giovedì 22 maggio 2025

Moody's declassa l'America

 Ci siamo lasciati domenica 11 maggio con i trattati di Ginevra sui dazi tra Cina e USA in pieno svolgimento. Le nostre aspettative per il summit in corso erano meno di zero ma forse siamo stati eccessivamente pessimisti: infatti una sospensione delle gabelle per 90 giorni è stato raggiunto, giusto il  tempo per continuare a trattare;  il dazio generalizzato al 10% valido per tutti non si tocca;  quelli reciproci hanno subito una bella (temporanea?) sforbiciata e le borse hanno apprezzato il gesto. Da diversi giorni il capitolo dazi ci sembra essere passato in secondo piano (diciamo che per il momento non merita la prima pagina dei giornali) e questo ha riportato un po' di ottimismo nei mercati azionari che tutto sommato non sono poi molto lontani dai massimi storici. Ma attenzione:  qualche ombra, ahinoi, ci pare di vederla arrivare...

***

Poco variata anche l'inflazione americana  che per il momento è piuttosto stabile: il dato pubblicato il 13 maggio la dava al 2.3% (atteso: 2.4%; precedente: 2.4%). Il trasferimento dei dazi nei prezzi alla vendita è un processo che richiederà del tempo ed il semplice fatto che l'inflazione non si è ancora mossa non ci deve indurre ad un eccessivo ottimismo...

Fa specie vedere il sondaggio dell'Università del Michigan, riguardante le aspettative di inflazione fra un anno: mediamente il campione di 500 consumatori adulti contattati telefonicamente la vede al 7.3%. Magari sopra il 7% l'inflazione non ci andrà ma se questa è l'aspettativa ecco che il consumatore potrebbe dare il via,  prima che i prezzi salgono,  ad una spesa anticipata. Di sicuro questo è un dato che ha visto anche la FED ed è consapevole che le imprese aumenteranno i costi e i lavoratori chiederanno salari più alti auto-alimentando una spirale inflazionistica che non sarà facile da contenere. Vedremo.

***

Riteniamo comunque che la notizia che non deve assolutamente passare inosservata, in quanto potrebbe generare qualche presa di profitto nel variegato mondo obbligazionario (e non solo in quello...) è senz'altro quella del declassamento del debito pubblico americano da parte di Moody's che ha fatto perdere la AAA alla prima economia al mondo riducendo il rating ad AA1. Non è una vera novità e si inserisce nel solco del declassamento condotto anni fa da Standard&Poor's (2011) e da Fitch (2023). 

Comunque sia, questa riduzione qualitativa del debito pubblico americano, qualche reazione l'ha già generata:



I rendimenti dei Treasury a 2 anni (rosso) a 10 anni  (nero) e a 30 anni (blu) hanno virato decisamente verso l'alto e di sicuro non avrà fatto piacere a Trump che non sa più dove andare a prendere i soldi per pagare il debito pubblico soprattutto se riuscirà (ma non diamolo per scontato) a diminuire le tasse. I dazi che vuol far pagare al mondo intero servono soprattutto a questo.


Oramai il debito e i suoi costi sembrano essere fuori controllo e le previsioni non sono rosee: ad oggi il 3% del PIL americano serve semplicemente per pagare gli interessi generati dai 37 trilioni di dollari di debito pubblico e nel 2050, secondo una proiezione della Federal Reserve, la spesa per interessi ammonterà al 5% del PIL... decisamente troppo!

Un'ultima osservazione: quando la resa del Treasury trentennale va sopra il 5% (non succedeva dal novembre del 2023) per i mercati azionari non è un bel segnale. Forse per coloro che hanno realizzato guadagni interessanti portare a casa un po' dell'utile non è una brutta cosa...


... comunque per il momento non sembra che le obbligazioni in dollari abbiano sofferto più di tanto questo rialzo dei rendimenti, ma le teniamo comunque sotto controllo. Qualche obbligazione la andremo a comprare ma le scadenze non saranno lunghissime...


***



Tutto sommato lo S&P500 non si è comportato male e manca pochissimo ad aver recuperato tutte le perdite subite dal 4 di febbraio oramai diventato celebre come il "giorno della liberazione". Purtroppo dopo il declassamento sta correggendo in modo piuttosto vistoso e non ci sorprenderemmo se andasse nei prossimi giorni a chiudere il gap rialzista che porterebbe l'indice attorno ai 5700 punti. Per la cronaca sono molti gli analisti e le banche che vedono ancora  per fine anno lo S&P500 attorno ai 6'600 punti: a metà maggio a questo gruppetto si è aggiunta anche Goldmann Sachs.



