domenica 26 maggio 2024

Fed: taglio ai tassi? Non c'è urgenza...



Fed: taglio ai tassi? Non c'è urgenza...


Con la pubblicazione dei dati di Nvidia (ne parleremo dopo) termina praticamente la stagione degli utili societari americani del primo trimestre, stagione che si è rivelata decisamente migliore delle aspettative: quasi l’80% delle società dello S&P500 (battuta la media decennale!)  hanno pubblicato utili superiori alle attese degli analisti. Bene così ma ora i mercati azionari, per continuare a crescere e a mietere un record dietro l’altro, dovranno fino alla metà di luglio rivolgere la loro attenzione verso gli amati/odiati dati macroeconomici e probabilmente diventeranno prigionieri di quanto 
diranno e/o faranno le Banche Centrali.

Di dati macro questa settimana, sorprendentemente, non ve ne sono stati molti e quei pochi non hanno fatto altro che confermare come la strategia dell’”higher for longer” ai fini di debellare l'inflazione sia la più gettonata e lo si evince anche dalla lettura delle minute della FED pubblicate mercoledì. Da tali letture traspare anche che un numero non trascurabile di Governatori vedrebbero di buon grado addirittura un aumento dei tassi se il rincaro continuerà ad essere così ostinatamente appiccicoso: un'ipotesi che ha fatto salire i rendimenti dei Treasury americani e di un po' tutto il comparto obbligazionario in dollari. 

Non ci è neppure sfuggita l'acuta osservazione che Christopher Waller, un membro del consiglio della FED, ha fatto sulla meccanica del movimento dei tassi: "tagliare una sola volta e poi fermarsi non ha senso (...) di solito quando si taglia o si alzano i tassi si pensa ad una sequenza di riduzioni o di aumenti nell'ordine di 2 volte, 3 volte o quel che serve ma 1 taglio e basta è privo di senso e di efficacia". In effetti il ragionamento fila e temiamo che anche Powell non sia troppo lontano da questo modo di vedere le cose. Con gli attuali dati a nostra disposizione in effetti sembra sempre più verosimile che i primi tagli, se ve ne saranno, li vedremo verso la fine del 2024 e se verremo sconfessati a luglio o a settembre sarà interessante comprendere la ratio di tali movimenti.

E' abbastanza probabile che anche la Lagarde sia alle prese con ragionamenti simili e starà cercando di districarsi dal rompicapo costituito dalla crescita dei salari in Europa (+4.7% nel primo trim. 2024 a fronte di un +4.5% del quarto trim. 2023), dal rincaro delle materie prime e dei costi energetici che si amalgamano con i PMI dei servizi che sono già in espansione da diversi mesi e che non hanno bisogno di essere ulteriormente stimolati pena la ripartenza dell'inflazione.  
A far da contraltare ci sono  i PMI manifatturieri di tutta Europa che, malgrado il leggero miglioramento, sono ancora in contrazione  e che di certo necessitano di un aiuto da parte della BCE: con un'inflazione europea molto vicina al 2% spazio per dei tagli ci sarebbe... 
Dobbiamo ammettere, in primis con noi stessi che abbiamo sempre perorato la causa dei tagli ai tassi, che vista così anche la situazione in Europa non è che lasci ampi spazi ad una serie di ribassi e siamo tutti d'accordo che farne uno tanto perché te lo chiede il mercato non ha molto senso, né per la Lagarde né per Powell, che rischiano in tal modo di perdere soprattutto di credibilità. Vedremo: la riunione della BCE sarà il 6 di giugno.

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Vediamo rapidamente come hanno reagito i rendimenti questa settimana:


Come detto lo scenario "higher for longer" ha provocato un rialzo dei rendimenti sul dollaro ed il 2 anni (in rosso) si sta nuovamente avvicinando al 5% mentre il decennale lo tallona al 4.46%. Sono rendimenti che potrebbero dare fastidio al mercato azionario che a furia di mietere record ha visto scendere il rendimento dei dividendi dello S&P500 all'1.35%... lo spread è corposo e, con i mercati azionari spesso in ipercomprato, la tentazione di vendere un po' di azioni per rifugiarsi in un porto sicuro come quello offerto dal rendimento del TB a 2 anni si fa forte...



...anche per le obbligazioni in dollari le soddisfazioni da inizio anno non sono molte... anzi! Per andare lunghi a quanto pare c'è sempre tempo. 


Discorso molto simile anche per i rendimenti in euro: il Bund a 2 anni (in rosso) è tornato sopra il 3%...



...ed il comparto obbligazionario in euro ne ha un poco risentito. 

