domenica 26 gennaio 2025

Trump 2.0

La sensazione è di quelle strane: sembra passato un secolo eppure Trump è presidente degli Stati Uniti da neppure una settimana. Forse a determinare questa impressione è l'effetto della sovraesposizione mediatica di questi giorni ai quali aggiungiamo, vinte le elezioni il 5 novembre 2024,  le enormi speculazioni che si sono accumulate su cosa effettivamente avrebbe fatto il nuovo Presidente appena preso possesso delle redini del comando. Lo vedremo fra un attimo.

In una settimana piuttosto povera di dati ed eventi macroeconomici ( ci rifaremo la settimana prossima con la FED il 29.1 e la BCE 30.1) dirigiamo la nostra attenzione sugli utili societari americani e sul prezzo del petrolio pensando all'inflazione americana ma non solo...

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Iniziamo con i numeri del quarto trimestre delle aziende USA: ad oggi sono una cinquantina le società che hanno già reso noto i risultati del quarto trimestre. Ricordiamo che le aspettative parlavano di un incremento medio attorno al 10% e la realtà per il momento li segnala in aumento del 9.1%. Siamo in linea. Se si continuerà di questo passo, alla fine delle pubblicazioni, circa l'80% delle società dovrebbero riportare numeri superiori alle aspettative. Questo ovviamente è un bene per i mercati azionari che, come vedremo, stanno già reagendo con coerenza. Come stiamo ripetendo di parecchie settimane è importantissimo che non vi siano dei cedimenti clamorosi in termini di utili aziendali in quanto è un fondamentale carburante per le quotazioni azionarie che probabilmente non possono contare, purtroppo,  su di una politica monetaria americana piuttosto accomodante.

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Sappiamo tutti che la componente energetica è, insieme al costo delle derrate alimentari, una di quelle più volatili e non vi nascondiamo che l'impennata del prezzo del petrolio avviatasi a fine 2024 iniziava, pensando all'inflazione, a preoccuparci:


Da metà gennaio la pressione sul prezzo del WTI sta scendendo: il calo può essere attribuito alla nuova politica energetica americana dove Trump mira ad aumentare la produzione interna di petrolio (coerente con la filosofia tipicamente repubblicana del "Drill, baby, drill") e le probabili pressioni che eserciterà sull'OPEC per ridurre i prezzi del barile di petrolio. Insomma: purtroppo guai in vista per il futuro dell'ambiente ma forse riusciremo ad evitare un'impennata dell'inflazione causata dell'aumento dei costi energetici... Lo capiremo meglio nelle prossime settimane.

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Ma veniamo a quello che più ci interessa. Eravamo curiosissimi di vedere come avrebbero reagito i mercati dopo l'insediamento di Trump e soprattutto quali sarebbero state le sue prime mosse. Coerentemente con il personaggio abbiamo preso nota che i primi provvedimenti che sono stati presi servono a contrastare l'immigrazione clandestina e non esita ad annunciare deportazioni di massa che a quanto pare sono effettivamente iniziate: 4 aerei carichi di clandestini da rimpatriare sono già partiti nei giorni scorsi. Non è ancora una deportazione di massa ma comunque è la prova che Trump sembra fare molto sul serio. 

Seguono altri provvedimenti meno urgenti ma che danno un'idea di come il suo mandato sarà sempre più americacentrico: si ritira dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e disconosce l'Accordo di Parigi sul clima. Ai Paesi NATO chiede di aumentare la spesa per la difesa al 5% del PIL (da leggersi: "cari amici di mezzo mondo: difendetevi da soli...")  e non ha perso tempo nell'istituire il Dipartimento per l'Efficienza Governativa dove a capo ci troviamo Elon Musk... siamo avvisati: potremmo vederne delle belle. A proposito, via anche lo Jus Soli; non basta più nascere in America per acquisirne automaticamente la cittadinanza. Notizia di ieri: ha pure avuto un acceso colloquio con la premier Danese: lui la Groenlandia, anche se non è in vendita, la vuole... La Danimarca non ci sente e sembra siano girate parole grosse. Anche questo caso sarà  uno di quelli che dovremo seguire da vicino.

Ovviamente la cosa che più ci premeva era vedere come avrebbe utilizzato la minaccia dei dazi: per il momento si è limitato ad annunciare tariffe del 25% su tutte le importazioni dal Messico e Canada rei di fare troppo poco per contrastare l'immigrazione illegale ed il traffico di stupefacenti, quest'ultimo un problema serio per gli Stati Uniti dove il fentanyl sta dilagando. Sarà interessante vedere se effettivamente per questi due Paesi i dazi saranno attivati. Attualmente sono solo una minaccia.

La Cina per il momento deve fare i conti solo i vecchi dazi mentre l'Europa è a rischio ma per adesso è stata "solo" pesantemente rimproverata durante la videoconferenza che Trump ha fatto in occasione del WEF di Davos:  secondo DT la relazione commerciale che intrattiene l'Unione Europea con gli USA  è, citiamo, "molto, molto ingiusta a causa di tasse e barriere che ostacolano l'accesso dei prodotti americani al mercato europeo". Ha avvisato le principali aziende che operano in ambito internazionale di andare negli USA a produrre o dovranno sottostare a pesanti dazi...(evviva la coerenza...) e per finire, ma qui non si può proprio dargli torto, Trump ha criticato la burocrazia europea ed ha incentivato l'UE a ridurre le regolamentazione per aumentare la competitività .

