel rispettare i parametri che obbliga il governo federale a mantenere un bilancio quasi in pareggio con un limite massimo di indebitamento strutturale dello 0,35% del PIL. Praticamente il PIL deve salire altrimenti scordati qualsiasi sforamento del bilancio statale. Con una legge simile in tempi di vacche grasse non hai grossi problemi, ma con una economia che da un paio d'anni non cresce affatto ogni forma di indebitamento diventa impossibile anche se a volte sarebbe necessario. Quindi il ministro è stato fatto fuori per aver rispettato pedissequamente la legge ed ora, se non si riesce a trovare un nuova coalizione (difficile), si apre la strada per andare ad elezioni anticipate probabilmente a marzo. Dal comportamento del DAX di giovedì quest'ipotesi  non dispiace affatto alla borsa...

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Se non ci fossero state le elezioni americane, questa settimana l'evento clou sarebbe stata la riunione della FED che ha deciso per un taglio di un quarto di punto come avevamo previsto. Nell'euforia generale delle borse americane non siamo riusciti a capire quale ruolo abbia giocato questo taglio ma infondo non ci importa più di tanto; diciamo che ha contribuito al trend del mercato che da mesi è costantemente al rialzo. Prossimo taglio in vista? Probabilmente il 18 dicembre e sarà verosimilmente di un altro 0.25%.

Piccola nota di colore. Durante la conferenza stampa a Powell è stata posta la seguente domanda: se per caso Trump dovesse chiederle di cedere il suo posto quale governatore della FED prima del tempo (2026) accetterebbe? La risposta è stato un chiaro no! Una cosa del genere sarebbe fuorilegge. Vediamo cosa succederà appena Powell non seguirà quelli che saranno i probabili "consigli" del neo Presidente. Affaire à suivre.



Abbiamo dato un'occhiata alle aspettative dei tagli ai tassi per il prossimo anno (nov 2025. Negli USA il mercato se ne aspetta 4: se pensiamo che uno avverrà ancora quest'anno i tagli previsti per il 2025 saranno ancora 3. Chi ha bisogno come il pane di svariati tagli ai tassi è l'Europa ed in effetti il mercato ne mette in conto 6. Fa specie vedere la previsione per la Svizzera: di tagli se ne scontano  più di 3 e tra un anno i tassi potrebbero essere anche allo 0.13! (per sganciarsi dal Saron e bloccare le ipoteche a lungo termine sembra valere la pena aspettare ancora un po'...)


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Come abbiamo già sottolineato la vittoria di Trump ha fatto un gran bene alle borse americane mentre è evidente la preoccupazione degli altri mercati soprattutto europei: infatti da una settimana con l'altra lo S&P500 è cresciuto del 5.6% ed il Nasdaq del 6.97% mentre in europa l'Eurostoxx50 ha perso 1.66% mentre lo SMI è arretrato dell'1.52%. 

Gli statistici ci direbbero che negli ultimi 10 anni tra S&P500 ed Eurostoxx50 c'è sempre stata una correlazione positiva dello 0.85, che è da considerare piuttosto forte, a significare che il movimento dello S&P500 di norma condiziona anche quello dell'indice europeo. Per questa settimana la correlazione è decisamente saltata e lo si può probabilmente spiegare con il timore per l'America First di Trump. Poi magari il suo programma sarà rivisto e corretto (una guerra dei dazi, come la storia ci insegna, non porta nessuno molto lontano...) ma per il momento è sufficiente ad inquietare gli investitori.

A dir la verità, ad inquietare gli investitori, dovrebbero essere i P/E americani che non sono facili da difendere. Infatti sono stati pubblicati il 90% degli utili trimestrali del Q3 che sono buoni ma non straordinari: superano le stime del 4.3% ma la media quinquennale è dell'8.5% mentre quella decennale si attesta al 6.5%. Insomma si è guadagnato ma un po' meno del solito. Se questo trend dovesse continuare avremo in America prima o poi un (grosso) problema da risolvere. Un pochino meglio i P/E europei che sono decisamente più sostenibili ma che ovviamente rappresentano pure un'economia che non è proprio ai suoi massimi splendori.

Altra piccola curiosità, a mo' di antipasto, tanto per capire cosa dobbiamo attenderci dall'amministrazione Trump:


Lo S&P Global Clean Energy Index include 30 aziende globali che operano nel settore delle energie rinnovabili, come quella solare o eolica. Siamo andati a vedere come ha reagito alla nomina di Trump quale nuovo presidente USA: ovviamente non ci aspettavamo altro ma comunque sia vedere il declino di questo indice, che rappresenta delle società che in fondo stanno cercando di produrre energia pulita, non fa bene al cuore ma fino a quando questo genere di energie non saranno maggiormente profittevoli scordiamoci che qualche cosa cambierà... per le giovani generazioni questo non è un bel messaggio.

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Don't fight Ned Davis! Andare contro il suo algoritmo è pericoloso... Anche il rialzo post elezioni è stato acciuffato. Ci chiediamo cosa sarebbe successo se al posto di Trump ci fosse stata Harris... chissà! Ma in fondo non ha molta importanza, quello a cui noi badiamo è il trend e quest'ultimo per il momento non accenna a cambiar di direzione.



