Les jeux sont faits! 50 milioni di americani hanno già votato e gli altri lo faranno il 5 di novembre. Forse, ma non se siamo tanto sicuri, il 6 potremmo avere un nuovo presidente degli Stati Uniti d'America. Dagli ultimi sondaggi, per quanto possano valere, i due pretendenti sono dati quasi alla pari e quindi a fare la differenza in queste elezioni saranno come al solito gli Swing States... Se poi il distacco numerico tra i due risulterà pulviscolare, aspettiamoci un Trump show poiché con ogni probabilità darà fuori di matto e allora si dovrà contare e ricontare tutti i voti per chissà quanto tempo ancora. Ci potrebbero voler settimane prima di avere un risultato certo.
Se alla presidenza ci sarà Trump, aspettiamoci soprattutto:
- Riduzione delle tasse per le aziende e la classe media
- Deregulation per le imprese, in primis per i settori energetico e finanziario
- America First: dazi e protezionismo (60% per prodotti cinesi, 10% per il resto del mondo)
- Produzione nazionale: vuole riportare le catene di produzione in USA
- Controllo delle frontiere: regole più rigide e vuol terminare il muro con il Messico
- Protezione militare dei confini nazionali e riduzione degli impegni verso Nato e Medio Oriente
- Abrogazione dell'Obamacare e diminuzione del ruolo del governo nella sanità.
Se invece Harris ce la farà ad essere la prima donna che arriva a governare gli USA, cercherà di attuare questo programma:
- Espansione del welfare e aumento del salario minimo
- Supporto alle piccole imprese attraverso incentivi fiscali
- Equità fiscale: più tasse per le fasce di reddito elevato
- Espansione dell'Obamacare (copertura sanitaria universale)
- Controllo dei prezzi dei farmaci
- Ambiziosi obiettivi di decarbonizzazione: Green New Deal per energia pulita
- Riforma della giustizia penale e della polizia
- Protezione dei diritti dei migranti e migliorie al sistema di accoglienza umanitario
- Rafforzamento delle alleanze storiche degli USA
- Approccio più collaborativo con laCina su questioni globali quali il cambiamento climatico
- Pil a +2.8%
- Inflazione più che accettabile (2%)
- Mercato del lavoro tonico
- Disoccupazione vicina ai minimi
- Borse ai massimi storici
Per essere un "assonnato" non ce la sentiamo di accusare Biden di non aver fatto un buon lavoro almeno economicamente parlando. Chissà se il tesoretto sarà d'aiuto a Kamala... fra qualche giorno lo scopriremo.
Per quel che ci concerne, prima di mettere mano alle nostre asset allocation, vogliamo sapere chi comanderà negli USA per i prossimi 4 anni e se avrà la strada spianata (improbabile) o dovrà vedersela con uno dei due rami del Congresso che non controllerà. Poi vedremo cosa fare...
Considerato che il meccanismo elettorale americano, come ben sapete, è piuttosto complesso a margine del nostro domenicale intervento ci siamo chiariti le idee su come funziona. Può esservi d'aiuto per seguire meglio queste elezioni.
***
Nel frattempo l'economia non è che abbia smesso di produrre dati... anzi! Questa settimana ve ne sono di interessanti. Partiamo dagli USA:
- Consumer confidence ott. : 108.7 (atteso: 99.5; precedente: 99.2)
Era dall'inizio dell'anno che questo indicatore non era così alto: significa che i consumatori sono più ottimisti riguardo alle prospettive economiche di quanto si prevedesse... è probabile che la propensione al consumo continui.
- Posti vacanti set: 7.44 mio (atteso: 8 mio; precedente: 7.86 mio)
- ADP ott: 233k (atteso: 113k; precedente: 159k).
- Nuovi posti di lavoro non agricoli ott: 12k (atteso: 110k; precedente: 254k)
- Disoccupazione ott: 4.1% (atteso: 4.1%; precedente: 4.1%)
- ISM manifatturiero ott: 46.5 (atteso: 47.6; precedente: 47.2)
Se guardiamo il comportamento dei rendimenti dei Treasury americani verrebbe voglia di dire che sono pronti anche ad un nulla di fatto; i tassi restano fermi e arrivederci alla prossima riunione. Se chiedete ad un economista cosa sta succedendo potrebbe rispondervi che l'incremento evidente delle rese è la reazione ad un aumento dell'offerta di obbligazioni che sarà necessaria per far fronte alla futura politica fiscale del nuovo presidente, chiunque esso sia, e che comporterà un aumento del debito pubblico. L'incremento del costo di quest'ultimo ne è la logica conseguenza.