Vi avevamo segnalato in modo un po' ardito, la figura tecnica denominata spalla-testa-spalla rovesciato (mezze lune arancioni) che di norma anticipa un periodo rialzista. In effetti la scorsa settimana il Nasdaq è partito in gap (cerchietto azzurro)  e sembrerebbe essere sulla buona strada dei 21'000 punti. In caso di una correzione, noi iniziamo a panicare se l'indice dovesse andare sotto i 18'000 punti. 



Bene, e pure molto, l'andamento dell'Eurostoxx50 che si trova ad un soffio dal suo record storico. Evidentemente un po' di fiducia nel nostro continente è tornata ed è pure confermata da un golden cross (media mobile dei 100 giorni in verde incrocia quella a 50 giorni in viola) che potrebbe dare sostanza al movimento rialzista. Per acquistare nuove posizioni bisognerebbe comunque attendere uno storno...



Anche lo SMI sta cercando di andare a coprire il gap rialzista segnalato dal cerchietto arancione ma sta facendo fatica: con Roche, Novartis e Nestlé che hanno visto tempi migliori non è facile. I volumi non sono eccezionali e ci stiamo avvicinando all'ipercomprato... tutti elementi che ci suggeriscono che nei prossimi giorni non vedremo grandi movimenti al rialzo...

***


Malgrado l'aumento dei rendimenti sul dollaro la valuta americana ha corretto vistosamente contro franco svizzero: il declassamento del debito ha giocato un ruolo importante. E' chiaro che qualche cosa sta cambiando e l'immagine degli USA nei prossimi anni sarà meno brillante di quanto siamo abituati a vedere. Il tema è di quelli seri e stiamo pensando di fare prossimamente degli Appunti di approfondimento. Per tornare a noi: il supporto a breve contro franco rimane a 0.82.



Anche contro euro il dollaro ha perso qualche basis point ed è ritornato in zona 1.13 ma attorno a quel valore dovrebbe consolidare. Cambia il discoro, e di molto, qual'ora dovesse andare con decisione sopra 1.15, ma pensiamo che sia ancora troppo presto...


Euro/franco ci pare entrato in modalità scorrimento laterale all'interno di un range piuttosto stretto: 0.93 - 0.94. Se lì rimane non ci lamentiamo. Ricordiamoci che il 19 giugno ci sarà la riunione della BNS dove è atteso un ultimo taglio dello 0.25%.



Che ci sia nell'aria qualche cosa che mette un po' di inquietudine addosso agli investitori ce lo suggerisce la quotazione del  bitcoin che mentre siamo scrivendo è quotato 111'313 $ e si trova all'interno di un canale rialzista che verosimilmente lo porterà verso i 120'000 dollari. Attenzione: è in netto ipercomprato (cerchietto rosso) e prima di comprarlo ci vorrebbe uno storno...

Buona serata!

PS: come vi abbiamo già avvisato anche il prossimo week end e l'altro pure non siamo in grado di scrivere i nostri Appunti. Vi terremo aggiornati durante la settimana.

domenica 11 maggio 2025

Settimana apatica

Sulla carta poteva essere una settimana ben più movimentata di quella che in realtà è stata. Invece, come vedremo, le borse si sono mosse poco ed hanno pensato più che altro a consolidare quanto di buono hanno fatto dai primi di aprile in poi. 

L'unico evento che ha sorpreso noi comuni mortali è stata l'elezione di un Papa americano.  Ovviamente, non abbiamo potuto fare a meno di pensare a quanto abbia rosicato Trump che, durante un recente incontro con i giornalisti alla Casa Bianca, ha dichiarato - seppur scherzosamente -  che avrebbe voluto diventare lui il Papa. Comunque sia il Nostro, sportivamente, si è subito congratulato con Leone XIV,  ma si è pregiato di farci sapere - con il tatto che lo contraddistingue - che Prevost non era il suo cardinale "born in the USA" preferito. A quanto pare l'ala più estrema dei repubblicani lo considera un marxista con l'aggravante di essere pure un globalista. Noi non lo conosciamo e quindi sospendiamo il giudizio.

