domenica 26 marzo 2023

Banche centrali: i giochi sono fatti


 I giochi sono fatti! Le Banche Centrali si sono espresse e di grosse sorprese non ve ne sono state.

La BCE, già la scorsa settimana, ha rincarato il costo del denaro di mezzo punto;  poi mercoledì si è mossa la FED con il suo quarto di punto ed è stata eguagliata giovedì dalla Banca d'Inghilterra. 

Forse la vera sorpresa è il mezzo punto della Banca Nazionale Svizzera. In effetti abbiamo l'inflazione più bassa di tutta l'area Europea e malgrado ciò i dirigenti della BNS hanno sentito il bisogno di dare un segnale forte,  quasi a voler significare che le vicissitudini del Credito Svizzero sono state solo un incidente di percorso, e quindi, noi della BNS,  procediamo senza indugio nella lotta all'inflazione. Come non bastasse, Jordan ha rincarato la dose ammonendoci con il suo "non pensate che sia finita qui", facendoci credere che ci saranno senz'altro altri rialzi. In effetti l'inflazione dalle nostre parti è molto bassa ma sospettiamo che il nostro rincaro possa essere, a causa di un paniere che sono in molti a ritenere non molto rappresentativo, più elevato di quello che vorrebbero farci credere. Se così non fosse,  non si riesce a comprendre appieno l'attivismo della nostra banca centrale.

Comunque sia le reazioni dei mercati, proprio perché tutte le mosse erano da tempo scontate, sono state piuttosto moderate e tutta l'attenzione è già rivolta alle prossime riunioni che potrebbero anche sancire la fine dei rialzi come sperano in molti. Prendetevi quindi nota delle seguenti date: 3 maggio: FED; 4 maggio: BCE e BoE; 22 giugno: BNS.

E' comunque chiaro che le Banche Centrali sono confrontate con un esercizio da giocolieri: devono infatti scegliere se continuare a privilegiare la lotta ad un'inflazione, appiccicosa e persistente,  che la si combatte a suon di rialzi dei tassi, oppure se evitare l'instabilità finanziaria innescata dagli alti tassi di interesse. Instabilità che ha già portato al fallimento alcune banche americane ed ha pure messo lo zampino nella triste vicenda legata al Credito Svizzero.



E' abbastanza significativo gettare un'occhiata al Dot Plot della FED. Appare abbastanza chiaramente che per il 2023 i rialzi sono quasi terminati. Tutt'al più ci sarà ancora un aumento di un quarto di punto ed a tal proposito il consenso sembra essere piuttosto unanime. L'eventuale rialzo è già scontato.

Le idee invece si fanno più confuse a proposito della traiettoria dei tassi statunitensi per gli anni a venire,  come è ben testimoniato dall'ampissima distribuzione delle previsioni dei membri della banca centrale americana. Traiettoria che prevede tendenzialmente una diminuzione dei tassi ma che difficilmente si avvicinerà ancora allo zero degli anni scorsi. Possiamo estendere il discorso, senza tema di smentita, anche alle banche centrali europee. 

Nel frattempo dovremo tenere ben d'occhio quella che sarà la tendenza del sistema bancario nel voler inasprire le condizioni di credito e rifiutare l'erogazione dei finanziamenti (il cosiddetto credit crunch). Le dichiarazioni della Jellen, che esclude la messa in atto di un piano globale per la  protezione dei depositi, ovviamente fa paura. Alcuni economisti sono concordi nell'affermare che le banche centrali possono seduta stante evitare di continuare ad aumentare i tassi, lasciando fare il lavoro sporco alle banche commerciali che, a quanto ci risulta, stanno già procedendo ad un irrigidimento dei criteri del merito creditizio. Insomma, se così è, la non erogazione di un credito ha gli stessi effetti di un aumento del costo del denaro procurando effetti benefici sul controllo del rincaro, è solo una questione di tempo.



L'evidente calo dei rendimenti dei Treasury a 2 (in nero)  e 10 anni (in rosso) è impressionante e ci stiamo chiedendo se la corsa all'acquisto dei sicuri titoli di stato è dovuto all'accentuarsi delle tensioni all'interno del sistema bancario americano esacerbate, come detto,  dalla dichiarazione della Jellen,  oppure è la logica conseguenza derivante dalla convinzione che i tassi stanno per arrivare al top e ci si sta portando avanti con i lavori con largo anticipo. Forse come spesso accade la verità sta nel mezzo...




...infatti da un paio di settimane la performance del mercato delle obbligazioni societarie statunitensi investment grade è tornato a salire a testimoniare che ad essere acquistati non sono solo i buoni del tesoro...



... un discorso analogo è valido anche per le medesime obbligazioni europee.




La situazione dei mercati azionari, purtroppo, è più complessa: nel giro di un paio di settimane le performances delle principali borse si è più che dimezzata e ad esser presi di mira sono soprattutto i titoli finanziari che avevano contribuito in modo sostanziale ai rialzi di inizio anno. E' innegabile che siamo alle prese (nuovamente!) con i vecchi problemi che sono rimasti irrisolti dal 2008 e si stanno  nuovamente ripresentando anche se in forme diverse. Questa settimana è stato sopratutto il turno del sistema bancario tedesco ad essere messo particolarmente sotto pressione (a margine del nostro intervento vi spiegheremo velocemente cosa sta accadendo a Deutsche Bank) influenzando il comparto anche degli altri paesi. Il risultato è lì da vedere...