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Per quanto riguarda i mercati azionari francamente ci aspettavamo una settimana più movimentata ed invece il VIX si è posizionato in prossimità dei minimi storici, forse anche grazie al fatto che l'incidente all'elicottero che ha causato la morte del presidente iraniano è stato... un incidente che può capitare in caso di maltempo e soprattutto quando si utilizza un elicottero made in USA assemblato più di quarant'anni fa.


Sappiamo che in giro per il mondo di tensione ce n'è da vendere ma a quanto pare i mercati non sembrano troppo impressionati, tutt'altro. Possiamo pensare a due cose: a) oramai ci hanno fatto l'abitudine e sono completamente anestetizzati oppure b) non credono che si possa assistere ad un allargamento dei vari conflitti regionali tale da trasformarli in qualche cosa che potrebbe assomigliare ad una terza guerra mondiale... Forse la realtà sta nel mezzo.



Come abbiamo già sottolineato la stagione degli utili del primo trimestre volge al termine ed i Magnifici 7 hanno tutti pubblicato: le maggiori sorprese le hanno provocate gli utili di Alphabet e Amazon; Apple si è semplicemente difesa e sta mettendo in evidenza i problemi tipici di una società matura che in parte si deve reinventare; Tesla soffre per la crisi che sta attanagliando il mondo dell'auto elettrica che è alle prese con uno smarrimento diremmo adolescenziale che confonde le idee e ti fa vedere il futuro in chiaroscuro. Per Nvidia non possiamo che avere parole di elogio: i numeri sono strabilianti (li avrete sicuramente visti) ed è chiarissimo a tutti che sull'AI attualmente si stanno investendo cifre da capogiro per l'hardware... speriamo che anche il software sarà all'altezza delle aspettative! Piccola curiosità: la capitalizzazione di Nvidia ha raggiunto i 2.6 trilioni di dollari (!) mentre tutta ma proprio tutta la borsa Tedesca di trilioni ne vale 2.51...


Per lo S&P500 (+11.21% ytd) è stata una settimana di consolidamento e nulla più. Rimane all'interno del canale rialzista tratteggiato ma la prossima settimana potrebbe anche uscirne, comunque NON lunedì in quanto il mercato rimane chiuso per il Memorial Day. La correzione con volumi in leggero calo hanno aiutato a scrollarsi di dosso l'ipercomprato ma ci rimante comunque molto vicino. Come già sottolineato con le rese del TB al rialzo la concorrenza non manca... 

Comunque durante la settimana siamo incappati in un articolo che ha brevemente sottolineato come un gran numero di analisti in queste ultime settimane si è dato da fare per alzare il target di fine anno per lo S&P500 portandolo dall'attuale media di 5'250 ad una che si avvicina ai 5'600 punti ovverosia circa il 5.5% in più dell'attuale livello....



...pensiamo che anche l'amico Ned Davis possa essere d'accordo.



Se questo non è il momento del Nasdaq (+12.72%ytd) ci stiamo chiedendo quando lo sarà! E' chiaro che la performance dei Magnifici 7 sta aiutando questo indice (e non solo questo...) a fare numeri importanti coadiuvato anche dai buoni volumi. Siamo chiaramente in ipercomprato e potremmo rimanerci ancora per un po'... quello che ci ha un po' sorpreso è che in questo momento l'indice non sembra soffrire troppo il fatto che i tassi potrebbero rimanere alti più a lungo... evidentemente tutta la fantasia scatenata dall'Intelligenza Artificiale è un buon antidoto!


Se non sbagliamo, avevamo già segnalato la scorsa settimana il doppio massimo (le due mezze lune nere) realizzato dall'Eurostoxx50 (+11.37% ytd) che in effetti questa settimana si è avventurato su di una strada discendente che l'ha portato ad incontrare il suo supporto di breve periodo situato a 5000 punti. Se non li conferma la prossima settimana temiamo che vedremo presto i 4'480 punti. Per fortuna i volumi sono calanti (freccia nera) a significare che il movimento ribassista non è troppo significativo (speriamo...). A livello di RSI siamo in posizione neutra ma se, come detto, non si tengono i 5'000 punti  (con le aspettative di un taglio ai tassi che si sono ridotte, niente di più facile che il supporto venga sfondato) vedremo presto un RSI in ipervenduto.


Pausa di riflessione anche per lo SMI (+7.13% ytd) che in avvio di settimana ha preso una gran capocciata andando ad impattare la resistenza attorno ai 12'000 punti per poi ripiegare e prendere un attimo di respiro. Volumi in chiaro trend discendente ci lasciano abbastanza tranquilli: per il momento lo scarico delle posizioni è avvenuto in modo ordinato e senza troppi isterismi e questo è il migliore dei modi per cercare di digerire quanto messo a punto la settimana precedente dove quella Svizzera era stata, finalmente, la miglior borsa europea. Andare oltre i 12'000 punti per il momento non sarà facile e magari un sostegno potrebbe arrivare dalla BNS ma non ne siamo più così sicuri. Ci viene comunque voglia di aggrapparci al principio di Waller: se Jordan, uno che si muove con una certa indipendenza,  ha deciso di ridurre il costo del denaro non si limiterà ad uno scarso taglio dello 0.25%... speriamo abbia ben altro in mente!