Un altro piccolo sussulto l'abbiamo avuto martedì mattina con l'elezione di Merz quale nuovo cancelliere tedesco, elezione che di solito è poco più di una formalità. Invece, per la prima volta dal dopoguerra, si è dovuti ricorrere al secondo scrutinio. Non è un segnale molto incoraggiante per Merz che, evidentemente, anche all'interno del suo stesso partito non fa l'unanimità. Il DAX sulle prime non ha gradito e ce l'ha fatto sapere con un -2% messo a punto subito dopo la mancata elezione; si è poi ripreso nel pomeriggio e tutto sommato, con un +18% ytd,  è fino ad oggi la miglior borsa europea segno che in Germania un po' di ottimismo, malgrado la recessione in corso, sta facendo capolino.




Mercoledì è stato il turno della FED. Powell per sorprenderci avrebbe dovuto ridurre il costo del denaro. Non l'ha fatto e si è pure beccato dello stupido dal suo Presidente. Comunque sia il Governatore della più importante banca centrale al mondo, che difficilmente si lascia intimorire,  ha giustificato la sua scelta in modo semplice e razionale:

  • Negli USA l'incertezza economica è elevata a causa delle politiche commerciali della nuova amministrazione: diciamo che prima di procedere con dei tagli aggressivi ai tassi vuol vedere le conseguenze di tali politiche che per il momento non si sono ancora concretizzate definitivamente nei dati economici.
  • L'aumento dell'inflazione è in agguato: non è un esito certo ma, se i dazi verranno applicati come da programma, è piuttosto probabile. E' comunque consapevole che vi sono delle trattative in corso e, giustamente, prima di prendere qualsiasi decisione vuol vedere se andranno a buon fine e come.
  • E' pure edotto che il mercato del lavoro inizia a mostrare qualche piccola crepa ma per il momento nulla di preoccupante. Anche le nuove richieste settimanali di sussidi di disoccupazione, pubblicate giovedì, si sono attestate a 228.000 unità, risultando inferiori sia alle attese (231.000) sia al dato precedente (241.000).



Di certo, durante la riunione della Fed, un’occhiata al grafico del GDPNow della Fed di Atlanta l’avranno data: misura in tempo reale il PIL americano ed è aggiornato continuamente, ragione per cui questo indicatore risulta piuttosto volatile. Come possiamo vedere, segnala attualmente una crescita economica del +2,2%, in linea con l’andamento degli ultimi anni. Il motivo per il quale il PIL americano è andato temporaneamente in negativo - la causa è un eccesso d'importazioni - l'abbiamo visto la scorsa settimana.

Insomma, da quello che riusciamo a capire, ci sembra che l’economia americana stia ancora andando piuttosto bene e che non ci sia tutta questa urgenza di abbassare i tassi. Ovviamente Powell e compagni sono in pre-allarme e se sarà necessario e sensato i tassi di certo li abbasseranno. L'importante è non ridurli troppo presto per poi essere magari costretti a fare l'opposto qualche mese dopo... sarebbe deleterio per la credibilità della FED.

Non da ultimo questo fine settimana le antenne sono tutte sintonizzate sull'incontro a Ginevra tra USA e Cina in corso proprio mentre stiamo scrivendo. In cima all'agenda ci sono evidentemente i dazi che in un qualche modo vanno da ambo le parti ridotti. Sarà interessante vedere quante concessioni verrano fatte da una parte e dall'altra ma una cosa è certa: Trump ha disperatamente bisogno di denaro per rimpolpare le casse dello stato e scordiamoci che rinuncerà a togliere di mezzo i dazi. Il 10%, che ha imposto a livello mondiale,  a nostro giudizio non è trattabile; tutt'al più bisognerà trovare una quadra per quanto riguarda i dazi reciproci. Un possibile punto d'incontro tra i due Paesi è stimato in dazi attorno all'80%. Dal 9 di aprile sono al 145% e colpiscono anche i pacchi di valore inferiore agli 800 $ diretti verso gli USA che prima erano esenti: è evidente il tentativo di infastidire le temutissime  piattaforme di e-commerce cinesi.
Non scordiamoci che le borse hanno iniziato a recuperare terreno solo dopo che i dazi sono stati rinviati di 90 giorni per permettere di trovare degli accordi tra paesi. Ora ci siamo: le discussioni  stanno per iniziare e capiremo subito che aria tira... speriamo non sia grama. E' imperativo che si arrivi a trovare il modo di ridurli significativamente altrimenti saranno guai grossi.   Lo verificheremo subito lunedì mattina all'apertura dei mercati.

Anche la Svizzera ambisce a risolvere la questione dazi al più presto: l'aliquota del 31% applicata al nostro paese inquieta e soprattutto inquieta ancor di più il fatto che vi saranno dazi specifici per i farmaci. Non vi nascondiamo che non siamo tranquillissimi anche se Roche e Novartis hanno già annunciato che faranno investimenti miliardari negli USA.

