domenica 29 settembre 2024

瑞士和中国削减了开支!

 


Una settimana come quella che sta per terminare, soprattutto a settembre notoriamente mese nefasto per le borse, non ce la saremmo mai aspettata... I mercati azionari, in modo particolare quelli americani, stanno flirtando con i massimi storici e pure quelli europei, che di motivi per festeggiare non ne avrebbero poi molti, non hanno sfigurato. Ma cosa è successo? Semplice: la Cina, che sta cercando di districarsi da una profonda crisi economica, ha varato un piano di stimoli insolitamente audaci come non si vedeva dai tempi della pandemia. Li riassumiamo brevemente:

  • taglio ai tassi di riferimento dello 0.2%
  • riduzione di mezzo punto % dei requisiti di riserva delle banche
  • abbassamento di mezzo punto % dei tassi di interesse dei mutui esistenti (!)
Come ha sottolineato l'Economist commentando l'iniziativa cinese,  "é insolito che la banca centrale si muova su due fronti contemporaneamente, figuriamoci su tre (...) e potrebbe fare di più nel prossimo futuro, forse tagliando i requisiti di riserva di un altro quarto di punto o mezzo punto ancora quest'anno. Una simile "forward guidance" non ha precedenti in Cina, osserva la banca Morgan Stanley". Evidentemente c'è la consapevolezza che il paziente è grave e non lo si cura somministrandogli un'aspirina ma sono necessari provvedimenti più invasivi.

Le reazioni dei mercati asiatici in primis, seguite a ruota da quelli occidentali, non si sono fatte attendere: la sola idea che la Cina possa tornare a spendere ha messo le ali al settore del lusso...


...basta vedere come hanno chiuso giovedì 26 settembre le azioni dei beni di lusso presenti nell'indice CAC 40. Non continuerà all'infinito ma la spinta che arriva dalla Cina ha avuto un effetto decisamente più positivo che non il taglio ai tassi della BCE di due settimane fa... La dice lunga su quanto i legami commerciali tra l'Europa e il Paese del Sol Levante siano importanti.

Già che stiamo parlando di Europa non possiamo sottacere un paio di dati che sono usciti in settimana e che certificano quanto la situazione della sua economia sia intricata:


  • Indice IFO settembre: 85.4 (atteso: 86; precedente: 86.6)
Oramai sono 5 mesi filati che l'indice IFO è in calo a significare che le imprese tedesche percepiscono un deterioramento delle condizioni economiche tanto da attendersi un'estensione del periodo di recessione con tutti gli annessi e connessi. Sappiamo quanto il settore auto tedesco (ma non solo quello)  sia sotto pressione e già questo è sufficiente per mandare in crisi praticamente la totalità degli abitanti  della cittadina di Wolfsburg, quasi tutti impiegati della Volkswagen,  ma quello che i Tedeschi proprio non riescono a digerire e sta dando il colpo di grazia al loro ego sono le intenzioni di UniCredit, banca italiana, che sta cercando di conglobare Commerzbank, banca tedesca, compiendo un'operazione percepita dal cancelliere tedesco Scholz come un "attacco ostile". Ma quando mai è capitato che una banca italiana si voglia comprare una banca tedesca, senza uno straccio d'accordo preliminare, facendo passare l'operazione per quel che in realtà é ovverosia un takeover ostile? E' un po' come dire che il mondo sta girando al contrario... sintomatico di quanto i tedeschi in questo momento siano fragili anche se, conoscendoli, questo stato di cose non durerà in eterno... 

Altro dato che fa riflettere è quanto velocemente l'inflazione europea si sta sgonfiando:
  • Proiezione inflazione Francia A/A settembre: 1.2% (atteso: 1.6%; precedente: 1.8%)
Il rincaro francese è ben al di sotto del 2% stabilito dalla BCE ed impressiona appunto la velocità della sua discesa. Altri paesi, vedi Spagna, hanno percorsi simili e sospettiamo che non sia solo grazie alle ai rialzi  della BCE. Non è da escludere che siamo in presenza di uno scenario deflazionista che, se prolungato, è decisamente pernicioso in quanto incoraggia i consumatori a posticipare gli acquisti poiché si attendono in un futuro prossimo prezzi ancora più bassi. Ovviamente un simile comportamento può contribuire a portare molto rapidamente un'economia verso una recessione o qualche cosa che le assomiglia molto.

A questo punto sono in molti che iniziano a sospettare che la BCE sia "dietro la curva" e la invitano a procedere piuttosto celermente ad effettuare una serie di tagli al costo del denaro, non tanto per "tirar giù l'inflazione", ma per evitare che tutti quanti si faccia la fine della Germania e si finisca in recessione: con le crescite asfittiche che annotiamo non è poi così difficile  Anche la HSBC la pensa allo stesso modo tanto da scrivere ai suoi clienti che "la Banca centrale europea probabilmente taglierà i tassi di interesse in modo più netto di quanto previsto in precedenza abbassando i tassi di riferimento di 25 punti base in ciascuna delle prossime riunioni che si terranno da qui ad aprile". Speriamo che abbiano ragione:  significa che il 17 ottobre avremo un altro taglio, a novembre (13 e 27) non sono previste azioni che influiscono sul costo del denaro ma vista l'urgenza potrebbero anche cambiare idea e si terminerà l'anno (12 dicembre) con altri 25 punti. Poi vedremo cosa farà nel 2025, in teoria almeno altri 4 tagli.

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Per quanto concerne la Svizzera la BNS giovedì 26 ha provveduto, come ampiamente scontato, al suo terzo taglio ai tassi di un quarto di punto. C'era chi si aspettava un mezzo punto secco ma dovrà attendere il mese di dicembre dove con ogni probabilità ci sarà un nuovo taglio dello 0.25%. NON è escluso che la nostra banca centrale si riservi la possibilità di effettuare un taglio ancor prima del mese di dicembre qualora il valore del franco svizzero dovesse continuare ad essere eccessivo. Dal momento che il taglio di giovedì è stato l'ultimo dell'era Jordan, è probabile che il neo governatore Martin Schlegel, sebbene non sia un novellino all'interno della BNS, preferisca non esporsi con mosse a sorpresa prima di aver consolidato la sua posizione e acquisito una certa sicurezza al comando della banca. Sarà quindi difficile che la BNS ci sorprenderà con un taglio non programmato.
Gli effetti di questo taglio li vedremo dopo ma vi anticipiamo che sono stati modesti...


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Dall'altra parte dell'Oceano le cose stanno andando meglio, come confermano pure gli analisti di UBS che abbiamo incontrato questa settimana. Ritengono che quella Americana sia l'unica economia che in effetti di grossi problemi per il momento non ne ha. Lo ha pure confermato la revisione definitiva del PIL del secondo trimestre che ha registrato una crescita del 3% e che dovrebbe, secondo la FED di Atlanta, essere confermata anche per il terzo trimestre.
In realtà molti economisti si stanno aspettando uno scenario da soft landing ed anche la FED probabilmente non ha scartato questa ipotesi motivo per il quale ha spostato una buona parte della sua attenzione verso il mercato del lavoro dove un suo eventuale rapido deterioramento fungerà, come dice un caro amico,  da canarino nella miniera. 