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Certo che questa idea di tassi alti più a lungo sta dando un aiuto al dollaro a consolidare i recenti rialzi e magari gli darà pure la forza di issarsi più in sù, a 0.92 centesimi ed oltre. Per il momento continuiamo a tenere le posizioni (investite soprattutto a breve...).


Leggera tendenza (ma veramente leggera...) al rafforzamento del dollaro contro euro. Diciamo che più che altro a dominare questa parità è un bel trend laterale che imperterrito si protrae di settimana in settimana... Ci teniamo il dollaro ed anche quel punto e mezzo di resa in più che lo contraddistingue dall'euro e che non fa alcun male alle nostre performances... anzi...


A quanto pare euro/chf sta facendo sul serio e ce la sta mettendo tutta per confermare quello che sembra un nuovo trend rialzista: superata di slancio la piccola resistenza a 0.9820 non ci ha messo molto ad accumulare altri 100 bps... nel mirino ha la parità e quello che sembrava irraggiungibile anche solo qualche mese fa, non sembra che così irraggiungibile sia...



 Il dollaro forte e gli alti rendimenti non sono amici dell'oro e questa settimana ne abbiamo avuto la  riprova: come sono state pubblicate le minute della FED per il metallo giallo è iniziata una correzione che l'ha riportato ai livelli di marzo: siamo ora adagiati su di un piccolo supporto (linea verde) che se viene oltrepassato la prossima settimana ci porta dritti e piuttosto velocemente in direzione dei 2'230 $ per oncia o almeno è questo l'obiettivo segnalatoci dal doppio massimo...


Buona domenica!

domenica 19 maggio 2024

Sell in May and go away?

 



Due settimane or sono c'eravamo lasciati con l'idea che i tassi europei, Lagarde permettendo, potrebbero subire un primo taglio durante la sessione della Bce prevista per il 6 di giugno. Considerando che l'inflazione nel nostro Continente è inchiodata da oltre due mesi al 2.2% in Germania e in Francia e al 2.4% a livello d'Europa tutta intera (dati del 15 e 17 maggio), restiamo dell'idea che assistere ad una riduzione del costo del denaro non sia una mission impossible. Ne avremmo bisogno e la Lagarde  è consapevole...

Se ben ricordate la situazione negli USA era un pochino meno chiara in quanto nello spazio di un paio di settimane eravamo passati da uno scenario che evocava, anche se in misura edulcorata, la stagflazione degli anni 70 dove non escludevamo addirittura la possibilità di vedere i tassi salire ad un altro scenario caratterizzato da uno softlanding che ci autorizzava a pensare ad almeno un simbolico taglio dei tassi da effettuarsi nel mese di luglio o subito dopo le elezioni presidenziali.

I dati a nostra disposizione continuano a sostenere l'ipotesi del taglio ai tassi che nel frattempo è atteso,  un po' inaspettatamente,  per il mese di settembre (cosa che noi avevamo escluso per via delle elezioni...). Lo scenario inflazionistico americano rimane, come vedremo fra poco, comunque piuttosto incerto e l'ipotesi del taglio potrebbe anche prendere rapidamente tutta un'altra piega; quindi non prendiamolo per assolutamente scontato.

Qui di seguito, a sostegno di questa ipotesi, abbiamo selezionato i numeri più significativi:

Ci sembra importante segnalare il tonfo subito dai crediti al consumo che è stato pubblicato il 7.5:

  • Crediti al consumo marzo: 6.27 mia $ (atteso: 15 mia; precedente: 15.1 mia)
Insomma stiamo parlando di un dimezzamento che non può passare inosservato e potrebbe significare tante cose: dalla riduzione alla propensione al consumo degli americani (non molto probabile...), al timore di non essere più in grado di rimborsare i prestiti (forse, ma con la disoccupazione ai minimi non sembra questo il caso...) per terminare con le probabili rigorose politiche di concessione dei crediti da parte delle banche (ce ne sono molte che non navigano proprio in acque tranquille...). Fatto sta che dovremo aspettarci nei prossimi mesi una riduzione dei consumi ed un'ulteriore riduzione del PIL americano e, immaginiamo,  dell'inflazione.