***

Prima di passare all'analisi dei mercati azionari e dei cambi, vogliamo dare una rapida occhiata a cosa succede alle obbligazioni in dollari ed euro. E' quindi necessario soppesare quali sono le aspettative per i tagli ai tassi di USA, Europa e Svizzera per i prossimi 365 giorni:


Negli Stati Uniti i tagli attesi sono circa 3 (uno in meno rispetto alla scorsa settimana) e difficilmente si andrà sotto il 3.5%. Con i debiti che hanno è sempre un tasso troppo alto: le pressioni su Powell da parte di Trump sono destinate a perpetuarsi.

In Europa dovremmo vedere ancora un paio di tagli che potreranno i tassi attorno all'1.65% ma a quanto pare, come vedremo, il mercato obbligazionario sembra rimanere piuttosto indifferente.

Per finire la Svizzera: è probabile che alla prossima riunione della BNS (19.06.25) vedremo, con un taglio dello 0.25%,  i tassi a zero. Per il mercato non è ancora abbastanza e ne mette in conto un altro che, se fosse vero, riporterà i tassi in negativo. Come detto sarebbe molto meglio evitare questo scenario. SE il franco dovesse perdere un po' del suo valore forse il pericolo lo scampiamo, altrimenti sappiamo già a cosa stiamo andando incontro...


Malgrado i tassi americani restano alti, il mercato obbligazionario sta scommettendo che presto o tardi li dovrà tagliare e quindi si sta già portando avanti con i lavori: coloro che devono acquistare obbligazioni lo stanno già facendo. Da inizio anno l'indice total return delle obbligazioni in usd calcolato da Bloomberg è in crescita del 4.66%.



Anche se la BCE non si sia risparmiata in fatto di tagli ai tassi, bisogna ammettere che le soddisfazioni in ambito obbligazionario espresso in euro non sono molte. Da inizio anno stiamo marciando sul posto. Evidentemente, se l'Eu e la Germania, dovessero effettivamente mettere in atto il piano di difesa europea ed i tedeschi iniziare finalmente a spendere qualche euro un più per ristrutturare un paese che ne ha urgentemente bisogno, allora di emissioni obbligazionarie in euro ne vedremo a tonnellate;  i prezzi delle obbligazioni, spinti dall'eccesso di offerta, saranno calanti e di rimando vedremo i rendimenti partire al rialzo. 

***


Come già sottolineato la settimana borsistica è stata piuttosto avara di soddisfazioni. Lo S&P500 (-3.77% ytd) non è riuscito ad andare sopra il valore segnato il 4 di febbraio, data dell'annuncio dei dazi. Volumi in leggero calo proprio a significare che voglia di puntare qualche soldo in borsa questa settimana ce n'era meno del solito. Dato per scontato che la FED non avrebbe tagliato, tutta l'attenzione è rivolta all'incontro tra USA e Cina a Ginevra. Indiscrezioni su come stanno evolvendo i colloqui fino ad ora non ve ne sono e probabilmente bisognerà attendere domenica per saperne qualche cosa di più. E' chiaro, e questo vale per tutti i mercati, che se si riesce a ridurre la pressione sui dazi ancor prima che questi entrino in azione potrebbe giovare non poco alle quotazioni. Scordiamoci comunque che vengano eliminati. Le prime reazioni le vedremo lunedì.



Anche il Nasdaq (-7.16% ytd) sta cercando di superare la resistenza posta a 17'900  ma questa settimana non c'è stato verso di riuscirci. Pensiamo di aver intravisto una possibile figura tecnica che si sta formando: è un classico spalla - testa - spalla (S-T-S nel grafico in viola) che se è effettivamente tale potrebbe, una volta sfondata quota 17'900,  portare l'indice verso i 21'000 punti. Attenzione, la figura è ancora in formazione e potrebbe anche non essere quello che sembra, quindi non diamola per scontata. Questo NON è un segnale d'acquisto e prima che lo diventi bisogna superare la resistenza e farlo pure con volumi nettamente in aumento. 
Diciamo che ci stiamo sbilanciando ( e non poco...) e ovviamente, se nelle prossime settimane non avremo la conferma del segnale tecnico, ve lo faremo adeguatamente notare. Ricordatevi sempre che l'analisi tecnica produce tonnellate di falsi segnali...




Siamo soddisfatti di quanto l'Eurostoxx50 (+8.45% ytd)  ci sta facendo vedere. Siamo in prossimità della resistenza dei 5'300 punti... se da Ginevra arriveranno notizie anche solo vagamente positive potremmo probabilmente rivedere presto i massimi dell'anno.