E' encomiabile lo sforzo dello S&P 500 nel voler a tutti i costi evitare di scendere sotto il supporto statico dei 3820 punti. Sul breve deve fare i conti con una linea di resistenza (in nero) che potrebbe anche essere velocemente superata se i rendimenti obbligazionari continueranno a scendere. Per il momento le obbligazioni, con i loro rendimenti sopra il 3%,  sono ancora appetitose soprattuto se confrontate con un rendimento medio dello S&P che non va oltre l'1.7%.


Alla fine di marzo non manca molto... vedremo se la ripresa anticipata dall'algoritmo di Ned Davis si confermerà tale. Dobbiamo pazientare ancora per qualche giorno...




Quest'anno chi fa una fatica bestiale è il nostro indice reduce da un'altra settimana ingloriosa  che ha portato in negativo la performance Ytd. Salutiamo con piacere i volumi che si stanno affievolendo (freccia verde) a significare che il sell-off sta perdendo di consistenza e vediamo di buon occhio l'oscillatore RSI aggirarsi in zona di ipervenduto... insomma, le condizioni per un rimbalzo ci sono... vedremo che aria tira lunedi mattina.



Anche il dollaro non sa bene che strada prendere ma se a riguardo dei tassi sta maturando la convinzione che siamo arrivati al top,  vedremo sempre più la valuta americana perdere di tonicità. Contro chf sta cercando di restare aggrappata allo 0.92, ma che fatica!


Pure contro euro sembra voler rientrare nella dinamica che ha caratterizzato la moneta americana a partire da settembre dello scorso anno... il mezzo punto di aumento della Lagarde ovviamente si fa sentire.



Comunque, che vi siano delle tensioni all'interno dei circuiti finanziari, è pure testimoniato dall'andamento dell'oro che aiutato dalla diminuzione dei rendimenti e da un dollaro poco brillante si è riportato a ridosso dei 2000 dollari l'oncia. Se qualcuno ha comprato oro per meri motivi speculativi, forse, per una parte, è arrivato il momento di prendere qualche profitto... 


Se avete ancora qualche minuto di tempo e vi interessa sapere cosa è successo al titolo della Deutsche Bank, potete andare avanti a leggere... se non fosse il caso, buona domenica!!




Ci sono guerre territoriali (come quella tra Russia ed Ucraina), ce ne sono altre a carattere economico (come quella scatenata da Trump contro la Cina) mentre quella che ha colpito il sistema finanziario tedesco in questi giorni è una tipica guerra che coinvolge i meandri della finanza. 

Sappiamo tutti cosa è successo nel 2008 ed in quali guai si è venuto a trovare tutto il sistema finanziario e bancario del pianeta. Poteva essere una strage, in parte lo è stata, ma sicuramente si era arrivati ad un punto tale dove le regole della finanziarie andavano in gran parte riscritte. Molto lavoro da allora è stato fatto ma purtroppo sono in molti a credere che si poteva fare di più e che fondamentalmente il 2008 è stata un'occasione persa;  in effetti, a giudicare da quanto è accaduto in questi giorni, non possiamo dargli torto.

E' altrettanto noto che non tutti i sistemi finanziari sono uguali: alcuni sono più resilienti di altri mentre quelli più deboli hanno dovuto darsi da fare per riformare il sistema. Quello tedesco rientra, per molti un po' a sorpresa, tra quelli che hanno dovuto lavorare alacremente per rimettere in sesto il mondo bancario che non era proprio ben messo: in cima alla lista delle banche che hanno dovuto procedere ad una bella ristrutturazione troviamo proprio la prima della classe, quella Deusche Bank che si credeva inattaccabile. Si è lavorato molto per riportarla a galla, è fuori pericolo ma diciamo che è un istituto ancora in convalescenza e ci vorrà ancora del tempo per ristabilirsi completamente. E' proprio per questa sua debolezza che in questi giorni si trova sotto attacco.

Infatti, a quanto pare,  un gruppo di hedge funds statunitensi senza grossi scrupoli, approfittano del clima di mestizia che sta attanagliando tutto il sistema finanziario europeo, ha iniziato a vendere allo scoperto i titoli della banca tedesca. Poi, due nano secondi dopo, i medesimi hedge funds hanno iniziato a comprare CDS della Deutsche Bank facendone esplodere la quotazione (vedi grafico qui sopra). 

I CDS sono derivati che offrono una protezione contro l'insolvenza di un debitore; in parole povere sono una assicurazione contro il fallimento di una azienda e servono a proteggere gli investimenti fatti acquistando le obbligazioni della società. Putroppo il mercato di questi derivati è piuttosto illiquido e se la domanda aumenta con un certo vigore le reazioni sul prezzo del CDS sono cospicue, dando così l'impressione che la società è in grosse ambasce... 