Insomma per il momento non sembra che l'applicazione dei temutissimi dazi sia una cosa automatica: di certo ne sentiremo parlare molto nelle prossime settimane ma per il momento l'abbiamo scampata ed i mercati hanno reagito. Vediamo come:

Bene le borse americane ed europee: per una volta quelle del nostro continente, anche grazie ad un P/E molto più attraente di quello americano, stanno facendo meglio e i dazi per il momento non sembrano spaventare. L'Asia è invece rimasta al palo: forse durante l'anno dovremmo gettare un'occhiata più approfondita... 



I rendimenti dei Treasury americani, quando si è capito che i dazi per il momento sono solo una minaccia e non una clava da brandire sulle economie di mezzo mondo, hanno tirato un sospiro di sollievo ben consce che l'applicazione di gabelle varie è fonte d'inflazione non solo per chi le subisce ma anche per coloro che le applicano. 



Una riduzione della pressione causata dai rendimenti in aumento ha giovato al comparto obbligazionario in dollari... Ovviamente dovremo vedere cosa ne pensa la FED la prossima settimana e capiremo meglio cosa potremo aspettarci dalle obbligazioni in dollari per quest'anno. Diciamo, dalle premesse, non molto. Ma con Trump che ha già annunciato che dalla FED si aspetta una riduzione del costo del denaro tutto può succedere.



Anche il settore delle obbligazioni in euro per il momento non è che stia scoppiando di salute: vedremo la prossima settimana quale approccio avrà la Lagarde in termini di lotta all'inflazione versus stimoli alla crescita economica. A nostro giudizio sono quest'ultimi che devono avere la precedenza e, se così sarà, forse dal comparto obbligazionario in euro quest'anno potremmo ricavarci qualche cosa.

Comunque sia il movimento più appariscente che c'è stato dopo l'insediamento di Trump è stato quello che ha coinvolto il dollaro ma lo vedremo come di consuetudine dopo. Partiamo con ordine dai mercati azionari.

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Prima da addentrarci in un po' di analisi tecnica ci teniamo a sottolineare quello che è il nostro principale obiettivo: capire qual'è, se ce n'è uno, il trend dominante sul medio periodo (per quantificarlo secondo i nostri parametri stiamo parlando dai 3 ai 6 mesi ma anche più) e seguirlo fino a quando non avremo l'evidenza che lo stesso abbia imboccato una direzione opposta; in quel caso dovremo reagire secondo i nostri piani. Consapevoli che l'analisi tecnica produce una serie infinita di falsi segnali (NON è una scienza esatta) può comunque passare un certo numero di sedute di borsa prima di avere la certezza dell'inversione del trend. E' quindi molto probabile che saremo quasi sempre un pochino in ritardo nell'attuare le nostre strategie.  Di questo è giusto che ne siate consapevoli. 



Osservando bene il canale del trend ascendente dello S&P500 (+3.73% ytd) ci siamo accorti che potrebbe essere segnalato meglio e quindi porremo rimedio durante il prossimo nostro intervento. Ciò non toglie che questo indice si è concesso, durante la settimana che si sta per concludere, un nuovo record storico ed è rientrato appieno nel movimento rialzista che lo contraddistingue dall'ottobre 2023. I risultati aziendali del quarto trimestre stanno fornendo del buon carburante ed il resto lo sta facendo, come accade da un paio d'anni, l'intelligenza artificiale. A tal proposito è stato annunciato il progetto Stargate (OpenAI, Oracle e SoftBank) che prevede investimenti fino a 500 miliardi di dollari spalmati su 4 anni al fine di sviluppare infrastrutture avanzate nell'ambio dell'Intelligenza Artificiale. Sono tanti soldi e forse a qualcuno la cosa rode un pochino: Elon Musk si è già premurato di farci sapere che il progetto sarà di difficile attuazione in quanto non pensa che le tre società abbiano tutti quei soldi. Anche qui: affaire à suivre...

Tornando allo S&P500 qualcuno ha fatto osservare che il movimento rialzista è stato anche favorito dall'indebolimento del dollaro:


In effetti a partire dal 20 di gennaio la correlazione inversa tra dollaro  (linea nera) e S&P500 (linea blu) appare evidente.



Anche il Nasdaq (+3.33% ytd) è ritornato saldamente nel suo canale ascendente (in verde) e allo stato attuale non è neppure in ipercomprato; quindi potrebbe tranquillamente continuare a salire pure la prossima settimana... FED permettendo.



Parecchie soddisfazioni ce le sta dando anche l'Eurostoxx50 (+6.61%) che dopo aver superato la resistenza dei 5'100 punti sta puntando verso i 5'300 che sono il target che vi abbiamo segnalato la settimana scorsa (linea verticale blu). Attenzione: è in ipercomprato (cerchio rosso) ed i volumi che hanno accompagnato questo movimento non sono eccezionali (qualcuno ancora non ci crede che l'Europa può fare meglio dell'America...)