Non è stata una grande settimana per la borsa svizzera. Lo SMI (+4.19% ytd) non è riuscito a superare la media mobile dei 100 giorni (linea verde) e di conseguenza il gap segnalato dal cerchio arancione è ancora tutto da coprire. Non siamo completamente tranquilli: il gap rialzista segnalato dal cerchio rosso potrebbe anche essere coperto soprattutto se i dazi sul farmaceutico saranno pesanti... Diciamo che per il momento non ci vogliamo pensare!

***


Il dollaro ce la sta mettendo tutta per cercare di recuperare  contro franco svizzero ma neppure la prospettiva dei tassi negativi per il momento riesce a schiodarlo dalla sua apaticità. Resta nel canale ascende ed è già qualcosa. Vedremo se l'incontro a Ginevra servirà a ridargli un po' di smalto.


La valuta americana si è mostrata un pochino più tonica contro euro... ma stanno aspettando tutti la fine dei colloqui di Ginevra...


Neppure la prospettiva di due tagli ai tassi, che porterebbero i rendimenti svizzeri in negativo,  è riuscita ad indebolire la nostra valuta che contro quella europea contina a mostrare i muscoli. Qualche imprenditore svizzero inizia ad averne abbastanza... Per il momento comunque sotto lo 0.9230 non si dovrebbe andare.


Quando si respira un po' di aria da risk on, le crypto si risvegliano e la cosa vale anche per il bitcoin che continua a puntare ai suoi massimi. La scorsa settimana vi avevamo detto che non sarebbe stato facile andare oltre i 100k in quanto bisognava prima digerire la fase di accumulo definita dall'ovale blu. Abbiamo sbagliato: della fase di accumulo il bitcoin proprio se n'è fatto un baffo ed ora punta ai 105k. Avevamo detto che è pronto ad andare verso i 120k... forse abbiamo esagerato ma con un po' di pazienza - che non è proprio la principale virtù dei millennials - ci arriverà. 

Buona domenica!

PS: abbiamo controllato l'agenda e ci siamo accorti che nei prossimi tre fine settimana non saremo in grado di pubblicare Appunti Finanziari. Cercheremo di farlo durante la settimana.

domenica 4 maggio 2025

USA in recessione? forse no...

 La narrativa dei mercati finanziari delle scorse settimane è stata dominata da una (eccessiva) attenzione per il grande pasticcio creato dai dazi trumpiani e solo la momentanea sospensione di quest'ultimi, per una novantina di giorni, ha contribuito a ridurre la tensione e si è ritornati a guardare con un certo interesse i dati macroeconomici e i risultati societari del primo trimestre 2025. 

A dominare la scena sono, come spesso accade, i dati americani e quello che più di tutti ha sorpreso è stato il PIL che, per il Q1,  si è presentato con un insolito segno negativo e addirittura un pochino peggio delle aspettative. Infatti ha fatto scalpore il - 0.3% (le ultime stime prima della pubblicazione segnavano un - 0.2%)  che è stato annunciato mercoledì scorso e che potrebbe essere l'anticamera di un periodo di recessione che molti analisti hanno annunciato ma che deve comunque essere ancora confermato dai dati.

Infatti la teoria macroeconomica segnala l'entrata in recessione di una economia quando siamo in presenza di due trimestri consecutivi di PIL reale negativo.  Il primo trimestre ce l'abbiamo ma non siamo ancora sicurissimi che anche il prossimo sarà negativo. Spieghiamo il perché.

Vi starete chiedendo come sia possibile che un'economia come quella americana, che fino a pochi mesi fa cresceva del 2.4% (Q4 2024),  si è improvvisamente schiantata tanto da palesarsi con un PIL negativo. La risposta è piuttosto semplice e la colpa non è, come afferma Trump,  di Sleepy Joe Biden. 

Per capirlo dobbiamo dare un'occhiata alla formula con la quale si calcola il PIL di una nazione: 

PIL = C + I + G + (X - M) dove

C= consumi delle famiglie

I = investimenti delle imprese

G = spesa pubblica

X= esportazioni

M = importazioni

La variabile impazzita che nel primo trimestre 2025 ha mandato in tilt l'economia americana è la M, quella delle importazioni. Nei primi 90 giorni del 2025 questa voce ha subito un incremento significativo del 41.3% facilmente spiegato dai massicci acquisti che molte aziende americane hanno fatto prima dei dazi che verranno imposti dall'amministrazione Trump. (Nota a margine: venerdì il governo cinese ha dichiarato che la sua "porta è aperta" per dei negoziati commerciali e visto quanto Apple ( ma non solo) sta soffrendo  forse è meglio oltrepassarla questa porta...)