Chi possiede i titoli della banca tedesca, con i CDS in zona allarme rosso, giustamente inizia ad essere preoccupato e procede alla vendita del titolo ovviamente per il sollazzo di chi prima aveva ceduto le azioni allo scoperto. Una delle regole che si voleva introdurre, dopo quanto successo nel 2008,  era proprio quella di proibire l'acquisto di CDS a coloro  che NON  detengono anche le obbligazioni della società. L'idea sembrava sensata, proprio per evitare quanto accaduto in questi giorni con Deutsche Bank, ma il buon senso e la speculazione non vanno quasi mai a braccetto e quindi non se n'è fatto nulla. 


sabato 18 marzo 2023

Chiariamoci le idee

 Ci scusiamo fin da subito se gli Appunti di questa settimana saranno brevi e un po' confusi, ma sono il riflesso degli eventi che hanno caratterizzato gli ultimi giorni di borsa, dove di tutto un po' è successo,  a tal punto che i dati sull'inflazione americana di martedi ed un aumento di mezzo punto dei tassi europei di giovedì sono passati quasi inosservati.

Quindi per non perdere il filo del discorso e restare vicini alle vicende che muovono i mercati, cerchiamo di riordinare le idee passando in rassegna gli eventi principali della settimana. Parleremo poi brevemente dei guai che sta vivendo il sistema bancario al di qua e al di là dell'Atlantico e vedremo di commentare  la notizia dell'ultima ora che anticipa un probabile acquisto (totale o parziale) del Credito Svizzero da parte di UBS.

Partiamo da  martedi 14 marzo e parliamo del dato sull'inflazione americana:

  • CPI febbraio: 6% (atteso: 6%; precedente: 6.4%)
  • Core CPI febbraio: 5.5% (atteso: 5.5%; precedente: 5.6%)

In effetti l'inflazione sta scendendo ma molto (troppo) lentamente per tranquillizzare la FED. Soprattutto la Core inflation è maledettamente appiccicosa, ma questo oramai lo sappiamo. Ci sarebbe spazio per un aumento dei tassi di mezzo punto? Tecnicamente ci sarebbe eccome ma considerati i guai che sta passando il sistema bancario americano il 22 vedremo probabilmente un aumento dello 0.25%. 

Saremmo sorpresi se di aumenti non ve ne fossero: il segnale che darebbe la FED sarebbe di quelli da allarme rosso. E' un po' paradossale, ce ne rendiamo conto, ma l'attuale crisi che sta vivendo il mondo bancario americano è il frutto dell'onda lunga dei repentini e reiterati aumenti dei tassi attuati dalla Banca Centrale Americana da quando, in ritardo, si è resa conto che l'inflazione non era solo di passaggio. Ora, arrestare gli aumenti o addirittura pensare di far scendere il costo del denaro, vorrebbe dire ammettere di essersi sbagliati (avete mai visto un banchiere centrale scusarsi per gli errori commessi?!?) e soprattutto sarebbe la prova provata che il sistema creditizio ha dei problemi... Un aumento dello 0.25% pare sia la migliore delle soluzioni.


Mercoledì 15 marzo pubblicano un paio di dati deflazionisti che dovrebbero far contento Powell:

  • Us retail sales febbraio: -0.4% (atteso: -0.4%; precedente: +3.2%)
  • Producer Price Index YoY febbraio: 4.6% (precedente: 5.7%)
Qualche cosa nella granitica propensione alla spesa dei cittadini americani inizia a scricchiolare... Indebitarsi per consumare inizia a costare un occhio della testa e probabilmente si comincia ad averne la percezione.  Anche produrre costa un po' meno e pure questo dato sta andando nella giusta direzione.


Giovedì 16 marzo è il gran giorno della Banca Centrale Europea:


La Lagarde, come suggerisce Giannelli nella sua vignetta pubblicata dal Corriere della Sera, si trasforma in falco e ci delizia con un aumento del costo del denaro di mezzo punto. In gran parte era atteso ma è abbastanza probabile che potrebbe essere uno degli ultimi aumenti... pure dalle nostre parti l'aria che si respira inizia ad essere piuttosto pesante e quindi meglio non esagerare con gli aumenti; almeno questo è quello che ci pare aver capito leggendo tra le righe delle parole della Lagarde. 

Vale comunque anche per la BCE lo stesso discorso fatto per la FED: fare una repentina retromarcia in fatto di aumenti dei tassi potrebbe far nascere il sospetto che la situazione del sistema creditizio sia mal messa...


Venerdì 17 marzo è pure stato il terzo venerdi del mese,  giorno di scadenza opzioni. Quello di marzo ha una scadenza tripla (definita anche delle "3 streghe") che coinvolgono i derivati sugli indici, sulle azioni e i futures. In giornate come questa i volumi esplodono (sono negli USA sono stati scambiati 9.35 miliardi di azioni) e spesso, come in effetti è accaduto, questo evento fa registrare minimi di mercato piuttosto significativi.