Cosa possiamo dire dello SMI (+5.92% ytd)? Finalmente si è risvegliato! Forse anche troppo: la salita è decisamente assai verticale e non può durare per molto tempo ancora. E' infatti in pieno ipercomprato ed una correzione, se dovesse arrivare, non ci sorprenderebbe. Ma comunque sia, bene così anche se i 12'500 punti sono una bella resistenza non facile da superare.

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E' piuttosto evidente che 92 centesimi è una resistenza importante per la parità dollaro/franco. La diminuzione della resa sul dollaro, conseguente alla momentanea  non applicazione dei dazi promessi da Trump, ha indebolito la valuta americana e ha fatto probabilmente la felicità di Donald che vorrebbe fortemente un dollaro più debole. Per il momento è accontentato. Prima d'iniziare a venderlo, se ne siamo convinti,  vorremmo attendere la FED e vedere come vorrà muoversi. Poi decideremo.


Anche l'euro contro dollaro si è ringalluzzito portandosi a ridosso dell'1.05 che fino a metà dicembre 2024 era un valido supporto ed ora questo livello funge da resistenza: superarla non sarà facile. Se dovesse riuscirci non escludiamo che rientri nella logica di un'evoluzione laterale tra 1.05 e 1.11. Ma è troppo presto per poterlo dire. Per il momento è uscito dal trend che l'avrebbe portato verso la parità ma se verranno introdotti effettivamente i dazi è solo un obiettivo rimandato.


Pure contro franco la monta europea ha messo a segno un discreto spostamento che l'ha spinta a  0.9510. Non male! Movimento che piacerà molto alla Banca Nazionale Svizzera ma non solo... Se il movimento continua sarà interessante capire se la cosa avrà un influsso sulle scelte di politica monetaria della BNS: per il momento i tagli attesi dal mercato, l'abbiamo controllato, sono per quest'anno ancora due. Tecnicamente siamo addirittura in ipercomprato e la media mobile dei 200 giorni (linea blu) sta facendo da tappo. Una piccola correzione è probabile.

Per quanto riguarda il bitcoin, questa settimana si è preso un attimo di pausa: ci sembra di aver individuato quello che gli analisti tecnici chiamano un bullish pennant (traducibile con un pessimo "pennone rialzista" e quindi gli si preferisce il termine in inglese anche nella nostra lingua): trattasi di una figura simile ad un triangolo che punta decisamente verso l'alto. Consideriamola uno sorta di pausetta di consolidamento (dura di norma non più di tre settimane) che di norma si risolve con una continuazione del trend rialzista. L'obiettivo dei 118'000$ per conto nostro è intatto.



L'oro, che è rimasto silente per parecchie settimane, ha deciso di rimettersi in moto in occasione della debolezza della valuta americana: i 2800 dollari non sono lontani. Se dovesse sfondare la resistenza dei 2'800 in vista, ma non a breve, ci sono i 3'000 dollari.


Buona domenica!


domenica 19 gennaio 2025

CPI sotto controllo

 Tutta la nostra attenzione questa settimana era rivolta a quella che un po' pomposamente è stata definita "la lettura dell'inflazione americana più importante a memoria d'uomo!" In effetti importante lo era, ma se fosse anche quella che a memoria d'uomo sarebbe stata in grado di stravolgere la finanza mondiale non lo sappiamo. Anche chiederlo a ChatGPT una risposta certa non la si ottiene;  tuttalpiù sottolinea come il dato possa essere particolarmente significativo ma definirlo in maniera così esuberante dipende, e citiamo l'algoritmo, dal contesto storico e dalla prospettiva di chi lo analizza. In effetti non possiamo dargli torto.

Ciò non toglie che noi abbiamo analizzato il dato per cercare di capire se quest'ultimo potesse in un qualche modo avere un impatto importante sulla politica monetaria della FED. Ovviamente non siamo giunti a nessuna conclusione definitiva - sull'argomento durante l'anno ci ritorneremo più e più volte - ma vi possiamo rispondere che i dati non sono tali da confondere le idee ai Governatori che in fatto di taglio ai tassi si muoveranno, a nostro giudizio, con i proverbiali piedi di piombo. 

Possiamo invece affermare che, ma prendetelo con tutti i benefici d'inventario che volete,  i numeri pubblicati questa settimana sono tali da lasciar intendere che un aumento dei tassi non appare assolutamente necessario. I mercati del reddito fisso e le borse sembrano aver apprezzato.

