sabato 27 aprile 2024

Una settimana piena di sorprese

Nota introduttiva

Come vi avevamo annunciato la scorsa settimana abbiamo voluto prestare attenzione a chi non sempre è interessato alla prima parte del nostro intervento che è concentrata soprattutto sui numeri macroeconomici che, ammettiamo, non sono di certo una gradevole lettura. Abbiamo quindi pensato di inserire un link (vai alla versione breve) che vi porterà direttamente alla seconda parte, quella più tecnica e meno discorsiva. Faremo precedere la nostra analisi da un breve riassunto che proverà a condensare il senso dei numeri analizzati nella prima parte. La lettura del riassunto è consigliata anche a coloro che hanno letto la prima parte


Vai alla versione breve

 

                                           The Economist 20.04.2024

Che confusione questa settimana sui mercati finanziari! Per capirci qualche cosa dobbiamo forzatamente farci aiutare da alcuni dati macroeconomici di recente pubblicazione.

Martedì 23.4 scopriamo con piacere che i PMI europei (il sondaggio mensile condotto tra i manager degli acquisti della principali imprese) iniziano a migliorare:

  • PMI Francia aprile     : 49.9 (atteso: 48.8; precedente: 48.3)
  • PMI Germania aprile : 50.5 (atteso: 48.4; precedente: 47.7)
  • PMI Eurozona: aprile : 51.4 (atteso: 50.7; precedente: 50.3)
Alla Lagarde, che ai dati macro tiene moltissimo, non le sarà sfuggito il miglioramento: sopra il 50 siamo in espansione e a sorprendere è soprattutto quello tedesco: il progresso è degno di attenzione... qualche cosa in Germania si sta muovendo. 
Altri dati importanti in Europa non ne abbiamo ritenuti; tutti quelli che seguono fanno riferimento alla situazione americana.

Sempre il 23.4 viene publicato anche il PMI composito americano:
  • PMI composito aprile: 50.9 (atteso: 52; precedente: 52.1)
Un po' a sorpresa il dato è al ribasso e non di poco: siamo sempre in espansione ma qualche cosa in America inizia ad incrinarsi?

La sorpresa, quella vera, l'abbiamo giovedì 25 aprile dove scopriamo che il Prodotto Interno Lordo (PIL) americano è in contrazione ben più di quanto atteso:
  • PIL primo trimestre 2024: 1.6% (atteso: 2.5%; precedente: 3.4%)
La crescita rispetto all'ultimo trimestre del 2023 si è praticamente dimezzata e gli economisti sono corsi a dare la colpa all'impennata delle importazioni (il dollaro forte aiuta...) che notoriamente sono un fattore di sottrazione nel calcolo del PIL. 



Ma non va comunque sottaciuto che a concorrere a questo risultato c'è anche lo zampino del consumatore americano che del PIL  è di norma l'artefice nell'ordine del 70%-75%...
  • Consumo personale primo trimestre 2024: 2.5% (atteso: 3%; precedente: 3.3%)
...consumatore che in effetti ha iniziato a spendere di meno. Un rallentamento del consumo era atteso ma non di queste dimensioni... Come lo si spiega? Il grafico seguente ci può aiutare a meglio comprendere:



I generosi aiuti statali elargiti in tempo di Covid sono terminati da un pezzo ed i risparmi (linea rossa) si stanno assottigliano. A supplire per il momento ci pensa l'uso delle carte di credito (linea nera) malgrado un tasso di finanziamento che supera il 20% (prima del covid il tasso era sotto il 15%) ma non potrà durare in eterno... Infatti dobbiamo già prendere atto dell'impennata nelle morosità delle carte di credito e quindi per continuare a spendere molti americani dovranno inventarsi qualche altro espediente.

Ma giovedì 25 aprile le sorprese non sono finite:
  • PCE prezzi base primo trimestre 2024: 3.7% (atteso: 3.4%; precedente: 2%)
Come ben sappiamo il PCE  (Personal Consumption Expenditures)  è l'indicatore preferito dalla FED per misurare l'inflazione americana che a quanto pare è ostinatamente al rialzo anche se dal calcolo escludiamo le componenti più volatili quali alimentari ed energia.

