Indubbiamente l’evento della settimana è stata la riunione della Fed che, come ampiamente previsto, non ha partorito nessun taglio dei tassi d'interesse. Comunque sia il discorso di Powell ci ha fornito qualche elemento di riflessione.
Prima di tutto dobbiamo ammettere che ce l'ha messa tutta per evitare incidenti di percorso adottando toni moderati e soprattutto se n’è ben guardato dal fare accenno ad una eventuale stagflazione in arrivo che, con i dati che abbiano visto la scorsa settimana, non possiamo completamente escludere e men che meno ha accennato alla possibilità di aumentare i tassi. Non tutti comunque gli hanno creduto ed infatti le opzioni legate al Secured Overnight Financing Rate, prezzavano giovedì la probabilità di un rialzo dei tassi entro settembre al 18% o dicembre al 20%: sono percentuali di tutto rispetto per un evento che fino a qualche settimana fa non era neppure preso lontanamente in considerazione dalla maggioranza degli analisti.
Powell comunque non ha potuto ignorare che l’inflazione si sta nuovamente allontanando dall'obiettivo del 2% e quindi è la logica dell'higher for longer a dominare in questo momento, ma non abbiamo avuto l'impressione che abbia completamente chiuso la porta ad eventuali tagli che a nostro modo di vedere, se proprio devono arrivare, sarà nelle sessioni di giugno (poco probabile) o luglio. Se anche in quel caso non succederà nulla, dovremo metterci l’anima in pace ed attendere il 7 novembre o il 18 dicembre prima che Powell, rincaro permettendo, passi all’azione. Anche se non è una regola scritta saremmo sorpresi che la Fed, per quanto si professi totalmente indipendente dal potere politico, si muovesse a settembre od ottobre proprio a ridosso delle elezioni americane che si terranno il 5 novembre 2024.
Il perché Powell non ha completamente chiuso la porta in faccia a coloro che si aspettano dei tagli ai tassi potrebbe suggerircelo il quadro macroeconomico di questa settimana:
Il 30.04 apprendiamo che la fiducia dei consumatori americani non sta a 1000:
- Fiducia consumatori aprile: 97 (atteso: 104; precedente: 103.1)
E' ben più bassa delle aspettative e qualche preoccupazione per il futuro inizia ad affiorare: quando i consumatori sono incerti riguardo alla situazione economica o alla propria sicurezza finanziaria, tendono ad essere più cauti nelle loro spese. Ciò può portare a una diminuzione della domanda di beni e servizi, influenzando negativamente le vendite al dettaglio e l'attività economica generale.
Il primo maggio due dati catturano la nostra attenzione:
- ISM manifatturiero: 49.2 (atteso: 50; precedente: 50.9)
- Posti di lavoro vacanti marzo: 8.5 mio (atteso: 8.7 mio; precedente: 8.8 mio)
- Nuove richieste di disoccupazione: 208k (atteso: 212k; precedente: 208k)
- Nuovi posti di lavoro non agricoli aprile: 175k (atteso: 238k; precedente: 315k)
- Retribuzione oraria media annuale (aprile): 3.9% (atteso: 4%; precedente: 4.1%)
- Tasso di disoccupazione: 3.9% (atteso: 3.8%; precedente: 3.8%)
Francamente non ci pare che i costi energetici stiano esplodendo. In effetti se prendiamo in considerazione il quadro geo-politico ci saremmo aspettati tutt'altro. L'indice elaborato da Bloomberg ci segnala addirittura un movimento al ribasso a partire dal mese di aprile e dall'inizio dell'anno la crescita è stata di un modesto 1%.
Anche le materie prime sembrano aver subito una diminuzione di prezzo soprattutto nei primi giorni del mese di maggio... troppo presto per affermare che siamo in presenza di un cambio del trend ma comunque una discreta frenata c'è stata.
I rendimenti dei Treasury, dopo il discorso di Powell e la pubblicazione dei dati che abbiamo appena visto, sono partiti al ribasso invertendo quella tendenza rialzista che li ha caratterizzati per diverse settimane. Inoltre abbiamo controllato le aspettative del mercato: sono passate dai due tagli nei prossimi 12 mesi della scorsa settimana ai tre tagli di oggi... evidentemente neppure il mercato riesce ad elaborare un'immagine convincente di quelle che saranno le mosse della FED e continua modificare la sua previsione.