Ma vediamoli questi dati:

Martedì 14 quelli riguardanti di prezzi alla produzione americani si sono presentati in formazione mista:

  • PPI yoy         : +3.3% (precedente: 3.0%)
  • Core PPI yoy: +3.3% (precedente: 3.5%)

In buona sostanza il PPI generale ha mostrato un leggero aumento mentre il Core PPI che esclude, alla stessa stregua del CPI,  le componenti più volatili costituite dai costi energetici e dagli alimentari, ha subito anch'esso una leggera diminuzione che tutto sommato non ci dispiace perché coerentemente ce la troviamo riflessa anche nei dati sull'inflazione pubblicati il giorno seguente:

  • CPI yoy         : +2.9% (atteso: 2.9%; precedente: 2.7%)
  • Core CPI yoy: +3.2% (atteso: 3.3%; precedente: 3.3%) 
Per il momento quindi la FED può stare tranquilla anche se siamo certi che - e questo vale anche per la BCE-  sta tenendo sott'occhio i costi dell'energia che pure questa settimana sono cresciuti ad un ritmo piuttosto preoccupante:


C'è da sperare che il fenomeno sia solo di breve durata (la fine di alcuni conflitti potrebbe aiutare...) altrimenti è abbastanza probabile che fra un paio di mesi questi aumenti verranno catturati dai modelli che calcolano l'inflazione...

Comunque sia, questi dati hanno limato via un po' di tensione che la scorsa settimana si era accumulata nel sistema nervoso dell'universo del reddito fisso:


i rendimenti dei Treasury sono subito scesi di una ventina di basis points arrestando quel movimento che aveva tutta l'intenzione di puntare verso il 5%.
Ciò non toglie che le rese sul dollaro, mediamente sono attorno al 4.5%,  rimangono elevate e sono concorrenziali rispetto al rendimento medio dei dividendi dello S&P500 che l'altro giorno ci è capitato di vedere:  non si scostava molto dal 2.6%. 
Consideriamo che, se tutto va per il verso giusto,  il potenziale di crescita dell'indice S&P non dovrebbe nel 2025 eccedere il 10%. Prendiamo ora delle obbligazioni in dollari:  senza troppo rischio (fatto salvo una notevole recrudescenza dell'inflazione)  pagano quasi la metà di quello che potrebbe offrire il mercato azionario che come abbiamo sottolineato più volte a buon mercato non sembra essere. E' quindi abbastanza intuitivo immaginare che ai primi seri scricchiolii delle borse qualcuno si affretterà a portare a casa i corposi utili conseguiti negli ultimi due anni, si accontenterà del 4.5% offerto dalle obbligazioni e si metterà in attesa di tempi migliori. Come dargli torto! 

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Come abbiamo sottolineato la scorsa settimana, se non possiamo far conto su un abbassamento importante dei tassi di interesse, dobbiamo giocoforza concentrare la nostra attenzione sugli utili societari. Come da tradizione questa settimana sono state le banche americane che hanno presentato quelli del quarto trimestre 2024 ed hanno fatto il botto:



Se il bel tempo si vede dal mattino, diremmo che l'ultima stagione degli  utili 2024  sarà piuttosto interessante e contribuirà a fare da traino alla prima stagione del 2025. 
Che le banche abbiano fatto faville non è proprio una sorpresa: quando tira il settore dell'Investment Banking e si hanno le competenze per amministrarlo come si deve al quale si aggiungono importanti utili che derivano dal trading (le borse hanno aiutato)  ecco che un raddoppio dell'utile netto ne è la diretta conseguenza... E' solo quando una banca s'incaponisce ad offrire servizi di Investment Banking senza possedere le necessarie competenze che la si manda allo sfascio!  (l'evidente riferimento al Credit Suisse NON è assolutamente casuale... e scusate lo sfogo). 
Per quello che concerne in generale gli utili del 2025 ci stiamo attrezzando in modo tale da seguirli  molto da  vicino e non manchermo di rendervene conto. Ripetiamo: quest'anno, soprattutto in America,  saranno fondamentali.

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Oramai l'era Biden è agli sgoccioli e a partire da martedì (lunedi le borse americane sono chiuse per il Martin Luther King Day) faremo i conti con l'Amministrazione Trump. Abbiamo l'impressione comunque che già lunedì pomeriggio assisteremo ad uno show del nuovo presidente che non mancherà l'occasione per firmare qualche decina di ordini esecutivi.  Capiremo all'istante che aria tira e ci  aspettiamo subito qualche reazione proveniente dal mondo delle cripto che chiusi non lo sono. 

Ma torniamo per un attimo a Biden: ci è capitato sott'occhio una statistica che vi avevamo già proposto ma questa è più completa:


Fa riferimento alle performances delle principali borse americane e chi era alla presidenza per quel quadriennio. Si parte dal 1953 e tutto sommato Biden si congeda con un risultato non disprezzabile soprattutto se consideriamo che dobbiamo annoverare sotto il suo mandato un 2022 che ci ha regalato una performance inguardabile (mediamente -20.5%) causata da un repentino e consistente aumento dei tassi che persiste a tutt'oggi. E' stato graziato, per fortuna sua,  dal palesarsi dei vantaggi legati all'impiego dell'Intelligenza Artificiale che ha scatenato l'appetito per il rischio di una notevole quantità di investitori che degli alti tassi se ne sono fatti un baffo. Biden lascia a Trump un'economia tutto sommato in buona salute e così dovrebbe restare. Vedremo!