Comunque sia il dato viene confermato anche il giorno dopo 26 aprile:
  • PCE deflatore yoy marzo: 2.7% (atteso: 2.6%; precedente: 2.5%)
Insomma: l'inflazione non è dove la vorrebbe vedere la FED.

***

Seconda parte

Riassumendo: 

La settimana finanziaria è stata bella movimentata nel bene e nel male. C'è una novità: la situazione economica europea sembra essere in fase di miglioramento (i PMI stanno andando verso una leggera espansione) e di questo la Lagarde ne terrà di certo conto; non vorremmo che la prenda come una scusante per non tagliare i tassi a giugno...  In America stiamo invece assistendo ad un rallentamento del PMI composito e al dimezzamento della crescita economica (Pil: dal 3.4% all'1.6%) mentre l'inflazione ha ripreso a salire come ci dimostrano i PCE di giovedì e venerdì.

Proviamo ora a metterci nei panni di Powell: l'economia sta dando segni di rallentamento mentre l'inflazione sembra andare nell'altra direzione;  se andrà avanti così non passerà molto tempo prima che si debba pronunciare l'impronunciabile. Infatti la stagflazione è il peggiore degli scenari che i responsabili della politica monetaria della FED (ma in genere di tutte le Banche Centrali) debbono affrontare. Una recessione è relativamente facile da contrastare: qualche taglio ai tassi dovrebbe già produrre un effetto positivo ma una stagflazione richiederebbe un aumento dei tassi, ottemperando in tal modo al primo compito di ogni Banca Centrale che mira alla stabilità dei prezzi, aumento che non farebbe altro che esacerbare l'indebolimento della crescita economica. 
Forse non siamo ancora nella situazione di dover vedere la FED aumentare i tassi ma l'"higher for longer", ovverosia  il mantenimento dei tassi agli attuali livelli più a lungo del previsto,  è uno scenario che si sta facendo strada ed ovviamente sta mettendo in allarme i mercati azionari e del reddito fisso.


Gettiamo la solita occhiata ai rendimenti:


Quelli dei Treasury americani sono piuttosto in linea con lo scenario dell'higher for longer e guardando al futuro non possono più escludere che si potrebbe anche assistere ad un rialzo... diciamo che fino a quando non evolveranno entrambi sopra il 5% restiamo ancora relativamente tranquilli. Nel mirino abbiamo l'intenzione di allungare le scadenze delle obbligazioni in dollari ma visto quanto sta succedendo non abbiamo fretta...


Se è vero che il mercato del reddito fisso in euro si aspetta ancora oggi almeno 4 tagli dei tassi nei prossimi 12 mesi, allora facciamo più fatica a comprendere il movimento dei rendimenti del Bund a 2 (in rosso) e a 10 anni (in nero) che da inizio anno stanno, alla stessa stregua di quelli americani, salendo. 
Con una inflazione più vicina al 2% che non al 3% e con la prospettiva di un taglio in arrivo per il 6 di giugno (la BCE in quella sessione prenderà posizione sulla politica monetaria) l'evoluzione dei rendimenti dovrebbe svilupparsi nel senso opposto... Come lo si spiega? Forse qualcuno crede che la Lagarde non avrà il coraggio di tagliare prima della FED? L'inflazione non è quella che i dati ci descrivono ma è ben più alta? L'economia tutto sommato, come sembra, è in grado di cavarsela anche senza l'intervento della BCE? Sono tutte ipotesi verosimili ma che non riusciamo a verificare; fatto sta che anche in Europa i rendimenti salgono, ne prendiamo atto e non ci resta che aspettare un mesetto abbondante per vedere cosa farà la Lagarde (un mese sembra tanta roba ma alla velocità con il quale il tempo passa è dopo domani...)

