domenica 15 giugno 2025

Bombe sull'Iran

Tempo di annoiarci proprio non ne abbiamo anche se la settimana è stata avara di eventi fatto salvo i dati sull’inflazione americana che, come vedremo,  per il momento non sembra subire le bizze dei dazi imposti da Trump. Meglio così! 
Purtroppo quello che ancora non sappiamo è la piega che prenderanno gli scontri bellici mediorientali che da giovedì notte si sono arricchiti di un nuovo capitolo  e che vede gli Israeliani bombardare senza troppi complimenti i siti nucleari Iraniani che disporrebbero di parecchio  materiale debitamente arricchito per ottenere non uno ma diversi ordigni nucleari che evidentemente turbano e tolgono il sonno a Netanyahu e, se vi dobbiamo dire tutta la verità, non lasciano nemmeno noi assolutamente tranquilli. 

Ergo, con la solita efficienza ed apparentemente senza neppur aver perso troppo tempo ad avvisare i cugini americani, gli israeliani hanno iniziato un'operazione di distruzione sistematica su territorio iraniano di tutto quello che con il nucleare ha o potrebbe avere a che fare e già che ci sono ne hanno pure approfittato per eliminare fisicamente alcune figure di alto rango dell'esercito iraniano e alcuni tra i più importanti scienziati che si occupavano del programma nucleare. Il conflitto è tutt'ora in corso e siamo certi che lo state seguendo pressoché in diretta, quindi non ci dilunghiamo...

Quello che a noi qui interessa è iniziare ad evidenziare quelle che sono le prime conseguenze a livello finanziario dell'operazione denominata "rising lion": dollaro in cantina (veramente strano…), rafforzamento dei rendimenti dei Treasury  (altra cosa bizzarra...), oro in deciso rialzo, petrolio alle stelle, mercati azionari decisamente mosci e, last but not least, passeremo un week end poco simpatico meditando sulla riapertura dei mercati di lunedì che non sarà di certo al fulmicotone.

Ogni volta che si apre un nuovo fronte di guerra nella zona medio orientale non si riesce mai bene a capire dove si potrebbe andare a parare, ma questa volta lo scenario è piuttosto chiaro come testimoniato dal grafico che abbiamo preso in prestito dalla rivista Limes: 



Dal canale di Hormuz, controllato dagli Iraniani, passano circa il 30% di tutte le petroliere mondiali ed una sua eventuale chiusura potrebbe spingere il prezzo del petrolio verso i 120$ al barile soprattutto se gli Americani non dovessero intervenire militarmente e forzarne la riapertura:



Per il momento, malgrado un rialzo di oltre il 20% del costo del petrolio, l'incidenza sull'inflazione dovrebbe essere minima, ma se il conflitto si farà più lungo del previsto (diciamo oltre le due settimane...) ed il canale di Hormuz sarà effettivamente chiuso, allora qualche preoccupazione inizieremo a avercela. 
In questo momento stiamo pensando a Powell e, considerato che mercoledì prossimo dovrà prendere una decisione a proposito di un possibile taglio ai tassi americani, quanto sta accadendo in Medio Oriente è di certo una variabile supplementare che dovrà essere presa in debita considerazione e non gioca di certo a favore di una manovra riduttiva.

Quando la tensione internazionale sale il VIX è il primo a reagire:


ad inizio settimana si trovava in una comoda e tranquilla posizione sotto il 20 ma giovedì notte ha invertito la sua direzione ed ha chiuso sopra il 20. Nulla di drammatico ma è ovvio che si sta agitando. Probabilmente sarà destinato ad andare a 30 e magari anche oltre. Non bello ma ci permetterà di sfruttare la volatilità per emettere qualche strutturato che ci offrirà delle cedole interessanti con un rischio piuttosto contenuto...


L'oro sta assolvendo il suo ruolo di bene rifugio ed ha rotto il triangolo di consolidamento color rosso al rialzo: l'analisi tecnica ci suggerisce che potrebbe anche salire fino a 3'800$ l'oncia... non siamo in grado di garantirlo ma se le tensioni continueranno è probabile che salirà ancora;  magari non arriverà a 3800 ma ci potrebbe andare vicino. Per noi l'oro è ancora da tenere ben stretto.



La prima anomalia che vi vogliamo segnalare è quella che concerne il comportamento dei Treasury americani: di norma, quando gli investitori cercano sicurezza, i titoli del tesoro americani sono i primi ad essere ricercati ed il loro massiccio acquisto genera una riduzione dei rendimenti. Ultimamente è vero il contrario e a fronte di un evento che origina ansia negli investitori si procede a venderli con la conseguenza di farne salire i rendimenti (ovale rosso). 

E' probabile che stiamo assistendo ad un cambiamento nei comportamenti storici del mercato dove le crisi generavano soprattutto paure deflazionistiche (vedi la crisi finanziaria del 2008 o quella del Covid 2020) e quindi in automatico si rispondeva alla crisi acquistando Treasury americani che sembravano la risposta perfetta a queste paure. Oggi sappiamo che l'inflazione, dopo quasi quarant'anni di letargo, si è risvegliata e spesso una crisi - generata da guerre o scelte politiche discutibili - si porta appresso anche un aumento dell'inflazione che rende l'acquisto di Treasury, soprattutto a lungo termine, sconsigliati.



Se i Treasury in tempi di crisi non sono più ricercati come una volta, anche la moneta che li rappresenta viene venduta: fino a poco tempo fa era impensabile che, confrontati con eventi destabilizzanti, non si corresse a comprare dollari. Oggi ad esser gettonato è l'euro che in un attimo si è trovato a superare 1.15 contro dollaro (freccia rossa)  aprendo una strada che potrebbe anche portarlo in zona 1.17 prima di trovare una piccola resistenza.


