sabato 26 agosto 2023

Strawberry blonde

 



L'America è un Paese sorprendente: riescono con la medesima enfasi a disquisire sul colore, ammesso che lo sia, del parrucchino di Trump che pare sia un cosiddetto  "strawberry blonde" che dovrebbe corrispondere ad un sofisticato biondo fragola... In questi giorni si è fatto arrestare, con tanto di foto segnaletica, avviando ufficialmente in tal modo la campagna per le presidenziali in casa repubblicana. Con lo stesso impegno Jerome Powell venerdì,  nell'amena Jackson Hole,  ci ha rinfrescato le idee su come intende procedere nella fondamentale lotta all'inflazione che come ben sappiamo non è solo un problema americano ma ha dei rimandi significativi anche alle nostre latitudini.

Ora vi starete più che lecitamente domandando che relazione ci sia tra il colore dei capelli di Trump e il discorso di Jerome Powell: apparentemente nulla, ma non ne siamo così certi. Seguite il ragionamento: Powell è stato nominato alla testa della FED da Trump nel febbraio del 2018 ed è stato riconfermato da Biden nel novembre 2021. E' senz'altro riconoscente ad entrambi.  Il prossimo anno sarà un anno di elezioni presidenziali: allo stato attuale è probabile che Biden si ricandiderà e non è ancora escluso che Trump possa diventare il suo antagonista.  Negli anni di elezioni presidenziali è noto che la FED è  consona ad adottoare un comportamento più neutrale e prudente al fine di evitare che le mosse della banca centrale vengano interpretate alla stregua di una interferrenza di stampo politico. Ciò significa che,  se si dovranno ancora alzare i tassi,  è probabile che la decisione venga adottata ancora durante il 2023, ne siamo abbastanza convinti.

Ma che cosa ha detto Powell a Jackson Hole? In verità quasi nulla! In un lungo ed attesissimo discorso ha solo affermato che l'economia americana è più resiliente del previsto, ha ribadito il target dell'inflazione al 2% (questo era forse uno dei dati più attesi) e se quest'ultima rimarrà appiccicosa,  come pare abbia voglia di fare, i tassi non necessariamente dovranno ancora salire ma resteranno alti per un periodo di tempo maggiore. Punto.

La nostra impressione è che un rialzino dello 0.25% prima della fine dell'anno lo vedremo ancora: non sarà necessariamente a settembre (manca poco...) ma a novembre potrebbe anche succedere. I redimeni dei Treasury a 2 e 10 anni , che già abbiamo visto la scorsa settimana,  sono sempre al loro posto e da quel livello difficilmente si schioderanno (speriamo di sbagliarci). E' dal 2007 che il TB decennale non rende così tanto.

(Nella foto: una buca del Trump International Golf Links in Scozia dove anche l'erba è pettinata come il suo proprietario... PS: è  un bellissimo campo.)

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Un altro evento che non è passato inosservato è stata la riunione dei BRICS in Sudafrica. Stanno piuttosto affannosamente cercando di creare un'economia antagonista a quella del blocco occidentale.  Da quello che siamo riusciti a capire propongono quanto segue:
  • Sviluppo di un piano di espansione economica comune
  • Necessitano di una moneta unica che faccia da contrappeso al dollaro
  • Una nuova banca in opposizione al Fondo Monetario Internazionale va fondata
  • Promuovere iniziative di pace... lodevole ma da che pulpito arriva l'intento!
  • Incentivare la sicurezza alimentare.
Il programma come su suol dire non fa una grinza. Come faranno a raggiungere gli obiettivi che si sono prefissati è un altro paio di maniche e non sembra che sia una cosa realizzabile molto velocemente.  L'unione fa la forza e quindi pare che aderiranno a questa organizzazione anche i seguenti Paesi in stretto ordine alfabetico: Arabia Saudita, Argentina, Egitto, Emirati Arabi, Etiopia ed Iran; aggiungiamo i BRICS e un'altra quarantina di Nazioni che sono state invitate e francamente non abbiamo la più pallida idea di come faranno a mettersi d'accordo. Seguiremo comunque con interesse lo sviluppo di questo progetto.

Quello che comunque ci pare già chiaro subito è che,  più qualcuno vuol scalzare il dollaro quale valuta di riferimento mondiale  più il dollaro ha tendenza a rafforzarsi:



Anche questa settimana la valuta americana ha continuato ad aggiungere valore nei confronti dell'euro: si è fermata in corrispondenza della media mobile dei 200 giorni (blu) che farà da supporto ma pensiamo che la tendenza di breve termine possa continuare almeno fino all'1.06 o giù di lì. Attenzione: l'euro in questo momento sembra essere ipervenduto e non è da escludere qualche tentativo di rimbalzo. Finalmente un po' di movimento che piacerà di sicuro ai traders...



Anche contro chf il dollaro ha continuato il suo ritracciamento ed ora si trova in prossimità di una resistenza piuttosto difficile da superare a 0.8850. Ha già tentato di andare oltre questo venerdì ma senza troppa convinzione. Non siamo ancora in ipercomprato e quindi non perdiamo le speranze di vedere un dollaro ancora più forte già a partire dalla prossima settimana.

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L'altro evento caldo della settimana oltre ovviamente a Jackson Hole è stato la pubblicazione dei dati del secondo trimestre di Nvidia che si possono riassumere in una sola parola: stellari!



Si aspettavano 2.09$ per azione nel Q2 ma la realtà è stata molto più generosa e per ogni azione emessa Nvida ha guadagnato 2.70$. Come non bastasse ha pure annunciato un piano di riacquisto di azioni proprie da 25 miliardi. Se sei un azionista della società di sicuro non puoi che essere contento. 