***

 In America il calo del PIL oltre le aspettative in combinazione con un'inflazione che sembra voler rialzare la testa non sono piaciuti ai mercati azionari. Anche i risultati societari, soprattutto quelli dei Magnifici 7, hanno contribuito nel bene e nel male ad aggiungere volatilità ad un mercato già un tantino in agitazione:


A dir la verità per il momento sono solo i numeri di Tesla che non hanno raggiunto il consenso, mentre gli altri tutto sommato hanno superato le aspettative e non è cosa da poco. Comunque sia le reazioni sono state contrastanti:



Prendiamo Meta (ex Faceboock): gli utili per azione sono risultati di un 9.43% superiori alle aspettative ma il titolo dopo la pubblicazione dei numeri è partito decisamente al ribasso. Gli investitori temono che Zuckerberg stia investendo, come al suo solito, una spropositata marea di denaro nell'Intelligenza Artificiale. Lui conferma e rincara la dose affermando che oltre ai tanti soldi investiti "ci vorranno anni per guadagnare dall'AI!" Apriti cielo, forse avrà detto anche una sacrosanta verità ma il mercato voleva sentirsi dire altro ed ha iniziato a vendere il titolo... a fine giornata sono andati in fumo 190 miliardi di dollari e l'indice Nasdaq in questo caso non ringrazia.


I risultati di Alphabet sono stati ben superiori alle aspettative e soprattutto la società, oramai matura,  ha annunciato il suo primo dividendo  (20 cts a partire da giugno) e l'incremento della sua attività di riacquisto di azioni proprie. Nel primo trimestre i miliardi spesi per l'AI sono stati 12 e si prevede d'investirne altrettanti fino alla fine dell'anno. Il CEO Pichai ha quindi sottolineato che il programma di AI denominato Gemini procede, non sta costando quanto previsto e soprattutto la sua latenza (la velocità di risposta ai quesiti degli utilizzatori) sta migliorando. Non da ultimo afferma che Gemini "si svilupperà nel tempo, ma ritengo che siamo ben posizionati". Insomma: ha detto più o meno le stesse cose di Zuckerberg ma la forma è ben diversa: quel giorno l'azione ha chiuso ai massimi storici... (freccia nera) e pure il Nasdaq ha festeggiato.




Tutto sommato i buoni risulati dei M7 ma anche di molte altre società hanno aiutato lo S&P500 (+6.92% ytd) a tentare un rimbalzo. Alla fine della scorsa settimana ce lo siamo ritrovati in prossimità della media mobile dei 100 giorni (linea verde) che come sperato ha fatto da supporto e pure l'RSI, che segnalava un ipervenduto, ha convinto gli investitori a rientrare su questo indice. 
I volumi sono leggermente al rialzo ed in questo caso la cosa non guasta, anzi... 
Ora ci troviamo a ridosso della media mobile a 50 giorni (vedi freccia nera) che sembra voglia fare da resistenza e vedremo se i risultati di Amazon (30.4) di Apple (2.5) riusciranno a dare un'ulteriore spinta. 

Non perdiamo di vista mercoledì primo maggio la riunione della FED e soprattutto alle 20.30 l'atteso discorso di Powell: ovviamente NON ci aspettiamo nessun taglio ai tassi... non si parlerà neppure apertamente di stagflazione: se lo farà bisognerà probabilmente leggerlo tra le righe di quello che dirà (o forse anche no... vedremo).



Se guardate bene all'interno del cerchio rosso (clicca sul grafico per ingrandirlo) vi accorgerete che gli ultimi 3 giorni di contrattazioni del Nasdaq (+6.11% ytd) sono stati piuttoso movimentati: come abbiamo già sottolineato Meta e Alphabet hanno dato il loro contributo. 
Il rimbalzo dell'indice tecnologico (+4.31%), anch'esso favorito da un RSI in ipervenduto,  è stato notevole e gli ha permesso di recuperare il 50% delle perdite subite da quanto è uscito dal canale ascendente agli inizi di aprile.  Vederlo ritornare sopra i 16'000 punti non sembra una cosa imposibbile...



Per quanto riguarda l'Eurostoxx50 (+10.74% ytd) è interessante osservare come la media mobile dei 50 giorni (linea viola) stia fungendo da supporto e fino a quando l'indice ci si siede sopra stiamo tranquilli. 
Francamente non riusciamo a capire cosa dobbiamo aspettarci la prossima settimana: i volumi sono i leggero ribasso segno che gli investitori non si stanno buttando a capofitto dentro il mercato europeo e pure a livello di RSI siamo decisamente in posizione neutra. 

Va comunque detto che questo indice ha una delle migliori performance a livello mondiale in buona compagnia di Italia (+12.84%) e Spagna (10.42%) ed una pausa di riflessione non può che fargli del bene. Per conto nostro potrebbe anche spostarsi lateralmente fino alla fine dell'anno senza che gli si possa rimproverare nulla...



Qualche cosa da rimproverare al nostro indice SMI (+1.85% ytd) invece ce l'avremmo! Guardate bene gli ultimi 4 giorni di contrattazioni: non sa da che parte andare! Ovviamente a tutto c'è una spiegazione ma francamente vi renderete conto pure voi che in questo momento lavorarci assieme è scoraggiante. 
Comunque sia quando parliamo di SMI stiamo soprattutto parlando di Nestlé, Roche e Novartis: i primi due recentemente hanno pubblicato i numeri.


Se andate a fare la spesa al supermercato vi sarà facile capire come questo genere di aziende (Unilever ha gli stessi problemi...) hanno ribaltato sul consumatore finale tutti gli aumenti dei costi di produzione tanto da dirottare i consumatori con redditi modesti verso prodotti di altre marche più a buon mercato. 
Nella grande distribuzione quando viene a mancare il supporto di questa categoria di consumatori la cosa si fa sentire e la quotazione in borsa del titolo ne fa le spese. Restiamo comunque fiduciosi e non dovremmo vedere Nestlé andare sotto i 90 chf. Noi la teniamo.


Anche Roche ha i suoi problemi: le vendite dei principali farmaci che hanno nella loro pipeline hanno quasi tutte mancato le stime degli analisti, non di molto ma comunque non le hanno raggiunte... Inoltre continuano i problemi con la ricerca di nuovi farmaci... in queste condizioni non sorprende che il trend del titolo sia in costante ribasso da oramai un paio di anni. Tecnicamente parlando sta facendo una base attorno ai 217 chf ed anche in questo caso il titolo rimane nei nostri depositi.

***



Ha una resa attorno al 5%. Ad inizio anno erano in programma 6 tagli ai tassi ma dopo 4 mesi sono diventati solo due e ci sono delle buone probabilità che di tagli addirittura non se ne vedranno. E' abbastanza facile capire come mai il dollaro è diventato appetibile  anche per gli speculatori che stanno ancora puntando al rialzo. Poi se Trump a fine anno diventerà ancora presidente la musica probabilmente cambierà ma per il momento la forza della valuta americana non sembra essere messa in dubbio. 


Contro franco svizzero si sta dirigendo verso i 92 centesimi... è probabile che fino a mercoledi quando Powell farà il suo discorso a margine della riunione della FED non succederà un granché. Ma se il mercato dovesse accorgersi che veramente spazio per un taglio ai tassi non c'è e l'inflazione al rialzo toglie il sonno alla maggior parte dei Governatori della FED allora i 92 cts e oltre sono a portata di mano.


Contro euro continua imperterrito il trend laterale...



Anche euro/franco sembra volersi muovere lateralmente all'interno di un canale tra lo 0.9690 e lo 0.9820 che sta iniziando ad essere una resistenza di un certo peso. Comunque se date un'occhiata agli incroci delle medie mobili appare evidente che qualche cosa nella dinamica delle due monete sta cambiando ovviamente a favore della valuta europea.


Buona piovosa domenica! 




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