Sono comunque significativi anche i dati macro che sono stati pubblicati, uno su tutti:

  • US consumer confidence index marzo: 63.4 (atteso: 67; precedente: 67)

Non si aspettavano un dato così negativo e per la prima volta da 4 mesi l'indice ha subito una correzione. A far virare verso il basso questo indicatore, a quanto pare, è stato soprattutto il sentimento registrato tra i giovani e coloro che hanno un reddito modesto che sono coloro che maggiormente subiscono gli effetti di un'inflazione così alta. 

Comunque sembra anche tra le persone benestanti, i ribassi delle borse ed i recenti problemi di alcune banche,  stanno iniziando a generare una stato di ansia che non si vedeva da tempo. Se si continuerà su questa strada potremmo anche ragionevolmente pensare che le pressioni inflazionistiche potranno diminuire senza dover necessariamente insistere con rialzi importanti dei tassi.

***

L'aria che si è respirata questa settimana è stata piuttosto pesante e pure quella della prossima ha l'aria di esserlo!


Basta dare un'occhiata al VIX per rendesi conto come dal l0 di marzo le cose sono cambiate: ci stavamo abituando ad una sonnolenta attività borsistica che ha portato l'indice a spostarsi sotto il 20; poi, come sempre improvvisamente, qualche cosa è cambiato e si è iniziato a ballare.

Il ritmo delle danze lo stanno scandendo soprattutto le notizie sulle banche americane che hanno dei seri problemi di liquidità,  tanto da mandare in Chapter 11 (un eufemismo che sta per fallimento...) la SVB (come abbiamo visto la scorsa settimana) e costretto la First Republic Bank a rinunciare al dividendo e a farsi aiutare, non si sa quanto volontariamente, da un pool di 11 banche (JP Morgan in testa) che gli assicurano una linea di credito da 30 miliardi. 

In Europa sono noti i problemi che attanagliano il Credit Suisse, banca sistemica che pur disponendo di una capitalizzazione ampiamente sufficiente (rispettosa dei severi criteri emanati dall'organo di sorveglianza  FINMA) è al beneficio di una linea di credito di 50 miliardi di franchi messa a disposizione dalla BNS. Sappiamo, in quanto ampiamenti dibattuti dalla stampa nazionale e internazionale, in quali e quanti errori la banca sia incappata e quella che sta vivendo più che una crisi di liquidità è una crisi di immagine che da un certo punto di vista è sicuramente più perniciosa.

L'istituto è confrontato anche con una profonda ristrutturazione interna che prevede un grande ridimensionamento della sezione legata all'investment banking che tanti grattacapi ha creato e vi saranno ridimensionamenti (purtroppo di personale) in altre sezioni che, incolpevoli, pagano molto caro gli errori manageriali soprattutto in ambito del controllo dei rischi. 

Come anticipato all'inizio di questo post, è abbastanza probabile che durante il week end ci saranno serrati colloqui che potrebbero sfociare nell'acquisto, tutto o in parte, del CS ad opera dell'UBS. 

Difficile dire se la notizia corrisponde al vero, è comunque verosimile, anche se la COMCO (la commissione per la concorrenza) potrebbe avere qualche cosa da dire a proposito di una simile acquisizione.

Infatti l'ex presidente della FINMA (l'organo di autosorveglianza) si è subito espresso nei seguenti termini:

«La Banca Nazionale e il Consiglio Federale dovrebbero agire in modo coordinato in termini di comunicazione», insiste Haltiner. «Avrebbero potuto dire: la BNS fornisce liquidità, il CS ha la stabilità necessaria, quindi non c'è motivo di preoccuparsi. Molti non sanno nemmeno che abbiamo una protezione dei depositi. E che le attività svizzere di CS sarebbero garantite anche in caso di catastrofe, perché esternalizzate a una società indipendente, una lezione appresa dalla crisi di UBS. Tutto questo avrebbe potuto essere detto».

Sicuramente una miglior comunicazione sarebbe stata utile. Noi non sappiamo di certo come andrà a finire ma per non sbagliarici da mesi abbiamo messo in totale sicurezza quello che c'era da proteggere. Poi vedremo la prossima settimana cosa succede. 

***

A beneficiare di questo clima piuttosto surriscaldato da ambo le parti dell'Atlantico è sicuramente l'oro...




... che si è riportato a ridosso dei 2000$ per oncia. Come detto sta facendo il suo dovere di safe haven ed in questo momento di beni rifugio ne abbiamo bisogno...



... pure il bitcoin si sta proponendo come una alternativa all'oro e al dollaro. Ovviamente, considerata la volatilità dello strumento, va trattato con molta precauzione.




Un'occhiata allo SMI la diamo comunque: il grafico non è quello della chiusura ma è valido. Il nostro indice ha vissuto una settimana piuttosto complicata ed i volumi lo confermano.... Ha chiuso a 10'613 punti con un RSI ancora in ipervenduto. Ovviamente sono stati i valori finanziari a soffrire maggiormente mentre le classiche Roche (che ha pagato il dividendo di 9.5 chf), Novartis e Nestlé hanno fatto, come sempre in questi frangenti, il loro dovere evitando di farsi travolgere dall'emotività.

