Nel frattempo abbiamo notato come il VIX, il famoso indice della paura, sta segnalando un ritorno alla calma, quasi a dare praticamente per scontata una prossima cessazione del conflitto...

L'evento, attesissimo, più importante della settimana è stata la riunione della FED che, come ampiamente previsto, a fronte di un'inflazione che inizia a preoccupare ha aumentato i tassi di un quarto di punto. Non hanno voluto infierire con un aumento di mezzo punto ma l'appuntamento con la prossima correzione rialzista è solo rimandato di qualche settimana.
Dal Dop Plot di mercoledì scorso si evince che con ogni probabilità avremo davanti a noi un paio di anni di tassi al rialzo: finiremo il 2022 con i Fed Funds che avranno una resa media del 2%-2.5% per poi salire al 2.5%-3.5% nei due anni successivi. Possiamo quindi definitivamente dire addio alla politica dei tassi a zero. Questo è un evento che i testi di economia che si occupano della sua storia ne parleranno ampiamente.
Abbiamo già sottolineato a più riprese che a nostro avviso l'inflazione, che mancava da 40 anni a questi livelli (8% in Usa, quasi 6% in Europa), è qui per rimanerci per un po' e non la possiamo quindi trattare come un fenomeno di passaggio. Mercoledì anche la Fed ha ammesso di essersi sbagliata giudicandola passeggera, aggiungendo che per troppo tempo è stata passiva e "dietro" la curva inflattiva. Ora sta correndo ai ripari.
E' probabile che a convincerla sia anche l'aumento di quei prezzi che gli analisti (soprattutto i Keynesiani) definiscono come "appiccicosi" (sticky) facendo riferimento al costo di beni e servizi che una volta corretti al rialzo con fatica ridiscendono. Di esempi se ne possono fare molti: i primi che ci vengono in mente sono quelli dei giornali, degli alcolici, in parte degli affitti o il costo del menù al ristorante. Anche i salari hanno il loro bell'indice di viscosità: una volta concesso un aumento di stipendio non è così facile tornare sui propri passi.
Sul numero degli aumenti abbiamo visto che la FED ne ha in previsione ancora 6 o 7 nei prossimi 365 giorni. Su questo numero si sono aperte diverse discussioni ed alcuni analisti credono che 6 o 7 aumenti siano troppi. Vedremo...
Se quello che dicono gli analisti ci interessa fino ad un certo punto, siamo invece molto più interessati a vedere come la pensa il mercato (sbaglia anche il mercato, ma più raramente...).
Negli Usa in effetti le attese per i prossimi 365 giorni sono per un po' meno di 8 rialzi confermando la visione della FED. Per quanto scontato questo non potrà non avere un effetto (non propriamente positivo) sul mondo delle obbligazioni in dollari (ma non solo) che stiamo monitorando con molta attenzione.
In Europa la percezione di quanto saliranno i tassi nel prossimo anno è ben diversa: attesi sono circa 2 rialzi e mezzo ma Lagarde ha chiaramente lasciato intendere nei giorni scorsi che forse potrebbe anche rinunciare ad aumenti aggressivi e si è pure sbilanciata che, se necessario, potrebbe anche farli scendere... Forse abbiamo capito male ma questo comunque è l'effetto della guerra in Ucraina e dei calcoli degli specialisti in crescita economica che hanno calcolato che il conflitto potrà incidere negativamente sul PIL Europeo di circa un 1.6%. Non poca roba. Effetto positivo: i tassi ipotecari sono già scesi un pochino.