Ovviamente in tempi di crisi chi si esprime al meglio è il franco svizzero (per i nostri esportatori son dolori...) che contro dollaro pare abbia fretta di andare a testare il minimo storico di 0.7894 segnato nell'agosto del 2011. Francamente non lo vogliamo vedere scendere fin laggiù e una mano potrebbe darcela la BNS il prossimo giovedì: vi sono banche che si aspettano un taglio secco di mezzo punto al posto del tradizionale 0.25%. UBS è una di loro e siamo certi che non farà i salti di gioia nel rivedere il tasso di sconto andare in negativo! Se poi un taglio così netto contribuirà ad indebolire un po' la nostra valuta lo sapremo solo da giovedì prossimo in poi. Considerato il contesto geo-politico qualche dubbio l'abbiamo.


Eravamo convinti che il presunto, ma non ancora certo, mezzo punto di taglio ai tassi svizzeri avrebbe aiutato l'euro a rafforzarsi un pochino. L'uscita dal triangolo di consolidamento verso l'alto ce lo faceva pensare ma gli eventi internazionali hanno avuto la meglio:  per il momento Netanyahu batte BNS 1 a 0 palla al centro.

Già che stiamo parlando di monete a questo punto vale la pena gettare un'occhiata al grafico del bitcoin:


...quello che temevamo è diventato realtà: il pullback si è materializzato e per il momento non sappiamo bene dove il bitcoin protrebbe andare. Quello che è certo è che questa crypto non funge da asset protection ed in caso di crisi, pure lei ci va. Se credi che andrà a 200k te la tieni ma se la compri perché speri che sia decorrelata dagli assets portatori di rischio, lascia perdere.

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Quando nei giorni scorsi stavamo riflettendo su cosa scrivere in questo numero di Appunti Finanziari, gli argomenti scarseggiavano. In effetti non era successo granché e avevamo puntato i fari soprattutto su quanto discusso tra americani e cinesi a Londra in merito ai dazi e sull'importante e atteso dato dell’inflazione americana.

Sui dazi a dir la verità non ci aspettavamo più di tanto:  una seria discussione in merito ad un argomento così complesso non la si liquida in due giorni; infatti il comunicato al termine dell'incontro è stato piuttosto stringato. Sappiamo che "attorno all'osso dei dazi è stata aggiunta un po' di carne" e i colloqui, per quanto "franchi e produttivi",  non sono sfociati nella firma di un accordo che verosimilmente verrà siglato agli inizi del mese di agosto (l'8 probabilmente). 

Per il momento gli USA impongono una tariffa cumulativa del 55% sulle importazioni cinesi mentre la Cina risponde con una tariffa del 10% su quelle americane. 

La Cina si impegna a rimuovere le restrizioni (per 6 mesi?)  sulle esportazioni di terre rare e magneti senza i quali la tecnologia civile e militare arrancano. Non sono comunque previsti scambi tra esportazioni di chip avanzati (gli USA mantengono le restrizioni) e le terre rare. 

Auguriamo invece agli studenti cinesi buono studio considerato il fatto che verrà ripristinato l'accesso agli atenei americani. 

Fine del comunicato. Reazioni dei mercati: quasi nulla.

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Dal CPI americano, pubblicato lo scorso mercoledì,  riceviamo la conferma che l'inflazione è ancora sotto controllo malgrado l'incombente minaccia dei dazi:

  • CPI yoy maggio          : 2.4% (atteso: 2.4%; precedente: 2.3%)
  • Core CPI yoy maggio: 2.8% (atteso: 2.9%; precedente: 2.8%)
in effetti registriamo solo un timido aumento dello 0.1% a maggio per quanto riguarda l'inflazione generale mentre il dato core, quello che non contempla i volatili costi dell'energia e del cibo,  è rimasto pressoché invariato e leggermente sotto le aspettative.
  • Prezzi alla produzione yoy maggio: 2.6% (precedente: 2.5%)
Insomma, anche produrre costa una virgola in più, ma nulla di trascendentale. Se ne conclude che, se Powell è spaventato dai rigurgiti inflazionistici, per il momento può stare tranquillo e mercoledì potrebbe anche provare a concedere un piccolo taglio ai tassi. Vediamo cosa succederà nei prossimi giorni in Medio Oriente... In ogni caso, non perdetevi lo speech di Jerome, mercoledì prossimo alle 20:30.

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Ce la stava mettendo tutto lo S&P500 (+1.62% ytd) per raggiungere il suo massimo storico. Ora dovremo fare i conti con gli eventi medio orientali e la risposta dell'Iran che minaccia di ripagare con la stessa moneta gli attacchi degli ultimi 2 giorni. Non crediamo che possa farcela anche se dicono che "sono pronti ad usare 2000 missili". Tecnicamente parlando l'indice si trova ancora all'interno del canale ascendente e non ci sono per il momento motivi per vendere.



L'appuntamento del Nasdaq (+0.50% ytd)  con i 20'000 punti è solo rimandato... peccato perché le possibilità di andare oltre c'erano. Forse una piccola correzione, tanto staccarsi dall'ipercomprato, può essere utile perché, come dicono i francesi, "il faut reculer pour mieux sauter"! Lunedì capiremo meglio quali saranno le conseguenze dell'attacco israeliano. Per il momento siamo in pre-allarme.


Il -1.44% di venerdì sullo SMI (+4.76% ytd), peggior borsa europea, non ci è piaciuto: il nostro dovrebbe essere il mercato difensivo per eccellenza e l'assalto al franco svizzero avrebbe potuto e dovuto portare acqua al nostro mulino. Non è stato così! Oltre a non esser riusciti a superare i 12'400 ci stiamo dirigendo molto in fretta verso i 12'000 punti sperando di trovare un supporto degno di questo nome. L'incontro con la media mobile dei 50 giorni (linea viola) potrebbe attutirne la discesa.

Giovedì prossimo 19 giugno la BNS ci farà sapere di quanto vorrà tagliare i tassi: francamente se il taglio fosse effettivamente dello 0.50% non sappiamo bene quale reazione aspettarci: un taglio simile potrebbe anche venire mal accolto dal mercato in quanto a) significa che vedono la situazione macro economica deteriorarsi seriamente b) il franco troppo forte inizia a fare veramente paura c) si ritorna a fare i conti con i tassi negativi... come già sottolineato la scorsa volta: no grazie, abbiamo già dato!