Ma ne approfittiamo per sottolineare un fenomeno piuttoso comune che avviene dopo la pubblicazione di dati particolarmente positivi. "Sell on good news" non è solo un modo di dire ma ha dei riscontri pratici come possiamo vedere dal grafico: infatti dopo la pubblicazione dei dati il titolo è schizzato a 500$ ma nei giorni successivi ha corretto anche piuttosto vistosamente. Questo succede quando nel breve termine gli investitori si convincono che tutte le buone notizie sono già scontate nel prezzo e quindi prendere un po' di profitti è cosa buona e giusta. Segnaliamo inoltre un gap rialzista molto vistoso generatosi verso quota 300$ che potrebbe anche venier assorbito... quando, putroppo l'analisi tecnica non ce lo dice. Forse mai a giudicare dai giudizi espressi da una sessantina di analisti che mediamente vedono il titolo a 12 mesi attorno ai 630$.





Se gli azionisti di Nvidia ridono, i detentori di azioni americane in generale ridono molto meno: non è stata una settimana facile e si aggiunge alle altre 3 che hanno contribuito a fare tornare l'indice S&P 500 verso i 4'400 punti. Ci pare di intervvedere una figura (spalla- testa- spalla) che non è portatrice di buone novelle... ne parlermo la prossima settimana se quest'ultima figura si materializzerà con maggior convinzione. Anche in questo caso speriamo di sbagliarci ma vi sono altri indicatori che potrebbero avvalorare la nostra tesi:


Malgrado un VIX che si sta riportando in zona 13-14 (in nero) non possiamo ignorare che il Put-call index è salito a 0.97 (in rosso). In condizioni normali questo indicatore si trova attorno allo 0.60/0.65 put per ogni call acquistato. Attualmente siamo quasi vicini ad un rapporto di 1:1 che ci da l'indicazione di quanto il mercato sta diventando timoroso e di conseguenza corre ad assicurarsi (acquistanto una opzione put che notoriamente ti da il diritto ma non l'obbligo di vendere). Il segnale non va sottovalutato.

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Mercoledì 23 agosto sono stati pubblicati i PMI per il mese di luglio di Francia: 46.6, (47.1);  Germania: 44.7, (48.3); UK: 47.9 (50.4)  ed Europa: 47, (48.5). Fra parentesi trovate quello di giugno. In buona sostanza dobbiamo tristemente ammettere che la situazione europea non è attualmente delle migliori: sotto il 50 siamo in contrazione e quel che più preoccupa è che la maggior contrazione è avvenuta in Germania a conferma di un periodo non particolarmente brillante. 
Ovviamente questi dati non faranno piacere alla Lagarde in quanto un eccessivo zelo nei confornti della lotta all'inflazione potrebbe, anzi è quasi certo, avere delle conseguenze non propriamente positive per l'economia del nostro continente.



La reazione del sensibile termometro della borsa non si è fatta attendere: settimana difficile che ha spinto lo Stoxx50 in prossimità del supporto a 4'220 punti... vorremmo fortemente che la prossima settimana almeno questo livello fosse mantenuto. 



A quanto pare in effetti qualcuno si è accordo che esiste anche la borsa svizzera ed, anche grazie ad una "fuga di notizie" in casa Roche,  il nostro mercato si è risollevato. Dicamo che per il momento si è allontanto da quella che pareva un logico obiettivo,  ovverosia quel supporto a 10'700 punti che propio non ci piaceva. Non siamo ancora fuori pericolo: per esserlo vogliamo vedere tutte e tre le medie mobili superate.


Per oggi ci fermiamo qui.... questa notte siamo andati lunghi di ghiaccio (grandine come fossero palline da golf)  e qui in redazione abbiamo ancora un po' di lavoro manuale da fare...





domenica 20 agosto 2023

Guai made in China


 Non vi nascondiamo che abbiamo passato tutta la settimana a cercare di capire cosa sta succedendo ai mercati azionari che da un paio di settimane stanno mostrando una certa debolezza che non ci lascia tranquilli: in 15 giorni lo S&P500 ha perso 2.82%, il Nasdaq il 5.91%, lo Stoxx50 il 3.17% e lo SMI il 2.42% (!).


Per il momento il VIX rimane ancora sotto il 20 (che consideriamo una confort zone), ma anche lui, dal mese di agosto,  ha iniziato a mostrare qualche segnale di inquietudine...

Siamo consapevoli che l'ottavo mese dell'anno è sempre stato uno dei più deboli; mancano i volumi ma oramai anche la storia della scarsità dei movimenti lascia un po' il tempo che trova: oggi la maggior parte delle transazioni azionarie sono influenzate dall'attività degli algoritmi e questi in vacanza non ci vanno mai...



Persino lui, l'infallibile Ned Davis, pare non aver messo in linea di conto qualche variabile e la correzione del mese di agosto non avrebbe dovuto essere di questa ampiezza. Quali siano gli elementi che non sono stati catturati dall'algoritmo di ND ovviamente non lo sappiamo. Quel che possiamo fare, per aiutarci a capire,  è mettere in fila qualche evento che, da solo o in una combinazione con altri, ha generato questa fase ribassista. Alcuni di questi eventi sono dei vecchi amici, tenaci e persistenti, altri sono un novità anche se non costituiscono una sorpresa a tutti gli effetti. Iniziamo da questi ultimi.


