sabato 26 febbraio 2022

I guai di Putin


 


Dobbiamo ammettere, ma scommettiamo che siamo in buona compagnia, che non abbiamo le idee molto in chiaro su cosa sta veramente succedendo in Ucraina. Bisognerebbe poter entrare nella testa di Putin per comprenderlo,  ma sospettiamo che non è sufficiente: qualcuno ha azzardato che il capo del Cremlino sia, ed usiamo un eufemismo, psicologicamente instabile e forse da come si sta comportando non possiamo dargli tutti i torti.  Da vent'anni al potere, si sa che il potere logora, si è forse trovato probabilmente in una posizione scomoda e qualcuno gli ha suggerito che la miglior difesa è l'attacco. Infatti sta attaccando tutti: i suoi ministri per primi e a seguire i paesi del vecchio blocco sovietico con l'Ucraina in testa. Eccovi un brevissimo e molto parziale resoconto di quanto accaduto fino ad oggi:

Il 22 febbraio le truppe di Putin entrano nel Donbass (questa data passerà sicuramente alla storia tanto quanto l'11 di settembre per gli americani) e le borse di mezzo mondo si allarmano. 

Capitoleranno il 24 di febbraio  quanto i Russi mettono i piedi fuori dal Donbass puntando con decisione verso Kiev e i suoi governanti con l'intenzione di rovesciare, Putin dixit , "quella banda di drogati e neonazisti" (sic). Le ritorsioni di Stati Uniti ed Europa si annunciano tremende ed i mercati non reggono alla pressione e vanno in profondo rosso.

Risorgono miracolosamente il 25 febbraio dove assistiamo ad un recupero delle borse piuttosto sorprendente:



Cerchiamo di capirne il perché:

1) Le tremende ritorsioni annunciate da USA ed Europa non sono così facili da implementare. Il bugiardino che le accompagna suggerisce che un embargo sul gas ed il petrolio russo potrebbe avere gravi conseguenze per l'approvvigionamento energetico di parecchi paesi europei, Germania ed Italia, in testa. Inoltre la Russia potrebbe facilmente vendere i suddetti prodotti alla Cina senza subire praticamente conseguenze alcuna. I cinesi non aspettano altro...




 La quotazione del petrolio, da oltre 100$ al barile è scesa a 93$ dopo aver annunciato la rinuncia all'embargo.  L'inflazione ringrazia.

Stanno pensando di bloccare anche l'esport di grano e altri proditti simili ma servono anche a noi e soprattutto all'Italia che gli puoi togliere tutto ma non  a) il calcio e b) la pasta; chi di noi  non sarebbe  disposto ad andare in guerra per un piatto di maccheroni?  Ma poi le cose si complicherebbero tremendamente.

2) L'esclusione della Russia e delle sue banche dal circuito Swift è una buona idea ma prima ovviamente si sta cercando di capire quali potrebbero essere le conseguenze per l'Europa e per tutti coloro che utilizzano questo protocollo. Oggi esistono altre vie per far circolare il denaro e Putin potrebbe utilizzarle rendendo in tal modo meno efficace questo provvedimento. Ergo: per il momento si continua a cincischiare.

3) Dubitiamo che l'esclusione della Russia dall'Eurovision Song Contest, annunciata ieri,  possa convincere Putin a ritornare sui propri passi. Qualche chance in più potrebbero invece avere quei provvedimenti che vanno a colpire i suoi averi personali così come quelli degli oligarchi a lui vicini; è vero che quest'ultimi gli devono molto ma comunque una serie di oligarchi con i beni esteri congelati sono una rogna che anche per Putin sarebbe meglio evitare.

4) I mercati si sono tranquillizzati quando Biden ha pronunciato le parole magiche "non invieremo soldati USA in Ucraina" e se non lo fa lui figuriamoci l'Europa. Per il momento quindi questa guerra è e rimane ben localizzata. Ammettiamolo, non ci pare che siano in molti ad aver voglia di menar le mani per salvare l'Ucraina dalle sgrinfie della Russia. E' vero che l'America si è offerta di accogliere Zelensky negli USA facilitando la sua fuga, ma soprendentemente l'attuale presidente dell'Ucraina ha risposto che "non ho bisogno di un passaggio, ma di munizioni!"