Le obbligazioni in dollari continuano a soffrire (come non capirle...) ed hanno praticamente azzerato i guadagni da inizio anno. Non bello...
- PIL Eu terzo trim : 0.9% (atteso: 0.8%; precedente: 0.6%)
- Inflazione annua ott : 2% (atteso: 1.9%; precedente: 1.7%)
Ad ottobre è scesa di un ulteriore 0.1%. Il tasso di inflazione annuo è allo 0.6% che da un certo punto di vista fa sicuramente piacere ma ci sta mettendo comunque sull'attenti che è pure la conseguenza di un rallentamento che sta colpendo indistintamente TUTTI i settori della nostra economia. Urge un taglio ai tassi...
Prima di addentrarci nei merca azionari, gli vogliamo misurare la temperatura:
Tecnicamente l’indice Vix (quello che misura la paura…) è pronto per scattare verso l’alto e potrebbe accadere già durante la giornata del 5 novembre … Le elezioni non sono affatto scontate e la paura farà come minimo 30… vedremo e prepariamoci a qualche seduta piuttosto volatile.
Oramai manca solo Nvidia ed i risultati del terzo trimestre dei Magnifici 7 sono tutti conosciuti. Come sono obbligati a fare, per giustificare quotazioni stellari, non potevano che pubblicare numeri ben al di sopra delle aspettative...
A quanto pare gli investitori sono preoccupati per gli investimenti che le società implicate nello sviluppo dell’intelligenza artificiale devono fare: stiamo parlando di centinaia di miliardi che andranno investiti a breve e negli anni a venire.
Ovviamente sono soldi che non finiranno direttamente nelle tasche degli azionisti che non si accontentano mai, neppure delle performance straordinarie che le azioni di queste società offrono. L’avidità purtroppo non ha limiti. Il consiglio che possiamo dare a questo genere di investitori è di farsene una ragione in quanto è palese che il carrozzone dell’AI sarà un giocattolo estremamente costoso. Pensate solo al consumo energetico provocato da queste tecnologie e ai costi che ne derivano; non sorprende che Google e Amazon stiano per dotarsi di mini reattori nucleari modulari (SMR) per garantire in tal modo i consumi futuri. Pensiamo che abbiate capito di cosa stiamo parlando…
Lo S&P500 (+20.10% ytd), così come le altre borse, ha alle spalle una settimana piuttosto volatile che ha azzerato tutto quello che di buono ha fatto nelle prime tre settimane di ottobre. Ned Davis l’aveva previsto e quindi per il momento l’allarme rosso non è ancora scattato. Tecnicamente l’indice si è adagiato sulla media mobile dei 50 giorni e i guai potrebbero iniziare se comincia a muoversi con una certa costanza sotto i 5'650 punti. Non riusciamo ad aggiungere altro… Dobbiamo aspettare le elezioni.
Discorso molto simile per il Nasdaq (+21.51% ytd) che avrebbe dovuto beneficiare dei risultati, ben oltre le aspettative, dei Magnifici 7 ma così non è stato se non in minima parte. I 18'000 punti devono essere difesi con i denti altrimenti se va sotto fino ai 17'000 punti non vediamo un supporto degno di questo nome.
L’Eurostoxx50 (+7.88% ytd) non ci lascia tranquilli: in settimana ha sfondato i 4868 per poi riprenderli solo nella giornata di venerdì. Tecnicamente questo è un pull back, una sorta di pausa prima di riprendere il movimento in atto che in questo caso, ahinoi, è al ribasso… Primo supporto valido attorno ai 4700 punti...
Abbiamo perso il conto di quanti mal di pancia lo SMI (+7.45% ytd) ci ha causato quest’anno. Anche la settimana che sta per finire è stata a tal proposito “generosa” e se non fosse stato per il recupero di venerdì non saremmo ben messi: rischiamo un cambio del trend. Per fortuna la media mobile dei 200 giorni (linea blu) ha fatto egregiamente il suo lavoro di supporto, l’indice è infatti rimbalzato ma con volumi in ribasso e la cosa non ci piace… Difficile dire dove andremo la prossima settimana… se diamo retta a Ned Davis dobbiamo avere nervi saldi e tenere sperando che il rimbalzo dello S&P500, previsto per novembre, si faccia sentire anche dalle nostre parti... Vedremo, ma se il buon senso ci dice che dovremmo vendere... venderemo!