Lo stesso discorso è valido per l'Eurostoxx50 (+8.06% ytd) : purtroppo il supporto a 5'300 punti (rafforzato pure dall'incontro con la media mobile dei 100 giorni (linea verde)) è stato forato ed ora possiamo solo sperare che la media mobile dei 50 giorni (linea viola) funga da supporto. Dita incrociate!

Buona domenica!


domenica 8 giugno 2025

One Big Beautiful Bill




Per gli appassionati del genere, la soap opera trasmessa dai canali televisivi della Casa Bianca, è manna caduta dal cielo: l'improbabile relazione tra l'uomo più ricco del mondo (Elon) e di quello più potente, il Presidente degli Stati Uniti d'America (Donald), è una di quelle che fin dai suoi albori era destinata ad essere particolarmente tormentata ed infatti, dopo soli 4 mesi, è già al capolinea;  ora a volare non sono i missili di SpaceX ma i piatti del servizio buono della State Dining Room, quella dove si svolgono i banchetti presidenziali.

Pomo della discordia, a quanto ci risulta, è stata la proposta legislativa che porta l'altisonante nome di "One Big Beautiful Bill" e che mirerebbe a semplificare radicalmente il sistema normativo e burocratico federale degli USA con un'attenzione particolare alla riduzione delle tasse e all'eliminazione delle vecchie norme ritenute eccessive o dannose per le imprese. 

Agli occhi di Musk questa legge è una "disgustosa abominazione" in quanto aumenterebbe il deficit (+ 2.5 trilioni), sparirebbero gli incentivi per i veicoli elettrici e sarebbe in netto contrasto con l'efficienza governativa promulgata dal DOGE, il dipartimento condotto fino a non troppo tempo fa da Elon stesso. 

Come era prevedibile la relazione tra i due è presto degenerata ed ora Elon sta accusando Donald di essere coinvolto nei file riservati relativi al caso Epstein; Donald ha replicato, esprimendo in tal modo la sua totale delusione, che non ci mette due minuti a revocare i contratti governativi dove coinvolte ci sono le aziende di Elon il quale, punto sul vivo,  ha minacciato che potrebbe anche dismettere la navicella Dragon di SpaceX mandando all'aria le operazioni della Stazione Spaziale Internazionale. Ripicca di Donald:  si vede costretto a mettere in vendita la fiammante Tesla color rosso ricevuta in omaggio dal suo creatore. 

Potremmo continuare ma siamo sicuri che avete capito che aria tira all'interno dei muri della Casa Bianca. C'è da preoccuparsi? Diciamo che da un certo punto di vista tranquillissimi non siamo ma, considerati i miracoli che abbondano in molte soap opera, possiamo sempre contare sulla resurrezione  di Elon come succede quando, per esigenze di copione, un protagonista che è già stato spedito nel regno dei cieli viene riportato in vita quando ci si accorge che, senza la sua presenza, gli ascolti sono in netto calo. Sotto sotto Donald aveva definito Elon " one of our great geniuses". Non è quindi detto che presto o tardi sul set possa fare la sua apparizione una lampada di quelle che si devono strofinare... La fantasia degli autori di soap opera non ha limiti!

Comunque sia è abbastanza evidente che i panni sporchi andrebbero lavati in casa altrimenti le conseguenze, soprattutto se hai una società quotata,  sono facili da immaginare:


...il 5 giugno per Tesla e i suoi azionisti non è stata una giornata felicissima e i problemi potrebbero non essere finiti qui considerato che Steve Bannon sta attaccando frontalmente Elon: «Musk vuole solo soldi, è un immigrato illegale. Sono preoccupato, dobbiamo scoprire quali dati ha». Elon replica alla sua maniera e senza scherzare più di tanto ci avvisa che è intenzionato a fondare un nuovo movimento, "the America Party". La soap opera continua..Stay tuned!

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Torniamo seri. L'ultimo nostro post risale al 22 di maggio e da allora il discorso sui dazi si è momentaneamente cristallizzato - siamo in attesa del colloquio tra USA e Cina della prossima settimana -  mentre alcuni dati interessanti sono stati pubblicati. I più seguiti in America sono quelli riguardanti lo stato di salute degli impieghi che oramai abbiamo capito essere l'ago della bilancia che influenza le decisioni della FED per quanto riguarda il taglio ai tassi:

  • Posti di lavoro vacanti aprile: 7.4 mio (atteso: 7.1 mio; precedente: 7.2 mio)
Siamo lontani dai 10-11 milioni di un paio di anni fa ma comunque sia 7.4 mio di posti vacanti è un numero non irrilevante e piuttosto stabile... per chi ha voglia di lavorare un posto lo si trova.
  • ADP: nuovi posti lavoro settore privato maggio: 37k (atteso: 110k; precedente: 60k)
Il dato è ben al di sotto delle attese e ovviamente ha scatenato le ire di Trump nei confronti di Powell: "i tassi vanno tagliati, SUBITO!" Va comunque detto che gli ADP sono piuttosto volatili e sono poco rappresentativi sul vero numero di posti di lavoro creati dall'economia americana.
  • Disoccupazione per il mese di maggio: 139k (atteso: 125k; precedente: 147k)
  • Tasso di disoccupazione americano maggio: 4.2% (atteso: 4.2%; precedente: 4.2%)
Questi erano i dati più attesi della settimana: la disoccupazione è stabile al 4.2% mentre i disoccupati sono leggermente più alti del previsto ma meno del dato precedente. Insomma per quanto concerne la FED questi sono numeri che stanno a dimostrare che la fase attendista, prima di tagliare ulteriormente i tassi, può essere procrastinata. Vedremo mercoledì prossimo 18 giugno cosa la FED deciderà di fare: un taglio ai tassi non è escluso ed il mercato lo valuta con una probabilità del 65%. 