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La pubblicazione dei dati sull'inflazione americana ha fatto un gran bene allo S&P500 (+1.96% ytd) che è riuscito con uno scatto repentino (vedi freccia verde) a partire in gap e a rientrare nel canale ascendente di medio periodo (quello delle due linee nere per intenderci). E' un bene che sia così in quanto temevamo che oramai la direzione fosse quella ribassista suggeritaci dalle due linee rosse tratteggiate. Non siamo ancora tranquillissimi ma l'indice ha forato al rialzo anche la media mobile dei 50 giorni (linea viola) con dei volumi che venerdì erano in buon rialzo e ci lasciano ben sperare. Come detto vediamo le prime mosse di Trump e capiremo subito se i 6'600 punti saranno un obiettivo raggiungibile.


Eravamo meno preoccupati per in Nasdaq (+1.65% ytd) che in fondo è sempre rimasto all'interno del canale ascendente (in verde) e dovrebbe continuare ad approfittare di tutta la fantasia che l'intelligenza artificiale ha generato nelle aspettative degli investitori. A dire il vero i vari Nvidia, Palantir e compagni d'avventure si sono presi una piccola pausa di riflessione ma è solo che salutare... ne siamo certi. Per il momento il trend ascendente è ancora in essere e ci fa piacere.


Attenzione! Malgrado delle condizioni economiche tutt'altro che rosee l'Eurostoxx50 (+5.15% ytd)  è riuscito miracolosamente non solo a rientrare nel canale di scorrimento laterale ma lo ha addirittura forato venerdì scorso andando così a mettere a segno il suo massimo storico. E' difficile da spiegare, e forse tanto da spiegare c'è poco, fatto sta che ce lo ritroviamo a 5'148 punti con un possibile target nelle prossime settimane situato attorno ai 5'300 punti. L'essere un mercato tutto sommato... a buon mercato e la probabile politica della BCE che sarà di certo piuttosto accondiscendente verso nuovi e reiterati tagli ai tassi, ha convinto non pochi investitori che è in Europa che bisogna investire qualche soldo. Speriamo che continui...


Forse sono in molti gli investitori che finalmente si sono accorti che se hai franchi svizzeri e li devi investire, verso la borsa svizzera devi andare... 
Giovedì lo SMI (+3.36% ytd) ha inoltre beneficiato di una performance intraday eccezionale del titolo del lusso Richemont che, grazie a degli utili ben oltre le aspettative,  è salito del 16%; è un record per questa azione ed ha trascinato  con sé non solo il mercato nazionale ma tutte le società del lusso europee. E' un po' la dimostrazione che quest'anno gli utili sono più importanti che mai. 
Tecnicamente siamo riusciti a forare, in uno slancio rialzista, la resistenza del canale discendente e addirittura due medie mobili (100 e 200 giorni) con dei bei volumi crescenti. Più bullish di così! Forse un altro centinaio di punti li potrà ancora accumulare la prossima settimana, Trump permettendo.

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Indubbiamente per usd/chf i 92 centesimi sono una bella resistenza e per il momento oltre non si riesce ad andare. E' comunque evidente che il dollaro è ancora forte e potrebbe rimanerlo fino a quando il differenziale di rendimento con le principali valute mondiali rimante decisamente a suo vantaggio. Bisognerà poi fare i conti con l'amministrazione Trump che di tutta questa forza del dollaro non sarà molto contenta. In realtà dovrebbe esserlo: come paese importatore netto, grazie al dollaro forte riesce a calmierare l'inflazione ma temiamo che questo argomento a Trump non interessi più di tanto. E' probabile che farà di tutto per tentare in un qualche modo d'indebolire la moneta americana per incentivare le vendite all'estero .



Per il momento 1.01 per euro/dollaro non sembra facile da raggiungere e se pensiamo a quello che farà Trump forse non lo sarà mai. Vedremo... Il trend è lì da vedere e la forza del dollaro è più che evidente... bisogna solo capire fino a quando. Poi magari ci sbagliamo e lo vedremo puntare verso la parità, ma questo scenario ci pare poco probabile.



Eur/chf in un qualche modo sembra aver trovato il suo equilibrio attorno ai 94 centesimi. Non sappiamo se dobbiamo ringraziare la valuta europea che vive di luce propria oppure c'è di mezzo lo zampino della Banca Nazionale Svizzera che la sta comprando a piene mani.  Ma in fondo quel che ci importa è che il franco non diventi eccessivamente forte e quel canale ascendente tratteggiato in verde è la nostra speranza: sta puntando nella giusta direzione.




Dobbiamo ammettere che seguiamo l'evoluzione del bitcoin con un certo interesse e siamo curiosi di vedere se effettivamente la spinta che l'amministrazione Trump darà a tutto il settore delle cripto riuscirà a spingerlo verso quei valori che tutti i suoi fedeli sostenitori prevedono:  non stiamo parlando di qualche decina di migliaia di dollari in più rispetto alla quotazione attuale ma di alcune centinaia di migliaia. Le premesse ci sono e l'unico intoppo sarebbero delle leggi ad hoc per limitarne la proliferazione ma a quanto pare non è nei programmi di Trump, anzi...! Ha appena lanciato la sua di cripto, il Trump Memes, che è in circolazione dal 15 di gennaio e pare abbia già un valore di 4.3 miliarid di dollari. Bollata inizialmente come una fake news a quanto pare il Trump Memes tanto fake non lo è... Staremo a vedere.

