E‘ fuor di dubbio che il dato che tutti aspettavamo questa settimana era quello riguardante l‘inflazione americana. L‘ultima misurazione ci dava un‘inflazione al 5%, martedì era attesa al 4.9% ma in realtà siamo al 5.4%. Di questo non ci stupiamo, sarebbe stato più sorprendente un dato sotto il 5%, e per il momento il rincaro USA è qui per probabilmente restarci ancora per un po‘.
Powell ammette che l‘inflazione è molto al di sopra del livello di guardia e confessa di „non essere a proprio agio“ con un tale rincaro, ma sottolinea pure che non è sufficiente per convincerlo ad invertire la rotta. Ergo, per un po‘ ancora, la politica monetaria americana resterà piuttosto espansiva.
Di cosa ha paura Powell?
1) Forse bisogna rispondere alla domanda chiedendosi di cosa NON ha paura: di certo è sicuro che l‘inflazione è transitoria (a mandarla alle stelle pare sia stato soprattutto il settore auto e auto d‘occasione coadiuvato dell‘aumento delle paghe orarie) e se non lo fosse ha i mezzi per contrastarla quando e come vuole. Ne è tanto convinto che persino i mercati finanziari gli vogliono credere, anzi di più (come sappiamo decidere di scendere dalla giostra non è facile…)
2) E‘ comunque più che consapevole che un aumento dei tassi provocherebbe un rallentamento della crescita economica, soprattutto di quei settori (leggi tecnologia) che prosperano quando i tassi sono bassi permettendogli un approvvigionamento di abbondante liquidità a costi calmierati. Facile quindi immaginare cosa potrebbe succedere al mercato del lavoro che fa ancora fatica a ricostruire i posti di lavoro andati persi con il Covid. Di questo Powell ha paura.
3) Gli economisti che ci stanno mettendo sull’attenti che siamo vicini all‘apice della crescita dell‘attuale ciclo economico sono in molti: è probabile che Powell preferisca affrontare un periodo di inflazione anomala che percepisce come il male minore. Davanti a lui ha l‘esempio di cosa sta succedendo in Cina, che dopo esser cresciuta del 18.3% si è dovuta accontentare di un modesto 7.9% nell’ultimo trimestre. Una frenata simile potrebbe avverarsi anche negli Stati Uniti: nel primo trimestre il PIL è salito del 6.4%, si aspettano un +9.5% per il secondo e a seguire una lunga frenata che dovrebbe durare un semestre intero… vedremo i dati previsti per fine luglio.
Con una simile inflazione il rendimento dei Treasury non dovrebbe essere così basso, ma non è affatto semplice spiegare come mai il dato sul rincaro ed il rendimento dei buoni del tesoro americano sono tra i più divergenti di sempre. Insomma , chi sta comprando Treasury a questi livelli si assicura una predita certa in termini reali. Forse l’unica spiegazione ragionevole è un acquisto massiccio di Treasury da parte degli Hedge Fund che scommettono speculativamente su di un ritorno importante del covid che provocherebbe un ennesimo stallo delle economie mondiali ed un ritorno dei rendimenti abbondantemente sotto l‘1%. E‘ comunque uno scenario che non possiamo completamente escludere.
Lo S&p500 ha chiuso la settimana con un insolito ribasso a 4327 punti. E‘ abbastanza probabile che oramai le notizie positive sono tutte scontate e anche le sorprese in un qualche modo lo sono. In effetti i risultati delle banche americane, i primi ad uscire, non hanno di certo deluso, anzi, ma non sono stati il carburante sufficiente per aiutare l‘indice a raggiungere i 4500 punti. Insomma siamo stati avvisati anche se Zaffignani, su Milano e Finanza del 17 di luglio, afferma che „in questo momento (i mercati) sono noiosi ed appare difficile che con questa bassa volatilità prevalgano le vendite“. Lui è ovviamente libero di pensarla come vuole, ma un mercato in perdita di velocità (anche se i volumi per il momento sono ancora discreti) prima o poi verrà attratto dalla forza di gravità… e allora ci annoieremo molto meno. Garantito!
Anche la borsa svizzera continua con il suo „noioso“ spostamento laterale: bisogna ammettere che in effetti gradiremmo un po‘ più di brio: aiuterebbe senz‘altro le Performances dei nostri portafogli. Comunque per il momento grossi segnali d‘allarme non ne vediamo.
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