Già che stiamo parlando di inflazione ed aumento dei costi, è ovvio che le sanzioni nei confronti della Russia contribuiranno di certo a rendere più rarefatta l'offerta di certe materie prime delle quali il paese di Putin è un forte produttore:
Salta subito all'occhio l'importanza della Russia quale produttore ed esportatore di materie prime indispensabili per la produzione di una miriade di oggetti, pensiamo solo alle auto elettriche..., dei quali non potremo più fare a meno in un futuro non troppo lontano. Già il Covid aveva pensato di metterci lo zampino, ma una guerra non l'avevamo messa in conto. Pensiamo positivo: al di là della immane tragedia, una volta terminata questa guerra dovremo avere il coraggio di rivedere i nostri modelli di crescita. Ne abbiamo l'occasione e non sprechiamola come abbiamo fatto nel 2008 con la crisi finanziaria: quella è stata veramente un'occasione persa per riformare il sistema, sistema che invece ha continuato a far finta di nulla ed ora siamo seduti su di una polveriera pronta a saltare in aria in ogni momento. In effetti detta così, sbagliando, vien veramente voglia di non pensarci...
Diamo ora un'occhiata ai mercati azionari:
La lontananza dagli scenari di guerra attutisce gli effetti negativi sul mercato americano: lo S&P500 ha perso relativamente poco da inizio anno e dopo la riunione della FED di mercoledì ha già inanellato 3 sedute positive. Importante per avere dei segnali di continutà di questo movimento rialzista è vedere l'indice incrociare al rialzo la media mobile dei 50 giorni (linea viola) che potrebbe sancire la fine di questo breve mercato orso. Vedremo.
La borsa svizzera, che si è messa di buzzo buono, sempra proprio aver voglia di tornare sopra i 12'080 punti ed infatti questo venerdì ha chiuso a 12'184. Niente male, ma attenzione: fino a quando il conflitto in Ucraina perdura possiamo ritrovarci da un momento all'altro a dover affrontare degli scrolloni di svariati punti percentuali. Pensiamo solo a cosa potrebbe succere se per sbaglio si bombarda una centrale nucleare oppure un missile potrebbe andarsene a spasso fuori dai confini ucraini...
Diciamo che a questi livelli è giusto rientrare pian piano ma appunto con giudizio e con lo sguardo nel retrovisore, tanto per vedere se qualche missile non sta andando sul bersaglio errato...
Anche l'Eurostoxx 50 ce la sta mettendo tutta per tentare un recupero. Ovviamente e compresibilmente è una borsa che ha sofferto parecchio ma se il conflitto trova una fine (e prima o poi succederà) è sicuramente un mercato dove vorremmo esserci.
Un piccolo sguardo alle valute:
Cosa continua a passare per la testa di Putin non ci è ancora completamente chiaro, ma venerdì su Repubblica abbiamo intercettato questa mappa che forse ci può aiutare a meglio comprendere: in effetti una settimana fa ci accontentavamo di pensare che le mire putiniane si limitassero ad una annessione di fatto della Crimea e del Donbass, ma forse è più logico e sensato pensare che l'accesso al mare Putin lo vuole tutto per sé e quindi è pronto ad accaparrarsi quasi mezza Ucraina. Nel frattempo la sta radendo al suolo anche se ieri "Mad Vlad" ha affermato che "c'è qualche movimento positivo" facendo probabilmente riferimento alla volontà di Zelensky nel volere discutere di uno status più neutrale dell'Ucraina e che guarda caso corrisponde ad uno dei desiderata di Putin.
Il mercato sembrava crederci: ieri le borse europee sono partite piuttosto positive, l'oro è andato sotto i 2000$ per oncia (1966$) ed anche il franco svizzero, da un paio di giorni, sembra meno forte di una settimana fa quando era andato a vedere che aria tira sotto la parità contro l'euro.
Poi nel tardo pomeriggio sono bastate alcune sanzioni dettate da Biden che colpiscono l'export russo di alcolici, diamanti e caviale per rigettare tutti nello sconforto mercati americani compresi. Comprensibilmente a dettare l'umore delle borse sono le notizie che arrivano dal fronte Ucraino e quest'ultime per il momento hanno la prevalenza su qualsiasi altro dato economico o finanziario che sia.