  • Evergrande, il colosso delle costruzioni cinese ad un passo dal fallimento nel 2021, ha fatto ricorso negli USA al Chapter 15 che permette alle società estere di tentare di ristrutturare il proprio debito prima di dichiararsi completamente fallite. In gioco ci sono 19 miliardi di dollari di debiti che, come è molto probabile che sia,  potrebbero non venir onorati... Purtroppo Evergrande è in buona compagnia poiché anche la sua diretta concorrente Country Garden si trova in una situazione simile e sta disperatamente cercando denaro per ottemperare ai suoi obblighi: per farlo ha tempo fino alla fine del mese di agosto... Nel frattempo Moody's si è portato avanti con i lavori ed ha già declassato il debito della Country Garden che ora è considerato ad "altissimo rischio". Ancora una volta i guai arrivano o stanno per arrivare dalla Cina e da quel settore immobiliare che è sì un motore di sviluppo economico irrinunciabile,  ma quando va fuori giri è portatore di grossi guai. Xi Jinping ha cercato di gettare acqua sul fuoco ("Dobbiamo mantenere una pazienza storica e insistere nel compiere progressi costanti e graduali") ma nel frattempo dubitiamo, se vuol essere coerente, che abbia voglia di metter mano al portafoglio iniettando liquidità a favore delle società immobiliari. La Cina è quindi di nuovo alle prese con una crisi che non va sottovalutata e vedremo cosa il suo Presidente si deciderà a fare per toglierla dai guai... Per il momento ha proibito la pubblicazione dei dati sulla disoccupazione giovanile e se il bel tempo si vede dal mattino, siamo autorizzati ad aumentare il nostro livello di guardia e a diminuire la nostra propensione al rischio...


  •  Il dollaro si sta (finalmente) rafforzando: l'aumento dei rendimenti sulla valuta americana inizia ad attrarre investitori come è giusto che sia. Non sono molte le monete che danno un rendimento reale positivo ed il dollaro inizia ad essere tra queste. E' risaputo che un dollaro forte è foriero di una serie di effetti collaterali negativi che ben conosciamo: riduce la competitività delle esportazioni americane, attenua il reddito delle società multinazionali e rende più costose un gran numero di materie prieme. Fuori dagli USA, chi si è indebitato in dollari (stati o aziende) non sarà contento mentre chi cerca un reddito decente trova nel dollaro una valida alternativa, ovviamente drenando liquidità da altre forme di investimento non da ultimo le azioni.
  • Già che stiamo parlando di dollaro, date un'occhiata ai rendimenti dei Treasury: il due anni (in rosso) sembra voler andare sopra il 5% ed anche il 10 anni (in nero) sta seguendo a ruota. La pubblicazione delle minute della FED di mercoledì hanno evidenziato come la lotta all'inflazione sia ancora un obiettivo fondamentale della banca centrale americana e di tagli ai tassi non se ne parla, anzi... si sta facando strada l'idea del "no landing", vale a dire che la temuta recessione potrebbe anche non esserci. Le forti vendite al dettaglio del mese di luglio (+0.7%, attesa: +0.4%) sembrano avvalorare questa tesi . Di per sé è di certo una buona notizia ma lascia aperta la strada ad ulteriori rialzi dei tassi ed infatti si sta iniziando a discutere di un terminal rate al 6%... vero o falso che sia,  il solo parlarne rende i mercati azionari nervosi.

Anche in Europa la situzione sul fronte dell'inflazione non è proprio rosea: globalmente siamo fermi al 5.3% e si fatica a scendere: è vero che siamo tutti in vacanza e si spende, sentra troppi patemi d'animo, per viaggiare, mangiare e bere  che sono poi le principali fonti del nostro attuale rincaro. Prima o poi le ferie saranno finite e si rientrerà (forse) nella normalità , ma questo per il momento le statistiche ancora non lo sanno e per quanto l'ipotesi è realista non è sufficiente per far calare la guardia alla BCE. Poi, se andremo avanti di questo passo, è probabile che l'Europa entrerà in una recessione prima dell'America (ammesso e non concesso che gli USA in recessione ci andranno) e quindi il quadro di riferimento della Lagarde rischia di complicarsi parecchio... Le borse già lo sanno...

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La prossima settimana potrebbe essere movimentata da due eventi:
  • Mercoledì Nvidia pubblicherà i dati del secondo trimestre: le aspettative sono stellari e proprio per questo se i risultati sono anche di una virgola sotto quanto preventivato,  aspettiamoci un bello scossone al ribasso. Ovviamente facciamo il tifo per la situazione opposta: siamo dei grandi fans delle sorprese positive e con tutta la fantasia che si è concentrata attorno all'Intelligenza Artificiale non dovrebbe essere così difficile rispettare il pronostico. Dita incrociate!
  • Venerdì, dall'amena località di Jackson Hole, Powell prenderà la parola in tarda mattinata: abbastanza prevedibile immaginare cosa ci dirà ma è comunque un evento che il mercato guarda con un certo interesse. Considerata l'atmosfera rilassata, che di norma permea questo evento, potrebbe anche essere indotto, suo malgrado, a lasciarsi sfuggire qualche indiscrezione...
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Un'occhiata ai grafici la vogliamo dare comunque. Teniamo presente due cose:
  • venerdì era giorno di scadenza opzioni che notoriamente sfalsa il consueto sviluppo dell'attività di trading: di norma possiamo constatare un aumento della volatilità e sovente osserviamo movimenti "strani" al limite dell'inspiegabile. Chi ha seguito l'andamento di Roche venerdì se ne sarà accorto... Per darvi un'idea dei movimenti del mercato delle opzioni, solo negli USA sono stati movimentati più di due trilioni di contratti... E' un mondo parallelo che prendiamo poco in considerazione ma temiamo che là dentro si possano nascondere pericoli che noi umani non siamo in grado di percepire...
  • Se guardiamo le medie mobili dobbiamo ammettere di non essere proprio tranquilli: in America i due indici principali, dopo aver sfondato al ribasso quella dei 50 giorni,  sono in rotta verso la media mobile dei 100 giorni e speriamo che faccia da supporto. In Europa la situazione sembra putroppo più complessa: tutte le medie mobile sono state sfondato ed ora stiamo cercando di capire dove sono posizionati i supporti. Non bello da vedere...


Per quanto riguarda lo S&P500 (+13.81% ytd) possiamo salutare il supportino a 4452 e stiamo diretti verso la media mobile dei 100 giorni (in verde) che potrebbe fare da supporto momentaneo; se non tiene andremo a far visita al supporto dei 4200 punti... La correzione (fatto salvo per venerdì ma sapiamo il perché) è avventua con volumi al ribasso e questo è una buona cosa, ma non ci basta...  considerato che siamo quasi in ipervenduto, vogliamo vedere un rimbalzo la prossima settimana. (Nvidia permettendo...).


Anche il Nasdaq (+26.98% ytd) sta facendo rotta verso i 13'000 punti che corrisponde ad un livello di supporto abbastanza convincente.  La dinamica è molto simile a quella dello S&P500... vedremo se Nvida riuscirà a fare il miracolo.



Delicatissima la situazione dell'Eurostoxx50 (+11.05% ytd): dopo essersi bevuto come fosse acqua le medie mobili a 50 e 100 giorni, si è adagiato sul supporto dei 4'220 punti incappando nella media mobile dei 200 giorni che anch'essa fa da supporto...se non rimbalza in queste condizioni... abbiamo un problema...



 Vogliamo solo sperare che quanto successo venerdì al nostro indice SMI (+1.02% ytd) sia solo l'effetto della giornata di scandenza opzioni. Di movimenti "strani" ne abbiamo visti parecchi, uno su tutti come detto è quello di Roche che si è comportata più da tecnologico che non da farmaceutico... Il livello dei 10'840 punti è importante ma temiamo, considerato il movimento in essere, che l'obiettivo più probabile sia quello del grosso supporto a 10'700... quindi dopo una correzione di circa un punto e mezzo e dovremmo trovare un po' di pace. Ovviamente abbiamo azzerato la performance da inizio anno e questo ci brucia parecchio. Ci consoliamo con la rivalutazione del franco svizzero ma non ci basta. I volumi sono inesistenti, siamo ad un passo dall'ipervenduto... prima o poi qualcuno vorrà accorgersi che esistiamo...

Buona domenica (con le temperature in netto ipercomprato...)!

lunedì 14 agosto 2023

Deflazione versus inflazione

Non sta succedendo quasi nulla sui mercati e ieri ci siamo concessi una gita in montagna nel tentativo di sfuggire agli insopportabili 32/34 gradi… Quindi anche questa versione di Appunti Finanziari si presenta in versione estiva e ci limitiamo all‘essenziale.


Che non stia succedendo proprio nulla non è corretto: qualche dato è stato pubblicato e soprattutto due hanno attirato la nostra attenzione.



La Cina è in deflazione... probabilmente l'unica tra le grandi economie mondiali a soffrire di un tale malessere che deriva del crollo del commercio cinese: a luglio tanto l'export (-14.5%) quanto l'import (-12.4%) si sono inchiodati ed i motivi di una domanda interna sempre più debole sono abbastanza facilmente  riassumibili:

  • La crisi immobiliare è tutt'altro che risolta e non si vede bene come possano uscirne a breve. Questo è ancora il vero rischio che caratterizza il mercato cinese.
  • La chiusura selvaggia causa covid ha minato la fiducia di consumatori ed investitori
  • I rapporti con gli USA (soprattutto commerciali) sono diventati complessi e lo saranno a nostro giudizio sempre di più. Prevediamo la formazione di una economia multipolare dove gli USA e la Cina si giocheranno la leadership (ne parleremo nei prossimi Appunti) 
  • Non da ultimo la campagna anti corruzione avviata qualche anno fa, come giustamente ha sottolineato il sinologo Francesco Sisci , "ha eliminato un vecchio modo di fare affari senza però crearne uno nuovo"... 



Giovedì 10 agosto riceviamo una radiografia dello stato di salute dell'inflazione americana per il mese di luglio e spazio per gioire ce n'è,  ma con moderazione.  Infatti:


  • CPI luglio: 3.2% (atteso:3.3%; precedente: 3%) Dobbiamo constatare che l'inflazione generale è leggermente salita a causa dei soliti noti: i servizi (in blu) sono oramai e di gran lunga la principale fonte dell'inflazione made in USA.
  • Core CPI luglio: 4.7% (atteso: 4.7%; precedente: 4.8%). Meglio, ma di poco, la core inflation  rimane a dei livelli giudicati dalla FED inaccettabili. Forse la pubblicazione delle minute della FED di mercoledì prossimo potranno chiarire meglio quella che è la posizione di Powell e compagni,  ma comunque temiamo non possiamo ancora mettere la parola  fine sui rialzi del costo del denaro. Potrebbe essere un errore fatale.


Anche perché gli americani stanno facendo ballare le carte di credito come non mai:  il debito è in continuo aumento e si sta avvicinando al trilione di dollari. Per il momento questa montagna di debiti accumulati con le carte di credito non preoccupa più di tanto la Federal Reserve in quanto non ci sono segnali tangibili che vi sia una diffusa sofferenza finanziaria tra i consumatori. I tassi di morosità sono nella norma ma sembrano in aumento. A quanto pare il 7.2% dei conti delle carte di  credito è in ritardo di più di 30 giorni (il massimo da 11 anni) ma quel che è peggio è che la media dei tassi di interesse applicati ai morosi sfiora orami il 21%. Comunque fino a quando il mercato del lavoro continua a mostrare i muscoli,  questo non sembra un problema ma potrebbe diventarlo...




...nel frattempo i rendimenti dei Treasury a 2 (in rosso) e a 10 anni (in nero) continuano a puntare verso l'alto... qualche cosa vorrà pur dire. E' probabile che il mercato inizi a credere che l'America non entrerà in recessione, l'inflazione non sarà facile da ricondurre al 2% e quindi possiamo ragionevolmente credere che sia in corso una rimodulazione delle aspettative sui tassi di interesse a medio e lungo termine. Per un (bel) po' rendimenti dello zero virgola qualche cosa ce li possiamo scordare.


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Da come si stanno mettendo le cose, lo scenario alla Ned Davis, che prevede uno spostamento laterale dello S&P500 per i prossimi 3/4 mesi,  è piuttosto probabile. Diciamo che facciamo fatica a vedere un mercato che evolve oltre i 4500 punti con una certa stabilità.



Il Nasdaq purtroppo sembra che stia perdendo un po' del suo smalto. Il rialzo dei rendimenti sul dollaro non aiuta così come non aiuta l'imminente fine della pubblicazione degli utili del T2. L'entusiasmo nei confronti dell'Intelligenza Artificiale è calato cedendo il posto ad una dovuta pausa di riflessione. Vedremo se il 23 agosto i risultati di Nvidia riusciranno a rivivacizzare questo settore.




Anche l'Eurostoxx50 è entrato in modalità Ned Davis: dopo averci illuso di esser finalmente riuscito a superare la resistenza dei 4400 punti ce lo ritroviamo ancora in spostamento laterale e così sarà ancora per diverse settimane.



Noia tremenda anche per quanto riguarda il nostro SMI che proprio non ne vuol sapere di salire. Dobbiamo accontentarci, anche in questo caso,  di uno spostamento laterale che almeno non crea grossi problemi. Comunque rimane una magra consolazione. Se fossimo a scuola diremmo che "l'alunno ha del potenziale ma non s'impegna..."






domenica 6 agosto 2023

Debito pubblico americano declassato

 La prima volta a portargli via una A è stata l'agenzia S&P nel 2011,  ma poi ci sono voluti altri 12 anni affinché Fitch si decidesse a fare la stessa cosa. Ora, per chiudere il cerchio, manca solo Moody's e vedremo se avrà l'ardire di seguire le tracce delle sue dirette concorrenti. Stiamo parlando del declassamento del debito pubblico americano operato martedì scorso da Fitch che è passato da una confortante AAA ad un'altrettanto confortante AA+ (con outlook stabile)  che, ammettiamolo,  è pur sempre un rating di tutto rispetto. Quindi a prima vista questa sembra una tempesta in un bicchiere d'acqua  ma un declassamento è pur sempre un declassamento e, per chi ambisce ad esser il primo della classe, è un evento non facile da digerire come testimonia la reazione stizzita della Jellen che, in qualità di segretario del Tesoro americano,  dovrà cercare di mettersi l'anima in pace. Infatti prima o poi doveva succedere: non ci si può indebitare all'infinito e sperare che nessuno se ne accorga... 

L'argomento merita un approfondimento ma, per non pesare sulla lettura degli Appunti di questa settima, lo rimandiamo alla fine del nostro consueto intervento,  evitando di tediare coloro ai quali il tema non interessa.

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La settimana, oltre alla sorpresa del declassamento americano, è stata comunque interessante e tra i tanti spunti di riflessione ne abbiamo selezionati alcuni che vi proponiamo.




Dobbiamo fare subito una errata corrige rispetto a quanto avevamo scritto la scorsa settimana: l'Italia nel secondo trimestre è cresciuta meno della Germania. Germania che è rimasta ferma al palo mentre il Pil italico è sceso dello 0.3%,  limando la crescita italiana YoY allo 0.6%. Non una bella notizia da digerire per la Meloni. Evidentemente il continuo aumento dei tassi europei si fa sentire e soprattutto le difficoltà dell'economia tedesca, grosso importatore di prodotti made in Italy, sono un problema un po' per tutti come confermato anche dai PMI di mezza Europa che segnalano una contrazione più o meno generalizzata. Insomma, se recessione deve essere, rischia di arrivare prima in Europa che non negli USA (dove potrebbe anche non farsi vedere...).

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Un comunicato del 3 agosto dell'Ufficio Federale di Statistica ci informa che l'inflazione in Svizzera per il mese di luglio è ulteriormente scesa all'1.6% raffreddando le aspettative per un altro aumento dei tassi dello 0.25%. Lo sapremo il 21 settembre.


Il mercato non si aspetta in effetti nessun aggiustamento dei tassi al rialzo (nella tabella le aspettative per i prossimi 3 mesi)  ma bisognerebbe entrare nella testa di Jordan e capire effettivamente quale sia il suo vero traguardo. Sappiamo solo che vorrebbe un'inflazione tra lo 0% e il 2%: se la vuole a zero, abbiamo un problema in quanto i tassi dovranno ancora salire, eccome! Se invece si accontentasse di qualche cosa attorno all'uno, allora diremmo che quasi ci siamo: il rallentamento dell'economia europea farà il resto del lavoro senza necessariamente dover premere sull'acceletarore dei rialzi.



Nel frattempo è interessante osservare quanto sta succedendo ai rendimenti sul franco svizzero: a partire dal mese di maggio la curva sul franco risulta inversa (il corto (rosso) rende più del lungo (nero)) ma piuttosto rapidamente la curva sta cercando di ritrovare la sua normalità grazie alla diminuzione delle pressioni inflazionistiche che lasciano presagire ad una politica monetaria meno restrittiva. Manca pochissimo a che il 2 anni abbia lo stesso rendimento del decennale. Poi vedremo se vi sarà l'incrocio e se soprattutto potremo festeggiare il ritorno alla consuetudine.


Una simile notizia avrebbe comunque dovuto indebolire un pochino il franco svizzero, ma contro euro lo troviamo ancora a 0.96 o giù di lì. Il franco rimane forte...


...mentre contro dollaro si è in effetti indebolito, arrivando come avevamo previsto a superare gli 88 centesimi, ma temiamo che per vedere un effettivo cambiamento del trend contro la valuta americana il dollaro deve risalire ben oltre lo 0.8850,  cosa non facilissima nel breve termine. Più probabile uno spostamento laterale tra 0.8550 e 0.8850.

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I dati americani della settimana confermano una volta di più la vitalità del mercato del lavoro che probabilmente sta diventando, un po' paradossalmente, una delle principali preoccupazioni di Powell.

  • 01.08.23 Il Job Openinig segnala che ci sono ancora 9.58 mio di posti di lavoro vacanti (atteso: 9.6 mio; precedente: 9.62 mio). E' un indicatore seguitissimo dal board della FED e questo numero, che non accenna a diminuire se non molto lentamente, è fonte di apprensione. Infatti nella testa dell'Americano fino a quando c'è la convinzione che perso un lavoro se ne trova abbastanza facilmente un altro, quel che guadagna lo spende con buona pace dell'inflazione.
  • 02.08.23 Gli ADP, che indicano la creazione di posti di lavoro nel settore privato, sono segnalati a 324k ben al di sopra delle aspettative (atteso: 175k; precedente: 455k). Insomma, un altro dato indigesto a Powell. Non abbiamo idea della qualità di questi posti di lavoro ma per le statistiche questo conta poco.
  • 03.08.23 Gli Initial Jobless Claims si attestano a 227k esattamente come nelle aspettative, un numero solo leggermente più altro del precedente (221k) 
  • 04.08.23 Arriva una ciliegina sulla torta come ben segnala la tabella sottostante:

I Non Farm Payrolls crescono a luglio di 187k unità (atteso: 200k; precedente: 185k); la disoccupazione scende addirittura al 3.5% (atteso: 3.6%; precedente: 3.6%); i salari orari sono al rialzo del 4.4% su base annua con un incremento dello 0.4% a luglio (atteso: +0.3%; precedente: +0.4%). 

Insomma, saremmo sorpresi se il 20 settembre non ci sarà un ritocco verso l'alto dei tassi guida americani. Ritocco che, come vedremo dopo, potrebbe non piacere più di tanto alla Jellen in quanto gli interessi da pagare per il debito pubblico stanno diventando la principale voce in uscita del suo bilancio e superano il trilione di dollari all'anno.

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Anche Amazon e Apple hanno svelato i numeri del seconto trimestre: la prima, ha superato i ricavi attesi in scioltezza, mostrando al mondo una volta di più la grande voglia di spendere degli americani che di certo complicherà un poco la vita a Powell. Mentre Apple questa volta è rimasta parzialmente vittima dell'asfittica crescita cinese che ha avuto un impatto negativo sulla vendita di iPhone e affini.

Quello che a noi preme osservare è la reazione negativa alle cattive notizie che mette in evidenza come ogni piccolo passo falso viene sanzionato piuttosto severamente. Questo genere di reazioni sono tipiche di un mercato che sa di essere in ipercomprato e utilizza queste defaillances come scusa per scaricare una parte delle posizioni.

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Prima di passare in rassegna i grafici dei mercati borsistici, una occhiata al VIX bisogna darla: evidentemente il declassamento del debito americano qualche piccolo contraccolpo lo sta generando e dobbiamo annotare un leggero aumento della volatilità (cerchio rosso). Nulla di veramente preoccupante, siamo ancora sotto il 20, ma se non rientra nei prossimi giorni dovremo non sottovalutare lo stato d'animo del mercato. E' un primo indizio che si potrebbe uscire dalla comfort zone.




Venerdì abbiamo chiuso lo S&P500 (+16.63% ytd) sotto i 4'500 punti. Potrebbe essere un altro campanello d'allarme ma in questo momento non siamo in grado di dire molto di più. C'è un labile supporto a 4450 che potrebbe già essere raggiunto lunedì: se fosse il caso sarebbe importante osservare a quel livello un rimbalzo altrimenti temiamo che una correzione, che copre il 50% del movimento rialzista avviatosi a maggio con target a 4250 punti, non ce la toglie nessuno. 


Anche Ned Davis sembra essere in sintonia con la nostra visione. Oramai non abbiamo più aggettivi per descrivere la nostra ammirazione per la precisione dell'algoritmo che ha catturato con precisione anche la correzione prevista per il mese di luglio. Se ha ancora ragione nei prossimi mesi ci dobbiamo aspettare solo lateralità con una leggera tendenza ribassista. Quindi se qualcuno intende scaricare qualche posizione e soprattutto reinvestire i dollari sfruttando i tassi a corto termine attorno al 5-5.5%,  noi non ci opponiamo.