Il 10.5 l'Univerisità del Michigan pubblica il suo importante indice a proposito della confidenza al consumo degli americani:
  • Consumer confidence index 10 maggio: 67.4 (atteso: 76.2; precedente: 77.2)
Dopo diversi mesi che questo indice era al rialzo, ci ha inaspettatamente informato che la fiducia del consumatore americano non sta a 1000:  la percezione dei consumatori riguardo alla situazione economica attuale e soprattutto futura non li lascia completamente a proprio agio. Un altro dato che potrebbe preannunciare un PIL meno robusto al prossimo rilevamento previsto per il 30 maggio ed una inflazione che, come già sottolineato, potrebbe anche continuare a scendere.

A proposito di inflazione, il 15 maggio è stato pubblicato l'attesissimo dato:
  • CPI yoy : 3.4% (atteso: 3.4%; precedente: 3.5%)
Si tratta di un piccolo meno che comunque interrompe la serie rialzista delle ultime due osservazioni e orienta l'inflazione verso l'attesa discesa.  A questo punto, lo vedremo dopo, i mercati americani rompono definitivamente gli indugi e partono al rialzo tanto da segnare nuovi record storici. 


Si direbbe tutto bene quindi, ma non possiamo completamente trascurare altri dati che ci suggeriscono che l'inflazione potrebbe non essere completamente vinta:

il 14.5 è il turno dei dati riguardanti i prezzi alla produzione:
  • PPI yoy         : 2.2% (precedente: 1.8%)
  • Core PPI yoy: 3.1% (precedente: 2.8%)
I costi di produzione del cibo, dei servizi e dei beni in generale sono tutti tendenzialmente al rialzo: facile immaginare che una buona parte ce li ritroveremo inglobati nei prezzi al consumo con buona pace per l'inflazione.

Temiamo che una parte della responsabilità di questi aumenti sia da imputare alle materie prime:



...l'indice di Bloomberg realizzato per tenere il costo di tali materie sotto controllo è in aumento di oltre il 6% da inizio anno con una accelerazione proprio negli ultimi giorni:  probabilmente il recente movimento non è ancora stato inglobato nel calcolo del PPI che, se la tendenza è questa, potrà solo peggiorare...



Anche i costi dell'energia stanno subendo un aumento: non siamo ancora alla stessa stregua dei rincari osservati per le materie prime ma un +4.78% da inizio anno non è da trascurare...

Ciliegina sulla torta: il 16.5 ci avvisano che i prezzi all'importazione americani, malgrado un dollaro piuttosto tonico che dovrebbe calmierare il fenomeno, sono anch'essi al rialzo:
  • Prezzi importazione aprile: +1.1% (atteso: 0.4%; precedente: 0.4%)
Altro dato che non farà di certo bene al processo di riduzione del rincaro.

Ergo: se la prima serie di dati ci lasciava ben sperare per quello che sarà il futuro dell'inflazione, la seconda serie ci riporta con i piedi per terra e scompagina in parte le carte. Insomma, se non avete le idee in chiaro sappiate che non siete soli. Ci piacerebbe poter entrare nella testa di Powell: di certo un po' di confusione la troviamo.

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Come abbiamo già sottolineato è abbastanza evidente che i mercati stanno scommettendo su di un ribasso imminente dell'inflazione e stanno preparando la festa:


I rendimenti dei Treasury a 2 (in rosso) e a 10 anni (in nero) si stanno riducendo...



...ed i mercati obbligazionari in dollari ne hanno subito approfittato per ridurre le perdite da inizio anno.



...lo stesso fenomeno l'osserviamo per quanto riguarda i mercati obbligazionari espressi in euro che stanno riducendo le perdite da inizio anno pressoché a zero. Se la Lagarde avrà il coraggio di tagliare saremo presto in attivo anche in questa asset class.

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Chi invece hanno già stappato la bottiglia di Champagne (o di Franciacorta da noi preferito...) sono i mercati azionari.



La paura, come indica il VIX, è rientrata e ci toviamo sui minimi dell'anno... Con tutto quello che sta succedendo in giro per il mondo, chi l'avrebbe mai detto!




Secondo l'amico Ned Davis il mese di maggio sarebbe stato il protagonista di una discreta presa di profitto che si sarebbe poi risolta con un deciso cambiamento di trend a partire dal mese di giugno.

Abbiamo il sospetto che la correzione di maggio ci sia già stata ad aprile, in anticipo sul modello di Davis,  ed ora siamo in presenza del trend rialzista che potrebbe durare fino alla metà di giugno per poi concedersi una pausa di riflessione e ripartire ai primi di luglio ed arrestarsi durante agosto e gli ultimi due mesi prima delle elezioni. 