Coloro che si occupano di cambi venerdì hanno ricevuto la loro bella razione di volatilità! Guardate come si è comportato dollaro/franco: alle 8 del mattino ha accumulato 50 basis in pochi secondi e ne ha persi 40 subito dopo il dato sulla creazione di nuovi posti di lavoro: 12'000 sono pochini ed in effetti avrebbero spaventato chiunque… passano un paio di minuti e, chissà perché, ha innestato il turbo e si è issato ben oltre lo 0.87… Se sei posizionato dalla parte sbagliata c'è da farsi male... alzi la mano chi vuol ancora fare il cambista!
E’ chiaro che il continuo aumento dei rendimenti tende a rafforzare la moneta americana… vedremo mercoledì, se avremo un chiaro vincitore alle presidenziali , se questo trend continuerà…
Meno marcato il movimento di Euro/dollaro che resta fondamentalmente legato al suo trend che è quello laterale da oramai quasi due anni.
Il triangolo che si è formato da qualche settimana è stato forato al rialzo. Dobbiamo ammettere che ci aspettavamo che venisse forato al ribasso considerato lo stato generale dell'economia europea e la necessità di un deciso taglio ai tassi ma come abbiamo visto anche quella svizzera non è messa benissimo e necessita anch'essa di una riduzione del costo del denaro. Per il momento l'euro ha picchiato la testa sulla sua resistenza a 0.9420 e lì si è fermato ma tecnicamente, se riesce a superarla, non ci sorprenderemmo di vedere l'euro salire fino a 0.9580.
Questa settimana con l'oro siamo andati ad un passo dai 2'800 dollari per oncia grazie alla continua domanda che nel terzo trimestre è aumentata del 5%. A chiederlo sono sempre le Banche Centrali anche se ad un ritmo meno sostenuto. Il consumo di gioielli è diminuito del 12% a/a ma è salita la domanda di metallo giallo da parte degli ETF che ha egregiamente compensato. Il target di UBS a 12 mesi è di 2'900 dollari ed una vittoria di Trump potrebbe aiutare al suo raggiungimento. Se dovesse invece vincere Harris, la banca prevede una flessione a 2'600/2700 dollari per oncia.
1. Primarie e Caucus (Gennaio - Giugno)
- Scopo: I partiti principali (Democratico e Repubblicano) devono selezionare i propri candidati alla presidenza.
- Primarie: Gli elettori votano direttamente per il candidato che preferiscono rappresenti il loro partito.
- Caucus: Assemblee in cui i membri di un partito si riuniscono per discutere e votare sui candidati.
- Ogni stato tiene primarie o caucus e assegna delegati ai candidati in base ai risultati.
2. Convention Nazionale dei Partiti (Luglio - Agosto)
- Ogni partito tiene una convention nazionale dove i delegati assegnati nelle primarie e nei caucus votano ufficialmente per nominare il candidato alla presidenza.
- Durante la convention, il partito annuncia ufficialmente il candidato presidente e il candidato vicepresidente.
3. Campagna Elettorale (Settembre - Novembre)
- I candidati presidenziali e i loro vice conducono una campagna elettorale a livello nazionale, cercando di conquistare gli elettori nei diversi stati, con particolare attenzione agli “stati in bilico” (swing states).
- Ci sono dibattiti televisivi e altre attività per persuadere l’opinione pubblica.
4. Elezione Generale (Primo Martedì di Novembre)
- Gli elettori votano in ogni stato per scegliere tra i candidati alla presidenza.
- Gli elettori non votano direttamente per il presidente ma per i “grandi elettori” dello stato, rappresentanti del candidato che preferiscono.
5. Collegio Elettorale (Dicembre)
- Ogni stato ha un certo numero di grandi elettori, pari alla somma dei senatori e dei rappresentanti di quello stato (per un totale di 538 grandi elettori a livello nazionale).
- Gli stati (tranne Maine e Nebraska, che assegnano proporzionalmente) adottano il sistema “winner-takes-all”: il candidato che vince il voto popolare nello stato ottiene tutti i grandi elettori di quello stato.
- I grandi elettori si riuniscono nei loro stati a dicembre e votano ufficialmente per il presidente e il vicepresidente.
6. Certificazione del Congresso (Gennaio)
- I voti del Collegio Elettorale vengono inviati al Congresso e conteggiati ufficialmente durante una sessione congiunta del Senato e della Camera dei Rappresentanti.
- Il candidato che ottiene almeno 270 voti elettorali (la maggioranza dei 538) è dichiarato presidente eletto.
Comunque sia anche durante la elezione di martedì prossimo il numero 270 è l'unico numero che conta... tutto il resto fa statistica e basta.
7. Inaugurazione (20 Gennaio)
- Il presidente eletto presta giuramento e assume ufficialmente l’incarico.
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