Un discorso simile vale anche per il Nasdaq (+32.89% ytd): oramai la stagione degli utili è in piena evoluzione e mancano poco meno di un terzo dei risultati societari per concludere l'esercizio. Le società che hanno guidato la sostanziosa crescita dell'indice tecnologico hanno svelato i numeri e quindi non ci aspettiamo molto di più. Numeri che, come abbiamo visto, sono decenti ma non trascendentali (forse Amazon ha sorpreso...) e quindi ci stiamo chiedendo da dove potrebbe arrivare una ulteriore spinta soprattutto ora che le rese del fisso, con quel 5-5.5% , sono piuttoso appetitose. 13'850 è il supporto; per vedere un ritorno sopra i 14'000 è necessario urgentemente un rimbalzo.



Temiamo che la rottura dei 4'400 punti dell'Eurostoxx50 (+14.22% ytd) sia stato un classico falso segnale. Infatti una settimana dopo ci ritroviamo a 4332 punti e quel che è peggio è che stiamo incontrando due medie mobili (la 50 in viola e la 100 in verde) che stanno per essere forate dall'alto verso il basso... non un bel segnale.... speriamo che facciano da supporto. Anche i volumi di questa correzione sono stati un pochino più alti del solito e pur non essendo stratosferici è comunque un segnale che gli invetitori, quando c'è da vendere, ci sono. Ovviamente se guardiamo i numeri delle economie europe (PMI in primis ma non solo) non c'è da restare sorpresi più di tanto da questa giravolta. Assolutamente necessario che si resti nel canale trasversale tra i 4'220 e i 4'440 punti. Se andiamo sotto sono guai.


Una cosa è chiara: lo SMI (+3.44% ytd) per il momento non interessa a nessuno! I volumi sono inesistenti (si fa persino fatica a vederli tanto sono bassi) e bastano pochi ordini di vendita per deprimere l'indice. Anche in questo caso la correzione settimanale corrisponde più o meno al 50% del movimento avviatosi a fine giugno... in prossimità del punto rosso ci aspettiamo un rimbalzo altrimenti... "Non ci resta che piangere" (copyright Benigni/Troisi).


Buona domenica!

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Dal momento che siete in tanti ad averci chiesto cosa ne pensiamo del declassamento del debito pubblico americano da parte di Fitch, cerchiamo di dare una risposta un pochettino più articolata del semplicistico "prima o poi doveva succedere".

Magari rinfreschiamoci brevemente le idee sul concetto di rating e a che cosa servono.  Per curiosità, più che per pigrizia, abbiamo voluto provare a girare la domanda a ChatGPT. Ecco la risposta:

In ambito finanziario, un rating è una valutazione dell'affidabilità creditizia di un'entità, come un'azienda o un governo, o di un particolare strumento finanziario, come un'obbligazione o un titolo azionario. Le agenzie di rating, come Standard & Poor's, Moody's o Fitch Ratings, sono incaricate di assegnare queste valutazioni.

Il rating è espresso attraverso una scala di valori, generalmente costituita da lettere o numeri, che indica il grado di rischio associato all'entità o al prodotto finanziario. Ad esempio, nel caso delle obbligazioni, un rating AAA indica il più alto grado di affidabilità creditizia e indica che l'emittente ha una probabilità molto bassa di default (cioè di non riuscire a restituire il capitale e gli interessi)."

Abbiamo preso in "prestito" dal sito teleborsa.it la scala delle principali agenzie di rating:

...ma ricediamo la parola a ChatGPT:

"I rating servono a diversi scopi nel mondo finanziario:

  1. Valutazione del rischio: Gli investitori utilizzano i rating per valutare il rischio di credito associato a un'entità o a un prodotto finanziario. Un rating più elevato suggerisce un minore rischio di default e potrebbe attirare più investitori.

  2. Guida agli investimenti: I rating aiutano gli investitori a prendere decisioni informate sugli strumenti finanziari in cui desiderano investire. Investire in strumenti con rating più elevati può significare una maggiore sicurezza, ma potrebbe comportare anche un rendimento più basso rispetto a strumenti con rating più bassi ma con maggiori opportunità di guadagno.

  3. Prestiti e finanziamenti: Le aziende e i governi possono utilizzare i rating per ottenere prestiti o finanziamenti a tassi di interesse più favorevoli. Un rating più alto può tradursi in condizioni di finanziamento migliori, poiché indica una maggiore capacità di rimborso.

  4. Regolamentazione: Le istituzioni finanziarie e le società potrebbero essere soggette a requisiti normativi basati sui rating. Ad esempio, alcune normative richiedono che le banche detengano solo strumenti finanziari con rating minimi per garantire una maggiore stabilità finanziaria. Aggiungiamo noi: sotto un certo rating oppure quando non sono più considerate "investment grade", investitori istituzionali o fondi di investimento sono obbligati per statuto a vendere le posizioni a volte con ripercussioni importanti sulle quotazioni.

Tuttavia, è importante notare che i rating non sono infallibili, e sono stati criticati in passato per presunte valutazioni errate o ritardi nell'aggiornarli in risposta a cambiamenti significativi nelle condizioni finanziarie di un'entità. Gli investitori e gli attori del mercato finanziario dovrebbero considerare i rating come uno strumento di valutazione, ma dovrebbero anche condurre analisi approfondite e prendere in considerazione altre fonti di informazione prima di prendere decisioni finanziarie importanti."

Dobbiamo ammettere che la risposta di ChatGPT non fa una grinza, magari lo stile è un po' scolastico ma il contenuto è assolutamente corretto. C'è una sola cosa veramente sorprendente: per rispondere alla nostra domanda gli sono serviti 3.5 secondi netti; noi per scrivere tutta la pappardella avremmo impiegato almeno una mezz'oretta se non di più!