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Per quello che riguarda l'Europa vogliamo portare alla vostra attenzione un paio di numeri. Sono quelli che riguardano l'inflazione Europea e quella Svizzera:

  • Inflazione Unione Europea (Eurozona) maggio: 1.9% (precedente: 2.2%)
  • Inflazione Unione Europea (Eurozona) core maggio: 2.3% (precedente: 2.7%) 
La BCE ha risposto a questi dati giovedì scorso con un taglio ai tassi dello 0.25%, l'ottavo taglio consecutivo. Probabilmente ora la Banca Centrale si prenderà una pausa e taglierà i tassi solo se strettamente necessario. L'inflazione sta andando verso il target previsto (2%) e ci arriverà sfruttano la forza inerziale dell'attuale trend ribassista. All'idea che per un po' di tagli non se ne vedranno, il mercato ha iniziato a vendere obbligazioni ed abbiamo registrato un leggero aumento dei rendimenti ma nulla di particolarmente allarmante.
  • Inflazione svizzera a maggio: -0.1% (precedente: 0.0%)
Il dato è addirittura negativo e con ogni probabilità invoglierà la BNS a procedere con l'ultimo taglio ai tassi portandoli a zero e sperando che lì si fermi: vedere ancora il tasso di sconto negativo non sarebbe una bella cosa (abbiamo già dato, grazie!)



Ad onor del vero dobbiamo sottolineare che i rendimenti sul franco, partendo dal Saron ad 1 mese e coinvolgendo i governativi fino a 5 anni, sono già negativi; il governativo a 10 anni rende ancora lo 0.28% ma probabilmente non più per molto ancora. Investire nel reddito fisso svizzero è sempre più complesso...

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Due parole due sul conflitto Russia-Ucraina: non vi nascondiamo che la situazione ci preoccupa. Gli eventi possono sfuggire di mano e per quanto si resta impressionati dall'inventiva ucraina (geniale l'attacco con i droni in pieno territorio russo)  temiamo che la risposta di Putin sarà piuttosto pesante. La via diplomatica per risolvere il conflitto è per il momento decisamente sbarrata ed ora che anche Trump si sta defilando le probabilità di arrivare ad una pace duratura in tempi rapidi sono ridotte al lumicino. Speriamo solo di non dover assistere a colpi di testa sia da una parte che dall'altra. Abbiamo già abbastanza problemi da risolvere. Grazie! 

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E' abbastanza probabile che ve ne sarete accorti da soli ma in queste ultime due settimane i mercati azionari dei problemi di convivenza tra Trump e Musk, del conflitto tra Russia ed Ucraina e della questione legata ai dazi se ne sono fatti un baffo e ci ritroviamo con gli indici ad un soffio dai record storici.
Le borse americane sono state sicuramente spinte dai numeri societari del primo trimestre che senza troppo clamore si sono attestati, come confermato da FactSet, al +13% ben al di sopra del 7% stimato all'inizio del trimestre. A trainare gli utili, una volta di più,  sono state le aziende del settore tecnologico che con il loro +28% hanno surclassato il resto dello S&P500 che è salito comunque di un apprezzabile +9%. Da sottolineare il fatto che il 78% delle società ha riportato utili sopra le aspettative e il dato non è passato inosservato.

Purtroppo per il trimestre in corso le aspettative sono per una crescita degli utili più moderata  che si assesta attorno al +4.9%. Se così fosse e tenendo conto di tutto quello che sta succedendo negli USA ed in giro per il mondo una crescita simile non è da disprezzare. Ne riparleremo a luglio. Nel frattempo godiamoci il rimbalzo degli indici azionari.

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Lo S&P500 (+2.02% ytd) è tornato finalmente positivo da inizio anno: non molto, un paio di punti percentuali ma quello che ci piace è il canale ascendente nel quale il movimento rialzista si sta sviluppando. Ovviamente non perdiamo di vista i due gap rialzisti segnalati dai cerchi rossi e che prima o poi dovranno con ogni probabilità venir coperti ma per il momento non intravvediamo segnali tanto negativi da poter presupporre che siamo in prossimità di una forte correzione. E' vero che mercoledì prossimo ci sarà la FED ma oramai diamo per scontato che di ribassi non ne farà e se, per caso, venissimo smentiti ci sarebbe solo da che esser contenti. Per il momento siamo a 6'000 punti: il livello è di quelli psicologici e non sarà facile da superare ma l'abbiamo già fatto tra febbraio e marzo quindi non vediamo perché non ci si possa spingere fin lassù. E' vero che siamo in zona ipercomprato ma lo siamo già da metà maggio e il mercato non sembra farci caso...




E' andato bene anche il Nasdaq (+1.13% ytd) ma avevamo pochi dubbi sul suo percorso: una volta superati i 17'900 punti abbiamo potuto calcolare il target di questo indice per i prossimi mesi ed il spalla-testa-spalla rovesciato ci porta verso i 21'000 punti. Metà del percorso è stato fatto... vediamo mercoledì se Powell ci darà un altro colpo di mano e soprattutto siamo molto curiosi di vedere se e cosa si saranno detti cinesi e americani a proposito del tormentone legato ai dazi.



L'Eurostoxx50 (+10.91% ytd) è da diverse settimane che sta consolidando e si sta spostando lateralmente: ve bene così; l'importante è che non scenda sotto i 5'300 punti e se poi avrà voglia di superare i 5'500 si apriranno altre strade. Anche se dovesse chiudere l'anno con un +10% a noi andrebbe benissimo! A rovinare la festa ci potrebbero essere i dazi e di questo ne siamo più che consapevoli. Se si andrà sotto i 5'300 inizieremo ad alleggerire...



