giovedì 16 dicembre 2021

FED Dot Plots

FED Dot Plot dicembre 2020


 

                                                                FED Dot Plot dicembre 2021


Quella di ieri sera è sicuramente stata una seduta della FED dal sapore storico. Nei due grafici sono raffigurati i dot plot della banca centrale americana, grafici che riassumono 12 mesi di politica monetaria: da zero aumenti dei tassi per il 2020 fino al 2022 (grafico 1), si è passati ai 3 aumenti per il 2022, ai 2 per il 2023 ed altri 2 per il 2024 (grafico 2) . Decisamente un bel cambiamento, non c'è che dire!

I fattori che hanno scombussolato negli ultimi dodici mesi i piani della FED sono oramai ben conosciuti e ne abbiamo parlato diffusamente anche nei nostri Appunti: il primo di questi fattori è indubbiamente la rediviva inflazione che da bella addormentata nel bosco (un sonno durato 30 anni...) si è improvvisamente ridestata pimpante più che mai. Sulle prime nessuno ci ha fatto caso, poi si è scommesso sul carattere temporaneo del rincaro fino ad intuire che probabilmente per ridurre l'impatto inflattivo, che inizia a far pesare la sua presenza soprattutto sul ceto medio americano, bisogna passare all'azione. Detto, fatto. 

Tanto per iniziare, ma fortunatamente come largamente atteso, si incomincia a portare a buon fine, accelerandolo,  il tapering che terminerà a marzo del 2022 . Poi la FED avrà mano libera sulla leva dei tassi e dai dot plot se ne deduce che i rialzi saranno almeno tre e finiremo il 2022 con il tasso implicito dei Fed Fund attorno agli 80 basis points; 80 bps che per fortuna non fanno ancora paura.



Infatti il rendimento del Treasury a 10 anni non ha fatto una piega, come è giusto che sia: infatti la parte lunga della curva dei rendimenti rimane pressoché invariata , mentre la politica della FED influisce sulla parte corta di questa curva contribuendo così al suo appiattimento. I problemi potrebbero nascere con l'inversione vera e propria della curva che sarebbe sinonimo di un'inflazione veramente fuori controllo.



La reazione dei mercati azionari questa mattina è stata quasi euforica. Strano: l'abc del consulente finanziario ti insegna che a tassi crescenti il mercato azionario soffre e tende a scendere. Invece oggi  sale! Che succede?

Con ogni probabilità il mercato aveva già scontato l'azione della FED, che in effetti se n'è uscita con un programma che non ha sorpreso quasi nessuno. In effetti i mercati subiscono dei picchi di volatilità (nel bene e nel male) quando le notizie ti sorprendono; l'efficienza dei mercati tende infatti a scontare in tempo reale qualsiasi notizia che potenzialmente può influire sulle quotazioni.

Però in questo caso bisognerebbe spezzare una lancia anche a favore di Powell che è stato abile nell'utilizzo della tattica del bastone e della carota: sulle prime ci ha batacchiato con la notizia dell'accelerazione del tapering e dei probabili aumenti dei tassi, ma subito dopo ha addolcito la pillola alzando le stime di crescita di uno 0.2% del PIL americano e l'ha ulteriormente indorata affermando che le misure adottate dalla FED riusciranno a riportare le pressioni inflazionistiche a dei livelli più accettabili. Un PIL in crescita ovviamente fa ben sperare per gli utili futuri delle società mentre un'inflazione calante non potrà che salvaguardare il potere d'acquisto del ceto medio americano e la sua propensione al consumo. 



Godiamoci quindi questo rally pre-natalizio dello SMI  che lo ha portato a segnare un nuovo record storico (oggi aiutato dai due big della farmaceutica con Novartis in testa che ha annunciato un share buy back da 14 mia) . Non preoccupiamoci più di tanto se domani potrebbe andare a chiudere il gap che si è creato all'apertura di stamani. Per il momento il trend rialzista non dovrebbe essere messo in pericolo.







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