Zelensky è un comico che si è inventato politico e molto probabilmente se avesse accettato un esilio dorato in America in molti l'avrebbero capito. In realtà stiamo assistendo alla trasformazione di un comune cittadino in quello che probabilmente diventerà l'Eroe di questa guerra, comunque essa vada a finire. Abbiamo davanti a noi altri esempi di comici che hanno tentato la via della politica ma quello di Zelensky ci pare un esperimento decisamente ben riuscito. 

5) La posizione della Cina come al solito è sfuggente: strizza l'occhio a Putin (dal quale sta comprando il grano) ma allo stesso tempo afferma che rispetta la sovranità di Kiev... Forse è un modo indiretto per dire a Putin di darsi una calmata. Chi lo sa.

6) Come ben sappiamo l'inflazione è il vero problema da risolvere e le banche centrali sono già sul piede di guerra: abbastanza probabile che quanto sta succedendo in Ucraina possa convincere la FED ad essere meno aggressiva e rinunciare, a marzo, ad un aumento dello 0.5% tutto d'un fiato optando per un quarto di punto. Escluderemmo che alla BCE  venga in mente di aumentare i tassi proprio adesso e rimandiamo così il discorso probabilmente all'anno prossimo. I mercati stanno quindi festeggiando, per il momento, il fatto di non doversi preoccupare troppo dei tassi di interesse.


Come andrà avanti questa storia purtroppo non lo sappiamo e bisognerà seguire passo passo l'evoluzione degli eventi. Dipenderà molto anche dalla durata del conflitto: se breve e poco doloroso probabilmente gioverà a tutti; se lungo e ingarbugliato produrrà una lista infinita di preoccupazioni che terranno alta la tensione nei mercati. Quest'ultima opzione a noi sembra abbastanza probabile in quanto per occupare in modo definitivo Kiev la devi quasi radere al suolo ma non  pensiamo che Putin miri a questo. Quindi se la dovrà vedere con l'orgoglio degli Ucraini che non esitano a rispondere alle cannonate con le molotov, scontro impari, ma pur sempre un segnale che non si arrenderanno tanto facilmente.


Pur non sapendo come andrà a finire,  un'occhiata a qualche grafico per fare il punto alla situazione la possiamo dare:


Lo S&P500 è da più di una settimana che naviga sotto la media mobile dei 200 giorni, non un bel segnale, ma venerdì con uno scatto di reni si è issato sopra la resistenza dei 4268 punti. Riuscire a ribucare verso l'alto la 200 giorni dipenderà solo da Putin...



Anche il nostro indice SMI ha avuto le sue belle gatte da pelare: bucato il triangolo si è sviluppato un movimento ribassista che si è concluso, come da manuale (vedi linee rosse verticali), a 11'500 punti. Il rimbalzo di venerdi  è stato poderoso, siamo ancora sotto la 200 giorni ma come detto se Putin fa il bravo (pare che abbia anche proposto di sedersi ad un tavolo negoziale...) si potrebbe anche continuare a salire.



Aspettiamo comunque a gioire: vediamo lo SMI sul medio periodo. La rottura del supporto dinamico c'è stata ed il recupero di venerdì è un classico pull back: significa che se non si rientra in fretta nel canale ascendente, si riparte nuovamente al ribasso...



Il dollaro si è ben rafforzato contro euro raggiungendo quota 1.11 prima di risalire: se, e ripetiamo se, il conflitto sarà di lunga durata meglio tenere il dollaro ben stretto...



Contro chf invece sta continuando a muoversi lateralmente. In questi frangenti di instabilità geo-politica anche il chf tende a rafforzarsi. Ergo,  le due monete si annientano vicendevolmente, da qui si spiega la lateralità del loro movimento.



Anche in questo caso se il conflitto perdura, non saremmo sopresi se andassimo verso la parità... altrimenti, magari anche grazie ad un aiutino della BNS si potrebbe recuperare quota 1.04-05.




Per il momento l'oro non delude e sta diventando una valida cartina di tornasole  per visualizzare quanta tensione abbiamo nel mercato. Per il momento, malgrado il cedimento di venerdì, ancora molta...


Buona lettura e dita incrociate per la povera ma fiera Ucraina...






 


sabato 19 febbraio 2022

Attenzione al Donbass!