Insomma, tutto lo schema risulta anticipato di circa un mese. Poi vedremo se effettivamente a settembre avremo il tanto atteso taglio dei tassi... che cosa succederà  non siamo per il momento assolutamente in grado di dirlo.



Lo S&P500 (+11.18% ytd) ha di slancio superato il suo record storico dopo la pubblicazione del dato sull'inflazione americana discendente e si sta inerpicando all'interno di un nuovo canale (tratteggiato) con obiettivo probabile i 5'500 punti. I volumi sono discreti ma nulla di eccezionale (sarebbe stato bello vedere volumi più consistenti...) ed oramai l'RSI segnala nuovamente l'ipercomprato ma ci siamo abituati anche se fermarsi un attimo a respirare può essere salutare...


La stessa sorte è toccata al Nasdaq (+11.16% ytd) ma con volumi crescenti che segnalano la maggior convinzione degli investitori nei confronti del tecnologico . Il 25 maggio sarà il turno di Nvidia pubblicare i numeri e le aspettative sono enormi (forse troppo) ma la domanda per l'AI è incontenibile e quindi giustifica in buona parte questo entusiasmo. 
Tecnicamente ci inquieta un poco quel gap rialzista indicato dalla freccia rossa: se i numeri di Nvidia non rispetteranno le aspettative non escludiamo che una correzione possa portare alla chiusura del gap indicato... Qualsiasi gesto scaramantico è concesso...



L'Eurostoxx50 (+12% ytd) è anch'esso galvanizzato dal comportamento delle borse americane e dall'idea che la Lagarde possa tagliare i tassi. Si è riportato a ridosso dei massimi prima di concedersi una pausa di riflessione di un paio di giorni sul finire della settimana. Il doppio massimo che si è creato (le due mezze lune nere) è sinonimo di una possibile inversione di tendenza sul breve termine ed è per questo che, se non vogliamo correre rischi, la prossima settimana questo indice dovrà dare il meglio di sé e cercare di andare oltre i suoi massimi; pena una correzione di almeno 2 o 3 punti percentuali.


Finalmente qualcuno si è accorto che la borsa svizzera, con un P/E attorno al 14, era e rimane tra le meno care del panorama internazionale.  Con uno scatto di reni lo SMI (+8.08% ytd) si è riportato sopra i 12'000 punti con il contributo di un po' tutte le società (Roche compresa...!) I volumi sono leggermente stati più alti del solito ma nulla in confronto ai volumi registrati dal 2020 fino a metà del 2023 dopodiché la nostra borsa è misteriosamente sparita dai radar degli investitori. 
Rimane un mercato difficile ma abbiamo ritrovato un po' di quella speranza che stavamo definitivamente perdendo... Bene così e bene soprattutto per le performances dei nostri depositi!

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La riduzione dei rendimenti in America non ha giovato al dollaro che durante la settimana si è dimostrato apatico contro quasi tutte le valute fatto salvo riprendersi il venerdì. Per il momento il trend di medio periodo sembra essere intatto e persino confermato dal golden cross della media mobile a 100 giorni (in verde) con quella dei 200 giorni (in blu); quella a 50 giorni sembra voler fare da supporto. La nostra intenzione è comunque di alleggerire un po' di dollari se andremo sotto lo 0.90.


 
Anche l'euro si è rafforzato contro dollaro praticamente tutta la settimana. Ci troviamo ora  in posizione neutra e soprattutto per il momento confermiamo, e non possiamo fare diversamente, lo spostamento laterale. Per cambiare questo trend dovremo aspettare le mosse delle banche centrali...



Piuttosto sorprendente la forza dell'euro contro chf: non ci aspettavampo che potesse di slancio andare oltre la resistenza dello 0.9820 ma l'ha fatto ed ora andrà all'attacco dello 0.99. Il trend positivo a medio termine è pure confermato dal golden cross del medie mobili a 100 e 200 giorni segnalato dalla freccia verde e non ci meraviglieremo più di tanto se fra qualche settimana si potrà addirittura rivedere la parità... ma non sarà facilissimo: se taglia la BCE lo farà anche la BNS durante la riunione di fine giugno o anche prima!


Rendimenti sul dollaro calanti e la conseguente poca tonicità della valuta americana ha rilanciato l'oro che si è riportato vicino ai massimi storici (malgrado il VIX sia tornato in cantina...) L'oro lo teniamo...

Buona domenica!

domenica 5 maggio 2024

Scenari confusi

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Indubbiamente l’evento della settimana è stata la riunione della Fed che, come ampiamente previsto, non ha partorito nessun taglio dei tassi d'interesse.  Comunque sia il discorso di Powell ci ha fornito qualche elemento di riflessione. 