Oramai l'inflazione, che è stata il cruccio principale di Powell e compagni per un bel pezzo, sembra essere definitivamente rientrata come confermato venerdì dal dato concernente le spese per i consumi personali (PCE):
  • PCE agosto yoy         : 2.2% (atteso: 2.3%; precedente: 2.5%)
  • Core PCE agosto yoy: 2.7% (atteso: 2.7%; precedente: 2.6%)
Il PCE non è mai stato così basso da tre anni e mezzo a questa parte ed il modesto aumento del core PCE conferma come l'inflazione non toglie più il sonno a nessuno.

Sempre a margine dell'incontro avuto con UBS si è parlato pure di elezioni americane e chi sarà il futuro presidente: allo stato attuale, malgrado un apparente piccolo vantaggio per Harris, non si è ancora assolutamente in grado di capire chi vincerà, motivo per il quale non è ancora possibile iniziare a ricalibrare, se necessario, le asset allocation dei portafogli dei clienti. 

Ci sono comunque altre due osservazioni che in prospettiva futura abbiamo ritenuto: 
  • Se dovesse vincere Harris, aspettiamoci un incremento dell'aliquota dell'imposta sulle società dal 21% al 28%, "in modo tale che le grandi aziende contribuiscano in maniera equa alle finanze pubbliche." Secondo gli analisti di Goldman Sachs, questo aumento della tassazione potrebbe ridurre gli utili delle società appartenenti all'indice S&P 500 di circa il 5%​. Il condizionale è d'obbligo ma in effetti è difficile che un aumento delle tasse non si ripercuota sui guadagni aziendali. Come la prenderà lo S&P500 non lo sappiamo ma non crediamo benissimo...
  • UBS è stata chiara: né uno né l'altro dei due candidati avrà voglia di metter mano al problema del debito pubblico americano che oramai sta al 120% del PIL... non bello. Purtroppo il Congressional Budget Office (l'agenzia federale non-partisan che fornisce analisi economiche e di bilancio al Congresso) ci avvisa che "continuerà a crescere significativamente nei prossimi decenni. Questo trend riflette un disallineamento strutturale tra le entrate e le spese federali, con una previsione di un rapporto debito/PIL che potrebbe raggiungere il 166% entro il 2054, se non vengono intraprese misure correttive per ridurre il deficit e gestire il debito in modo sostenibile". Se non s'interviene potete facilmente immaginare quali potrebbero essere le ripercussioni sul dollaro americano, prima fra tutte la perdita di fiducia nei suoi confronti. Oggi è ancora la principale valuta di riserva ma lo è sempre meno e se non si farà qualche cosa possiamo solo immaginare che andrà incontro ad un inevitabile indebolimento la qual cosa, purtroppo, ci sembra sia già in essere:


Il Dollar Index, quello che tiene traccia del comportamento del dollaro americano contro le 6 principali valute mondiali, è in effetti dal mese di giugno che si sta indebolendo.


Si sta facendo strada, neanche troppo velatamente,  l'idea che un giorno la valuta americana (linea rossa) in quanto valuta di riserva potrebbe essere rimpiazzata da un paniere di crypto currencies. Ad esempio nelle ultime settimana il bitcoin (linea nera) si sta prezzando contro dollaro. Come abbiamo detto la scorsa settimana potrebbe rafforzarsi con un certa decisione solo se riesce ad andare oltre i 69'000$ e con la volatilità che lo caratterizza non siamo molto lontani... Sicuramente di questa ipotesi ne parleremo in un prossimo nostro intervento.


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Prima di guardare rapidamente i soliti grafici, vogliamo riportare la vostra attenzione ai P/E dei mercati che seguiamo con maggior costanza: i due indici americani non sono decisamente a buon mercato ma fra una decina di giorni inizierà la pubblicazione dei dati del terzo trimestre e sarà un'ottima occasione per capire se effettivamente il loro P/E è giustificato: se non lo è, aspettiamoci una correzione. Fa specie vedere la Svizzera con il P/E europeo più alto a fronte di una performance ytd non stratosferica se la paragoniamo ad altre borse. Mentre la borsa italiana (FTSE MIB)  continua a sorprendere e a quanto pare non è poi così cara: solo 8 volte gli utili... un motivo ci sarà ma ci sfugge.


Sembra che per lo S&P500 (+20.30% ytd) non vi siano più limiti. Superata la resistenza dei 5'650 punti ha raggiunto in un paio di sedute i 5'700 ed ora neppure gli analisti più positivi arrischiano un nuovo target. Come detto sarà fondamentale la terza stagione degli utili che inizierà come di norma attorno al 10 di ottobre con i numeri delle banche. In generale non ci attendiamo delle brutte sorprese: fino a quando l'americano continua a lavorare andrà avanti a spendere sostenendo PIL e utili aziendali.


Il Nasdaq (+20.71% ytd) è riuscito a superare la resistenza dei 18'000 punti ed ora punta per lo meno al raggiungimento del massimo storico... siamo curiosi di vedere se avrà la forza si issarsi attorno ai 19'800 punti che è il target suggerito dalla perforazione del triangolo rosso. Ci vorranno settimane ma il momentum sembra propizio.


Gli effetti prodotti dall'azione della Banca Popolare Cinese si sono fatti sentire anche alla nostre latitudini con un benefico effetto sull'Eurostoxx50 (+12.08% ytd) soprattutto grazie al comparto del lusso. Mancano una sessantina di punti al raggiungimento della resistenza che coincide pure con il massimo storico. Se da parte della BCE giungeranno segnali che in effetti è pronta a pigiare ripetutamente e celermente sul tasto del taglio dei tassi di interesse, potremmo anche sperare di superare il livello storico. Per il momento ci accontenteremmo di restare all'interno del canale di scorrimento laterale posto tra i 4'868 e 5'120 punti. Potremmo così allontanarci dall'ipotesi di un cambiamento del trend che avevamo ventilato la scorsa settimana.


Forse dallo SMI (+9.84% ytd), dopo il terzo taglio ai tassi , ci saremmo aspettati una reazione più brillante ma evidentemente così non è stato. Il taglio era troppo scontato. In effetti il franco svizzero, come vedremo, è rimasto forte e possiamo solo immaginare lo sconforto della BNS quando addirittura il giorno seguente al taglio ha visto la nostra valuta rafforzarsi con una certa decisione. E' pronto un quarto taglio per il 12 di dicembre, taglio che in caso di un eccessivo rafforzamento della nostra moneta potrebbe avvenire anche prima (ma come detto le probabilità non sono moltissime). Tutto sommato il trend del nostro indice rimane al rialzo: siamo lontani sia dalla resistenza (12'550) sia dal record storico (13'000) ma tutto sommato un +9.84% non ci dispiace. A livello di RSI siamo in zona neutra: spazio per salire senza troppi intoppi l'avremmo...

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Abbiamo dovuto metterci l'anima in pace ma neppure il terzo taglio ai tassi ha saputo indebolire il franco svizzero. In effetti tutti stanno tagliando e probabilmente America ed Europa dovranno farlo ancor di più della Svizzera e così si spiega la mancanza di reazione. Lo 0.84 si sta dimostrando un buon supporto ma potrebbe anche non reggere a lungo. Sotto questo livello saremo costretti a vendere un po' di valuta americana.



Anche Euro/chf non ha reagito al taglio se non in minima parte e per un breve lasso di tempo... venerdì ha vissuto una giornata piuttosto complessa (...per non dir di peggio) ma possiamo anche giustificare questi movimenti con un aggiunta di preoccupazione per gli eventi medio orientali che stanno prendendo una piega poco simpatica.