 

Putroppo le tensioni geo-politiche tra Russia ed Ucraina continuano. Mercoledì scorso doveva essere il giorno X dell'attacco, ma le informazioni in possesso dei servizi segreti probabilmente non erano esatte. Qualcuno suggerisce che prima di vedere un attacco bisogna attendere la fine delle Olimpiadi invernali e quindi la prossima settimana potrebbe essere quella buona. Nel frattempo la diplomazia internazionale sta facendo del suo meglio per disinnescare l'ordigno bellico ma temiamo che i risulati non siano soddisfacenti (nella foto:  Di Maio incontra Lavrov ma non ci vuole uno specialista in body language per intuire come è andata a finire...). Quindi non ci rimane altro da fare che ascoltare Biden, che è più che sicuro che l'attacco è cosa certa. Bisogna ammettere che potrebbe anche aver ragione: stamani stanno arrivando notizie poco rassicuranti dal Donabass e prepariamoci quindi ad affrontare un po' di volatilità supplementare nelle settimane a venire. Va sottolineato che gli effetti di un conflitto sui mercati di norma è temporalmente (e cinicamente) piuttosto limitato: passata la reazione emotiva, l'unica cosa che interesserà agli investitori sarà solo sapere di quanto salirà il prezzo del gas e del petrolio. 

A proposito di petrolio, pare che gli accordi antinucleari in Iran stiano finalmente per diventare una realtà e presto un milione di barili supplementari potrebbe fare la sua apparizione sul mercato: è vero che sui 93 milioni necessari ogni giorno per far funzionare l'economia mondiale 1 mio di barili è poca cosa, ma con il livello raggiunto dalle quotazioni dell'oro nero anche una milionata di barili può farne scendere il prezzo.

Lunedì l'America è chiusa (President Day)  ed il lungo week end statunitense giustifica la chisura di venerdì non esaltante, come non esaltanti sono state le borse per tutta la settimana: prevediamo che la strada per gli assets a rischio sarà accidentata anche nei prossimi giorni e lo resterà fino a quando non si saprà se l'Ucraina eviterà di essere invasa. 

In queste condizioni a brillare è solo l'oro:


Durante la settimana il metallo giallo sembra essersi riappropriato del suo ruolo di asset difensivo ed in caso di conflitto lo vedremo sicuramente superare quota 1900 $ per oncia. L'oro ci ha fatto penare lo scorso anno ma oggi, averlo in deposito,  ci fa stare meglio...


A non stare meglio è sempre l'inflazione:


I prezzi delle materie prime e dell'energia non accennano a diminuire...




... e negli USA i costi di produzione sono alle stelle e con ogni probabilità in parte sono già stati trasferiti sul consumatore... Insomma pare che ad aleggiare sopra l'inflazione ci sia una sorta di tempesta perfetta dove tutti (ma proprio tutti) gli elementi che la favoriscono sono contemporaneamente presenti!





... in controtendenza, e stiamo cercando di capire se è solo temporanea, è il Baltic Dry Index, che misura l'andamento dei costi del trasporto marittimo e dei noli. Un simile ribasso potrebbe segnalare una minor richiesta di trasporto merci  a seguito di una domanda che inizia a diminuire. La cosa ci sembra strana ma, se confermata,  potrebbe essere il primo segnale di un rallentamento oppure è solo una pausa temporanea dovuta al fatto che spedire merci via nave e poi non riuscire a scaricarle, come sta succedendo,  è come non spedirle e quindi si temporeggia. Vedremo nelle prossime settimane se ci sarà una ripresa oppure se siamo di fronte ad un rallentamente più duraturo che potrebbe anche avere benefici effetti sull'inflazione.

Quando si parla di inflazione non possiamo fare a meno di pensare alla FED e alle sue future mosse:  ad oggi  il mercato sta prezzando, con una probabilità del 60%, un aumento dei tassi di mezzo punto percentuale a marzo. Certo che un aumento di mezzo punto tutto in una volta sarebbe un segnale molto forte e, considerato il clima geo-politico piuttosto instabile,  non è escluso che l'azione delle banche centrali possa anche essere meno aggressiva di quanto pensato. Comunque sia le prospettive di aumento stanno mettendo pressione addosso all'universo del reddito fisso.

In diversi ci avete chiesto come mai stiamo lontani dalle obbligazioni preferendo addirittura la liquidità sui conti correnti. Facciamo un esempio:


 Prendiamo un BTP italiano, cedola 0.95%, durata 10 anni: a metà dicembre quotava ancora 100%, oggi siamo a 91.93% con una perdita momentanea di 8 punti percentuali (sono quasi 8 anni di resa cedolare!) e stiamo parlando di un  noioso titolo di stato, non di una società quotata al Nasdaq... 

Anche le obbligazioni a corto termine, meno sensibili alle aspettative di rialzo dei tassi, non sono rimaste immuni da perdite e non osiamo pensare alle loro quotazioni in caso di inversione della curva (quando il corto rende più del lungo termine). Sapere di avere una buona riserva di cash sui conti correnti non ci dispiace, anche perché prima o poi queste obbligazioni andranno comprate o ricomprate ma a prezzi decisamente minori e rendimenti più attraenti...




Da qualche settimana ci è chiaro che il clima da "Goldilocks" ha lasciato spazio ad un moderato pessimismo che non si vedeva da anni e anche il "buy the dips" non va più di moda.  La stagione degli utili del 4 trimestre 2021 si è conclusa e, come sottolinea una Bloomberg News,  "le società dello S&P 500 stanno abbassando le loro opinioni sulla crescita degli utili e gli analisti stanno cogliendo il suggerimento riducendo le stime, aggiungendo ai segnali che l'espansione record dei profitti post-pandemia potrebbe aver fatto il suo corso.

Forse non si parlerà più di profitti record ma non dobbiamo scordarci che comunque l'economia cresce, ci sarà qualche aggiustamento al ribasso delle quotazioni di quelle società che hanno ancora multipli troppo alti e che non sono allineati con uno scenario di crescita più moderata, ma non pensiamo, fino a quando non saremo in presenza di uno scenario di recessione conclamata,  che i mercati azionari non hanno più nulla da dire. Anzi, se pensiamo all'inflazione, un buon numero di società, sopratutto quelle value che magari operano in un regime di scarsa concorrrenza, potrebbero addirittura approfittarne in quanto di solito riescono abilmente a scaricare i loro costi sul consumatore finale. Ripetiamo: uno scenario di alta inflazione prolungata è decisamente negativo sorpattutto per il settore obbligazionario (ma con anni di tassi a zero ce lo siamo dimenticato...)




Segnaliamo inoltre un fenomeno che sta interessando l'universo delle piccole e medie società che sono state ultimamente vittime di un sell-off importante e che forse vanno invece rivalutate. Non diciamo di comprarle subito,  ma almeno averle inquadrate nel retrovisiore bisognerebbe farlo e poi,  a tempo debito, le potremo comprare magari con l'ausilio di un ETF sul Russell 2000.



Due parole sullo SMI che veneredi ha chiuso a 12'010 punti e che a questi livelli non ci lascia proprio tranquilli: l'attuale livello di chiusura è sotto la media mobile dei 200 giorni... c'è già andato in diverse  occasioni nelle scorse settimane ma poi si è sempre ripreso. Non vorremmo che a causa della reazione emotiva ad un eventuale invasione dell'Ucraina decidesse di andare definitivamente a sfondare il supporto degli 11'870 punti dove anche i nostri nervi (come ben sapete) subiranno un attacco difficile da controllare. Shortare un future sullo SMI può in questo caso sempre essere una buona soluzione ;-)

In caso di attacco all'Ucraina, il dollaro contro euro dovrebbe apprezzarsi... ma non siamo certi che lo stesso movimento lo farà contro franco svizzero che in queste situazioni di tensione dà il meglio di sé stesso rafforzandosi...


Piccolo aggiornamento della situazione nel Donbass alle 17:14: Francia e Germania stanno invitando i propri connazionali a lasciare il paese... non un buon segnale.


Buon week end!




domenica 13 febbraio 2022

Anche la fiducia è al ribasso



 

Stiamo cercando di dare un senso al tracollo della fiducia dei consumatori americani: il dato, curato dalla Università del Michigan, viene pubblicato mensilmente e tenta di fornire in tempo reale quella che è la percezione dei consumatori nei confronti del clima economico, delle finanze personali e delle spese previste per il mese in corso. Venerdì è stato reso pubblico quello per il mese di febbraio: era atteso a 67 mentre l'effettivo è sprofondato a 61.7, un dato che non si vedeva dal 2011 e che sicuramente non è foriero di buone notizie. Sappiamo tutti quanto i consumi giocano un ruolo fondamentale nella composizione del PIL americano: gli statunitensi, grazie agli aiuti statali e agli aumenti salariali, saranno anche pieni di soldi ma poi dobbiamo capire se hanno voglia di spenderli...

Mettiamoci nei panni del consumatore medio americano (o di quello europeo che non è poi molto diverso) e proviamo ad immagiare il suo stato d'animo quando giovedì scorso gli hanno comunicato che l'inflazione nel suo paese, che era attesa al 7.3%, ha raggiunto i valori del 1982 fissandosi al 7.5%. Significa che, se non si riesce in tempi rapidi a farla retrocedere,  con i 100$ che ha nel portafoglio alla fine dell'anno potrà comprare merci e servizi solo per 92.5$ e di questo passo in tre anni si mangia un quinto dei suoi risparmi. Forse,  detta così,  non a tutti il concetto è chiaro ma l'effetto del rincaro diventa lampante quando lo si inizia a percepire sulla propria pelle; capita ad esempio quando va a fare il pieno di benzina all'auto e pensa che per pagare la prossima volta dovrà accendere un mutuo...  non è una bella cosa soprattutto quando anche il costo del mutuo sta iniziando a lievitare.

Poi al suo orecchio sta arrivando un'altra notizia che probabilmente non riesce ancora a mettere bene a fuoco: sta quasi per finire (speriamo...) la battaglia contro l'Omicron e forse se ne avvia un'altra contro la Russia che ha delle mire nei confronti dell'Ucraina: notoriamente carente in geografia ci sarà Google Earth che potrà venirgli in soccorso e la scoprirà appicciacata alla Russia, Russia che era da un po' uscita dal suo radar in quanto oramai negli USA il nemico numero uno ha gli occhi a mandorla dei cinesi. Si chiederà per quale motivo i due stanno per venire alle mani senza ottenere una valida risposta, ma ancora una volta capirà cosa vuol dire un simile conflitto quando comprerà il pane, la pasta o uno qualsiasi dei tanti cereali che Russia ed Ucraina producono nell'ordine di un terzo di tutta la produzione mondiale ed il loro prezzo sarà in contina ascesa.

Lo stesso dicasi per quanto riguarda il prezzo del gas prodotto da Putin: di sicuro avrà un impatto più sul consumatore europeo che non su quello americano ma ci stiamo domandando cosa sarebbe successo al consumatore del nostro continente se l'inverno non fosse stato per il momento così clemente. Il problema è serio e quello del gas è comunque un movimento rialzista che è in corso da parecchi mesi e le cause del rialzo non sono tutte da imputare allo zar russo, come ben spiega un interessante articolo pubblicato dal Corriere del Ticino che vi invitiamo a leggere (clicca qui per andare all'articolo)

Se sarà guerra oppure no, lo sapremo nei prossimi giorni: la nostra impressione è più no che sì.  Putin, mostrando i muscoli,  ha ben orchestrato  il suo avvertimento e ci comunica che non gradisce una ulteriore espasione della NATO verso Est:  obiettivo raggiunto ed ora  lascia nelle mani della diplomazia il compito di disinnescare il possibile conflitto mentre lui, ritornato sotto i riflettori internazionali, continuerà ancora per un po' a nutrire il suo ego personale ma si fermerà, scaltro com'è, un minuto prima della mezzanotte. 

Il mercato comunque ha preso molto sul serio l'invito da parte di molti paesi occidentali a lasciare l'Ucraina, un invito che ha il sapore di una guerra imminente e che ha azzerato il tetantivo di recupero delle borse che stava andando avanti da una decina di giorni:



Alle 17:59 di venerdi non è ancora visibile la correzione dei mercati americani che putroppo hanno chiuso la seduta in pesante ribasso: -1.90% lo S&P500 e -2.78% il Nasdaq. Se sul fronte Russo-Ucraino non vi saranno significativi progressi nelle prossime ore, prevediamo un inizio di settimana piuttosto volatile per le borse europee...

Ma ritorniamo velocemente sul tema dell'inflazione che secondo alcuni analisti potrebbe essere pronta  a fare qualche passo indietro: sembra che i costi marittimi stiano ridimensionandosi, alcuni colli di bottiglia sono in fase di risoluzione ed il costo delle macchine d'occasione pure: insomma, sono tutti segnali che indicano che forse siamo al top e se vi aggiungiamo un consumer confidence in netto ribasso può essere verosimile che il rincaro si fermi.




Nel frattempo il mercato sta prezzando 7 aumenti dei tassi da parte della FED (la scorsa settimana erano solo 5), ma a noi sembrano troppi: qualcuno dirà che dopo sette aumenti saremo a malapena allo stesso livello dei tassi pre-pandemia, ed è vero, ma due anni fa avevamo anche qualche trilione di debiti in meno e qui fa la differenza. Ogni aumento costa un sacco di soldi e gioco-forza ci sembra sensato che si alzerà il costo del denaro solo quel tanto che basta per far cambiare direzione al rincaro, il resto, se le previsioni sono corrette, verrà da sé con l'attenuarsi di tutti gli elementi che hanno confezionato questa bella inflazione. Se 7 aumenti non basteranno allora siamo veramente nei guai.



Nel frattempo la resa del Treasury a 10 anni si è issata come da aspettative sopra il 2% per scendere  sotto questo livello solo a causa del marcato sentimento di risk-off venutosi a creare in tarda serata e che ha dirottato un po' di moneta sui titoli del Tesoro americano...


... che comunque dimostrano tutti rendite in netto rialzo causando un evidente appiattimento della curva (in giallo la resa ad inizio 2021). In questo momento, pur essendo parecchio scarichi di obbligazioni, stiamo ancora tenendo via le mani dal reddito fisso (ma prima o poi bisognerà rientrarci e vi faremo sapere quando) e guardiamo sempre con interesse cosa possiamo fare sfruttando i mercati azionari, non solo perché il TINA ( There Is No Alternative) è sempre d'attualità  ma anche perché i fondamentali delle società quotate sono tutto sommato più che discreti ed un po' di iper-comprato ce lo siamo lasciati per il momento alle spalle con la correzione di inizo anno.



Dovremo comunque stare molto attenti al trend che potrebbe cambiare qual'ora vi sia una perforazione della media mobile dei 200 giorni (linea blu) che per molte borse sta fungendo da supporto,  come nel caso dello S&P500...


...mentre purtroppo il Nasdaq si trova in acque più agitate da quando la media mobile dei 200 è stata perforata a metà gennaio. Dunque, per il momento privilegiamo titoli del settore value e lasciamo che quelli legati alla crescita ben rappresentati dal Nasdaq trovino un supporto più stabile (cosa non facilissima se i redimenti continueranno a salire).



Lo SMI stava tentando di recuperare quota 12'500 e non era molto lontano... temiamo che lunedi 14 possa anche andare sotto i 12'080 punti e sfondare la media mobile dei 200 giorni...




...intaccando il trend di medio periodo.


E' abbastanza probabile che se nei prossimi giorni la questione Ucraina viene diplomaticamente risolta, assisteremo ad un certo recupero, ma basta una raffica di mitra per agitare ulteriormente le acque. Purtroppo tutto può succedere...





 


  

sabato 5 febbraio 2022

L'inflazione fa paura anche in Europa


 

Alla Lagarde deve essere andata di traverso la colazione quando qualche membro del suo staff le ha comunicato che l'inflazione in Europa è oramai sopra il 5%, 5.1 per la precisione. Il sondaggio puntava ad un più rassicurante 4.4%,  ma la realtà è meno simpatica di quanto atteso. Come lei stessa ha poi sottolineato il giorno dopo, una buona parte di questa inflazione deriva dall'aumento dei costi energetici che per il momento non accennano a diminuire:



Il trend dei costi dell'energia ci pare più che evidente e soprattutto in Europa quelli del gas sono preoccupanti ed incideranno in modo marcato sul costo delle bollette: per molte famiglie che utilizzano il gas per riscaldarsi sarà un inverno molto costoso. Vedremo se avrà un'incidenza sui consumi.


Se al rincano dei costi energetici accostiamo anche quello delle materie prime, è facile comprendere perché giovedì, nell'abituale speach che segue la riunione della BCE, ci siamo ritrovati una Lagarde insolitamente hawkish :




Se vi ricordate bene, la scora settimana la probabilità che la BCE potesse aumentare i tassi durante il 2022 era pressoché nulla, ma a partire da giovedì  il mercato sconta aumenti per almeno 60 punti base il che corrispondono a due rialzi

Attenzione, quanto riportato in questa tabella sono le aspettative del mercato e non sempre collimano con quello che sarà la realtà dei fatti. Prendiamo la Svizzera:  il mercato sconta un paio di aumenti (68bps) da parte della nostra Banca Nazionale, ma francamente saremmo molto ma molto sorpresi se questo avvenisse... Ovviamente bisognerebbe chiederlo a Jordan se ha voglia di aumentare i tassi, ma francamente non ci pare che sia di questo avviso; gli rifaremo la domanda una volta che la BCE avrà fatto la prima mossa.

...non ci sorprende invece la reazione dell'Euro, che confrontato a due possibili rialzi dei tassi,  ha improvvisamente messo le ali e durante la giornata di venerdi l'abbiamo pure visto sopra 1.06 contro franco svizzero.  Diciamo che non saremmo stupidi di trovarcelo attorno a 1.07 per la fine della prossima settimana. Anche contro dollaro la virata è stata evidente ma vedremo se avrà la forza di andare sopra gli 1.15... passata la sorpresa potrebbe anche sgonfiarsi un po'.

Già che stiamo parlando di tassi e rendimenti, non possiamo fare a meno di segnalare i movimenti del Treasury a 10 anni che si è parecchio mosso dopo la pubblicazione dei Non-farm Payrolls di ieri: se ne attendevano 150k ne hanno creati 467k...



Oramai il suo rendimento è tornato ad essere quello pre-pandemico e quasi certamente andrà sopra il 2% a breve. Una tale evoluzione dovrebbe spingere il dollaro ad apprezzarsi,  ma la sopresa del cambio di marcia della BCE ha per il momento il sopravvento; comunque,  passato lo stupore,  il differenziale di rendimento delle due monete dovrebbe avantaggiare quella americana.


Ma tutto questo parlare di aumento dei tassi, che effetto sta avendo sulle borse? Di sicuro la volatilità sta aumentando e rende meno facile capire dove si andrà a parare nelle prossime settimane. E' anche certo che la strategia tanto in voga lo scorso anno del "buy the dip",  ovverosia l'approfittare di ogni singolo ritracciamento per comprare l'azione a prezzo scontato, deve essere sostituita con acquisti più mirati e selettivi orientando la nostra attenione (per il momento) verso i titoli di valore piuttosto che verso quelli che puntano alla crescita dove è noto che soffrono maggiormente  l'aumento delle rese.

Lo SMI ha le idee un po' confuse: vorrebbe ritornare verso i 12'500 punti ma i risultati un po' sottotono di alcuni big (Roche in primis) non l'hanno permesso e la forza di gravità ha fatto chiudere venerdì il nostro indice a 12'140 sotto il supporto dei 12'270 punti,  forando nuovamente al ribasso la media mobile dei 100 giorni (verde). Non proprio un bel segnale. Comunque a noi salterranno i nervi solo se andremo sotto gli 11'870 punti dove saremo costretti ad alleggerire i portafogli.


Anche lo S&P500 ha recuperato un 50% del movimento ribassista partito ad inizio anno: ha chiuso attorno ai 4500 punti e la prossima settimana sono attesi gli ultimi dati societari che potrebbero scombussolare un po' le carte. Poi tutta l'attenzione sarà riservata alle mosse della FED.

A proposito di carte scombussolate,  non vi sarà sfuggito lo spettacolo gentilmente offertoci da Zuckerberg e Bezos: il primo ci ha fornito la prova di quanto sia teso il mercato azionario,  mentre il secondo ha rimesso la chiesa al centro del villaggio dimostrando che i numeri hanno ancora la loro bella importanza.


Non crediamo che Zuckerberg sia rimasto in braghe di tela,  ma quel che è certo è che un quarto del suo patrimonio è stato spazzato via dal primo, tra l'altro leggerissimo,  calo di utilizzatori attivi della storia della società e dalla prospettiva di minori introiti pubblicitari ( si parla di 10 mia) indotti dal nuovo sistema operativo iOS adotatto da Apple che può limitare i noiosissimi pop-up dei quali FB e Instagram si nutrono a piene mani. Di "incidenti di percorso" come questo sospettiamo che durante il 2022 ne vedremo parecchi il che deve indurci a maggior prudenza.

 

Per contro già nel pre-borsa i miliardi persi da Mark sono finiti nelle tasche di Jeff grazie a numeri ben superiori alle aspettative... putroppo piove sempre sul bagnato ma dobbiamo ammettere (anche con un po' di invidia) che Amazon non ha sbagliato quasi nessuna delle sue strategie (PS: prepariamoci quindi ad andare sulla luna...). 


Buon week end!