Prima di tutto dobbiamo ammettere che ce l'ha messa tutta per evitare incidenti di percorso adottando toni moderati e soprattutto se n’è ben guardato dal fare accenno ad una eventuale stagflazione in arrivo che, con i dati che abbiano visto la scorsa settimana, non possiamo completamente escludere e men che meno ha accennato alla possibilità di aumentare i tassi. Non tutti comunque gli hanno creduto  ed infatti le opzioni legate al Secured Overnight Financing Rate,  prezzavano giovedì la probabilità di un rialzo dei tassi entro settembre al 18% o dicembre al 20%:  sono percentuali di tutto rispetto per un evento che fino a qualche settimana fa non era neppure preso lontanamente in considerazione dalla maggioranza degli analisti.


Powell comunque non ha potuto ignorare che l’inflazione si sta nuovamente allontanando dall'obiettivo del 2% e quindi è la logica dell'higher for longer a dominare in questo momento, ma non abbiamo avuto l'impressione che abbia completamente chiuso la porta ad eventuali tagli che a nostro modo di vedere, se proprio devono arrivare, sarà nelle sessioni di giugno (poco probabile) o luglio. Se anche in quel caso non succederà nulla, dovremo metterci l’anima in pace ed attendere il 7 novembre o il 18 dicembre prima che Powell, rincaro permettendo,  passi all’azione. Anche se non è una regola scritta saremmo sorpresi che la Fed, per quanto si professi totalmente indipendente dal potere politico, si muovesse a settembre od ottobre proprio a ridosso delle elezioni americane che si terranno il 5 novembre 2024. 

Il perché Powell non ha completamente chiuso la porta in faccia a coloro che si aspettano dei tagli ai tassi potrebbe suggerircelo il quadro macroeconomico di questa settimana:

Il 30.04 apprendiamo che la fiducia dei consumatori americani non sta a 1000:

  • Fiducia consumatori aprile: 97 (atteso: 104; precedente: 103.1)

E' ben più bassa delle aspettative e qualche preoccupazione per il futuro inizia ad affiorare: quando i consumatori sono incerti riguardo alla situazione economica o alla propria sicurezza finanziaria, tendono ad essere più cauti nelle loro spese. Ciò può portare a una diminuzione della domanda di beni e servizi, influenzando negativamente le vendite al dettaglio e l'attività economica generale.

Il primo maggio due dati catturano la nostra attenzione:

  • ISM manifatturiero: 49.2 (atteso: 50; precedente: 50.9)
il dato non è bellissimo: il settore manifatturiero americano, uno dei pilastri di quasi tutte le economie, sta entrando in contrazione...
  • Posti di lavoro vacanti marzo: 8.5 mio (atteso: 8.7 mio; precedente: 8.8 mio)
Anche l'offerta di posti di lavoro, per quanto ancora elevata, sta subendo una contrazione: non è mai stata così bassa negli ultimi 3 anni.

Il 2 maggio abbiamo comunque una conferma:
  • Nuove richieste di disoccupazione: 208k (atteso: 212k; precedente: 208k)
...per il momento a quanto pare i licenziamenti sono sotto controllo. Le aziende non sembrano aver voglia di liberarsi dei propri collaboratori tanto facilmente.

Altri dati non proprio attesi li abbiamo visti venerdì 03.05:
  • Nuovi posti di lavoro non agricoli aprile: 175k (atteso: 238k; precedente: 315k)
.... le nuove assunzioni per aprile hanno subito un discreto rallentamento: rispetto al mese precedente si sono quasi dimezzate.
  • Retribuzione oraria media annuale (aprile): 3.9% (atteso: 4%; precedente: 4.1%)
dopo un inizio anno che ha visto le retribuzioni orarie aumentare, durante il mese di aprile il trend ha ripreso la sua discesa... difficile dire se avrà delle conseguenze sui consumi ma di certo, se non ti puoi più indebitare con la carta di credito per raggiunti limiti d'indebitamento ed i risparmi stanno per finire, è abbastanza probabile che prima o poi sarai costretto a spendere di meno.
  • Tasso di disoccupazione: 3.9% (atteso: 3.8%; precedente: 3.8%)
Disoccupazione sempre molto bassa negli USA ma con un piccolo accenno ad aumentare...

Alleghiamo il grafico prodotto dal Bureau of Labor Statistics che riassume anche visivamente i dati di venerdì:



Insomma, come si suol dire, una rondine non fa primavera ma qualche indizio che gli USA siamo in rallentamento ci sembra di vederlo e sarà interessante capire se questo trend continuerà anche nelle prossime settimane. Se così sarà non è detto che l'inflazione potrebbe anche tornare a scendere di suo e forse è quello che Powell ha cercato di dirci.

A tal proposito siamo anche andati a dare un'occhiata all'evoluzione dei costi energetici  e delle materie prime che hanno un ruolo di non poco conto:


Francamente non ci pare che i costi energetici stiano esplodendo. In effetti se prendiamo in considerazione il quadro geo-politico ci saremmo aspettati tutt'altro. L'indice elaborato da Bloomberg ci segnala addirittura un movimento al ribasso a partire dal mese di aprile e dall'inizio dell'anno la crescita è stata di un modesto 1%. 



Anche le materie prime sembrano aver subito una diminuzione di prezzo soprattutto nei primi giorni del mese di maggio... troppo presto per affermare che siamo in presenza di un cambio del trend ma comunque una discreta frenata c'è stata.

Altra reazione interessante è stata quella dei rendimenti dei titoli di stato americani:


I rendimenti dei Treasury, dopo il discorso di Powell e la pubblicazione dei dati che abbiamo appena visto, sono partiti al ribasso invertendo quella tendenza rialzista che li ha caratterizzati per diverse settimane. Inoltre abbiamo controllato le aspettative del mercato: sono passate dai due tagli nei prossimi 12 mesi della scorsa settimana ai tre tagli di oggi... evidentemente neppure il mercato riesce ad elaborare un'immagine convincente di quelle che saranno le mosse della FED e continua modificare la sua previsione.

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Seconda parte


Riassumendo: C'è molta confusione a proposito di come potranno fluttuare i tassi americani  nei prossimi 12 mesi: la scorsa settimana, con i dati macro che sono stati pubblicati, era difficile parlare di taglio ai tassi e addirittura non si poteva escludere lo scenario rialzista. 
Poi Powell questa settimana ha ribadito che l'higher for longer (tassi alti a questi livelli per parecchi mesi ancora) sarà probabilmente la strategia con la quale la FED intende riportare l'inflazione verso l'obiettivo del 2%. Abbiamo comunque l'impressione, maturata analizzando i dai macro di questa settimana, che le porte per dei tagli ai tassi nei prossimi mesi non sono completamente chiuse (se non avete letto la prima parte vi consigliamo di farlo...): come ha detto Powell "non abbiamo fatto progressi sufficienti per innescare un taglio ai tassi" ma se i dati macroeconomici confermano la tendenza mostrata da quelli appena pubblicati,  possiamo anche sbilanciarci nell'affermare che la miccia potrebbe essersi accesa. 

Capiamo perfettamente che stiamo dando l'impressione che ogni settimana noi si cambi idea: in realtà basiamo le nostre affermazioni semplicemente analizzando quelli che sono i numeri generosamente prodotti dagli analisti e dalle statistiche. Non dobbiamo mai scordarci che l'economia e la finanza, benché si nutrono di dati e della loro elaborazione, non sono scienze esatte e avrete sicuramente capito che l'umore degli investitori e dei mercati sono volatili quanto lo sono i numeri che ci vengono dati in pasto rendendo il nostro mestiere non proprio una passeggiata di salute...

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Da alcune settimane anche le borse non sembrano bene in chiaro in quale direzione avventurarsi ed in effetti, come si suol dire,  stanno un po' pascolando... Secondo gli analisti di Goldman Sachs "margini di profitto elevati, bilanci ampiamente solidi (ndr: l'80% sono al di sopra delle aspettative ben oltre il 60%/65% della norma...) in aggiunta a società che restituiscono abbondanti liquidità agli azionisti (ndr: di giovedì la notizia dello share buyback da 110 miliardi di Apple! che detto tra di noi fa sembrare la cosa come un succedaneao alla mancanza di idee...) rendono le azioni ancora interessanti (...) malgrado l'aumento dei rendimenti obbligazionari  riduca per il momento il potenziale di espansione delle valutazioni". Tradotto: sì ad investire in azioni ma aspettiamoci risultati significativi solo quando i rendimenti torneranno a scendere. Nell'attesa ridurre un po' le posizioni (magari quelle in forte utile dove il potenziale è limitato), investire a breve ( in $ siamo sopra il 5%) e se Ned Davis, che si aspetta ancora una correzione per maggio, avrà ragione si rientra a giugno/luglio.



Lo S&P500 (+7.63% ytd) sembra aver trovato un supporto convincente a 5000 punti. Ora è come se si trovasse intrappolato tra le due medie mobili a 100 (linea verde) e a 50 giorni (linea viola) ma evidentemente la flessione dei rendimenti sul dollaro di questi giorni gli ha fatto bene. Non è escluso che la correzione prevista da Ned Davis sia in parte già stata anticipata e quindi maggio potrebbe non essere così tragico soprattutto se i rendimenti riprendono a scendere. Noi ci accontenteremmo di uno spostamento laterale e se chiudessimo l'anno con un +7% non saremmo dispiaciuti. Ma il percorso per arrivare al 31.12  è ancora lungo e le elezioni temiamo possano sparigliare le carte e non di poco.