Anche lo SMI (+6.60% ytd) è in fase di consolidamento all'interno di un range costituito dalla media mobile a 50 giorni (linea viola) che fa da supporto e della media mobile dei 100 giorni (linea verde) che fa da resistenza. Sarebbe interessante se la prossima settimana potremmo assistere alla chiusura del gap rialzista segnalato del cerchio arancione ma molto dipenderà dalle decisioni della BNS che si riunirà il prossimo giovedì 19 giugno e da come il mercato avrà scontato la notizia che il Governo Svizzero esige dalle banche di natura sistemica (UBS, PostFinance, ZKB, Raiffeisen e Banque Cantonale Vaudoise) requisiti di capitale più severi. La più colpita da questa iniziativa è ovviamente UBS e per il momento gli investitori l'hanno presa piuttosto bene. Infatti Reuters ha pubblicato la notizia alle 15:01 a mercati ancora aperti e UBS ha chiuso con un rialzo del 3.8% (max di giornata +6%) segno che con ogni probabilità ritengono che le nuove regole siano gestibili: la loro implementazione è prevista per fine 2028 ed il periodo di transizione per portare a termine l'aumento dei requisiti di capitale sarà di 6-8 anni.  Ermotti  ha calcolato che ci vorranno circa 42 miliardi per capitalizzare la sua banca secondo le nuove regole e non ha fatto di certo i salti di gioia, anzi... Vedremo martedì alla riapertura della borsa se gli investitori, dopo tre giorni di riflessione, saranno ancora così accondiscendenti. (Lunedì borsa chiusa per la festività di Pentecoste).

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E' evidente a tutti che il dollaro non sta passando uno dei suoi migliori momenti e malgrado offra un rendimento piuttosto attraente rispetto ai suoi competitors continua ad indebolirsi. Spiegare il perché non è semplice ed entrano in gioco una moltitudine di cause che si intrecciano tra di loro:
  • E' probabile che presto o tardi i tassi in America, malgrado le resistenze della FED, dovranno essere tagliati: ma non perché lo vuole Trump ma perché la situazione macroeconomica lo suggerisce. Comunque sospettiamo che fino a quando il pasticcio dei dazi rimarrà sospeso nell'aria la debolezza andrà avanti.
  • L'Eurozona, il Giappone e qualche mercato emergente stanno mostrano segnali di ripresa: il miglioramento delle prospettive economiche funge da calamita.
  • Gli squilibri fiscali e geopolitici hanno un peso specifico importante: il deficit americano è sempre più importante e spaventa gli investitori. Per il momento la valuta americana è quella universalmente riconosciuta ed è utilizzata per regolare gli scambi commerciali di mezzo mondo ma molti Paesi (soprattutto asiatici) stanno cercando di accumulare riserve valutarie alternative al dollaro americano.

Dopo il ritracciamento del dollaro avviatosi a metà aprile e conclusosi verso metà maggio, la valuta americana ha ripreso ad indebolirsi contro il franco svizzero malgrado un differenziale tra i tassi dei due paesi di quasi 4  punti percentuali! 0.82 sembra essere un supporto che deve essere difeso con i denti ma non sarà facile: tra mercoledì (FED) e giovedì (BNS) le carte potrebbero venir scompaginate anche se temiamo che l'attuale forza del franco svizzero sia difficile da scalfire. 


Malgrado l'ottavo taglio consecutivo ai tassi di interesse effettuato giovedì dalla BCE il dollaro ha continuato ad indebolirsi. Come abbiamo già sottolineato per un po' di ulteriori tagli non ve ne saranno e gli investitori l'hanno già messo in conto. Tecnicamente parlando la resistenza dell'1.15 sembra per il momento difficile da superare ma se la FED dovesse tagliare non escludiamo che si possa anche andare oltre... fino a mercoledì 18 giugno sospendiamo ogni giudizio.


Euro/franco in questo momento ci incuriosisce molto: apparentemente la valuta europea, dopo un periodo di consolidamento duranto un paio di mesi (vedi triangolo verde) sembra voler imboccare la strada del rialzo. Proprio in questi giorni potrebbe aver forato al rialzo il triangolo (vedi freccia) e se il movimento verrà confermato nei prossimi giorni non escludiamo che stia puntando ai 95 centesimi. La prossima settimana potremo essere più precisi.


L'uscita dal canale ascendente che ha portato il bitcoin dai 75'000$ di metà aprile agli attuali 105'000 è evidente (cerchietto rosso): nei tre giorni successivi abbiamo assistito ad un classico pullback che ha riportato il bitcoin verso il punto di uscita e che ci indurrebbe a rientrare. Lo si può fare solo se nei prossimi giorni rientra nel canale ascendente. Non è da escludere che se non rientra riprenderà ad indebolirsi.

Buona domenica!

giovedì 22 maggio 2025

Moody's declassa l'America

 Ci siamo lasciati domenica 11 maggio con i trattati di Ginevra sui dazi tra Cina e USA in pieno svolgimento. Le nostre aspettative per il summit in corso erano meno di zero ma forse siamo stati eccessivamente pessimisti: infatti una sospensione delle gabelle per 90 giorni è stato raggiunto, giusto il  tempo per continuare a trattare;  il dazio generalizzato al 10% valido per tutti non si tocca;  quelli reciproci hanno subito una bella (temporanea?) sforbiciata e le borse hanno apprezzato il gesto. Da diversi giorni il capitolo dazi ci sembra essere passato in secondo piano (diciamo che per il momento non merita la prima pagina dei giornali) e questo ha riportato un po' di ottimismo nei mercati azionari che tutto sommato non sono poi molto lontani dai massimi storici. Ma attenzione:  qualche ombra, ahinoi, ci pare di vederla arrivare...

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Poco variata anche l'inflazione americana  che per il momento è piuttosto stabile: il dato pubblicato il 13 maggio la dava al 2.3% (atteso: 2.4%; precedente: 2.4%). Il trasferimento dei dazi nei prezzi alla vendita è un processo che richiederà del tempo ed il semplice fatto che l'inflazione non si è ancora mossa non ci deve indurre ad un eccessivo ottimismo...

Fa specie vedere il sondaggio dell'Università del Michigan, riguardante le aspettative di inflazione fra un anno: mediamente il campione di 500 consumatori adulti contattati telefonicamente la vede al 7.3%. Magari sopra il 7% l'inflazione non ci andrà ma se questa è l'aspettativa ecco che il consumatore potrebbe dare il via,  prima che i prezzi salgono,  ad una spesa anticipata. Di sicuro questo è un dato che ha visto anche la FED ed è consapevole che le imprese aumenteranno i costi e i lavoratori chiederanno salari più alti auto-alimentando una spirale inflazionistica che non sarà facile da contenere. Vedremo.