Tornando al PIL americano, la svalutazione di quasi un 10% del dollaro americano nei confronti delle più importanti monete non è bastata per incentivare significativamente le esportazioni e gli americani si sono trovati tra le mani il peggior deficit commerciale trimestrale della loro storia. La buona notizia è che il PIL del primo trimestre potrebbe anche essere l'unico con un segno negativo. Ora che i magazzini delle società americane sono pieni, i ritmi delle importazioni potrebbero anche diminuire vistosamente.

Già che ci siamo possiamo anche gettare un'occhiata alla variabile C, quella che riguarda i consumi delle famiglie americane, e quello che abbiamo visto non ci piace particolarmente:


Preoccupa la costante e vistosa erosione della confidenza al consumo che in sei mesi si è considerevolmente ridotta fino a raggiungere gli stessi valori riscontrati nel periodo del Covid. Sapendo quanto sia importante per il PIL americano (circa il 70%) il dato di martedì scorso non può lasciarci indifferenti...


Comunque sia GDPNow, l'algoritmo della FED di Atlanta che misura in tempo reale il PIL americano, si è già riportato in zona positiva segnalando una crescita dell'1.10%. Il dato comunque sarà piuttosto volatile e vedremo cosa succederà veramente fra tre mesi.

A questo punto vien da chiedersi se l'esubero d'importazioni, gravate dai dazi generalizzati al 10% e da un progressivo indebolimento del dollaro, hanno già avuto un qualche riflesso sull'inflazione: apparentemente  fino ad oggi  tutto è tranquillo come ha testimoniato mercoledì 30.4 il Personal Consumption Expenditures (PCE) che è il più importante indicatore dell'inflazione americana ed è pure quello preferito dalla FED:

  • PCE yoy          : 2.3% (atteso: 2.2%; precedente: 2.7%)
  • Core PCE yoy : 2.6% (atteso: 2.6%; precedente: 3%)
Addirittura l'inflazione ad aprile si presenta in una veste calmierata a significare che la massiccia attività d'importazione per il momento non sta perturbando il quadro inflazionistico. Con ogni probabilità la merce si trova ancora nei magazzini degli importatori oppure quest'ultimi si sono assunti il costo dell'importazione senza scaricarla, strano a dirsi,  sul consumatore finale. Per il momento sembra essere così, non è però detto che andrà avanti di questo passo e presto o tardi un qualche effetto sui prezzi ci dovrà essere. 
Vedremo dove le trattative sui dazi ci porteranno e poi faremo le nostre valutazioni. Ovviamente Trump non ha perso l'occasione di dire la sua mettendo un po' di pressione addosso a Powell. Utilizzando  il suo canale social ha rilasciato il seguente messaggio: "NESSUNA INFLATION, LA FED DOVREBBE ABBASSARE I TASSI!!!" ... ovviamente il maiuscolo non è nostro...

A proposito di Powell mercoledì prossimo non perdetevi la riunione della FED e soprattutto quanto il Governatore vorrà dirci a margine dell'incontro. Le aspettative in fatto di taglio ai tassi sono per un nulla di fatto; noi invece non scartiamo completamente la possibilità di vedere una riduzione di un quarto di punto. Se il PIL negativo del Q1 lo possiamo archiviare come "un incidente di percorso", i dati che arrivano dal mercato del lavoro sono sempre decenti ma meno solidi del solito. Questa settimana ne sono stati pubblicati parecchi:
  • Posti di lavoro vacanti marzo: 7.2 mio (atteso: 7.5 mio; precedente: 7.5 mio) in diminuzione 
  • Posti di lavoro settore privato (ADP) apr. : 62k (atteso: 120 k; prec: 147k) in netta diminuzione
  • Nuovi disoccupati aprile: 241k (atteso: 225k; precedente: 223k) in ascesa
  • Nuovi posti di lavoro non agricoli apr.: 177k (atteso: 133k; prec.: 185k) meglio del previsto
  • Disoccupazione aprile : 4.2% (atteso: 4.2%; precedente: 4.2%) stabile
La sorpresa, ben accolta dai mercati venerdì pomeriggio, riguarda la creazione dei posti di lavoro non agricoli superiore al previsto; per il resto i dati sono così così. Probabilmente lo scenario macro che si presenta agli occhi di Powell non è sufficientemente negativo per indurlo a tagliare i tassi ma ci lasceremo sorprendere... forse se Trump smettesse di chiederglielo in modo così insistente,  Powell potrebbe anche acconsentire ad un taglietto...

***

Anche sul fronte dei mercati azionari una certa calma sembra essere tornata: tanto per darvi un'idea di com'era il mood dei traders del NYSE le scorse settimane, abbiamo intercettato un commento di uno di loro, il famoso Peter Tuchman, che non ha esitato a definire "i messaggi contraddittori di Trump e/o della Casa Bianca terrorismo economico. Quando il mercato è volatile e oscilla in modo così radicale è possibile impostare operazioni basate su un'analisi tecnica eccellente. Il rovescio della medaglia è che puoi trovarti in un'operazione per tutte le ragioni giusta - il supporto c'è, i dati tecnici ci sono - e poi arriva un tweet della Casa Bianca e ti ritrovi il conto in rosso. Ecco dove siamo!

Per fortuna oggi possiamo dire dove eravamo: da una decina di giorni siamo confrontati con dei mercati meno schizofrenici e più intelligibili, ammesso e non concesso che un mercato azionario sia facilmente comprensibile... Non è detto, anzi è quasi certo, che prima o poi ritorneremo a dover affrontare periodi di alta o altissima volatilità ma per il momento godiamoci il VIX a 22...


A darci un colpo di mano hanno di certo contribuito i dati societari del primo trimestre che, per quanto riguarda quelli dello S&P500,  stanno entrando nella fase finale della loro pubblicazione. Per questo indice il dato più importante è senz'altro l'earning surprise che è stato fino ad oggi dell'8.77% migliore delle aspettative. Non poco ed il mercato, una volta tolto di mezzo i tweet della Casa Bianca, ha ricominciato a comportarsi come deve fare il più importante indice del mondo, ovverosia da indicatore assennato e che bada al sodo.
Solidi sono stati in generale i risultati dei Magnifici 7 (con l'unica eccezione di Apple) che sono ritornati sotto i riflettori degli analisti e degli investitori. Piace parecchio il loro impegno per il futuro: non quello prossimo, che è difficile da decifrare e sottostà alle bizze verbali di Trump, ma quello a medio-lungo termine dove si evince che gli investimenti a favore dell'Intelligenza Artificiale  non solo non sono stati messi in un cassetto ma continuano a ritmo serrato e a suon di decine di miliardi all'anno. 

Evidentemente nessuno ha intenzione di farsi cogliere in fallo dai concorrenti perché ha lesinato sugli investimenti e tanto meno non vogliono vedere la concorrenza cinese superarli. Anche se non lo ammetteranno mai, i cinesi stanno investendo somme considerevoli in questa tecnologia. Non siamo allocchi a sufficienza per credere che lo sviluppo di DeepSeek sia l'exploit di un nerd cinese che ha assemblato un algoritmo, efficiente tanto quanto quelli americani, spendendo la modesta cifra di 6 milioni di dollari. Dietro, come molte altre tecnologie cinesi ci sta sicuramente lo Stato che, considerata la posta in gioco, non centellina di certo gli aiuti finanziari. 

***



Prima di dare un'occhiata ai grafici delle borse, vorremmo mettere in evidenza la buona performance delle borse europee di venerdì (%chg) che le ha viste fare un balzo di oltre il 2% ed anche i guadagni da inizio anno (%ytd) ritornano ad essere interessanti. Va inoltre osservato che spazio per una salita dovrebbe ancora essercene: i P/E europei sono ancora sotto la media decennale. Non possiamo dire lo stesso per quanto riguarda le due borse americane che seguiamo con maggior attenzione: la performance ytd è per il momento ancora negativa ma sono soprattutto i P/E ad esser tornati a dei livelli ai quali dobbiamo prestare attenzione: non stiamo più comprando a buon mercato come qualche settimana fa...


La buona notizia per lo S&P500 (-3.31% ytd) è che siamo ritornati sopra il livello del 2 di aprile giorno del famoso "Liberation day" inaugurato da Trump (freccia blu). La prossima settimana possiamo togliere il cerchio verde che segnalava il gap che immaginavamo sarebbe stato chiuso durante la settimana che si sta per chiudere. Ora spazio per arrivare fino ai 5'770 ci sarebbe, poi saremo di nuovo in ipercomprato e vedremo che aria tirerà. Lasciamo per prudenza e a futura memoria il cerchietto rosso che segnala il gap rialzista di una decina di giorni fa: in caso di correzione improvvisa quello potrebbe essere il target (circa 5'300 punti). Non scordiamocelo. Adesso il clima sembra rasserenarsi ma facciamo tesoro di quanto ci ha illustrato il trader Tuchman: basta un tweet della Casa Bianca e ti ritrovi in rosso.


Anche il Nasdaq (-6.90% ytd) si è riportato sopra il livello del 2 di aprile ed ha addirittura superato la resistenza dei 17'900 punti; comunque vale lo stesso discorso dello S&P500: ci son stati degli strappi rialzisti che hanno creato dei gap (cerchio rosso e blu) che in caso di correzione possono essere sicuramente presi come dei target da raggiungere. Non siamo certi di trovarci confrontati a dei gap di rottura che segnalano di solito l'inizio di un nuovo trend, mancano i volumi in deciso rialzo. Siamo probabilmente confrontati con dei gap comuni che potrebbero anche essere colmati in tempi piuttosto brevi. Godiamoci il rialzo ma non esageriamo nel voler imbottire il nostro deposito di tecnologia a tutti i costi.


Siamo piacevolmente meravigliati delle performance dei mercati europei che probabilmente beneficiano di una serie di notizie positive tra le quali evidenziamo:
  • I primi segnali di distensione tra USA e Cina.
  • Risultati societari buoni e in alcuni casi ben al di sopra delle aspettative (Shell; ING group).
  • Dati macro decenti.
  • La politica monetaria della BCE che continuerà ad essere espansiva.
  • Tecnicamente stiamo ancora rimbalzando anche se siamo già andati ben oltre il classico recupero del 50% del movimento ribassista avviatosi il 2 di aprile.
Ritorneremo presto a rivedere i massimi raggiunti a marzo? Se si trova in tempi brevi un accordo sui dazi è abbastanza probabile!


Il recupero per lo SMI (+5.63% ytd) è un pochino più complesso e articolato:
  • La crescita della nostra economia è stata rivista al ribasso (PIL atteso ad un modesto +1.4%).
  • La forza eccessiva del franco preme sull'export.
  • Spazi per ulteriori tagli ai tassi, pochi: forse ne vedremo ancora uno ma non pensiamo che rivedremo nuovamente i tassi negativi (mai dire mai ma sarebbero accuratamente da evitare...).
  • Il nostro è un mercato  tipicamente difensivo. Quando gli investitori sono in modalità risk on si preferiscono mercati dove la tecnologia e l'industria sono maggiormente presenti in quanto trainano più velocemente il recupero.
Ciò non toglie che chiuso il gap segnalato del cerchio viola la prossima settimana si possa andare a chiudere anche quello arancione. Poi vedremo se ci sarà spazio per fare altro.

***


Anche se questa settimana non ve li abbiamo mostrati, i rendimenti sul dollaro hanno avuto una tendenza ribassista che ovviamente non ha giovato moltissimo al dollaro. Contro franco sta cercando di recuperare almeno il 50% del movimento ribassista avviatosi il 2 di aprile... sembra essere effettivamente entrato in un canale ascendente ma ci vorrà tempo e tanta, tanta pazienza...


Contro euro il dollaro ha smesso di indebolirsi e sembra volersi consolidare attorno agli attuali livelli come era già successo nel 2021... Mercoledì sentiremo dalla viva voce di Powell cosa vorrà fare a proposito dei tassi americani. SE li lascia invariati forse assisteremo ad un leggero rafforzamento delle moneta americana ma nulla di trascendentale. Il discorso sui dazi ed un loro ammorbidimento potrebbe invece avere maggior influsso, per lo meno sul corto termine, e lo vedremo sicuramente recuperare qualche punto percentuale contro le monete più importanti. Poi a lungo dipenderà dalle solite dinamiche macroeconomiche.


La possibile distensione tra USA e Cina sta giovando al bitcoin che questa settimana è riuscito a superare la resistenza (linea tratteggiata) ed ora potrebbe iniziare una fase di consolidamento in quanto agi attuali livelli tra il novembre 2024 e il febbraio 2025 in molti l'hanno comprato (ovale blu) . Bisognerà capire quanti approfitteranno di questo recupero per cedere la posizione che hanno accumulato mesi fa... Bisogna comunque ammettere che i fans delle crypto sono piuttosto ostinati e non è detto che si comportino come dei normali boomers che a questi livelli, magari dopo aver visto i 75'000$,  stanno mollando il bitcoin in quanto fonte di eccessivo stress...

Buona domenica!