Anche il Nasdaq (+7.63% ytd) sembra essere prigioniero delle due medie mobili alla stessa stregua dello S&P500 ma venerdì è riuscito a sfondare quella a 50 giorni ed ha pestato una testata contro la resistenza dei 16'212 punti senza superarli. Sarebbe importante farlo la prossima settimana altrimenti temiamo che inizi uno spostamento laterale anche per l'indice tecnologico



Abbiamo una ragionevole certezza che per l'Eurostoxx50 (+8.85% ytd) i 4'480 punti sono un supporto di una discreta consistenza. Per il momento, senza uno stimolo che potrebbe arrivare da un taglio ai tassi, saremmo più propensi a pensare che voglia intraprendere un movimento laterale... dovremo pazientare ancora un mesetto e vedremo se la Lagarde sarà in vena di usar le forbici...

Prima di passare ad una rapida analisi dell'indice SMI, non possiamo passare sotto traccia il dato sull'inflazione svizzera che è stato pubblicato il 2 di maggio:
  • inflazione svizzera YoY ad aprile: 1.4% (atteso: 1.1%, precedente: 1%)
Purtroppo anche alle nostre latitudini l'inflazione ha ripreso a crescere ed una parte della responsabilità la possiamo certamente accollare all'indebolimento del franco (quasi il 5% contro euro e il 7% contro dollaro da inizio anno) che ha contribuito a rendere più costose le importazioni. 

Come l'ha presa il mercato?


I rendimenti apparentemente non hanno fatto una piega... sono saliti dopo la notizia ma per il momento in modo quasi impercettibile... è probabile che il mercato ritenga questo aumento non sufficiente per fare cambiare idea alla BNS che nel mirino ha ancora due tagli... il 20 giugno lo sapremo.


Meno simpatica la reazione dello SMI (+1.21% ytd) che, a fronte di un'inflazione che sta momentaneamente rialzando la testa, non ha reagito bene ed ora sta lottando per superare la media mobile dei 100 giorni che da almeno un paio di settimane fa da tappo (vedi freccia rossa). Se poi aggiungiamo i soliti problemi con Roche e Nestlé... non ci resta che piangere. Vorremmo essere più benevoli nei riguardi della nostra borsa ma proprio non ci riusciamo e possiamo solo armarci di una pazienza infinita. A dire la verità non tutto l'indice SMI è in difficoltà... basta dare un'occhiata ai titoli degli assicurativi (ma non solo)  per rendervene conto e quindi c'è un po' di selezione da fare prima di escludere completamente questa borsa dai nostri depositi.

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E' abbastanza evidente che anche il dollaro americano ha vissuto una settimana piuttosto movimentata raggiunti i 92 centesimi, quando si pensava che il futuro dei rendimenti potesse essere addirittura al rialzo, ha lasciato sul posto quasi 150 basis points quando è rientrato in gioco lo scenario lo scenario opposto dove per i rendimenti c'è spazio per una discesa. A 0.90 centesimi sta facendo un supportino sotto il quale, per chi fa del trading stretto, varrebbe la pena alleggerire un po' le posizioni. Qualcuno ci ha chiesto se andrà sopra i 0.92 cts... per il momento non sembra facile, la resistenza è di quelle importanti (basta guardare gli accumuli fatti nella seconda metà del 2021 e ad inizio 2023).


Durante la settimana che sta per finire anche contro euro la valuta americana ha perso un po' della sua forza ed in questo momento sta impattando le 3 medie mobili che sono vicinissime l'una all'altra e che fanno da tappo ad ulteriori rialzi. Continua lo spostamento laterale che sta durando oramai da un anno e mezzo: con tutta questa energia che si sta accumulando, siamo proprio curiosi di vedere cosa succederà se fra un mesetto la Lagarde si deciderà a tagliare...



Per l'euro non sarà facile issarsi sopra i 0.9820 centesimi che a quanto pare sta diventando una resistenza che non sarà facile da superare. Più probabile che per il momento ci dovremo accontentare di uno spostamento che ha tutta l'aria di volersi sviluppare orizzontalmente tra lo 0.9650 e appunto lo 0.9820. Come abbiamo già visto, anche l'inflazione in Svizzera sembra un pochino più elevata: difficile entrare nella testa della Banca Nazionale Svizzera ma se il rincaro dovesse continuare a salire temiamo che non potremo dare per scontati gli altri due tagli ai tassi attesi dal mercato...

Buona domenica!

PS: la prossima settimana la redazione di Appunti Finanziari tirerà un pochino il fiato e ritornerà puntuale il 19 di maggio.