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Riteniamo comunque che la notizia che non deve assolutamente passare inosservata, in quanto potrebbe generare qualche presa di profitto nel variegato mondo obbligazionario (e non solo in quello...) è senz'altro quella del declassamento del debito pubblico americano da parte di Moody's che ha fatto perdere la AAA alla prima economia al mondo riducendo il rating ad AA1. Non è una vera novità e si inserisce nel solco del declassamento condotto anni fa da Standard&Poor's (2011) e da Fitch (2023). 

Comunque sia, questa riduzione qualitativa del debito pubblico americano, qualche reazione l'ha già generata:



I rendimenti dei Treasury a 2 anni (rosso) a 10 anni  (nero) e a 30 anni (blu) hanno virato decisamente verso l'alto e di sicuro non avrà fatto piacere a Trump che non sa più dove andare a prendere i soldi per pagare il debito pubblico soprattutto se riuscirà (ma non diamolo per scontato) a diminuire le tasse. I dazi che vuol far pagare al mondo intero servono soprattutto a questo.


Oramai il debito e i suoi costi sembrano essere fuori controllo e le previsioni non sono rosee: ad oggi il 3% del PIL americano serve semplicemente per pagare gli interessi generati dai 37 trilioni di dollari di debito pubblico e nel 2050, secondo una proiezione della Federal Reserve, la spesa per interessi ammonterà al 5% del PIL... decisamente troppo!

Un'ultima osservazione: quando la resa del Treasury trentennale va sopra il 5% (non succedeva dal novembre del 2023) per i mercati azionari non è un bel segnale. Forse per coloro che hanno realizzato guadagni interessanti portare a casa un po' dell'utile non è una brutta cosa...


... comunque per il momento non sembra che le obbligazioni in dollari abbiano sofferto più di tanto questo rialzo dei rendimenti, ma le teniamo comunque sotto controllo. Qualche obbligazione la andremo a comprare ma le scadenze non saranno lunghissime...


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Tutto sommato lo S&P500 non si è comportato male e manca pochissimo ad aver recuperato tutte le perdite subite dal 4 di febbraio oramai diventato celebre come il "giorno della liberazione". Purtroppo dopo il declassamento sta correggendo in modo piuttosto vistoso e non ci sorprenderemmo se andasse nei prossimi giorni a chiudere il gap rialzista che porterebbe l'indice attorno ai 5700 punti. Per la cronaca sono molti gli analisti e le banche che vedono ancora  per fine anno lo S&P500 attorno ai 6'600 punti: a metà maggio a questo gruppetto si è aggiunta anche Goldmann Sachs.



Vi avevamo segnalato in modo un po' ardito, la figura tecnica denominata spalla-testa-spalla rovesciato (mezze lune arancioni) che di norma anticipa un periodo rialzista. In effetti la scorsa settimana il Nasdaq è partito in gap (cerchietto azzurro)  e sembrerebbe essere sulla buona strada dei 21'000 punti. In caso di una correzione, noi iniziamo a panicare se l'indice dovesse andare sotto i 18'000 punti. 



Bene, e pure molto, l'andamento dell'Eurostoxx50 che si trova ad un soffio dal suo record storico. Evidentemente un po' di fiducia nel nostro continente è tornata ed è pure confermata da un golden cross (media mobile dei 100 giorni in verde incrocia quella a 50 giorni in viola) che potrebbe dare sostanza al movimento rialzista. Per acquistare nuove posizioni bisognerebbe comunque attendere uno storno...



Anche lo SMI sta cercando di andare a coprire il gap rialzista segnalato dal cerchietto arancione ma sta facendo fatica: con Roche, Novartis e Nestlé che hanno visto tempi migliori non è facile. I volumi non sono eccezionali e ci stiamo avvicinando all'ipercomprato... tutti elementi che ci suggeriscono che nei prossimi giorni non vedremo grandi movimenti al rialzo...

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Malgrado l'aumento dei rendimenti sul dollaro la valuta americana ha corretto vistosamente contro franco svizzero: il declassamento del debito ha giocato un ruolo importante. E' chiaro che qualche cosa sta cambiando e l'immagine degli USA nei prossimi anni sarà meno brillante di quanto siamo abituati a vedere. Il tema è di quelli seri e stiamo pensando di fare prossimamente degli Appunti di approfondimento. Per tornare a noi: il supporto a breve contro franco rimane a 0.82.



Anche contro euro il dollaro ha perso qualche basis point ed è ritornato in zona 1.13 ma attorno a quel valore dovrebbe consolidare. Cambia il discoro, e di molto, qual'ora dovesse andare con decisione sopra 1.15, ma pensiamo che sia ancora troppo presto...


Euro/franco ci pare entrato in modalità scorrimento laterale all'interno di un range piuttosto stretto: 0.93 - 0.94. Se lì rimane non ci lamentiamo. Ricordiamoci che il 19 giugno ci sarà la riunione della BNS dove è atteso un ultimo taglio dello 0.25%.



Che ci sia nell'aria qualche cosa che mette un po' di inquietudine addosso agli investitori ce lo suggerisce la quotazione del  bitcoin che mentre siamo scrivendo è quotato 111'313 $ e si trova all'interno di un canale rialzista che verosimilmente lo porterà verso i 120'000 dollari. Attenzione: è in netto ipercomprato (cerchietto rosso) e prima di comprarlo ci vorrebbe uno storno...

Buona serata!

PS: come vi abbiamo già avvisato anche il prossimo week end e l'altro pure non siamo in grado di scrivere i nostri Appunti. Vi terremo aggiornati durante la settimana.

domenica 11 maggio 2025

Settimana apatica

Sulla carta poteva essere una settimana ben più movimentata di quella che in realtà è stata. Invece, come vedremo, le borse si sono mosse poco ed hanno pensato più che altro a consolidare quanto di buono hanno fatto dai primi di aprile in poi. 