Cosa dire? Avevamo visto che la rottura al rialzo dei 5650 punti dello S&P500 (+25.7% ytd) avrebbe trainato l'indice verso i 6'000 punti (vedi le due linee blu verticali) ma non pensavamo tanto in fretta. I 6'000 sono stato lambiti per un attimo e poi l'indice ha chiuso sotto ma comunque! E' chiarissimo il gap che si è creato dopo l'elezione (freccia rossa): quel buco dovrebbe venir colmato e quindi non escludiamo che a breve ci possa essere uno storno che ci porterà verso i 5'750 punti per poi teoricamente rimbalzare. Quindi se vediamo questa correzione, con un RSI in ipercomprato è probabile (freccia verde), non entriamo subito in panico ma se quest'ultima ci porta sotto i 5'650 punti del supporto allora dobbiamo scappare a gambe levate. (Ned Davis permettendo... :-))  PS: lunedì le borse americane sono chiuse.



Discorso simile anche per il Nasdaq (+28.48% ytd):  il gap è evidente ma questo indice è in piena espansione e non ha ancora esaurito il potenziale che può esprimere dopo aver forato il triangolo al rialzo. Il suo target è attorno ai 19'700 punti, non manca molto, e se pensiamo che il 21 novembre ci saranno i risultati di Nvidia tutto può succedere.  Stiamo comunque sempre sull'attenti, siamo in ipercomprato e sapete cosa vuol dire. 



Purtroppo la musica in Europa è molto diversa. L'Eurostoxx50 (+6.22% ytd) ha forato il supporto e non è più riuscito a risalire: da un punto di vista teorico una volta che il supporto viene violato bisogna aspettare che scenda di un 3% per avere la certezza di non essere in presenza di un falso segnale. Un -3% dal supporto non l'ha ancora fatto e sembra che ci sia la possibilità che si crei un altro supportino ai livelli attuali (freccia blu) ma non contiamoci troppo. La situazione europea non è bella e l'arrivo di Trump la fa sembrare ancora più brutta... siamo pronti a ridurre con convinzione la nostra esposizione.



Il grafico dello SMI (+5.93% ytd) non è facile da leggere. Sembra che addirittura sia uscito dal trend iniziato nell'ottobre del 2023 ma senza troppa convinzione: forse non abbiamo tracciato la linea di supporto in modo preciso... C'è ancora la media mobile dei 200 giorni che cerca di far da supporto, vediamo se tiene. Pronti anche in questo caso ad alleggerire se la settimana prossima non vediamo almeno un tentativo di rientro nel canale ascendente. 

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Il dollaro continua a rafforzarsi e, a maggior ragione, l'ha fatto anche dopo l'elezione di Trump: ha in mente due o tre cosette che potrebbero arrischiare di far ripartire l'inflazione, il mercato ne tiene conto e si comporta con una certa coerenza. Vende Treasury, le rese salgono e le aspettative per i futuri tagli che la FED dovrebbe fare nel 2025, come abbiamo visto, si sono ridotte a 3. La Svizzera dovrebbe fare la stessa cosa e quindi ci ritroveremo con un franco che potrebbe rendere quasi nulla a fronte di un dollaro che almeno tre punti e mezzo è in grado di darteli. Stiamo comunque tenendo d'occhio lo 0.87 e sotto questo livello portiamo a casa un po' dell'utile accumulato da inizio anno, poi vedremo se e a quale livello rientrare.



Anche contro euro il dollaro si sta rafforzando: l'economia europea ha bisogno d'aiuto e i 6 tagli previsti si stanno facendo sentire... vediamo se nelle prossime settimane ci avvicineremo al supporto posto a 1.0550...la media mobile dei 200 giorni sembra definitivamente forata ed ora tutto è possibile. Per chi pensa in euro ovviamente il dollaro va per il momento tenuto.



Euro franco non è facile da leggere: in teoria la rottura del triangolo pone il target della valuta europea con quella svizzera a 0.9580 ma per il momento non riesce a superare neppure lo 0.9420 e se continua di questo passo ancora per una decina di giorni possiamo ritenere il target a 0.9580 fuori dalla nostra portata. Succede che molte figure tecniche non portino i frutti sperati ma di questo ne siamo ben coscienti: per quanto l'analisi tecnica è basata su regole piuttosto precise che ci aiutano a "leggere" il mercato e a prendere certe decisioni, non dobbiamo mai scordare che NON è una scienza esatta. 



Da un punto di vista tecnico quanto sta succedendo al bitcoin è da manuale: rotta la resistenza nell'ultima settimana di ottobre, ha tentato una prima scalata agli 83'000 dollari che sono il nostro target (linea blu) per poi ripiegare su sé stesso nei primi giorni di novembre (pullback).  Il pullback è considerato un segnale di conferma della rottura, poiché indica che il livello di resistenza precedente è diventato un supporto solido. Se il prezzo rimbalza dal nuovo supporto e riprende il movimento verso l'alto, molti trader lo considerano un'opportunità per entrare o rafforzare la posizione a favore del trend rialzista. Chi è lungo di bitcoin se li tenga!


Buona domenica!

PS: il prossimo week end Appunti Finanziari non sarà pubblicato causa impegni famigliari.




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