Terminiamo con euro/dollaro: forse a breve saremo costretti a ridisegnare il nostro canale di spostamento laterale portando a 1.12 la linea della resistenza. Per il momento sembra che l'euro non riesca ad andare oltre. Tutte e due le monete nei prossimi mesi subiranno un deciso taglio ai tassi di dimensioni che possono probabilmente essere considerate paritetiche e quindi con un influsso sulle rispettive parità limitato. Sopra 1.12 dovremo comunque rivedere la nostra analisi.

Godetevi la domenica!

PS: traduzione del titolo: Svizzera e Cina tagliano i tassi d'interesse!

domenica 22 settembre 2024

E 0.50% sia!



 Chiedeteci, noi che avevamo previsto un taglio dei tassi americani dello 0.25%, se siamo sorpresi? Un pochino lo siamo ma a dir la verità una riduzione di 50 basis points negli ultimi giorni era tutto sommato nell'aria... A questo punto sorge spontanea un'altra domanda: i mercati si sono spaventati? Non si direbbe ma, come vedremo più avanti, hanno dovuto dormirci sopra una notte prima di stappare lo champagne;  le reazioni dei mercati azionari di mercoledì (tiepide) e giovedì (esuberanti)  parlano chiaro.


 La decisione di ridurre pesantemente il costo del denaro è stata presa quasi all'unanimità (11  membri su 12, non male) e se tutto si svolgerà come da programma, altri due tagli dello 0.25% dovrebbero materializzarsi a margine delle riunioni della FED del 6/7 novembre (il 5 si vota per il presidente...!) e del 17/18 di dicembre (ad ottobre non c'è nessuna riunione). 

Consapevoli della ritrosia della Banca Centrale americana nel ritoccare i tassi durante l'ultima seduta dell'anno (capita di rado ed in condizioni particolari come nel 2001 e nel 2008) è piuttosto probabile che si potrà assistere ad un altro taglio di 50 bps a novembre anche se l'unico Governatore della FED  che ha votato contro il consistente taglio (Michelle Bowman, di fede repubblicana) ci mette sull'attenti in quanto "vedo il rischio che una più ampia azione politica del comitato possa essere interpretata come una prematura dichiarazione di vittoria sul nostro mandato di stabilità dei prezzi”. Vedremo.




Abbiamo analizzato il discorso di Powell cercando di capire come ha giustificato questo primo importante taglio ed in seconda battuta ci siamo chiesti come è riuscito a non mandare in fibrillazione i mercati anche se, come appare nel grafico intraday del VIX, la tensione dalle ore 13 in poi era decisamente palpabile (vedi freccia rossa).

Partiamo dalla seconda domanda in quanto la risposta è relativamente semplice: Powell è stato abile. Ha subito messo le mani avanti dichiarando che la crescita economica americana dovrebbe continuare anche per i prossimi trimestri a svilupparsi attorno ad un valore che si avvicinerà al 2%. Insomma di recessione non ne vuol sentir parlare. 

La sua reale preoccupazione è quella rivolta al mondo del lavoro,  dove intravvede qualche piccola crepa che intende subito sigillare. Infatti afferma che la disoccupazione è ancora tenue (4.2%) ma all'inizio dello scorso anno era di un punto percentuale più bassa. E' consapevole che le aziende stanno riducendo il numero di posti di lavoro vacanti e le assunzioni ma per il momento evitano i licenziamenti come dimostrato anche dal dato di giovedì:

  • Richieste di disoccupazione al 14 settembre: 219k (atteso: 229k; precedente: 231k)
Le richieste sono scese di 12'000 unità ed è il livello più basso dal mese di maggio.


Anche il tasso d'inflazione, sempre secondo Powell sembra sotto controllo e nel 2025 l'obiettivo del 2% è a portata di mano soprattutto se il petrolio e gli affitti dovessero continuare a scendere.

E' anche sì consapevole che la trasmissione degli effetti benefici dei tagli all'economia arriva con ritardo e quindi bisogna muoversi con un certo anticipo.  Il famoso "lag temporale" comunque non si distribuisce uniformemente all'interno del tessuto economico: gli effetti sono immediati per quanto concerne i tassi a breve, ci vogliono dai 3 ai 6 mesi per vedere l'effetto sui prestiti e da 1 fino a 6 anni per osservare gli effetti sull'attività economica, inflazione ed occupazione compresi. Se il suo attuale cruccio è quello del mercato del lavoro si capisce che vuol agire d'anticipo piuttosto che esser costretto a rincorrere la disoccupazione qualora quest'ultima gli sfuggisse di mano. 

Insomma, in realtà ha detto molto di più ma ci fermiamo qui e ci accontentiamo di sottolineare come Powell non ha dato l'impressione di essere in "ritardo" con i tagli e la riduzione di 50 bps è la dimostrazione dell'impegno che la FED ci sta mettendo per "non restare indietro". Il mercato, dopo un'attenta riflessione durata una notte intera, gli ha creduto e lo ha premiato giovedì spingendo gli indici in deciso rialzo. Purtroppo non si è replicato venerdì 20 settembre ma è stata una giornata, come ogni fine trimestre, di tripla scadenza opzioni e futures che crea sempre un po' di volatilità difficile da controllare:  basta sapere che il valore del sottostante delle opzioni in circolazione sfiora i  5.3 trilioni di dollari e con una simile massa in movimento è difficile non scombussolare i mercati. Vedremo lunedì se ritorneremo alla normalità.

Ora che Powell ha dato il via ai tagli dei tassi è fondamentale che il percorso di riduzione non si fermi a questo mezzo punto. Infatti se così fosse il taglio non servirebbe a molto. Seguite il ragionamento:

le stime della FED ci dicono che la famiglia americana media, escludendo le ipoteche, ha accumulato sulle carte di credito un debito di circa 6'000 dollari che al tasso percentuale medio del 22.76% sta costando 113.8 $ al mese. Un taglio ai tassi di mezzo punto riduce il pagamento mensile a 111.3$ ovverosia 2.5$ in meno. Insomma, questo primo taglio non sposta l'ago della bilancia di una virgola e non pensiamo che le famiglie americane, con due dollari e mezzo in più nelle loro tasche ogni mese, si metteranno a fare spese pazze. E' chiaro che per vedere dei risultati tangibili a tutti i livelli (consumi, disoccupazione, PIL, ecc.)  i tassi dovranno continuare a scendere almeno di altri 150 basis points.

Comunque se per la famiglia media americana un taglio di mezzo punto serve a poco, c'è qualcun altro che ad un simile taglio non sputa di certo addosso: il debito pubblico americano (dategli un'occhiata in real time, fa impressione: clicca qui ) è di circa 35 trilioni di dollari ed un taglio di mezzo punto fa risparmiare al Tesoro, se abbiamo calcolato correttamente, circa 175 miliardi di interessi passivi all'anno. Dal momento che è probabile che il debito pubblico americano sia destinato a crescere (né Harris, né Trump hanno intenzione di provare a ridurlo) diventa imperativo che questo debito inizi a costare un po' meno. Un taglio di mezzo punto aiuta... avanti così.

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Per il momento lo spettro di una recessione, se proprio di recessione bisogna parlare, si è allontanato e gli investitori hanno approfittato della situazione per vendere un po' di Treasury e spostare gli investimenti verso i più rischiosi mercati azionari che dovrebbero approfittare maggiormente dell'inizio di questo ciclo di riduzione dei tassi. Inevitabile il rialzo dei rendimenti del decennale (linea nera) mentre il Treasury a due anni continua la sua inesorabile discesa: oramai lo spread tra il decennale e il due anni si sta allargando ed ha oltrepassato i 15 basis points e dovrebbe continuare a crescere. Probabile che i portafogli con una duration piuttosto corta nelle prossime settimane reagiranno un pochino meglio di quelli a duration più lunga. Poi il tempo riequilibrerà le cose. Noi abbiamo allungato le scadenze senza andare troppo lunghi... forse abbiamo fatto bene.



Altra Banca Nazionale che si appresta a ridurre i tassi è quella Svizzera. Giovedì 26 settembre sapremo se il taglio sarà di 25 punti base oppure se Jordan avrà il coraggio di ridurli di mezzo punto, la qual cosa non è da escludere. La necessità di ridurre la forza del franco è palese a tutti ed un taglio deciso potrebbe in effetti ottenere celermente l'effetto sperato. Nel frattempo il tasso Saron sul franco (vedi grafico qui sopra) si sta adeguando al nuovo scenario: è probabile che la curva dei tassi si normalizzerà a breve e gli effetti positivi sulle operazioni creditizie si stanno già sentendo. 

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Per il momento il modello di Ned Davis non fa una grinza. Ci stiamo chiedendo che cosa può provocare una correzione che, secondo l'algoritmo, dovrebbe avvenire a breve. Le cause potrebbero essere molteplici: in primis siamo tutti d'accordo che forse una pausa di riflessione ai mercati azionari non farebbe male (ricordiamoci dove sono finiti i P/E); fino a novembre non avremo più stimoli da parte della FED e quindi saremo in balia dei dati macroeconomici. Lo scenario mediorientale ci riserva sempre qualche sorpresa, per il momento con poche ripercussioni sui mercati, ma potrebbe non sempre essere così ininfluente... La prossima settimana ci concentreremo sull'attività della BNS (26.9) poi vedremo.

Abbiamo comunque intercettato una ricerca della Deutsche Bank (DB) che ci mette sull'attenti che vi potrebbero essere 5 buoni motivi per essere positivi sui mercati; ve li elenchiamo rapidamente senza troppi commenti:

  • La FED sta per intraprendere un ciclo di allentamento monetario
  • I dati globali continuano ad allontanare il pericolo di una recessione
  • I mercati si sono già portati avanti e ancora prima dei tagli le condizioni di finanziamento sono già diventate più a buon mercato
  • Gli asset di rischio durante il 2024 hanno dimostrato di essere straordinariamente resistenti
  • Il quarto trimestre è quello che storicamente risulta essere il migliore per le azioni.
E' uno scenario da Goldilocks quello disegnato da DB ma in effetti non sta dicendo nulla di particolarmente inopportuno. Comunque se crediamo a DB a maggior ragione, dopo anni che ha dimostrato la sua validità,  siamo anche autorizzati ad avere fiducia nell'algoritmo di Ned Davis che per la fine di quest'anno prevede uno S&P500 al rialzo di ancora un rispettabile 10%. Noi vogliamo crederci...

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Stiamo perdendo smalto... ieri sera abbiamo stampato i grafici aggiornati del Nasdaq (+19.56% ytd) e dello S&P500 (+19.55% ytd)  e ancora una volta li abbiamo dimenticati nella stampante...  😖. 
Comunque sia i due indici stanno flirtando con i massimi storici e dopo il taglio di 50 basis points cercheranno di andare anche oltre... è comunque stata una settimana decisamente  positiva come è testimoniato anche dal grafico di Ned Davis.


Invece non possiamo dire di essere particolarmente soddisfatti di quanto sta accadendo in Europa: l'Eurostoxx50 (+7.17% ytd) sta disperatamente cercando di risalire sopra la resistenza dei 4'868 punti ma non riesce a confermarla... Purtroppo quanto sta succedendo in Germania comincia a preoccupare seriamente con delle ripercussioni che impattano sullo Stoxx50. 
La società di gestione indipendente Neuberger Berman in poche parole ha sintetizzato i problemi che i Tedeschi devono affrontare: 

"La Germania ha sperimentato una prolungata recessione industriale, con un calo del 20% della produzione industriale rispetto al picco raggiunto nel 2017. La crisi, a nostro avviso, è strutturale: la sovracapacità, gli alti costi del lavoro e dell’energia ed il calo della produttività sono spesso citati dai dirigenti come fattori che riducono la competitività rispetto ai concorrenti globali. A nostro avviso, sono necessarie ristrutturazioni senza precedenti , ma probabilmente saranno molto difficili da attuare, data la forza dei sindacati locali e le complesse strutture di governance aziendale, con la gestione tipicamente controllata da consigli di sorveglianza in cui siedono e votano i dipendenti e i rappresentanti sindacali. (...) I settori chimico e automobilistico, entrambi vitali per l’economia tedesca, sono attualmente in condizioni precarie a causa della loro sensibilità all’attuale rallentamento economico e sono emblematici dei cambiamenti necessari. La chimica, penalizzata dall’indebolimento della domanda e dall’aumento dei costi energetici a partire dal 2022, ha iniziato prima la ristrutturazione, ma questi sforzi non hanno ancora prodotto tutti i benefici (...)  Il settore automobilistico del Paese si trova ad affrontare dinamiche di mercato finali sempre più difficili, con una domanda in calo e problemi di sovracapacità, e solo di recente ha iniziato a prendere in considerazione una ristrutturazione più profonda. (...) Queste ristrutturazioni di alto profilo saranno probabilmente un tema caldo nei mesi e negli anni a venire, e gli investitori dovranno capire il prima possibile quali avranno successo in un panorama inesorabile e darwiniano."

Sembra di sentir parlare Draghi ma oramai non possiamo più ignorare che la Germania è la grande malata dell'economia europea e dobbiamo farcene una ragione.. qualche cosa bisogna comunque assolutamente fare. A quanto pare non abbiamo più molto tempo a nostra disposizione.



Non passa settimana senza che non ci mangiamo il fegato a causa dei problemi di qualche importante componente dello SMI (+7.15% ytd). E' un vero peccato in quanto senza questi "incidenti di percorso"  l'indice potrebbe essere a dei livelli ben superiori! Se osservate bene,  il trend rialzista è ancora in essere anche se questa settimana a fare le bizze ci ha pensato Nestlé.


Sappiamo che ha dei problemi, il franco forte la penalizza, dal primo di settembre ha un nuovo CEO e ci vorrà del tempo prima che qualche cosa cambi. Ma è soprattutto la quotazione di venerdì,  franata in totale assenza di informazioni, che non riusciamo a capire. Vogliamo dare la colpa alla giornata di scadenza opzioni che ha generato movimenti strani? Se guardate i volumi di venerdì (enormi) forse una spiegazione la troviamo proprio nel mondo dei derivati. Il titolo si trova ora in netto ipervenduto e vedremo lunedì se qualcuno se n'è accorto. Se osserveremo un rimbalzo allora con ogni probabilità il nostro sospetto è corretto ma se continuerà la sua inesorabile discesa allora significa che i problemi sono molto più strutturali e di sostanza e ci sarà da preoccuparsi...

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Dunque se non sbagliamo hanno appena tagliato i tassi americani di mezzo punto ed il dollaro si sta rafforzando contro il franco svizzero. Difficile da spiegare... probabilmente è la convinzione che circola tra gli investitori che la BNS sarà quasi costretta a tagliare i tassi di mezzo punto... Forse, come abbiamo visto , è a causa del leggero aumento delle rese del Treasury a 10 anni, chi lo sa? 

Comunque sia il supporto del dollaro/franco è decisamente quello 0.84 che abbiamo già testato tre o quattro volte... Ci preoccupiamo solo se dovessimo andare sotto questo livello.



Qualcuno ci deve spiegare la forza dell'euro... Malgrado il taglio di un quarto di punto della scorsa settimana sta continuando a rafforzarsi ed è in procinto di bucare al rialzo la media mobile dei 50 giorni, evento che potrebbe rinforzare ulteriormente la valuta europea. Forse anche in questo caso il mercato inizia credere che un taglio di 50 basis points dei tassi svizzeri non è impossibile e quindi si stanno portando in avanti con i lavori.


Anche contro dollaro l'euro sta guadagnando terreno! Ma chi lo sta comprando? ci chiediamo... Rappresenta una economia che, come abbiamo visto, qualche problema da risolvere ce l'ha. E' vero che la Germania non è l'Europa tutta intera ma economicamente parlando ha pur sempre un peso specifico che non possiamo ignorare. Tecnicamente sembra che ci sia una resistenza importante attorno all'1.12...se la supera tornare indietro non sarà facile e rischiamo veramente di ritrovarci con euro/usd a 1.17/ 1.18...


Un'occhiatina al bitcoin la vogliamo dare. A quanto pare tutto questo parlar di tagli ai tassi lo sta ringalluzzendo: per il momento però il suo trend di medio periodo è ancora rivolto al ribasso. Si potrebbe diventare acquirenti convinti solo dopo aver superato la resistenza dei  69'000$ .



Sull'oro (+27.77% ytd) non vi diciamo niente... ve lo facciamo solo vedere... Bello!


Buona domenica!

domenica 15 settembre 2024

La BCE ha tagliato


Chiediamo subito scusa ai gatti di tutto il mondo ma soprattuto a quelli che vivono a Springfield e d'intorni ma quando c'è di mezzo Trump non si sa mai dove si va a parare ed infatti questa settimana sono stati involontari protagonisti della campagna elettorale presidenziale... 

E' stata una settimana ricchissima di avvenimenti e andiamo a raccontarvela, senza troppa fantasia, seguendo il solito ordine cronologico.

Martedì 10 settembre eravamo veramente curiosi di vedere come sarebbe finito l'incontro televisivo tra i due pretendenti alla Casa Bianca. Orbene, a detta di chi ne capisce qualche cosa di dibattiti televisivi, la Harris ha parlato meno ma si è espressa meglio (diciamo che quello che ha in testa pare le sia chiaro) mentre Trump ha parlato di più ma in maniera confusa e meno articolata come confermato da un analista del linguaggio interpellato dal The Economist*. L'impressione che abbiamo avuto è quella di una vittoria uno a zero per la Harris che ha avuto a tratti la strada spianata dallo stesso Trump.

 Se avete avuto la pazienza di seguire il dibattito è abbastanza probabile che, delle 33 bugie accertate e disseminate qua e là da Mr Trump durante i suoi interventi, una vi è rimasta ben impressa nella mente: a quanto pare "a Springfield in Ohio gli immigranti haitiani stanno mangiando cani e gatti di quelli che vivono lì e questo è una vergogna". Difficile provarlo ma Donald sembrava parecchio convinto di quello che stava dicendo... Insomma è un'affermazione che riporta la memoria degli americani ai tempi della Guerra Fredda che, se ben ricordate, era quel periodo caratterizzato dalle bizzarre abitudini alimentari dei comunisti che erano soliti mangiare i bambini... Demonizzare il nemico a quanto pare non passa mai di moda. Nel caso degli haitiani residenti in America non crediamo sia necessario fare ricorso ai fact-checkers per testare quale sia il loro attuale regime alimentare ma comunque l'affermazione è bastata per scatenare la fantasia di migliaia di memers che con ironia hanno invaso la rete con la loro creatività non facendo di certo un favore a Trump. Vorremmo sentire cosa ne pensa il suo stratega responsabile della comunicazione  ma, considerato che la Harris prima dell'incontro faceva gara a pari con Trump ed ora pare abbia 5 o 6  punti percentuali di vantaggio, non crediamo che sprizzerà gioia da tutti i pori. Come avevamo previsto un bis in mondovisione Trump lo eviterà accuratamente anche perché è convinto che il face to face con la Harris l'abbia vinto lui e, lo citiamo testualmente, "malgrado il dibattito sia stato truccato dall'emittente ABC". Altrettanto prevista la reazione del mercato che è stata pressoché nulla...

* "In primo luogo Trump è riuscito a parlare più della sua avversaria: ha parlato per un totale di 42 minuti contro i 37 della signora Harris, e con 198 parole al minuto contro le 160 di lei. Inoltre, ha fatto più turni, intervenendo così spesso da parlare 54 volte contro le 29 di lei. Ma il vocabolario della signora Harris era notevolmente più vario. Le sono servite circa 4.000 parole pronunciate per usarne 1.000 distinte; l'ex presidente ne ha impiegate 6.000 per raggiungere lo stesso traguardo, probabilmente perché si ripete così spesso". (The Economist online, 11.09.2024)

Facendoci aiutare da ChatGPT , a margine del nostro post, abbiamo riassunto in modo sommario i temi principali che sono stati affrontati durante il face-to-face riportando le posizioni dei due candidati.

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Magari prima di passare ad altro vogliamo sottoporvi una piccola curiosità da prendere ovviamente con le solite pinze. In settimana un amico ci ha chiesto se per i mercati è meglio che vinca un Democratico oppure un Repubblicano. Buona domanda. La risposta non è scontata...

Ci siamo presi 10 minuti, siamo andati a vedere come si è comportato lo S&P 500 dal 1974 in poi ed abbiamo calcolato la performance dell'indice per ogni Presidente. Poi  abbiamo semplicemente sommato le performance dell'indice sia sotto la guida repubblicana (R) che democratica (D) . Se contate gli anni: 27 sono quelli a presidenza repubblicana mentre i democratici hanno governato per 24 anni.


Il mero risultato numerico della sommatoria della performance % tra guida repubblicana e democratica appare chiaro. Evidentemente ci sono degli enormi "distinguo" da fare tra un periodo storico e l'altro (soprattutto per Bush figlio). Ovviamente ognuno di voi è liberissimo di interpretare le cifre come meglio gli pare. Noi ci fermiamo qui.

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Dobbiamo ora parlare di numeri ma il CPI americano pubblicato mercoledì 11 settembre non può passare sottotraccia:

  • CPI agosto:          2.5%  (atteso: 2.5%; precedente: 2.9%)
  • Core CPI agosto: 3.2%  (atteso: 3.2%; precedente: 3.2%)

Molto bene il movimento al ribasso dell'inflazione generale; un pelino deludente il dato sull'inflazione di base che come ben sappiamo è quello che maggiormente interessa alla FED. Purtroppo questo dato è stato recentemente appesantito dall'aumento del costo degli alloggi che notoriamente è una categoria di costi che necessita di tempo per cambiare direzione. 

Interessante gettare un'occhia al grafico sottostante che ci mostra quali sono i settori che negli ultimi 12 mesi hanno contribuito a creare inflazione e quelli che invece l'hanno ridotta:


Ad ogni modo siamo sempre più convinti che la prossima settimana la FED taglierà i tassi di un quarto di punto in quanto a) non ci sembra che sia in ritardo (anche se il largo spread tra rendimenti dei Treasury e quello dei Fed funds suggerirebbe altrimenti...) e b) una core CPI inchiodata al 3.2% suggerirebbe prudenza.

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Ammettetelo anche voi che giovedì 12 settembre non vedevate l'ora di vedere la Lagarde all'opera. Dai, è stata brava. Ha fatto quello che andava fatto ovverosia un altro taglio ai tassi di un quarto di punto che ha giustificato come segue: "Le previsioni indicano che l'inflazione dovrebbe scendere al 2,5% nel 2024 e raggiungere il 2% entro la fine del 2025. Tuttavia, persistono rischi legati all'aumento dei salari e alle tensioni geopolitiche, che potrebbero influenzare i costi energetici" Tradotto: il rincaro sta andando nella giusta direzione ma non tutto quadra ed in effetti per quanto riguarda i servizi l'inflazione rimane alta (4.2% ad agosto).

E' chiaro che è spaventata dai salari più che dai costi energetici (avete visto dove è andato il petrolio?) e forse non ha completamente torto:



E' noto che un aumento dei salari reali (i salari al netto dell'inflazione) fanno aumentare il potere d'acquisto dei lavoratori ma è pure consapevole che alla lunga potrebbe rilanciare l'inflazione soprattutto in un contesto dove i mezzi di produzione sono poco efficienti e tutto il sistema economico va rivisto e corretto.

Infatti in riferimento alla crescita economica afferma: "La crescita del PIL per il 2024 è stata rivista leggermente al ribasso, con un'aspettativa di ritorno al potenziale economico solo nel 2025. Potrebbero esserci ulteriori revisioni al ribasso delle previsioni di crescita" che giustifica in tal modo  "Le misure di politica monetaria stanno funzionando, ma i loro effetti si stanno manifestando lentamente. I costi dei prestiti restano elevati e la domanda di credito è debole, con l'impatto dei precedenti rialzi ancora in corso."

Dobbiamo quindi aspettarci altri ribassi? Sarebbero auspicabili ed infatti la Lagarde ha mantenuto aperta la possibilità di ulteriori tagli che però  "non avverranno prima di dicembre 2024, a causa dell'incertezza economica attuale.

Che dire? Se i costi dei prestiti restano elevati, la domanda di credito è debole, l'economia non riparte se non lentamente e malgrado i salari reali positivi l'inflazione sembra scendere, perché aspettare fino a dicembre per un altro taglio? La domanda, temiamo, resterà senza una risposta ma nel frattempo ci sono interi settori dell'economia europea che stanno boccheggiando (per maggiori informazioni rivolgersi al comparto automobilistico) e che andrebbero aiutati. Dicembre arriva presto ma potrebbe essere già tardi.

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Grazie ai tagli ai tassi continua il recupero del reddito fisso sia in euro (primo grafico) e soprattutto in dollari (secondo grafico). Alleghiamo i due grafici  senza particolari commenti:





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Ricordate come avevano chiuso i mercati azionari venerdì 6 settembre? Le nostre mani, pensando a come avrebbe aperto l'Europa il lunedì successivo, erano già finite nei capelli! Invece abbiamo dovuto ricrederci: non è stata una bella apertura ma poteva andare peggio. Anzi, soprattutto in America la settimana borsistica è stata una delle migliori da molto tempo. Evidentemente l'imminente taglio ai tassi si sta facendo positivamente sentire ma dobbiamo comunque prestare attenzione:


 Ned Davis, che fino ad oggi ha sbagliato poco o nulla, ci mette sull'attenti. Le prossime settimane possono essere ballerine e si salirà con decisione, speriamo, solo dopo le elezioni americane. Quindi nulla in contrario se qualcuno vuol alleggerire le posizioni. Per tutti gli altri bisogna che si attrezzino a sopportare un po' di volatilità aggiunta ma NON dovremmo essere confrontati con dei decisi cambiamenti del trend di medio periodo.


Certo che lo S&P500 (+17.95% ytd) non finisce mai di stupire. La scorsa settimana stavamo dissertando di una possibile correzione fino ai 5'230 punti ed invece, dopo aver fatto un ritracciamento del 50% dell'ultimo movimento rialzista avviatosi agli inizi di luglio, è ripartito al rialzo ed oggi stiamo flirtando con i massimi storici! I 5'650 punti sono una resistenza di tutto rispetto e vedremo se il taglio di mercoledì prossimo sarà in grado di fornire il propellente utile per superare questo ostacolo. Non ci resta che incrociare le dita.




Anche per il Nasdaq la settimana si è chiusa in buon rialzo: non siamo ancora in prossimità dei massimi storici ma potremmo anche non esser troppo lontani. Ben consapevoli di come un taglio ai tassi sia benefico per molte società che compongono questo indice,  diciamo che la nostra visione a corto è da bicchiere mezzo pieno. Non vorremmo correre troppo lasciandoci trasportare dall'entusiasmo ma forse ci sembra di aver intravisto un triangolo simmetrico (in blu) che se rotto nella parte superiore potrebbe avviare un ciclo rialzista che lo porterebbe a sfiorare i 20'000 punti. Per il momento dimenticate quello che abbiamo appena scritto... vedremo verosimilmente la prossima settimana se e come verrà forato questo triangolo. Attenzione! Potrebbe anche venir forato nella parte bassa ed allora il segnale non è decisamente dei migliori. Prima di fare qualsiasi cosa vediamo la direzione dello sforamento.



Prima di entrare nel merito dell'Eurostoxx50 (+7.13%) vogliamo farvi vedere una cosa:



Le azioni sottolineate in rosso sono un estratto del settore auto tedesco e la relativa chiusura intraday del 10 di settembre... E' lampante che il settore ha dei seri problemi e se non si risolvono in fretta non solo per la Germania ma per l'Europa intera ci saranno noie a non finire. Magari la prossima settimana ci possiamo concentrare sul piano elaborato da Draghi, che abbiamo letto solo trasversalmente, e vedere cosa propone per uscire dalla crisi.

Nel frattempo un +7.13%, nelle condizioni economiche nelle quali ci troviamo, è ancora un buon risultato. Saremmo più tranquilli se l'indice avesse la forza di rientrare nel canale di scorrimento laterale (tra gli 4'868 e 5'130 punti) ma non sarà facile. Il trend sta prendendo una brutta piega e se non si dà una mossa dovremo alleggerire la parte azionaria europea... Certo che se i tassi non si muovono più fino a dicembre (Lagarde dixit) non possiamo pretendere che questo indice viva solo della luce riflessa da S&P500 e Nasdaq.




Possiamo dirlo? Siamo per l'ennesima volta decisamente arrabbiati con Roche! Nel bel mezzo di una settimana che si poteva concludere ben altrimenti di come invece ha terminato venerdì, piomba out of the blue una news che comunica l'ennesima difficoltà nello sviluppo di un farmaco. Purtroppo si tratta di un prodotto per chi soffre di obesità (di gran moda recentemente...) prodotto che è stato sospeso già in fase 1 a causa delle preoccupazioni legate agli effetti collaterali osservati durante il test. Pare che il campione testato fosse composto da sole 6 persone... ma forse abbiamo capito male e/o ci saranno degli obblighi di pubblicazione in ottemperanza alla massima trasparenza ma ci stiamo chiedendo se la pubblicazione di un simile dato poteva anche essere evitata... Cosa sta succedendo nei laboratori della Roche non è dato a sapere ma, a naso, diremmo che non tira una buona aria. Il titolo ha reagito in apertura come doveva reagire con un quasi -5% ed ha trascinato lo SMI (+8.08% ytd)  con sé. Peccato. Comunque, ad onor del vero, non tutto è andato a catafascio e parecchi titoli si sono comportati onorevolmente. Ricordiamoci che il 26 settembre la BNS dovrebbe anch'essa tagliare i tassi di un quarto di punto. Sarebbe un aiutino molto gradito.

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Come è logico che sia il taglio ai tassi europei ha indebolito leggermente l'euro che come la scorsa settimana ha concluso la sua corsa all'interno del canale di scorrimento laterale. Difficile dire dove possa andare ma il fatto che la FED sta per iniziare un cliclo di tagli non vediamo per quale motivo proprio adesso il dollaro deve iniziare a rafforzarsi... Qualche idea più precisa del suo comportamento ce la faremo solo dopo il taglio di mercoledì. Portiamo pazienza.



Anche contro franco svizzero l'euro sta manifestando una palese debolezza tanto da non più riuscire ad andare sopra lo 0.9420. Anche in questo caso dovremo aspettare il 26 di settembre quando la BNS con ogni probabilità taglierà i tassi per vedere se si può sperare in un suo rafforzamento, ma non siamo per nulla sicuri...


Il dollaro per contro ha trovato la forza di scostarsi dal supporto a 0.84 e sta tentando di andare oltre lo 0.85... l'impresa non sembra comunque facile da realizzarsi soprattutto in vista del taglio di mercoledi. Saremmo comunque già contenti se riuscisse a confermare il supporto degli 84 centesimi.



Oro superstar! Come avevamo previsto (in realtà è l'analisi tecnica che ce l'ha suggerito...) l'oro questa settimana ha raggiunto (e superato...) il nostro target posto a 2'560$ per oncia. Dove potrà ora andare non lo sappiamo ancora... UBS ha messo un nuovo obiettivo per il metallo giallo a 2'700$ giustificando l'upgrade con il forte aumento della domanda di ETF sull'oro. Il ribasso dei tassi, il dollaro debole e una poco piacevole sensazione che qualche serio guaio geo-politico prima o poi salterà fuori ha fatto il resto. Non scordiamoci che molte Banche Centrali continuano inesorabilmente a costituire riserve in metallo giallo... Ribadiamo: per il momento l'oro è da tenere in deposito.


Buona domenica!


Per chi ha ancora voglia di leggere, proponiamo un riassunto di quanto è stato discusso nei 90 minuti del face to face tra la Harris e Trump. Dobbiamo ammettere che entrambi se la son guardata bene di non entrare troppo nei dettagli del loro programma economico... Speriamo che a tal proposito abbiano le idee in chiaro!





domenica 8 settembre 2024

Recessione USA in arrivo?



Siete in tanti che ci avete chiesto cosa sta succedendo ai mercati in questi giorni poiché sono decisamente posizionati in modalità risk off. Che ci sia dell'apprensione nell'aria lo testimonia pure l'indice VIX che da inizio settembre è di nuovo in fibrillazione. Per cercare di capirne il motivo dobbiamo andare, come al solito, in America da dove tutto parte.

In assenza di dati societari (dobbiamo pazientare ancora un mesetto) tutta l'attenzione è rivolta ai dati macroeconomici e questa settimana, ad insinuare il dubbio che l'economia americana è pronta ad entrare in recessione, ci hanno pensato una manciata di numeri che fra poco andiamo a vedere. 

Quella della recessione in arrivo è però solo uno dei tanti motivi che possono spingere gli investitori a disfarsi dei loro titoli. Dal nostro punto di vista è  probabile che la correzione sia stata avviata da motivi tecnici (lo vediamo quando analizzeremo i grafici),  dal livello insostenibile raggiunto dai mercati a livello di P/E e quant'altro e dalla insicurezza derivante dalle future elezioni presidenziali; il tutto viene poi condito con un mix di apprensione ed inquietudine  per i soliti scenari geo-politici che da un momento all'altro potrebbero assumere brutte pieghe. 

 Ma ritorniamo a noi e andiamo a vedere i dati:

  • 3 settembre: ISM manifatturiero agosto: 47.2% (atteso: 47.9%; precedente: 46.85) 
Leggermente meglio del precedente ma sotto le aspettative, il dato indica che per questo settore la crisi perdura da più di 5 mesi. Ci sembra interessante il commento del presidente dell'ISM, Timothy Fiore, che mette in chiaro un paio di cose: "il settore manifatturiero dell'economia USA è da tempo in crisi; è vero che i tassi scenderanno a partire da metà settembre (bene!) ma la domanda rimane debole poiché le aziende non sono disposte ad investire capitale e creare scorte a causa degli attuali alti tassi di interesse e soprattutto dell'incertezza elettorale. Ciò significa che i benefici della riduzione dei tassi non saranno immediati e potrebbero tardare a palesarsi (non benissimo!). Le imprese prima di muoversi con decisione, vorranno avere la certezza dei programmi del prossimo presidente USA".

In effetti Fiore potrebbe avere ragione: se fino a qualche settimana fa la vittoria di Trump non era messa in discussione, con l'arrivo di Harris le cose sembrano cambiate. Non diamo molta importanza ai sondaggi (per buona pace della sociologia empirica...) ma siamo invece molto interessati al face to face tra i due pretendenti alla presidenza programmato per il 10 di settembre. E' probabile, soprattutto se la Harris si presenta preparata a puntino mettendo Trump in difficoltà, che altri dibattiti non ne seguiranno e quindi quella del 10 è un'occasione da non perdere sperando, ma non diamolo per scontato, di capire meglio le intenzioni dell'uno e dell'altro. 

  • 4 settembre: Posti di lavoro vacanti (JOLTs) luglio: 7.7 mio (atteso: 8.1 mio; prec.: 7.9 mio)
Non è escluso che un'offerta inferiore di posti di lavoro possa anticipare una recessione in arrivo. E' comunque un segnale tangibile che il mercato del lavoro sta diventando sempre meno dinamico e potrebbe fare da battistrada ad un aumento della disoccupazione...

... che in effetti lentamente ma inesorabilmente sembra essere al rialzo. La cosa dovrebbe preoccuparci? Ovviamente da un lato un minimo di preoccupaizione dovremmo averla ma dall'altro assieme alla FED non stavamo appunto aspettando uno scenario simile dove il raffreddamento del mercato del lavoro avrebbe dato il via ad un ciclo di tagli ai tassi di interesse? Come abbiamo ripetuto molte volte saremmo seriamente angosciati se i tassi fossero già vicini allo zero e lo spazio per una serie di tagli fosse decisamente limitato. La realtà, per fortuna, è ben diversa: lasciamo che i tagli inizino, vedremo come reagirà l'economia e se il risultato sarà poco soddisfacente  allora saremo autorizzati ad entrare in modalità fibrillazione...

  • 5 settembre: Variazione salari non agricoli ADP agosto: 99k (atteso: 140k; prec.: 111k)



Notoriamente gli ADP sono un dato piuttosto volatile motivo per cui vengono spesso utilizzati come indicatore complementare, piuttosto che come misura definitiva dello stato dell’occupazione. Ciò non toglie che conferma che anche l'occupazione nel settore privato negli Stati Uniti da qualche mese è meno brillante...

I dati pubblicati il 6 settembre erano molto attesi ed in effetti hanno creato un po' di confusione che poi si è riversata sui mercati in modo anche inatteso:
  • Nuovi posti di lavoro agosto: 142k (atteso: 161k; precedente: 89k)

Hanno creato meno posti di lavoro (142k)  rispetto a quelli attesi (161k) ma sono decisamente al rialzo rispetto a quelli di luglio.
  • Disoccupazione agosto: 4.2% (atteso: 4.2%; precedente: 4.3%)
  • Salari orari y/y            : 3.8% (atteso: 3.7%; precedente: 3.6%)
E' abbastanza probabile che i nuovi posti di lavoro, una disoccupazione in leggero ribasso e soprattutto l'aumento dei salari orari che contrasta con lo scenario di un'entrata dell'economia in recessione profonda abbia avvalorato l'ipotesi che il 18 di settembre il taglio ai tassi sarà solo dello 0.25% e non di mezzo punto come insistentemente il mercato sembrava essere orientato. La delusione è stata palese.

La reazione di venerdì dei mercati azionari di mezzo mondo l'avete vista ma se il dato vi è sfuggito date un'occhiata alla tabella sottostante:


Spicca il -1.73% dell'S&P500  ed il -2.55% del Nasdaq: purtroppo lunedì non ci aspettiamo nulla di buono all'apertura dei mercati europei. Da notare che lo scenario del comparto azionario sembra molto quello di inizio agosto dove i mercati avevano mandato al macero almeno la metà dei guadagni fatti da inizio anno. A settembre lo scenario sembra ripetersi ma volendo guardare il mercato con l'ottica del bicchiere mezzo pieno ora le quotazioni non diciamo che sono diventate tutte a buon mercato ma per lo meno sono più sostenibili. Non dimentichiamoci che il recupero repentino visto durante il mese di agosto aveva rispedito i P/E di molti mercati dove si trovavano a fine luglio ovverosia in un territorio che imponeva una correzione...  

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La scorsa settimana avevamo segnalato per lo S&P500 (+7.05% ytd)  un possibile doppio massimo (le due mezzelune rosse) che purtroppo è diventato una realtà. Una visita ai 5230 punti  che fanno da supporto non la possiamo escludere e noi restiamo relativamente calmi in quanto siamo ancora all'interno di un trend ascendente. Sotto i 5230 punti ci sarà da preoccuparsi... ma il ciclo di tagli ai tassi che avvierà il 18 settembre la FED dovrebbe evitare un tale scenario.


Ci stiamo seriamente chiedendo se il Nasdaq (+11.19% ytd) è pronto ad un cambio del suo trend... abbiamo tracciato un po' grossolanamente il canale nel quale si è infilato a partire dalla metà del 2022 ed è chiaro che da giugno in poi questo indice è diventato decisamente più inquieto. Non dimentichiamoci che a spingerlo agli attuali livelli sono state una manciata di azioni (leggi M7) che quest'anno hanno fatto bene ma non benissimo come lo scorso anno... Per fortuna un po' di alleggerimento sull'indice è stato fatto. Diciamo che tolleriamo una correzione al massimo fino ai 15900 punti o giù di lì...


Male, anzi malissimo il comportamento dell'eurostoxx50 (+4.79% ytd) che sta soffrendo per la crisi della Germania: non passa giorno che da quella che una volta era la locomotiva della crescita economica arrivino notizie non proprio positive: quando si viene a sapere che Volkswagen, prima volta nei suoi 87 anni di storia,  è pronta a chiudere degli stabilimenti in Germania in risposta ad alcune  difficoltà finanziarie abbiamo detto tutto. In Francia Macron ha le sue difficoltà a formare un nuovo governo e grandi soddisfazioni alla sinistra non ne vuol dare... qualcuno è scontento e quando i francesi si arrabbiano sappiamo come le cose vanno a finire. Insomma di buoni motivi per essere preoccupati ce ne sono... Tecnicamente il ritracciamento del 50% fatto sul movimento di recupero del mese di agosto (quasi un 50%) dovrebbe suggerirci che per il momento potremmo anche fermarci a questi livelli. L'RSI non è troppo lontano dall'ipervenduto. Giovedì 12 settembre la BCE taglierà i tassi e sarà importante capire se di tagli ve ne saranno degli altri: da come si stanno mettendo le cose siamo pronti a scommetterci.



Anche lo SMI (+6.92% ytd) non ha potuto evitare le correzioni subite dalle altre borse europee ma se guardiamo il trend di medio-lungo periodo la direzione è ancora intatta. Per chi pensa a breve termine in effetti l'evoluzione non è stata simpatica: come per l'Eurostoxx50 ha subito un ritracciamento del 50% del movimento rialzista di agosto ed ora si trova appoggiato sulla media mobile dei 100 giorni che potrebbe fare da supporto; anche l'RSI non si trova lontano dall'ipervenduto. Per chi invece è orientato sul lungo termine per il momento non vediamo un cambiamento di trend che rimane orientato al rialzo ed un aiuto potrebbe arrivare il 28 settembre dalla nostra Banca Nazionale che con un franco che si sta eccessivamente rafforzando deve fare qualche cosa per indebolirlo; uno o due tagli ai tassi potrebbero essere inevitabili.

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La scorsa settimana (ce ne siamo accordi solo ora... ) il commento sulle valute è andato perso nei meandri di internet... recuperiamo questa settimana dove abbiamo visto un dollaro andare ancora sotto pressione...


Da svariate settimane i tassi americani stanno scontando una serie di tagli  che stanno facendo scendere rapidamente i rendimenti. Per la prima volta da quando si sono invertiti, e stiamo parlando del giugno 2022, il rendimento del Treasury a due anni (linea rossa) è tornato sotto il rendimento del decennale a testimoniare come la politica monetaria americana si sta avviando verso la normalizzazione Per il momento a subire le sorti di questa riduzione di rendimento è il dollaro ma non dobbiamo dimenticare che BCE e BNS hanno un programma simile anche se forse non della stessa ampiezza di quello americano... vedremo già giovedì prossimo come reagirà la parità euro/dollaro


E' da qualche settimana che l'euro sta flirtando con 1.11 ma per il momento, pur accennando ad andare oltre, sembra non farcela... con il taglio ai tassi di giovedì prossimo è probabile che si rientrerà nel solito canale di scorrimento laterale. Molto dipenderà da cosa dirà la Lagarde sul futuro dei tassi europei. Sarà uno dei temi principali dei nostri Appunti della prossima settimana.


La forza del franco svizzero è evidente e solo un intervento della BNS può cercare di fermarlo... il taglio ai tassi da parte della BCE sembra talmente scontato che non dovrebbe irrobustire ulteriormente la nostra valuta... ma fargli cambiare trend non sarà facile... ovviamente per chi pensa in euro non può che essere felice di avere un po' di franchi in deposito...!


 Il dollaro contro franco ha un supporto piuttosto valido a 0.84 centesimi. E' fondamentale che questo livello sia confermato altrimenti si aprono strade che non abbiamo molta voglia di esplorare... Come detto, fondamentale sarà l'intervento della BNS... Jordan siamo sicuri che ne è consapevole...

Buona domenica!