L'unico evento che ha sorpreso noi comuni mortali è stata l'elezione di un Papa americano.  Ovviamente, non abbiamo potuto fare a meno di pensare a quanto abbia rosicato Trump che, durante un recente incontro con i giornalisti alla Casa Bianca, ha dichiarato - seppur scherzosamente -  che avrebbe voluto diventare lui il Papa. Comunque sia il Nostro, sportivamente, si è subito congratulato con Leone XIV,  ma si è pregiato di farci sapere - con il tatto che lo contraddistingue - che Prevost non era il suo cardinale "born in the USA" preferito. A quanto pare l'ala più estrema dei repubblicani lo considera un marxista con l'aggravante di essere pure un globalista. Noi non lo conosciamo e quindi sospendiamo il giudizio.

Un altro piccolo sussulto l'abbiamo avuto martedì mattina con l'elezione di Merz quale nuovo cancelliere tedesco, elezione che di solito è poco più di una formalità. Invece, per la prima volta dal dopoguerra, si è dovuti ricorrere al secondo scrutinio. Non è un segnale molto incoraggiante per Merz che, evidentemente, anche all'interno del suo stesso partito non fa l'unanimità. Il DAX sulle prime non ha gradito e ce l'ha fatto sapere con un -2% messo a punto subito dopo la mancata elezione; si è poi ripreso nel pomeriggio e tutto sommato, con un +18% ytd,  è fino ad oggi la miglior borsa europea segno che in Germania un po' di ottimismo, malgrado la recessione in corso, sta facendo capolino.




Mercoledì è stato il turno della FED. Powell per sorprenderci avrebbe dovuto ridurre il costo del denaro. Non l'ha fatto e si è pure beccato dello stupido dal suo Presidente. Comunque sia il Governatore della più importante banca centrale al mondo, che difficilmente si lascia intimorire,  ha giustificato la sua scelta in modo semplice e razionale:

  • Negli USA l'incertezza economica è elevata a causa delle politiche commerciali della nuova amministrazione: diciamo che prima di procedere con dei tagli aggressivi ai tassi vuol vedere le conseguenze di tali politiche che per il momento non si sono ancora concretizzate definitivamente nei dati economici.
  • L'aumento dell'inflazione è in agguato: non è un esito certo ma, se i dazi verranno applicati come da programma, è piuttosto probabile. E' comunque consapevole che vi sono delle trattative in corso e, giustamente, prima di prendere qualsiasi decisione vuol vedere se andranno a buon fine e come.
  • E' pure edotto che il mercato del lavoro inizia a mostrare qualche piccola crepa ma per il momento nulla di preoccupante. Anche le nuove richieste settimanali di sussidi di disoccupazione, pubblicate giovedì, si sono attestate a 228.000 unità, risultando inferiori sia alle attese (231.000) sia al dato precedente (241.000).



Di certo, durante la riunione della Fed, un’occhiata al grafico del GDPNow della Fed di Atlanta l’avranno data: misura in tempo reale il PIL americano ed è aggiornato continuamente, ragione per cui questo indicatore risulta piuttosto volatile. Come possiamo vedere, segnala attualmente una crescita economica del +2,2%, in linea con l’andamento degli ultimi anni. Il motivo per il quale il PIL americano è andato temporaneamente in negativo - la causa è un eccesso d'importazioni - l'abbiamo visto la scorsa settimana.

Insomma, da quello che riusciamo a capire, ci sembra che l’economia americana stia ancora andando piuttosto bene e che non ci sia tutta questa urgenza di abbassare i tassi. Ovviamente Powell e compagni sono in pre-allarme e se sarà necessario e sensato i tassi di certo li abbasseranno. L'importante è non ridurli troppo presto per poi essere magari costretti a fare l'opposto qualche mese dopo... sarebbe deleterio per la credibilità della FED.

Non da ultimo questo fine settimana le antenne sono tutte sintonizzate sull'incontro a Ginevra tra USA e Cina in corso proprio mentre stiamo scrivendo. In cima all'agenda ci sono evidentemente i dazi che in un qualche modo vanno da ambo le parti ridotti. Sarà interessante vedere quante concessioni verrano fatte da una parte e dall'altra ma una cosa è certa: Trump ha disperatamente bisogno di denaro per rimpolpare le casse dello stato e scordiamoci che rinuncerà a togliere di mezzo i dazi. Il 10%, che ha imposto a livello mondiale,  a nostro giudizio non è trattabile; tutt'al più bisognerà trovare una quadra per quanto riguarda i dazi reciproci. Un possibile punto d'incontro tra i due Paesi è stimato in dazi attorno all'80%. Dal 9 di aprile sono al 145% e colpiscono anche i pacchi di valore inferiore agli 800 $ diretti verso gli USA che prima erano esenti: è evidente il tentativo di infastidire le temutissime  piattaforme di e-commerce cinesi.
Non scordiamoci che le borse hanno iniziato a recuperare terreno solo dopo che i dazi sono stati rinviati di 90 giorni per permettere di trovare degli accordi tra paesi. Ora ci siamo: le discussioni  stanno per iniziare e capiremo subito che aria tira... speriamo non sia grama. E' imperativo che si arrivi a trovare il modo di ridurli significativamente altrimenti saranno guai grossi.   Lo verificheremo subito lunedì mattina all'apertura dei mercati.

Anche la Svizzera ambisce a risolvere la questione dazi al più presto: l'aliquota del 31% applicata al nostro paese inquieta e soprattutto inquieta ancor di più il fatto che vi saranno dazi specifici per i farmaci. Non vi nascondiamo che non siamo tranquillissimi anche se Roche e Novartis hanno già annunciato che faranno investimenti miliardari negli USA.

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Prima di passare all'analisi dei mercati azionari e dei cambi, vogliamo dare una rapida occhiata a cosa succede alle obbligazioni in dollari ed euro. E' quindi necessario soppesare quali sono le aspettative per i tagli ai tassi di USA, Europa e Svizzera per i prossimi 365 giorni:


Negli Stati Uniti i tagli attesi sono circa 3 (uno in meno rispetto alla scorsa settimana) e difficilmente si andrà sotto il 3.5%. Con i debiti che hanno è sempre un tasso troppo alto: le pressioni su Powell da parte di Trump sono destinate a perpetuarsi.