Ma riconcentriamoci sul bitcoin:  a breve, e qui ci intestardiamo ad utilizzare un metodo di analisi - quello tecnico - che con questo asset forse non funziona, rotto il triangolo verso l'alto potremmo raggiungere i 118'000 dollari. Bello ma non fate follie se non potete permettervelo.


Buona domenica e lunedì non perdetevi la cerimonia di insediamento e la firma dei decreti presidenziali




domenica 12 gennaio 2025

Good news? Bad news!


 E' da un paio di settimane che non ci sentiamo più e nel frattempo un anno è finito ed un altro ha preso il suo avvio. Urge riallacciare i fili del discorso che, a dir la verità, a prima vista non pare molto diverso da quello che abbiamo lasciato nel vecchio anno. A tener banco sono sempre di più le provocazioni di un esuberante Trump e, purtroppo, una possibile ripartenza delle spinte inflazionistiche che potrebbero compromettere il buon avvio dei mercati finanziari di questo primo scorcio del 2025. 

Se della briosità del futuro presidente degli Stati Uniti d'America avremo tempo di parlarne in lungo e in largo fra una decina di giorni, oggi dobbiamo cercare di capire con una certa urgenza se un probabile aumento dell'inflazione sia, come speriamo,  solo un fenomeno di passaggio oppure dobbiamo iniziare a preoccuparci seriamente. Purtroppo ci sono troppi elementi che stanno contemporaneamente spingendo tutti nella medesima direzione  e che ci inducono a pensare che il problema dell'inflazione sia tutt'altro che risolto. In America queste spinte sono più che evidenti ma anche in Europa, con sfumature diverse, il problema è presente e non va sottovalutato.

Le  conseguenze sono già sotto i nostri occhi: come vedremo il mercato del reddito fisso si è già portato avanti con i lavori e la debolezza del settore è lì da vedere, mentre potrebbe essere solo una questione di tempo prima che anche quello azionario reagisca ad uno scenario che deve fare i conti con un rialzo dei rendimenti.

Da dove possiamo iniziare? Quando parliamo di inflazione la prima cosa che ci viene in mente sono i costi di produzione tra i quali spiccano quelli delle materie prime e quelli energetici. Partiamo quindi dando un'occhiata al valore dagli appositi indici creati da Bloomberg che già conosciamo:



 Per il momento segnaliamo, per quanto riguarda le materie prime,  un aumento del 3.11% da inizio anno che va tenuto sotto osservazione. Siamo ancora lontani dei massimi del giugno 2024 ma il risveglio di questo settore sembra essere in atto. Non pensiamo che a breve termine possa già avere un impatto significativo sui costi di produzione ma, come detto, questo movimento va tenuto in considerazione soprattutto se si dimostrerà tenace nel tempo.



Altro discorso per quel che concerne i costi dell'energia che da inizio anno sono ripartiti a spron battuto soprattutto a causa di un rincaro del costo del gas causato in parte dalla fine del trasporto del gas russo attraverso l'Ucraina e da fattori stagionali che ne hanno accentuato la volatilità; la speculazione ha fatto il resto. Un incremento del 7.22% da inizio anno non è da prendere sottogamba e purtroppo è la conseguenza di un cambio di tendenza che ha preso avvio agli inizi di dicembre e non sembra aver voglia di fermarsi tanto facilmente. E' probabile che sarà come al solito l'inflazione europea a subirne le principali conseguenze.

Già che abbiamo fatto accenno all'Europa, questa settimana sono stati pubblicati alcuni valori inerenti l'inflazione per il mese di dicembre 2024 in Francia (dall'1.7% è passata all'1.8%), Germania (dal 2.2% al 2.6%) mentre l'Eurozona in generale è bloccata al 2.7%: non sembrano ancora dati preoccupanti ma il minimo che possiamo dire è che l'inflazione NON scende più, soprattutto a causa di un costante aumento del costo dei servizi che nel 2024 è salito di oltre il 4%.  Questo creerà qualche grattacapo alla Lagarde che sempre più dovrà scegliere se privilegiare la lotta all'inflazione oppure tentare di dare ossigeno ad una economia che arranca sempre più. A nostro avviso la seconda dovrebbe  essere una scelta quasi obbligata...  lo vedremo il 30 gennaio quando è prevista la prima riunione della BCE per quest'anno: annotatevi questa data in agenda. Vi segnaliamo che il mercato per quest'anno si aspetta in Europa almeno 4 tagli ai tassi...

Nel frattempo sottoponiamo alla vostra attenzione questo grafico:


Trattasi della curva dei rendimenti dei prestiti statali tedeschi (si va dai 3 mesi ai 30 anni) e malgrado 4 tagli ai tassi effettuati dalla BCE lo scorso anno, i rendimenti dai 3 anni in su sono superiori ai rendimenti che avevamo un anno fa! Questo non è normale e potrebbe voler dire che gli investitori iniziano ad avere aspettative per un'inflazione più elevata (e chiedono quindi remunerazioni più alte)  oppure stanno spostando i loro averi verso investimenti con un appeal maggiore quali potrebbero essere le azioni soprattutto considerato il fatto che nel 2025 ci si aspetta anche in Europa un aumento degli utili aziendali che non sono ancora completamente scontati negli attuali corsi azionari.

Al settore obbligazionario questa situazione non giova più di tanto:

 


Già lo scorso anno non è che il mondo obbligazionario in euro abbia brillato. La partenza di quest'anno qualche preoccupazione la sta già creando e se la Lagarde decidesse di continuare la sua battaglia contro l'inflazione abbiamo un problema. Per fortuna non deteniamo  in deposito obbligazioni troppo lunghe e se c'è della liquidità per il momento ce la teniamo.

Ben più importante, per l'effetto che ha sui mercati di tutto il mondo, è la situazione negli USA:

per il momento non vogliamo entrare nel merito di quanto possono essere potenzialmente una fonte di inflazione tutte le esternazioni che Trump ha fatto in campagna elettorale: evitiamo di mettere il carro davanti ai buoi prima del tempo ma è chiaro che se dovesse, ma non lo crediamo, procedere come da programma è abbastanza evidente che qualche spinta rialzista all'inflazione americana la darà. Vedremo.

Quello che invece preoccupa gli investitori, qui ed ora, sono i dati che arrivano dall'economia a stelle e strisce che evidentemente è ancora in uno stato di grazia. Guardate rapidamente alcuni numeri pubblicati questa settimana:

  • ISM servizi dic.                   : 54.1% (atteso: 53.4&; precedente: 52.1)
  • Posti di lavoro vacanti nov. : 8.1 mio (atteso: 7.7 mio; precedente: 7.8 mio)
  • Nuovi impieghi dic.            : 256k (atteso: 155k; precedente: 212k)
  • Disoccupazione dic.            : 4.1% (atteso: 4.2%; precedente: 4.2%)

Come al solito i dati riguardanti soprattutto lo stato di salute del mercato del lavoro ci forniscono un quadro piuttosto rassicurante e venerdì sono stati i nuovi impieghi che hanno tolto il sonno a qualche governatore della FED. Con dei numeri simili possiamo dire addio ad ogni speranza di taglio ai tassi non solo per il mese di gennaio ma, se non cambia qualche cosa, secondo le attuali aspettative si dovrà aspettare il mese di settembre per vederne uno. Per non parlare delle previsioni di Bank of America che ha già messo in conto addirittura la possibilità di vedere addirittura degli aumenti... Oggi il mercato prezza un solo taglio ai tassi per il 2025.

Anche per quanto riguarda la situazione americana vi sottoponiamo il grafico della curva dei rendimenti dei Treasury americani:

Pure in questo caso dai due anni in su ci troviamo confrontati con rendimenti più alti di un anno fa, e non di poco, malgrado l'inflazione sia da più di 12 mesi attorno al 3%!  Chi ha esagerato ad allungare le scadenze non sarà in questo momento molto contento... Come spieghiamo questa situazione?  Difficile dirlo con precisione: in America ci sono mille rivoli che attualmente  alimentano il rincaro e l'arrivo di Trump può complicare la situazione. Mercoledì 15 gennaio, altra data che dovete annotarvi,  ne sapremo qualche cosa di più per quanto riguarda CPI e Core CPI: le attese sono per un modesto rialzo ma sarà soprattutto interessante vedere quali sono gli elementi che tengono alta l'inflazione.



In queste condizioni anche per il settore obbligazionario in dollari l'anno non è iniziato sotto la miglior stella. Ci consoliamo con il dollaro che per il momento è in uno stato di grazia...

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Prima di vedere qualche indice azionario permetteteci un'osservazione di una certa importanza: se in America non possiamo aspettarci un aiuto che arriva da una politica monetaria piuttosto generosa in fatto di tagli ai tassi (potremmo addirittura assistere a dei rialzi...) ne deduciamo che se vogliamo vedere  i 6'600 punti per lo S&P500 dobbiamo far affidamento unicamente agli utili societari che non solo devono essere in linea con le aspettative (+15%) ma possibilmente dovranno presentarci qualche bella sorpresa. Se la crescita dell'economia americana dovesse continuare ai ritmi attuali non vediamo grossi problemi ma faremo i conti solo dopo aver preso conoscenza di come Trump intenderà implementare il suo programma. Per il momento sospendiamo ogni giudizio. Annotatevi pure che alla fine della prossima settimana iniziano le pubblicazioni dei numeri societari del quarto trimestre 2024. 