Ma torniano a noi. Già che ci siamo una precisazione va fatta: di norma si ritiene "investment grade" tutti quegli investimenti che vanno dalla BBB in sù. Strumenti finanziari con rating inferiori non è detto che non possano essere presi in considerazione ma l'investitore deve assolutamente essere consapevole del rischio al quale va incontro. La nostra idea è che se vuol prendersi dei rischi, è meglio che lo faccia sfruttando i mercati azionari; siamo meno propensi ad assumere dei rischi nell'ambito del reddito fisso e se lo facciamo cerchiamo di diversificare il più possibile. Infatti quando nel reddito fisso le cose vanno male, spesso si rischia di perdere tutto l'investimento senza possibilità alcuna di recupero (Argentina, ma non solo insegna). Scusate la digressione...

A cosa serve un rating ci sembra chiaro. A questo punto bisogna chiedersi quali sono le conseguenze di una riduzione del rating? Le magagne che derivano da un downgrading sono molteplici. Le principali possono essere riassunte in 3 punti:

  • Aumento del costo del debito: Un declassamento comporta generalmente un aumento dei tassi di interesse sui prestiti o sulle obbligazioni emesse dall'ente declassato. Ciò rende più costoso per l'ente indebitarsi ed inoltre le quotazioni di mercato del debito già emesso tendono a perdere di valore.
  • Perdita di fiducia degli investitori: Un downgrade può essere interpretato come un segnale di rischio finanziario e può far perdere fiducia agli investitori e ai creditori. Ciò potrebbe portare a una diminuzione del prezzo dei titoli di debito, riducendo il suo valore di mercato. Sovente il danno è più reputazionale che finanziario ed è quello che in effetti è successo agli USA con il declassamento di Mody's e Fitch.
  • Riduzione degli investimenti: Paesi declassati possono affrontare una diminuzione degli investimenti stranieri diretti o di altre forme di investimenti finanziari. Gli investitori internazionali possono essere riluttanti a impegnarsi con entità considerate più rischiose.

L'America ha appena subito un downgrading. E' il momento di chiedersi come siamo messi negli USA? Purtroppo dal punto di vista debitorio, non benissimo:



Il debito pubblico americano raggiungerà molto presto i 33 trilioni di dollari e quasi un terzo deve essere rinnovato a breve. Una parte di questi debiti (8T) è una eredità del periodo Covid e temiamo che vi saranno degli strascichi che dovranno farsi carico le generazioni future. E' stato calcolato che il costo del debito pubblico supererà abbondantemente il trilione di dollari. Bisogna comunque sottolineare che solo una minima parte di questi aumentati costi è la diretta conseguenza del declassamento di Fitch... il grosso della spesa deriva dall'aumento del costo del denaro voluto dalla FED che come sappiamo è impegnata a combattere l'inflazione e del debito pubblico non sembra per il momento preoccuparsi più di tanto.  La Jellen a questo punto ha un problema molto grosso da risolvere e non sarà serenissima soprattuto pensando che, a fronte di un costo del debito in netta crescita, può contare solo su entrate fiscali che non aumentano di pari passo.  Anzi, negli ultimi 12 mesi gli introiti fiscali sono diminuiti di quasi il 10%. Se poi dovesse effettivamente arrivare un perido di rallentamento economico, il problema non può che aggravarsi... 

La  fiducia degli investitori è stata testata ripetutamente negli ultimi anni soprattutto a causa del tetto al debito, un problema che si ripresenta con una certa frequenza, l'ultima volta alla fine del mese di maggio 2023. Senza un intervento delle parti politiche, che devono accordarsi per un aumento del debito,  la possibilità di un fallimento degli USA sarebbe tutt'altro che teorica.  Comunque non crediamo assolutamente che la riduzione del rating da parte di Fitch possa in un qualche modo aver intaccato la fiducia sulla solidità del debito pubblico americano. In effetti non scordiamoci che quello dei Treasury è il più grande e il più liquido mercato al mondo che lo rende virtualmente privo di rischio. Insomma è ancora uno ed è uno dei principali beni rifugio e di sostituti in vista non se ne vedono ancora. L'unico vero rischio, al quale anche i Treasury non sono immuni, è il rialzo dei tassi ma questa è un'altra storia.

La riduzione degli investimenti esteri verso l'America è già in atto da tempo e non ha nulla a che fare con il  recente downgrading.



Alla fine del 2022 gli investitori esteri detenevano 7.3 trilioni di dollari del debito pubblico americano Una decisione riguardante una riduzione della partecipazione a questo debito è spesso legata a problemi politici e/o di leadership (vedi Cina). Piuttosto non sottovalutiamo l'impatto della svalutazione del dollaro che in effetti potrebbe avere un effetto deterrente ben più importante della riduzione del rating.

In conclusione vorremmo considerare il declassamento del debito pubblico americano da parte di Fitch una sorta di warning che vuol avviare una riflessione sul crescente indebitamento, che sembra non aver fine, ed il deterioramento delle condizioni fiscali che aggravano il problema. La reazione di Yellen al downgrading è stata compresibilmente di stizza ma quel che importa è registrare l'assenza di una reazione negativa da parte dei mercati che continuano e continueranno ad acquistare debito pubblico made in USA. Anche perché, come dice Warrent Buffett, "il dollaro americano rimane la valuta di riserva mondiale e tutti lo sanno". Possiamo estendere il Buffett pensiero anche al mondo dei Treasury.