In Europa dovremmo vedere ancora un paio di tagli che potreranno i tassi attorno all'1.65% ma a quanto pare, come vedremo, il mercato obbligazionario sembra rimanere piuttosto indifferente.

Per finire la Svizzera: è probabile che alla prossima riunione della BNS (19.06.25) vedremo, con un taglio dello 0.25%,  i tassi a zero. Per il mercato non è ancora abbastanza e ne mette in conto un altro che, se fosse vero, riporterà i tassi in negativo. Come detto sarebbe molto meglio evitare questo scenario. SE il franco dovesse perdere un po' del suo valore forse il pericolo lo scampiamo, altrimenti sappiamo già a cosa stiamo andando incontro...


Malgrado i tassi americani restano alti, il mercato obbligazionario sta scommettendo che presto o tardi li dovrà tagliare e quindi si sta già portando avanti con i lavori: coloro che devono acquistare obbligazioni lo stanno già facendo. Da inizio anno l'indice total return delle obbligazioni in usd calcolato da Bloomberg è in crescita del 4.66%.



Anche se la BCE non si sia risparmiata in fatto di tagli ai tassi, bisogna ammettere che le soddisfazioni in ambito obbligazionario espresso in euro non sono molte. Da inizio anno stiamo marciando sul posto. Evidentemente, se l'Eu e la Germania, dovessero effettivamente mettere in atto il piano di difesa europea ed i tedeschi iniziare finalmente a spendere qualche euro un più per ristrutturare un paese che ne ha urgentemente bisogno, allora di emissioni obbligazionarie in euro ne vedremo a tonnellate;  i prezzi delle obbligazioni, spinti dall'eccesso di offerta, saranno calanti e di rimando vedremo i rendimenti partire al rialzo. 

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Come già sottolineato la settimana borsistica è stata piuttosto avara di soddisfazioni. Lo S&P500 (-3.77% ytd) non è riuscito ad andare sopra il valore segnato il 4 di febbraio, data dell'annuncio dei dazi. Volumi in leggero calo proprio a significare che voglia di puntare qualche soldo in borsa questa settimana ce n'era meno del solito. Dato per scontato che la FED non avrebbe tagliato, tutta l'attenzione è rivolta all'incontro tra USA e Cina a Ginevra. Indiscrezioni su come stanno evolvendo i colloqui fino ad ora non ve ne sono e probabilmente bisognerà attendere domenica per saperne qualche cosa di più. E' chiaro, e questo vale per tutti i mercati, che se si riesce a ridurre la pressione sui dazi ancor prima che questi entrino in azione potrebbe giovare non poco alle quotazioni. Scordiamoci comunque che vengano eliminati. Le prime reazioni le vedremo lunedì.



Anche il Nasdaq (-7.16% ytd) sta cercando di superare la resistenza posta a 17'900  ma questa settimana non c'è stato verso di riuscirci. Pensiamo di aver intravisto una possibile figura tecnica che si sta formando: è un classico spalla - testa - spalla (S-T-S nel grafico in viola) che se è effettivamente tale potrebbe, una volta sfondata quota 17'900,  portare l'indice verso i 21'000 punti. Attenzione, la figura è ancora in formazione e potrebbe anche non essere quello che sembra, quindi non diamola per scontata. Questo NON è un segnale d'acquisto e prima che lo diventi bisogna superare la resistenza e farlo pure con volumi nettamente in aumento. 
Diciamo che ci stiamo sbilanciando ( e non poco...) e ovviamente, se nelle prossime settimane non avremo la conferma del segnale tecnico, ve lo faremo adeguatamente notare. Ricordatevi sempre che l'analisi tecnica produce tonnellate di falsi segnali...




Siamo soddisfatti di quanto l'Eurostoxx50 (+8.45% ytd)  ci sta facendo vedere. Siamo in prossimità della resistenza dei 5'300 punti... se da Ginevra arriveranno notizie anche solo vagamente positive potremmo probabilmente rivedere presto i massimi dell'anno.


Non è stata una grande settimana per la borsa svizzera. Lo SMI (+4.19% ytd) non è riuscito a superare la media mobile dei 100 giorni (linea verde) e di conseguenza il gap segnalato dal cerchio arancione è ancora tutto da coprire. Non siamo completamente tranquilli: il gap rialzista segnalato dal cerchio rosso potrebbe anche essere coperto soprattutto se i dazi sul farmaceutico saranno pesanti... Diciamo che per il momento non ci vogliamo pensare!

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Il dollaro ce la sta mettendo tutta per cercare di recuperare  contro franco svizzero ma neppure la prospettiva dei tassi negativi per il momento riesce a schiodarlo dalla sua apaticità. Resta nel canale ascende ed è già qualcosa. Vedremo se l'incontro a Ginevra servirà a ridargli un po' di smalto.


La valuta americana si è mostrata un pochino più tonica contro euro... ma stanno aspettando tutti la fine dei colloqui di Ginevra...


Neppure la prospettiva di due tagli ai tassi, che porterebbero i rendimenti svizzeri in negativo,  è riuscita ad indebolire la nostra valuta che contro quella europea contina a mostrare i muscoli. Qualche imprenditore svizzero inizia ad averne abbastanza... Per il momento comunque sotto lo 0.9230 non si dovrebbe andare.


Quando si respira un po' di aria da risk on, le crypto si risvegliano e la cosa vale anche per il bitcoin che continua a puntare ai suoi massimi. La scorsa settimana vi avevamo detto che non sarebbe stato facile andare oltre i 100k in quanto bisognava prima digerire la fase di accumulo definita dall'ovale blu. Abbiamo sbagliato: della fase di accumulo il bitcoin proprio se n'è fatto un baffo ed ora punta ai 105k. Avevamo detto che è pronto ad andare verso i 120k... forse abbiamo esagerato ma con un po' di pazienza - che non è proprio la principale virtù dei millennials - ci arriverà. 

Buona domenica!

PS: abbiamo controllato l'agenda e ci siamo accorti che nei prossimi tre fine settimana non saremo in grado di pubblicare Appunti Finanziari. Cercheremo di farlo durante la settimana.