La sensazione è di quelle strane: sembra passato un secolo eppure Trump è presidente degli Stati Uniti da neppure una settimana. Forse a determinare questa impressione è l'effetto della sovraesposizione mediatica di questi giorni ai quali aggiungiamo, vinte le elezioni il 5 novembre 2024, le enormi speculazioni che si sono accumulate su cosa effettivamente avrebbe fatto il nuovo Presidente appena preso possesso delle redini del comando. Lo vedremo fra un attimo.
In una settimana piuttosto povera di dati ed eventi macroeconomici ( ci rifaremo la settimana prossima con la FED il 29.1 e la BCE 30.1) dirigiamo la nostra attenzione sugli utili societari americani e sul prezzo del petrolio pensando all'inflazione americana ma non solo...
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Iniziamo con i numeri del quarto trimestre delle aziende USA: ad oggi sono una cinquantina le società che hanno già reso noto i risultati del quarto trimestre. Ricordiamo che le aspettative parlavano di un incremento medio attorno al 10% e la realtà per il momento li segnala in aumento del 9.1%. Siamo in linea. Se si continuerà di questo passo, alla fine delle pubblicazioni, circa l'80% delle società dovrebbero riportare numeri superiori alle aspettative. Questo ovviamente è un bene per i mercati azionari che, come vedremo, stanno già reagendo con coerenza. Come stiamo ripetendo di parecchie settimane è importantissimo che non vi siano dei cedimenti clamorosi in termini di utili aziendali in quanto è un fondamentale carburante per le quotazioni azionarie che probabilmente non possono contare, purtroppo, su di una politica monetaria americana piuttosto accomodante.
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Sappiamo tutti che la componente energetica è, insieme al costo delle derrate alimentari, una di quelle più volatili e non vi nascondiamo che l'impennata del prezzo del petrolio avviatasi a fine 2024 iniziava, pensando all'inflazione, a preoccuparci:
Da metà gennaio la pressione sul prezzo del WTI sta scendendo: il calo può essere attribuito alla nuova politica energetica americana dove Trump mira ad aumentare la produzione interna di petrolio (coerente con la filosofia tipicamente repubblicana del "Drill, baby, drill") e le probabili pressioni che eserciterà sull'OPEC per ridurre i prezzi del barile di petrolio. Insomma: purtroppo guai in vista per il futuro dell'ambiente ma forse riusciremo ad evitare un'impennata dell'inflazione causata dell'aumento dei costi energetici... Lo capiremo meglio nelle prossime settimane.
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Ma veniamo a quello che più ci interessa. Eravamo curiosissimi di vedere come avrebbero reagito i mercati dopo l'insediamento di Trump e soprattutto quali sarebbero state le sue prime mosse. Coerentemente con il personaggio abbiamo preso nota che i primi provvedimenti che sono stati presi servono a contrastare l'immigrazione clandestina e non esita ad annunciare deportazioni di massa che a quanto pare sono effettivamente iniziate: 4 aerei carichi di clandestini da rimpatriare sono già partiti nei giorni scorsi. Non è ancora una deportazione di massa ma comunque è la prova che Trump sembra fare molto sul serio.
Seguono altri provvedimenti meno urgenti ma che danno un'idea di come il suo mandato sarà sempre più americacentrico: si ritira dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e disconosce l'Accordo di Parigi sul clima. Ai Paesi NATO chiede di aumentare la spesa per la difesa al 5% del PIL (da leggersi: "cari amici di mezzo mondo: difendetevi da soli...") e non ha perso tempo nell'istituire il Dipartimento per l'Efficienza Governativa dove a capo ci troviamo Elon Musk... siamo avvisati: potremmo vederne delle belle. A proposito, via anche lo Jus Soli; non basta più nascere in America per acquisirne automaticamente la cittadinanza. Notizia di ieri: ha pure avuto un acceso colloquio con la premier Danese: lui la Groenlandia, anche se non è in vendita, la vuole... La Danimarca non ci sente e sembra siano girate parole grosse. Anche questo caso sarà uno di quelli che dovremo seguire da vicino.
Ovviamente la cosa che più ci premeva era vedere come avrebbe utilizzato la minaccia dei dazi: per il momento si è limitato ad annunciare tariffe del 25% su tutte le importazioni dal Messico e Canada rei di fare troppo poco per contrastare l'immigrazione illegale ed il traffico di stupefacenti, quest'ultimo un problema serio per gli Stati Uniti dove il fentanyl sta dilagando. Sarà interessante vedere se effettivamente per questi due Paesi i dazi saranno attivati. Attualmente sono solo una minaccia.
La Cina per il momento deve fare i conti solo i vecchi dazi mentre l'Europa è a rischio ma per adesso è stata "solo" pesantemente rimproverata durante la videoconferenza che Trump ha fatto in occasione del WEF di Davos: secondo DT la relazione commerciale che intrattiene l'Unione Europea con gli USA è, citiamo, "molto, molto ingiusta a causa di tasse e barriere che ostacolano l'accesso dei prodotti americani al mercato europeo". Ha avvisato le principali aziende che operano in ambito internazionale di andare negli USA a produrre o dovranno sottostare a pesanti dazi...(evviva la coerenza...) e per finire, ma qui non si può proprio dargli torto, Trump ha criticato la burocrazia europea ed ha incentivato l'UE a ridurre le regolamentazione per aumentare la competitività .
Insomma per il momento non sembra che l'applicazione dei temutissimi dazi sia una cosa automatica: di certo ne sentiremo parlare molto nelle prossime settimane ma per il momento l'abbiamo scampata ed i mercati hanno reagito. Vediamo come:
Bene le borse americane ed europee: per una volta quelle del nostro continente, anche grazie ad un P/E molto più attraente di quello americano, stanno facendo meglio e i dazi per il momento non sembrano spaventare. L'Asia è invece rimasta al palo: forse durante l'anno dovremmo gettare un'occhiata più approfondita...
I rendimenti dei Treasury americani, quando si è capito che i dazi per il momento sono solo una minaccia e non una clava da brandire sulle economie di mezzo mondo, hanno tirato un sospiro di sollievo ben consce che l'applicazione di gabelle varie è fonte d'inflazione non solo per chi le subisce ma anche per coloro che le applicano.
Una riduzione della pressione causata dai rendimenti in aumento ha giovato al comparto obbligazionario in dollari... Ovviamente dovremo vedere cosa ne pensa la FED la prossima settimana e capiremo meglio cosa potremo aspettarci dalle obbligazioni in dollari per quest'anno. Diciamo, dalle premesse, non molto. Ma con Trump che ha già annunciato che dalla FED si aspetta una riduzione del costo del denaro tutto può succedere.
Anche il settore delle obbligazioni in euro per il momento non è che stia scoppiando di salute: vedremo la prossima settimana quale approccio avrà la Lagarde in termini di lotta all'inflazione versus stimoli alla crescita economica. A nostro giudizio sono quest'ultimi che devono avere la precedenza e, se così sarà, forse dal comparto obbligazionario in euro quest'anno potremmo ricavarci qualche cosa.
Comunque sia il movimento più appariscente che c'è stato dopo l'insediamento di Trump è stato quello che ha coinvolto il dollaro ma lo vedremo come di consuetudine dopo. Partiamo con ordine dai mercati azionari.
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Prima da addentrarci in un po' di analisi tecnica ci teniamo a sottolineare quello che è il nostro principale obiettivo: capire qual'è, se ce n'è uno, il trend dominante sul medio periodo (per quantificarlo secondo i nostri parametri stiamo parlando dai 3 ai 6 mesi ma anche più) e seguirlo fino a quando non avremo l'evidenza che lo stesso abbia imboccato una direzione opposta; in quel caso dovremo reagire secondo i nostri piani. Consapevoli che l'analisi tecnica produce una serie infinita di falsi segnali (NON è una scienza esatta) può comunque passare un certo numero di sedute di borsa prima di avere la certezza dell'inversione del trend. E' quindi molto probabile che saremo quasi sempre un pochino in ritardo nell'attuare le nostre strategie. Di questo è giusto che ne siate consapevoli.
Osservando bene il canale del trend ascendente dello S&P500 (+3.73% ytd) ci siamo accorti che potrebbe essere segnalato meglio e quindi porremo rimedio durante il prossimo nostro intervento. Ciò non toglie che questo indice si è concesso, durante la settimana che si sta per concludere, un nuovo record storico ed è rientrato appieno nel movimento rialzista che lo contraddistingue dall'ottobre 2023. I risultati aziendali del quarto trimestre stanno fornendo del buon carburante ed il resto lo sta facendo, come accade da un paio d'anni, l'intelligenza artificiale. A tal proposito è stato annunciato il progetto Stargate (OpenAI, Oracle e SoftBank) che prevede investimenti fino a 500 miliardi di dollari spalmati su 4 anni al fine di sviluppare infrastrutture avanzate nell'ambio dell'Intelligenza Artificiale. Sono tanti soldi e forse a qualcuno la cosa rode un pochino: Elon Musk si è già premurato di farci sapere che il progetto sarà di difficile attuazione in quanto non pensa che le tre società abbiano tutti quei soldi. Anche qui: affaire à suivre...
Tornando allo S&P500 qualcuno ha fatto osservare che il movimento rialzista è stato anche favorito dall'indebolimento del dollaro:
In effetti a partire dal 20 di gennaio la correlazione inversa tra dollaro (linea nera) e S&P500 (linea blu) appare evidente.
Anche il Nasdaq (+3.33% ytd) è ritornato saldamente nel suo canale ascendente (in verde) e allo stato attuale non è neppure in ipercomprato; quindi potrebbe tranquillamente continuare a salire pure la prossima settimana... FED permettendo.
Parecchie soddisfazioni ce le sta dando anche l'Eurostoxx50 (+6.61%) che dopo aver superato la resistenza dei 5'100 punti sta puntando verso i 5'300 che sono il target che vi abbiamo segnalato la settimana scorsa (linea verticale blu). Attenzione: è in ipercomprato (cerchio rosso) ed i volumi che hanno accompagnato questo movimento non sono eccezionali (qualcuno ancora non ci crede che l'Europa può fare meglio dell'America...)
Cosa possiamo dire dello SMI (+5.92% ytd)? Finalmente si è risvegliato! Forse anche troppo: la salita è decisamente assai verticale e non può durare per molto tempo ancora. E' infatti in pieno ipercomprato ed una correzione, se dovesse arrivare, non ci sorprenderebbe. Ma comunque sia, bene così anche se i 12'500 punti sono una bella resistenza non facile da superare.
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E' piuttosto evidente che 92 centesimi è una resistenza importante per la parità dollaro/franco. La diminuzione della resa sul dollaro, conseguente alla momentanea non applicazione dei dazi promessi da Trump, ha indebolito la valuta americana e ha fatto probabilmente la felicità di Donald che vorrebbe fortemente un dollaro più debole. Per il momento è accontentato. Prima d'iniziare a venderlo, se ne siamo convinti, vorremmo attendere la FED e vedere come vorrà muoversi. Poi decideremo.
Anche l'euro contro dollaro si è ringalluzzito portandosi a ridosso dell'1.05 che fino a metà dicembre 2024 era un valido supporto ed ora questo livello funge da resistenza: superarla non sarà facile. Se dovesse riuscirci non escludiamo che rientri nella logica di un'evoluzione laterale tra 1.05 e 1.11. Ma è troppo presto per poterlo dire. Per il momento è uscito dal trend che l'avrebbe portato verso la parità ma se verranno introdotti effettivamente i dazi è solo un obiettivo rimandato.
Pure contro franco la monta europea ha messo a segno un discreto spostamento che l'ha spinta a 0.9510. Non male! Movimento che piacerà molto alla Banca Nazionale Svizzera ma non solo... Se il movimento continua sarà interessante capire se la cosa avrà un influsso sulle scelte di politica monetaria della BNS: per il momento i tagli attesi dal mercato, l'abbiamo controllato, sono per quest'anno ancora due. Tecnicamente siamo addirittura in ipercomprato e la media mobile dei 200 giorni (linea blu) sta facendo da tappo. Una piccola correzione è probabile.
Per quanto riguarda il bitcoin, questa settimana si è preso un attimo di pausa: ci sembra di aver individuato quello che gli analisti tecnici chiamano un bullish pennant (traducibile con un pessimo "pennone rialzista" e quindi gli si preferisce il termine in inglese anche nella nostra lingua): trattasi di una figura simile ad un triangolo che punta decisamente verso l'alto. Consideriamola uno sorta di pausetta di consolidamento (dura di norma non più di tre settimane) che di norma si risolve con una continuazione del trend rialzista. L'obiettivo dei 118'000$ per conto nostro è intatto.
L'oro, che è rimasto silente per parecchie settimane, ha deciso di rimettersi in moto in occasione della debolezza della valuta americana: i 2800 dollari non sono lontani. Se dovesse sfondare la resistenza dei 2'800 in vista, ma non a breve, ci sono i 3'000 dollari.
Buona domenica!
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