Attenzione!: giovedi 23 la Banca Nazionale Svizzera ci dirà di quanto vuol aumentare i tassi: ragionevole sarebbe di uno 0.25% considerato quanto sta succedendo ma temiamo che il mezzo punto sarà più aderente alla realtà (ci sentiamo di scartare l'ipotesi di un aumento dello 0.75%)



Lo S&P500 ha chiuso a 3916 e si è quasi adagiato sulla linea di supporto arancione... non ci vogliamo sbilanciare su di un eventuale rimbalzo (auspicabile) in quanto come detto in apertura abbiamo le idee un po' confuse ed in questo frangente ci limitiamo ad osservare. E' comunque chiaro che nella nostra pipeline abbiamo una serie di titoli che ci piacerebbe comprare ma forse vale la pena attende le decisioni della FED mercoledì 22.


Buon week end!








domenica 12 marzo 2023

La SVB è fallita

 Se avete seguito anche solo distrattamente la settimana borsistica che è appena terminata vi sarete accorti che di movimento, purtroppo soprattutto di segno negativo, ce n'è stato ed anche parecchio... 

Le parole di Powell al senato e alla camera non hanno aiutato ed il colpo di grazia è arrivato con il fallimento della banca americana SVB. Forse il miglior modo per capire ed avere un'idea dell'aria che si è respirata questa settimana è quello di procedere per sommi capi in ordine cronologico.

Martedì 7 Powell ha parlato davanti alla Commissione bancaria del Senato americano e la replica è andata in scena il giorno dopo al Congresso: in sostanza non ha detto nulla di nuovo,  ma non poteva che essere così. In sintesi ha ribadito quanto segue:

  • "La Fed farà tutto il necessario per ridurre l'inflazione." Sappiamo che il target è il 2%,  ma sono in molti a credere che non sarà più possibile riportare l'inflazione a livelli così bassi senza rischiare una profonda recessione che forse, sotto sotto, è proprio quello che la FED vorrebbe. Un target attorno al 3% sarebbe a nostro giudizio più realistico.
  • Il livello finale dei tassi sarà probabilmente più alto di quello che il mercato sconta. Purtroppo stiamo parlando di qualche cosa sopra il 5% tendente anche verso il 6%. Ma vedremo la prossima settimana se il caso SVB, in ambito aumento dei tassi, sta sparigliando le carte e non diamo per scontato più nulla.
  • La politica restrittiva rimarrà tale per "qualche tempo". Ovviamente rimane nel vago e non quantifica i termini temporali ma è abbastanza certo che il famoso pivot (quando i tassi torneranno a scendere) non è per domani. Cosa significa avere dei tassi così alti per tanto (troppo) tempo bisognerebbe chiederlo a quelle aziende che sono parecchio indebitate...
  • "Se la totalità dei dati (macroeconomici) dovesse indicare un inasprimento (in ottica inflattiva) saremo pronti ad aumentare il ritmo dei rialzi". E' ovvio che già da mercoledì  tutte le antenne si sono orientate verso la pubblicazione dei dati americani (sempre loro!) soprattutto di giovedì e venerdì.

Comunque Mercoledì 8 pubblicano un paio di dati che sono un piccolo preludio a quelli di giovedì:

  • ADP di febbraio: 242k (attesi: 205k; precedenti: 119k).  L'adp indica i numeri dei posti di lavoro creati nell'economia privata. Sono più del doppio del dato precedente. Ennesima conferma della forza del mercato del lavoro americano.
  • JOLTS gennaio: 10.8 mio (attesi: 10.6 mio, precedente: 11.2 mio). L'indice  JOLTS (Job Openings and Labor Turnover Survey) fornisce un'indicazione sui volumi delle offerte di lavoro, sulle assunzioni e sul turnover, misurando l'eccesso di offerta di lavoro (posti vacanti) per un determinato settore e in un determinato periodo. Dato leggermente peggiore del previsto ma comunque i posti di lavoro vacanti sono sempre un numero importante...
Si incomincia a percepire un'aria da aumento dei tassi di mezzo punto ed il dollaro che si apprezza sopra i 0.94 centesimi contro chf e si approssima all'1.05 contro euro.

Poi Giovedì 9 è il turno dei dati sulla disoccupazione:

  • Jobless Claims al 3 marzo: 211k (atteso: 195k; precedente: 190k). Abbiamo qualche disoccupato in più ma nulla di eclatante. Infatti il mercato si sta convincendo che il rialzo di mercoledì prossimo è di mezzo punto e ne seguirà verosimilmente un'altro da 0.25%


Infatti in USA (in rosa)  il tasso attuale del 4.63 è atteso ad un anno al 5.40 e poi dovrebbe iniziare a scendere. Significa che il mercato giovedì scontava altri 78 basis points di aumento. (Date un'occhiata anche ad Europa e Svizzera giusto per informazione) 

I dati più importanti erano comunque attesi per venerdì 10:

  • Creazione di posti di lavoro per febbraio: 311k (atteso 225k; precedente: 504k dato rivisto da 517k). Con una tale creazione di posti di lavoro, ben superiore alle aspettative, il mezzo punto di rialzo era pressoché certo. 
  • Tasso di disoccupazione: 3.6% (atteso: 3.4%; precedente 3.4%) Un filino più alto delle attese ma comunque sempre troppo vicino al minimo storico... C'è paraddossalmente troppa gente che lavora!
  • Paghe orarie medie A/A per febbraio: 4.6% (atteso: 4.8%; precedente: 4.4%). Anche in questo caso un dato in ottica inflazione non bellissimo ma non esageratamente negativo. In sostanza chi lavora è pagato un po' di più.  




Poi venerdi, manco fosse un venerdì 13, la Silicon Valley Bank (SVB) è fallita (!) Si tratta di una delle prime 20 banche americane ed un crollo simile non succedeva dal 2008.  Bloomberg ci mette sull'attenti che "potrebbe essere solo la punta dell'iceberg". Non ci vogliamo neppure pensare! Ma in effetti pare ci siano una ventina di istituti specializzati in prestiti alle start ups che potrebbero ballare male. Non vogliamo tediarvi con i dettagli con hanno portato la SVB al fallimento, ma se la cosa vi interessa,  su internet trovate abbondante materiale che spiega l'evento con dovizia di particolari. A quanto pare, tanto per sdrammatizzare e fare un po' di gossip finanziario, Elon Musk sarebbe interessato ad un salvataggio della SVB, immaginiamo per la felicità degli investitori di Tesla... (vedremo se si tratta solo di una fake news...)

Quello che a noi interessa è la reazione del mercato:


In primo luogo si è preso un bello spavento ed il VIX  si è improvvisamente risvegliato dal letargo invernale schizzando quasi a 30 (ovale rosso). Per chi è solito vendere opzioni per incassare premi, lunedì prossimo potrebbe essere un giorno propizio...



Il Nasdaq Bank Index ha perso in pochi giorni quasi il 20%... Evidentemente qualche cosa era già nell'aria e venerdì si è palesato in tutta la sua drammaticità con volumi molto elevati. Il comparto bancario europeo ha purtroppo subito forti ribassi temendo, in parte a giusta ragione, che ci possono essere anche altre banche di respiro internazionale che potrebbero avere dei problemi con le società di nuova generazione alle quali hanno prestato del denaro. E' chiarissimo che questo evento andrà monitorato molto da vicino e raccomandiamo prudenza... Se necessario vi terremo informati.



Altro effetto da tenere in considerazione: abbiamo appena visto che giovedì il mercato scontava da qui ad un anno ulteriori 78 basis point di aumento; venerdì si sono ridotti a 11! Bisognerà monitorare da vicino la situazione bancaria americana e se quest'ultima dovesse in effetti essere preoccupante è abbastanza normale prevedere che la FED non getterà ulteriore benzina sul fuoco,  soprattutto considerando il fatto che le attuali difficoltà di parecchi istituti americani sono la logica conseguenza dell'aumento dei tassi. 



E' coerente pure la reazione dei Treasury che sono stati comprati a piene mani. I rendimenti sono subito scesi di una cinquantina di basis points mantenendo comunque uno spread tra il 2 anni (in nero) e il 10 anni (in rosso) di quasi 90 basisi points. Durante la settimana questo scarto è stato pure superiore ai 100 basis points come non succcedeva da più di 40 anni. Ora, indipendentemente da quello che sta succedendo nel settore bancario che comunque ne è una spia, questa differenza di rendimento porta acqua al mulino di coloro che si aspettano una recessione in arrivo per l'estate (ne abbiamo parlato diffusamente nel post del 5 gennaio ).



Con i dati pubblicati venerdi pomeriggio il dollaro si sarebbe dovuto apprezzare, ma anche in questo caso, coerentemente, si è subito adeguato alle nuove aspettative di aumento dei tassi che molto probabilmente saranno solo dello 0.25%. Tecnicamente contro chf, che in questi frangenti ritorna ad essere un safe haven, si è adagiato sul supporto dei 0.92 centesimi e speriamo che lo mantenga. Altrimenti saremo costretti ad alleggerire...


...ed anche contro euro, anche se in misura minore, il dollaro ha perso un po' di terreno.



Il rafforzamento del chf contro euro è pure la logica conseguenza di quanto sta accadendo. In questi frangenti infatti la valuta svizzera ritorna ad essere un bene rifugio.


Altro buon indicatore dello spavento che si è preso il mercato è l'oro che approfittando della situazione bancaria, del calo dei rendimenti e dell'indebolimento del dollaro, ha invertito un trend che lo stava portando sotto i 1800 dollari l'oncia. Vedremo lunedì se il fallimento di SVB si porterà appresso altre conseguenze nefaste ma quel che sembra certo è che diverse start ups e società legate al mondo delle cripto valute potrebbero in effetti accusare qualche problema. 

A questo punto vi starete chiedendo come stanno le borse...



 Iniziamo subito con il dire che non stanno benissimo: venerdi si sono prese anch'esse un bello spavento ed hanno chiuso in pesante rosso. Da notare che il Dow ytd è in negativo, lo S&P500 si è mangiato tutto il guadagno ytd e il Nasdaq ha perso metà di quanto guadagnato pure ytd. 

In Europa le cose sembrano andare un po' meglio ma le perdite di questa settimana sono di diversi punti percentuali. Fanalino di coda è la borsa svizzera che è praticamente tornata al valore di inizio anno. Non bello...

Come proseguiranno la loro evoluzione dipenderà molto da cosa succederà lunedì e se il caso SVB coinvolgerà anche altri istituti: se non è un cigno nero gli assomiglia molto anche se forse dobbiamo ammettere che qualche avvisaglia già c'era ma non ce ne siamo resi conto. Non dobbiamo dimenticare che il costo del denaro sta salendo rapidamente ed aumenti dei tassi di questa entità spesso si portano appresso conseguenze serie che non si manifestano immediatamente ma sono delle bombe a scoppio ritardato. A maggior ragione dobbiamo restare vigili.  E' infatti lo scopo principale dei nostri Appunti Finanziari, di più non si riesce a fare.



Tra giovedì e venerdi lo S&P500 ha bucato al ribasso tutte le medie mobile a 50, 100 e 200 giorni con volumi in rialzo... pessimo segnale... ci siamo dimenticati di allungare la linea arancione che funge da supporto, pure lui forato al ribasso. Stiamo pericolosamente rientrando nel trend ribassista partito a gennaio del 2022... Urge un rimbalzo!



Anche l'algoritmo di Ned Davis sembra essere stato preso di sorpresa, ma non poteva che essere così... I quasi cigni neri neppure lui li sa prevedere.



Lo stato di salute del nostro mercato è lì da vedere: la prognosi non è bella... Il movimento ribassista è stato accompagnato da volumi molto alti che ne amplificano la portata (freccia viola). Ci siamo per il momento fermati sul supporto (cerchio rosso) ma non possiamo dire come andrà avanti. Come detto dipenderà dallo sviluppo del caso SVB e già domani dovremmo avere un po' più di chiarezza o per lo meno è quello che speriamo. 

Putroppo possiamo dire addio agli effetti previsti dal spalla-testa-spalla rovesciato (in verde) che a causa di questa correzione ha perso di significanza. Scaramanticamente l'abbiamo lasciato sul grafico nella speranza di un "rimbalzone" ma realisticamente dovrà sparire dalla nostra analisi, peccato...

Non ci rimane che consolarci con un RSI che a 28 segnala un mercato in ipervenduto... vedremo la prossima settimana se vi sono società che sono state ingiustamente penalizzate dalla correzione e che potrebbero entrare nei nostri depositi, ma ovviamente non c'è fretta...

Buona domenica!




domenica 5 marzo 2023

Brevi appunti domenicali

 Non è stata una settimana semplice e, dobbiamo essere onesti,  non ci aspettavamo una simile negatività che è stata attenuata solo verso la fine della settimana dalle parole del Governatore della FED di Atlanta che vede di buon occhio,  per il 22 di questo mese data della prossima riunione della banca centrale americana, un aumento di soli 25 punti base; l'annuncio è arrivato proprio quando il mercato si stava orientando verso il mezzo punto. Inoltre addolcisce ulteriormente la pillola dichiarandosi (quasi) certo che la salita dei tassi potrebbe arrestarsi durante l'estate (guarda caso proprio quando l'economia americana dovrebbe entrare in recessione). 

E' praticamente certo che fino al 22/23 di marzo assisteremo ad una serie di esternazioni, ad opera dei membri della FED e della BCE,  dove ognuno, quando gli capita, dirà la sua a proposito dei futuri  aumenti dei tassi. Esternazioni che ovviamente non mancheranno di spedire i mercati in una direzione o nell'altra in modo del tutto incontrollabile.

Nel frattempo, l'unica cosa che possiamo fare, è continuare a prestare attenzione ai dati macroeconomici: proprio giovedì, e ci scusiamo se battiamo sempre sullo stesso chiodo ma è troppo importante,  sono usciti quelli  riguardanti l'inflazione europea e quella italiana che riassumiamo brevemente:

  • Inflazione EU A/A: 8.5% (attesa: 8.3%; precedente: 8.6%)
  • Inflazione Italiana A/A: 9.9% (attesa:9.5% ; precedente: 10.7%)
E' sicuramente rallegrante che anche in Europa l'inflazione continui a scendere, ma quello che delude un pochino è che la si vorrebbe veder calare con maggior convinzione. In effetti nelle ultime settimane le aspettative sono sempre state disattese a causa di piccoli rimbalzi rialzisti; nulla di eclatante, ma sono comunque un elemento di disturbo che il mercato non riesce ad ignorare completamente. 

Abbiamo già sottolineato che l'attuale inflazione non è più dominata dai prezzi dell'energia e delle materie prime (ad esemprio il gas europeo è tornato a 45 eur per Mwh contro i 300 eur del mese di agosto) e bisogna quindi scomodare la tonicità del mercato del lavoro e che,  in Europa come negli USA,  continua a fare i conti con una carenza di personale in svariati settori. Sappiamo tutti cosa è successo durante il Covid: in molti sono stati licenziati,  poi la ripartenza è stata talmente repentina che per trovare gente disposta a lavorare la si è dovuta allettare con paghe più elevate. L'offerta di posti di lavoro è ancora oggi estremamente elevata e le conseguenze sono note a tutti.  E' abbastanza probabile che questa importante componente dell'inflazione sarà piuttosto persistente, difficile da debellare e tornerà a scendere solo quando saremo confrontati con una recessione e relativi licenziamenti di massa.

Venerdì pomeriggio prendiamo conoscenza dell' ISM dei servizi americano:
  • ISM servizi: 55.1 (attesa: 54.3; precedente: 55.2)
Insomma, a quanto pare gli americani continuano ad andare a mangiare e bere in gran numero malgrado certi venti contrari segnalatici da una parte dell'economia, quella che produce, che sta avendo delle difficoltà crescenti. Per il momento, considerando che il settore dei servizi è quello che sta dando lavoro alla fetta più grande di tutti i lavoratori americani, sembra che di crisi all'orizzonte non se ne veda e gli aumenti dei tassi portati avanti dalla FED non sembrano spaventare più di tanto un gran numero di statunitensi che, sicuri del loro posto di lavoro, continuano a spendere.

***

Ma gettiamo ora un'occhiata a cosa è successo ai mercati questa settimana: chi sembra essere veramente spaventato,  sono gli investitori del reddito fisso che hanno preso veramente sul serio le minacce di rialzo tassi provenienti dalle banche centrali:


L'indice Bloomberg EuroAgg è un benchmark che misura il mercato obbligazionario a tasso fisso investment grade, denominato in euro, comprendente titoli di Stato, emissioni governative, societarie e cartolarizzate. E' un buon indicatore dello stato di salute di quelle obbligazioni che di norma finiscono nella maggioranza delle gestioni patrimoniali. Putroppo dal mese di febbraio è costantemente al ribasso e proprio questa settimana ha cancellato tutto l'utile dell'anno e stiamo per raggiungere il minimo di ottobre 2022. Ci eravamo illusi che per questo settore il peggio fosse passato ma evidentemente non è così e questo stato di cose sta avendo un impatto poco simpatico sulle performances dei nostri portafogli.



Anche l'indice che monitorizza il mercato dell'investment grade americano ha lo stesso problema con l'unico vantaggio che i minimi del mese di ottobre sono ancora lontani e forse qualche cosa si può ancora salvare. Gli utili da inizio anno si sono comunque anche in questo caso volatilizzati... Accidenti!




Lo S&P500 venerdi ha chiuso a 4045 punti (ci scusiamo se il grafico non è aggiornato...) e forse l'atteso rimbalzo del mese di marzo sta prendendo forma. La soglia dei 4000 punti è importante ed aver chiuso sopra è decisamente positivo. La prossima settimana sarà determinante ed è essenziale che l'indice mostri ancora qualche segnale di forza. A livello di RSI siamo in zona neutra e quindi questo potrebbe dare un colpo di mano.


Siamo pure confortati dall'algoritmo di Ned Davis... che per il momento ha sbagliato poco o nulla.




Anche il nostro indice sembra essersi risvegliato sul finire della settimana: ha chiuso a 11'190 punti ma, per essere veramente certi che sta cambiando direzione,  è fondamentale che nei prossimi giorni trovi la forza di risalire sopra gli 11'250 punti. Purtroppo, come sappiamo, è zavorrato dai tre titoli che per vostra conoscenza riportiamo qui sotto:



Anche se al peggio non c'è mai fine, riteniamo che Roche possa trovare un supporto convincente attorno ai 265-270 chf... E' decisamente difficile capire cosa sta succedendo a questa società e i report che leggiamo con constanza non aiutano a chiarire le idee... diciamo laconicamente che non è il momento dei farmaceutici.



Infatti anche Novartis non sa bene che direzione prendere e per il momento possiamo solo dire che tecnicamente si compra a 75/76 e la si vende attorno agli 84-85 chf. Diremmo che a questo punto è semplicemente da tenere e ci accontentiamo del dividendo.


Comprendiamo le difficoltà del momento di Nestlé: il rincaro delle materie prime (alimentari) a causa soprattutto (ma non esclusivamente) della guerra sta mettendo pressione sui margini di guadagno della società... dovremo avere molta pazienza e un po' di coraggio a comprarle se le vedremo sotto i 105 chf.




Per il momento il nostro indice è trainato dagli industriali e dai valori finanziari (assicurativi in primis). Come detto per la farmaceutica e gli alimentari i tempi non sono propizi ma, come ben sappiamo, la borsa è una ruota che gira...





Il dollaro sembra non riuscire a confermare con convinzione quota 0.94 e oltre... a questo livello verrebbe voglia di alleggerire un po'... vedremo la prossima settimana cosa succederà soprattutto ai rendimenti dei Treasury: manca pochissimo e avremo tutte le scadenze, corte (soprattutto) e lunghe con le rese sopra il 4%.

Buona domenica!