Seconda parte
Lo S&P500 (+7.63% ytd) sembra aver trovato un supporto convincente a 5000 punti. Ora è come se si trovasse intrappolato tra le due medie mobili a 100 (linea verde) e a 50 giorni (linea viola) ma evidentemente la flessione dei rendimenti sul dollaro di questi giorni gli ha fatto bene. Non è escluso che la correzione prevista da Ned Davis sia in parte già stata anticipata e quindi maggio potrebbe non essere così tragico soprattutto se i rendimenti riprendono a scendere. Noi ci accontenteremmo di uno spostamento laterale e se chiudessimo l'anno con un +7% non saremmo dispiaciuti. Ma il percorso per arrivare al 31.12 è ancora lungo e le elezioni temiamo possano sparigliare le carte e non di poco.
Anche il Nasdaq (+7.63% ytd) sembra essere prigioniero delle due medie mobili alla stessa stregua dello S&P500 ma venerdì è riuscito a sfondare quella a 50 giorni ed ha pestato una testata contro la resistenza dei 16'212 punti senza superarli. Sarebbe importante farlo la prossima settimana altrimenti temiamo che inizi uno spostamento laterale anche per l'indice tecnologico
Abbiamo una ragionevole certezza che per l'Eurostoxx50 (+8.85% ytd) i 4'480 punti sono un supporto di una discreta consistenza. Per il momento, senza uno stimolo che potrebbe arrivare da un taglio ai tassi, saremmo più propensi a pensare che voglia intraprendere un movimento laterale... dovremo pazientare ancora un mesetto e vedremo se la Lagarde sarà in vena di usar le forbici...
- inflazione svizzera YoY ad aprile: 1.4% (atteso: 1.1%, precedente: 1%)
I rendimenti apparentemente non hanno fatto una piega... sono saliti dopo la notizia ma per il momento in modo quasi impercettibile... è probabile che il mercato ritenga questo aumento non sufficiente per fare cambiare idea alla BNS che nel mirino ha ancora due tagli... il 20 giugno lo sapremo.
Meno simpatica la reazione dello SMI (+1.21% ytd) che, a fronte di un'inflazione che sta momentaneamente rialzando la testa, non ha reagito bene ed ora sta lottando per superare la media mobile dei 100 giorni che da almeno un paio di settimane fa da tappo (vedi freccia rossa). Se poi aggiungiamo i soliti problemi con Roche e Nestlé... non ci resta che piangere. Vorremmo essere più benevoli nei riguardi della nostra borsa ma proprio non ci riusciamo e possiamo solo armarci di una pazienza infinita. A dire la verità non tutto l'indice SMI è in difficoltà... basta dare un'occhiata ai titoli degli assicurativi (ma non solo) per rendervene conto e quindi c'è un po' di selezione da fare prima di escludere completamente questa borsa dai nostri depositi.
E' abbastanza evidente che anche il dollaro americano ha vissuto una settimana piuttosto movimentata raggiunti i 92 centesimi, quando si pensava che il futuro dei rendimenti potesse essere addirittura al rialzo, ha lasciato sul posto quasi 150 basis points quando è rientrato in gioco lo scenario lo scenario opposto dove per i rendimenti c'è spazio per una discesa. A 0.90 centesimi sta facendo un supportino sotto il quale, per chi fa del trading stretto, varrebbe la pena alleggerire un po' le posizioni. Qualcuno ci ha chiesto se andrà sopra i 0.92 cts... per il momento non sembra facile, la resistenza è di quelle importanti (basta guardare gli accumuli fatti nella seconda metà del 2021 e ad inizio 2023).
Durante la settimana che sta per finire anche contro euro la valuta americana ha perso un po' della sua forza ed in questo momento sta impattando le 3 medie mobili che sono vicinissime l'una all'altra e che fanno da tappo ad ulteriori rialzi. Continua lo spostamento laterale che sta durando oramai da un anno e mezzo: con tutta questa energia che si sta accumulando, siamo proprio curiosi di vedere cosa succederà se fra un mesetto la Lagarde si deciderà a tagliare...
Nessun commento:
Posta un commento