Siamo certi che anche voi leggete con una cera preoccupazione i giornali: le cronache quotidiane sono zeppe di dettagli che arrivano dalla martoriata Ucraina e crediamo che siate sufficientemente informati. Quindi per oggi basta parlar di guerra e pensiamo a passare in rassegna qualche dato macroeconomico che abbiamo un po' trascurato nelle settimane passate.
Giovedì venuti a sapere che l'inflazione negli Stati Uniti ha quasi raggiunto l'8%: è nuovamente in salita, ma non avevamo dubbi, dall'ultima rilevazione che l'aveva misurata al 7.5%. E' abbastanza probabile che un simile dato stia mettendo addosso un bel po' di pressione alla FED. La banca centrale americana la prossima settimana dovrà decidere come affrontare il problema del rincaro: se è sensibile a quanto sta succedendo in Europa, potrebbe procedere con un primo modesto aumento di un quarto di punto ma l'idea che possa aumentare il costo del denaro di mezzo punto tutto d'un fiato non è completamente da escludere.
Il mercato dà per scontato che l'aumento per i prossimi 12 mesi sarà almeno di 180 basis points (0.25X7) che si contrappongono ai 66 basis points dell'eurozona. Ovviamente in questo momento storico la Lagarde non ha proprio le mani libere per agire come vorrebbe e la lotta all'inflazione (che anche in Europa supera il 5%) si sovrappone all'idea che la guerra in Ucraina possa gettare il nostro continente in una decisa recessione, scenario che ovviamente impone una certa prudenza e che sconsiglierebbe una troppo aggressiva azione di rialzo dei tassi.
Ma torniamo un attimo ancora negli USA: i rendimenti del Treasury a 2 anni stanno salendo con costanza ed in modo abbondante: ieri sera la resa era dell'1.75% ovverosia circa lo 0.25% in meno del Treasury a 10 anni. Questo deciso appiattimento della curva dei rendimenti potrebbe essere l'anticamera di un movimento che porterebbe il corto termine a rendere di più del lungo termine. E' quello che in gergo si chiama inversione della curva dei rendimenti e solitamente è foriera di una probabile recessione economica. Meglio detto: non è automatico che un'inversione della curva sfoci sempre in una recessione, ma la storia economica americana ci dimostra che nell'ultimo secolo non c'è mai stata una recessione che prima non sia stata preceduta da una inversione della curva dei rendimenti. Seguiremo con attenzione lo sviluppo dei rendimenti americani ed in effetti con lo sconquasso delle materie prime e rincari a raffica un po' in tutti i settori dobbiamo restare vigili. Per il momento teniamo ancora via le mani dal reddito fisso.
Diamo un'occhiata al dollaro:
Un tale scenario sta galvanizzando la valuta americana che sta puntando verso lo 0.9450 contro franco svizzero, come ci indica il triangolo tecnico che qualche giorno fa è stato forato al rialzo. Sarebbe comunque già bello se ci potessimo avvicinare alla resistenza posta a 0.9380. Per il momento teniamo la valuta americana, anzi la stiamo addirittura aumentando (con giudizio...).
Ovviamente anche contro euro la valuta americana ha ripreso il suo cammino e sta puntando nuovamente verso 1.07 aiutata giovedì dalla BCE che, malgrado un'inflazione che inizia veramente a preoccupare, ha lasciato i suoi tassi invariati.
Lagarde ci ha fatto sapere che la Banca Centrale Europea sta accelerando il ritmo del tapering per quanto riguarda l'Asset Purchase Programme (APP) ed intende farlo terminare entro giugno. Questa accelerazione ha un po' sorpreso il mercato in quanto si è subito pensato che il rialzo dei tassi in Europa è alle porte ma poi, proprio quando tutti si aspettavano una data certa, la Lagarde ha precisato che il primo aumento avverrà "qualche tempo dopo" aver concluso l'APP... Insomma, non si è sbilanciata più di tanto, ma come abbiamo visto almeno un paio di aumenti il mercato se li aspetta; quando con esattezza non lo sappiamo.
Borse:
Quelle Europee hanno tentato questa settimana un recupero che gli stava quasi riuscendo. Poi è arrivato Biden con le ulteriori sanzioni contro la Russia a scompaginare un po' le carte. Come detto la nostra attenzione è tutta rivolta alle cronache di guerra provenienti dall'Ucraina in quanto sono loro che anche la prossima settimana faranno muovere i mercati. Non ha senso in queste condizioni cercare di capire dove andranno le borse (che detto così non è molto rassicurante, ce ne rendiamo conto...)
Stamani abbiamo letto il parere settimanale del CIO di Credit Suisse che ha fatto degli azzeccati parallelismi tra questa crisi e quelle del 1973 e 79 che in effetti sono state innescate anche'esse da una crisi petrolifera. Poi prende in visione gli episodi di panico che hanno caratterizzato il comportamento degli investitori negli ultimi 40 anni di storia dei mercati finanziari, episodi che ovviamente si sono alternati a quelli di euforia che ben conosciamo. Ne esce un bel grafico che vi proponiamo qui sopra
e che serve anche quale momento di riflessione: quante volte in questi ultimi 40 anni, per mille motivi diversi, abbiamo dato per spacciato il mondo della finanza? Innumerevoli, ma poi ha sempre trovato la forza di riprendersi. Anche questa volta sospettiamo che non sarà molto diverso: c'è una guerra in corso e una gravissima crisi che ha come epicentro il mondo delle materie prime; sospettiamo che bisognerà armarsi di molta pazienza ma ne usciremo anche questa volta.
Adesso però bisogna prima dare un grande aiuto a chi sta fuggendo da una guerra...
Fare
il nostro mestiere in tempo di guerra è un po‘come essere sulle montagne russe
(!) ma molto meno divertente…
La volatilità s‘impenna e gli asset finanziari sono comprensibilmente preda dell'emotività a conferma del fatto che noi investitori non siamo degli algoritmi! In un simile contesto, il mercato non è più dominato dai
dati fondamentali ed anche l’asettica analisi tecnica sembra perdere molto della
sua efficacia. Insomma, ammettiamolo, si naviga (un po’) a vista...
Non ci rimane che aggrapparci alla nostra esperienza la quale ci suggerisce, tanto per iniziare, un esercizio di riordino delle idee:
quello che ci era chiaro, anche prima di questo pandemonio, è il
lento declino dell‘economia russa, soprattutto se la paragoniamo a quella di altri paesi dell'ex blocco sovietico. Quella russa si regge sul commercio delle materie prime e senza le esportazioni di gas e petrolio sarebbe già economicamente implosa da tempo, cosa che potrebbe accadere se il conflitto tra Russia ed Ucraina non si risolve nel breve termine.
Infatti un gruppo di economisti ha calcolato che in
Russia l‘inflazione in questi giorni sta salendo ad un ritmo del 70% annuo ed i tassi sono passati in un lampo dal 9.5% (che già la dice lunga di come erano messe male le cose) al 20%. Le stime del PIL 2022, che erano previste al rialzo di un modesto +2%, sono ora crollate ad un -7% . Le
carte di credito pare funzionano male o non funzionano del tutto ed anche il
contante (ricordate, in questi frangenti cash is King…) inizia a scarseggiare.
Le restrizioni imposte da mezzo mondo faranno il resto e Putin sarà
probabilmente costretto a guardarsi alle spalle anche in casa sua.
Ma intanto il russo va all‘attacco: giovedì si è sentito per una novantina di minuti con
Macron. Chissà che cosa si sono detti, curiosità più che legittima, ma quando qualcuno chiede al francese di esplicitare il succo del discorso putiniano se ne esce con un serafico: „mi ha detto che il peggio deve ancora
arrivare!“. Riassunto breve e coinciso, ma i mercati si spaventano. Nel tardo
pomeriggio iniziano a scendere di brutto, per poi recuperare un paio di ore
dopo, quando il presidente ucraino Zelensky sembra non perdersi d'animo. Vorrebbe infatti incontrare Putin per farlo ragionare e lo pungola con un „parliamoci, ma non a 30 metri di distanza!“. Sembra una battuta, ma in quei 30 metri ha metaforicamente condensato tutte le fobie dello zar facendolo passare per un malato di mente.
La notte tra giovedì e venerdì è stata travagliata: Si è infatti combattuto nei pressi della più grande centrale atomica europea e per fortuna son riusciti a spegnere i reattori giusto in tempo utile per evitare di indossare le maschere per proteggerci dalla radiazioni nucleari. Basta mascherine! Abbiamo già dato negli ultimi due anni, grazie! Purtroppo la minaccia nucleare spaventa e ci ritroviamo venerdì ad una mezz'ora dalla chiusura con delle pesantissime perdite che colpiscono, come è normale che sia , soprattutto i mercati europei.
Cosa fare? francamente non moltissimo: abbiamo già analizzato e rianalizzato i portafogli e la qualità di quello che abbiamo è buona. Spazzatura nei depositi non ce n'è. E' ovvio che con il senno di poi avremmo dovuto essere molto più incisivi nella nostra manovra di alleggerimento (qualche cosa nelle settimane precedenti il conflitto è stata fatta) ed ora non ci rimane che far passare un week end dove, pare, i due contendenti si vedranno e speriamo che partoriscano almeno un topolino. Sarebbe già qualche cosa...
Nel frattempo la Russia deve pensare ad evitare il collasso, per lo meno quello finanziario: il suo debito è stato pesantemente sanzionato dal mercato e, come si vede dal grafico, una semplice obbligazione dello stato Russo con una durata di 7 anni è quotata un terzo di quanto lo era prima del conflitto.
Tra i rischi che un investitore deve essere consapevole di correre quanto acquista un bond, dobbiamo annoverare anche quello del paese che emette il prestito. Purtroppo questo rischio, quando si manifesta, è decisamente pernicioso poiché la probabilità di perdere l'integralità dell'investimento è parecchio alta. Forse non sarà il caso della Russia, ma sicuramente siamo in molti a ricordarci dell'Argentina. Noi di bond russi e ucraini non ne abbiamo in quanto preferiamo di gran lunga il rischio azionario: è vero che se un'azienda fa fallimento possiamo dire addio ai nostri soldi ma nella stragrande maggioranza dei casi, anche in quelli peggiori, se la qualità dell'azione è buona ed il fallimento escluso, presto o tardi i soldi tornano a casa.
Ma parliamo un attimo del petrolio: due anni fa te lo regalavano, anzi ti davano dei soldi se lo portavi via! Oggi ci vogliono più di 100$ al barile... In un anno il suo prezzo è raddoppiato e questo per l'economia è un pessimo segnale: è già successo nel 1990 (guerra Kuwait) , nel 2000 (scoppio bolla dot.com) e nel 2008 (crisi finanziaria) e tutte e le volte l'economia americana è entrata in recessione trainando anche le altre per simpatia. Forse non entreremo in recessione, ma di sicuro la lotta all'inflazione si sta facendo complicata, soprattutto in Europa, dove la combinazione letale tra aumento dei prezzi e conflitto Russo-Ucraino probabilmente metterà la BCE sotto pressione: come detto più di una volta non vorremmo essere nei panni della Lagarde ed abbiamo il sospetto che dovremo per un po' di tempo convivere con una dinamica dei prezzi al rialzo. La benzina verde 98 ottani l'abbiamo già vista oltre i 2 chf al litro...
Anche se non ne abbiamo molta voglia, un'occhiata ai mercati azionari la dobbiamo dare:
L'America tutto sommato tiene e venerdi ha chiuso la settimana a 4'328 punti. La guerra è un problema prevalentemente europeo e i dati macro confermano una economia piuttosto vivace e ben messa: