domenica 12 febbraio 2023

Scontro tra giganti: BARD contro ChatGPT

 Doveva essere una settimana interlocutoria. Di quelle che vengono definite di consolidamento e che sono caratterizzate da un trend laterale in attesa che capiti qualche cosa. Infatti la prossima settimana, in quanto a dati macroeconomici, sarà ben più ricca ed impegnativa di questa che sta per finire.

Abbiamo tutti una gran voglia di recuperare la pessima performance dello scorso anno ed i mercati, sia quelli del reddito fisso che quelli azionari, per il momento ci hanno assecondato; ma non dobbbiamo scordarci che l'attuale evoluzione poggia verosimilmente su fondamenta piuttosto fragili e basta un nonnulla per generare delle violente reazioni di segno negativo.




Lasciando perdere i profit warning visti nelle ultime settimane, che da soli basterebbero a giustificare i crolli di molti titoli, di piccole e grandi tragedie borsistiche ne abbiamo viste ultimamente parecchie. 

Ci limitiamo a citarne una. Chi segue il tecnologico americano,  si sarà accorto della delusione degli investitori per la chatbot BARD sviluppata da Alphabet (ex Google), quella che vorrebbe fare la concorrenza a chatGPT di Microsoft. Durante la sua presentazione si scopre che per il momento necessita di un ulteriore periodo di sviluppo. Per farla breve, a causa della fretta e/o per la paura di perdere il treno dell'intelligenza artificiale, la chat ha dei problemi ed il mercato non ci ha pensato due minuti a sanzionare Google con una correzione da 100 miliardi di dollari. Il grafico esposto qui sotto quantifica perfettamente il danno...



Ma permetteteci una breve e gustosa parentesi a proposito di chatGPT. Quando la interrogate abbiamo appreso che le risposte possono essere di due generi: c'è quella ufficiale, corredata da un corposo diclaimer che previene l'inevitabile class action in caso di risposta errata e poi c'è quella eccitantissima (in quanto delle class action proprio se ne frega) che arriva addirittura dal dark web, un luogo dove l'algoritmo perde ogni inibizione e ti risponde con il diagramma di flusso in mano. 

L 'altro giorno il Sole24Ore riporta questa notizia: sembra che un buontempone abbia chiesto a chatGPT di fornirgli la data precisa del prossimo crash finanziario e di motivarne la ragione. La risposta ufficiale è stata "che è impossibile prevedere un evento del genere e consiglia l'interlocutore di rivolgersi al suo consulente finanziario... " Poveri noi!  Ma era chiaro che sotto sotto chatGPT non vedeva l'ora di rispondere più esaustivamente e dall'"underground" ci fa sapere che il giorno X è il 15 di febbraio 2023: "la data è stata calcolata tenendo presente vari fattori tra cui il rallentamento dell'economia, il rialzo dei tassi di interesse e il crescente rischio di tensioni geopolitiche." Vanno aggiunti, quale ciliegina sulla torta, gli elevati livelli del debito mondiale... Insomma "gli investitori dovrebbero essere cauti e preparati alla possibilità di un crash in tale data".

In effetti la seconda risposta, pur nella sua genericità, non fa una piega: cita correttamente tutti gli elementi che potrebbero portare all'evento nefasto. Per comprendere come si arriva alla data del 15 febbraio probabilmente bisogna far entrare in gioco l'attesissimo dato sull'inflazione americana che verrà pubblicato martedì 14 febbraio. Per la cronaca l'inflazione made in USA dovrebbe passare dal 6.5% al 6.2%,  mentre la core dal 5.7% dovrebbe scendere al 5.4%. Se così non fosse e dovessimo malauguratamente assistere alla pubblicazione di tali dati in netto rialzo, il 14 stesso assisteremo ad una seduta di borsa piuttosto disastrosa; quale magra consolazione a noi rimarrebbe la constatazione che chatGPT si è sbagliata di un giorno...

Scherzi a parte dobbiamo ammettere che il potenziale dell'intelligenza artificiale è dirompente: per il momento è ancora  fonte d'ilarità, soprattutto quando le sue risposte sono strampalate, ma in un futuro non tanto lontano chiedere ad una chatbot dove andranno i mercati o quale direzione prenderà  il dollaro farà in modo che un blog come il nostro non avrà più senso di esistere; parimenti temiamo che fare il nostro mestiere subirà la stessa sorte. 

Comunque, per il momento, non ci scoraggiamo e cerchiamo di rimanere sul pezzo.  Powell lunedi 6 febbraio ci ha fatto sapere che "l'inflazione è in frenata ma che negli USA il carovita tornerà vicino all'obiettivo del 2% soltanto l'anno prossimo". Se lo dice lui siamo tranquilli. Inoltre giovedì le nuove richieste di disoccupazione americane sono leggermente salite (da 183k a 196k) e le richieste continue pure (da 1655k a 1688k); poca roba ma è un indizio che forse anche il mercato del lavoro, al di là del dato monstre di venerdi scorso, potrebbe avere qualche cedimento graditissimo alla FED.

Anche l'Università del Michigan venerdì ci fa sapere che il suo Consumer Sentiment Index è in costante crescita e per febbraio passa dal 64.9 al 66.4. Inoltre, sempre la medesima università, prevede che fra un anno l'inflazione sarà al 4.2% (leggermente più alta della precedente stima che dava 3.9%) mentre la stima per i prossimi 5-10 anni è in forte ribasso e si attesta al 2.9% (una spanna sopra il livello del 2% stabilito dalla FED). 

Fin qui tutto bene si direbbe e l'unica cosa che ci rimane da fare in attesa del 14 è quella di non scordarci che alle Signore, per quel giorno, un gesto di galenteria non dispiace affatto (e aiuta a sostenere un po' l'economia...).


Ma il mercato cosa ne pensa?



Cominciamo con il constatare che i rendimenti dei Treasury a 2 (linea nera) e a 10 anni (linea rossa), da qualche giorno stannno voltando la rialzo. 

Come spiegarlo? E' possibile che il mercato inizi a credere che la FED porterà, come promesso, il terminal rate sopra il 5%? Perché no... Oppure si sta facendo strada l'idea che la tanto attesa recessione possa anche non farsi vedere? A giudicare da certi numeri in circolazione anche questa ipotesi sembra credibile... A ben pensarci in ambe due i casi i tassi devono salire e le conseguenze le conosciamo: mercato dei bonds meno tonico e borse (soprattutto quelle tecnologiche) che soffrono. A quanto pare,  per vedere delle borse più pimpanti dobbiamo sperare in una futura recessione... più controintuitivo di così si muore!


Il VIX, l'indice della paura, da qualche giorno si sta spostano al rialzo e ce lo ritroviamo per un nonnulla sopra il 20... ci piaceva di più quando stava a 18 o giù di lì...



...infatti i mercati azionari qualche piccolo contraccolpo lo stanno subendo e 3-4-5 punti percentuali in questi giorni sono andati persi. Soprattutto la Svizzera (fra un attimo vedremo il perché) con il suo + 3.74% ytd è il fanalino di coda.



Confermiamo che il golden cross (la media mobile a 50 ha bucato quella a 200 giorni) è avvenuto ed è un bene pure il fatto che venerdì abbia chiuso sopra i 4000 punti che sono un livello psicologico importante. Sta cercando di restare dentro il canale ascendente e lo sforzo è evidente... Putroppo se martedi i dati non saranno decenti (noi siamo confidenti...) andremo a testare il supporto (linea arancione); spazio di discesa purtroppo ne abbiamo...



Sullo SMI questa settimana ne abbiamo viste un po' di tutti i colori e per i nostri gusti basta e avanza. Tra giovedi e venerdi i volumi sono esplosi ed il ribasso (freccia blu) è frutto di una vendita in modo particolare. Ma cosa sta succedendo? Bisognerebbe chiederlo all'UBS visto che è stata l'unico global coordinator e book runner di questa operazione. Ma di quale operazione stiamo parlando?

Sembra che un membro della famiglia che ora controlla il 65% delle azioni Roche con diritto di voto,  abbia deciso di cedere una quota pari al 2.5% vendendo 2.7 milioni di azioni. Ovviamente il motivo non è dato a sapere e forse mai lo sapremo. 


E' invece evidente il movimento ribassista dell'azione di venerdì(cerchio rosso) che si aggiunge ad un trend che per il momento parla chiaro... Quale magra consolazione constatiamo che dopo un'escursione di diversi punti percentuali Roche ha chiuso sul prezzo di apertura e questo lascia aperta una possiblità di recupero... lo vedremo domani mattina. Considerato che Roche pesa il 18% dell'indice SMI è presto spiegato il movimento ribassista dell'indice stesso.


Terminiamo con un accenno al dollaro: è chiaro che il rialzo dei rendimenti ha messo in moto per il momento anche un rialzo della valuta americana:


Contro euro è evidente l'uscita dal trend ascendente e per il momento la media mobile a 50 giorni (in viola) sta facendo da supporto... se lo sfonda al ribasso è probabile che ci ritroveremo il dollaro a breve attorno all'1.05 - 1.03.



Contro chf è rientrato nel range 0.92-0.9370 e pensiamo chi lì resterà... per vedere movimenti più ampi dovrà prima avere la forza di issarsi sopra lo 0.9370.


Buona domenica!



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