Ned Davis ci aveva messo sull'attenti che l'inizio dell'anno per lo S&P500 (-0.93% ytd) non sarebbe stato brillantissimo e questo durerà almeno fino all'insediamento di Trump. Quindi la prossima settimana potrebbe essere piuttosto complicata e se i dati sull'inflazione di mercoledì dovessero essere non bellissimi un po' si ballerà. Tecnicamente dobbiamo ammettere che il mercato non ci piace più di tanto: è dal mese di dicembre che, pur restando all'interno del canale ascendente di medio periodo, sta puntando al ribasso (vedi le due linee rosse tratteggiate) e purtroppo venerdì, a causa dei brillanti dati sui nuovi impieghi,  ha chiuso a ridosso della media mobile dei 100 giorni forando appunto il supporto del canale di medio periodo (vedi freccia blu). Purtroppo questo movimento è pure sostenuto da volumi crescenti e quindi la tentazione di alleggerire almeno un terzo degli etf sul mercato americano è grande. Vedremo lunedì che aria tira.



Discorso analogo per il Nasdaq (-0.77% ytd). La configurazione grafica assomiglia a quella dello S&P500 con l'unica variante che il canale ascendente di medio periodo (due linee verdi) è ancora integro. La luna di miele con i Magnifici 7 sembra per il momento essersi presa una pausa... troppo presto per dire se è definitivamente terminata (non lo pensiamo). Non ci piace quel canale rappresentato dalle due linee tratteggiate in rosso: non può che sfociare in una rottura del supporto del canale a medio termine che ci indurrebbe a prendere qualche profitto...



Tutto sommato siamo contenti di vedere per una volta l'Europa andare meglio dei cugini americani. L'Eurostoxx50 (+1.66% ytd) è riuscito a riportarsi con una certa convinzione all'interno del canale di scorrimento orizzontale e questo è di per sé già un bel segnale. Se continua la politica accomodante della Lagarde è probabile che quest'anno si possa fare bene anche in virtù del fatto che le aspettative di utili per azione dello Stoxx 600 (il fratello maggiore dell'Eurostoxx50) sono pronosticate mediamente al rialzo del 9%. Non sono il 15% dello S&P500 ma neppure lo zero o quasi che si è materializzato nel 2024. Considerato che rispetto ai mercati americani quelli europei sono piuttosto a buon mercato non facciamo fatica a pensare che ci sia spazio per crescere.



Anche lo SMI (+1.65% ytd) per una volta è partito bene, anzi fin troppo bene. In poche sedute è riuscito a superare la resistenza degli 11'450 punti per poi addirittura sfondare la resistenza del canale discendete (quello che vede tratteggiato). Quello che non ci piace è vedere che questi movimenti  sono accompagnati da volumi discendenti (freccia rossa) a significare che probabilmente non tutti gli investitori sono convinti di questi movimenti... Peccato che il dato americano di venerdì pomeriggio ha un po' rotto le uova nel paniere ma comunque sia è importante che anche il nostro mercato dia segnali che è ancora vivo e vegeto.

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E' chiaro che il movimento al rialzo dei rendimenti sul dollaro sta favorendo la moneta americana. E' probabile che andrà avanti a farlo fino al giorno dell'insediamento di Trump. Poi temiamo che vi saranno tante e tali pressioni sulla FED da far saltare i nervi anche al più scafato dei governatori. Powell a noi sembra un tipo serafico... Sarà comunque interessante vedere come reagirà alle pressioni della nuova amministrazione. Ciò non toglie che per il momento il dollaro sta sfiorando i 0.92 centesimi. Andare oltre non sarà facile, se ce la farà lo sapremo solo dopo il 20 di gennaio.



Ora possiamo tranquillamente confermare che la valuta americana sta puntando con decisione verso l'1.01 per poi magari agganciare la parità, ma non sarà facilissimo. Ovviamente per il momento di vendere dollari non se ne parla.



Per il momento le aspettative di tagli ai tassi svizzeri sono un numero vicino al 3. La  qualcosa riporterebbe i tassi in zona negativa e spiega in parte la forza dell'euro nei confronti della nostra moneta. 0.94 centesimi per il momento è una bella resistenza ma non disperiamo che la si potrebbe anche superare: le medie mobili a 50 (viola) e 100 (verde) giorni sono state forate dal basso verso l'alto ed è un bel segnale di forza relativa... se si riuscisse poi a fare altrettanto con quella a 200 giorni (blu) forse riusciremmo a riportare la parità euro/chf verso i 0.95/96 centesimi.



Proviamo ad abbordare il bitcoin utilizzando la classica analisi tecnica: non abbiamo ancora le idee in chiaro se il metodo funziona ma  tentiamo comunque di fare l'esercizio. Ci sembra di aver individuato un triangolo discendente che si forma quanto l'equilibrio tra domanda e offerta si sta spostando a favore dei venditori. Da diversi giorni fa fatica a confermare le quotazioni oltre i 100'000 $ e se dovesse sfondare il supporto del triangolo rosso il suo target più probabile è qualche cosa attorno ai 73'000 $. Come detto, il bitcoin sfugge a qualsiasi regola, quindi prendete questa predizione per quel che vale... quasi nulla.

Buona domenica!

In allegato il calendario delle riunioni delle Banche Centrali che seguiamo più da vicino: