sabato 27 febbraio 2021

Rendimenti al rialzo...

La settimana appena trascorsa non è stata delle più tranquille: come vi avevamo preavvisato, una resa del Treasury americano a 10 anni superiore all'1.50%,  può innescare un aumento della volatilità che colpisce non solo i mercati del reddito fisso ma un po' tutti i settori,  partendo dalla borsa fino ai metalli preziosi che, come sappiamo,  soffrono particolarmente quando le rese salgono.




Nel grafico potete osservare il repentino aumento della resa del TB10y che, per un istante,  ha superato nella seduta di giovedi quota 1.60%,  per poi ripiegare e chiudere la settimana con una resa all'1.46%.

Ma cosa sta succedendo e da cosa è causato questo repentino aumento dei rendimenti? La risposta è abbastanza articolata ed è probabile che siano una serie di fattori che,  piano piano,  si stanno delineando e che hanno provocato il movimento. Vediamone alcuni,  senza la pretesa di essere esaustivi:

1) È probabile che la ragione principale sia di natura puramente tecnica: giovedì un'asta di TB a 7 anni per un importo di 63 mia non è andata molto bene: c'era meno domanda del solito e questo non accadeva da molto tempo. E' probabile che in molti si stanno aspettando rese superiori prima di comprare.  La reazione non si è fatta attendere, causando un aumento dei rendimenti. Ad esser sinceri,  più che l'entità dell'aumento, a destablilizzare gli investitori,  è stata l'inattesa velocità dell'aumento dei rendimenti.

2) I buoni dati di mercoledì  sulla disoccupazione e in generale una prospettiva di crescita economica più robusta,  stanno alimentando visioni inflazionistiche che potrebbero anche sfuggire momentaneamente al controllo della FED. Sappiamo che la banca centrale americana mira ad un'inflazione almeno del 2% ma anche un 3% è tollerato: insomma non starà a misurare con il bilancino quanto sarà il rincaro, ma sospettiamo che comunque avrà stabilito una soglioadel dolore oltre la quale sarà costretta ad intervenire. Qualcuno inizia a sospettare che potrebbe essere anche prima di quanto dichiarato da Powel,  non meno di una settimana fa,  che misura in anni un eventuale prossimo aumento dei tassi... Ovviamente non poteva che esprimersi in questo modo:vi immaginate cosa può succedere se iniziasse ora a parlare di tapering?

3) Il piano economico di Biden di quasi duemila miliardi è giudicato da molti economisti eccessivo e potrebbe causare un surriscaldamento dell'economia. Come appena detto,  la FED potrebbe anche essere costretta ad intervenire prima del previsto (vero o falso, questo pensiero è sufficiente per creare del movimento...)

4) Sappiamo che molte aziende sono in cure intense e sopravvivono  solo grazie all'ossigeno offerto da tassi e rendimenti molto bassi: un aumento dei costi di finanziamento potrebbe essere letale per molte di loro. Le conseguenze sono facilmente immaginabili.

5) Un rendimento del TB all'1,60% , significa superare il rendimento medio dei dividendi delle aziende dello S&P500 che ad oggi si situa all'1.51%. Insomma, iniziano ad esserci delle alternative al mercato azionario... La borsa ovviamente non gradisce.



Diamo un'occhiata a come ha reagito lo SMI. A  dire il vero ci saremmo aspettati molto peggio: in realtà dopo un'apertura in cui gli ordini di vendita accumulati durante la notte sono stati scaricati, ha tentato di risalire ma putroppo ha chiuso sui minimi di giornata a 10522 punti andando ad adagiarsi sul supporto. Non un bellissimo segnale. Vedremo cosa succederà lunedì mattina: noi siamo in pre-allarme, magari non succede nulla di particolare, ma non si sa mai!


Buon week end!



domenica 21 febbraio 2021

Un po' di apatia per le borse


 Due note due su alcuni dati pubblicati questa settimana e quel pizzico di apatia che sembra aver coinvolto le borse occidentali.

Oramai i dati societari europei ed americani sono stati quasi tutti pubblicati e sono incorporati nelle quotazioni: sono stati buoni ma non buonissimi. Dovremo attende il secondo semestre per vedere di meglio. Anche la borsa svizzera si sta consolidando lateralmente (vedi grafico qui sopra): la farmaceutica sta soffrendo, Nestlé non brilla e anche il resto non è che stia facendo miracoli. Per quel che ci riguarda non aggiungeremo posizioni, come già detto,  se non si superano gli 11'000 punti. Abbiamo portafogli che sono sovraesposti dal punto di vista azionario e senza un trend che vira al rialzo non ci sembra intelligente aggiungere altro rischio. Non dimentichiamoci che una presa di profitto è sempre in agguato.

In Europa venerdì sono stati pubblicati i PMI di Francia (atteso 51.5 effettivo 55) e Germania (atteso 56.5 effettivo 60.6): decisamente due dati eccellenti; ricordiamo che un valore sopra il 50 significa fondamentalmente espansione economica. Una modesta reazione delle due borse c'è stata, ma in passato due dati come questi avrebbero spedito i rispettivi mercati in deciso rialzo.


Anche negli  Stati Uniti alcuni dati ci stanno confermando come il recupero dell'economia è in corso d'opera ma c'è ancora del lavoro da fare: i nuovi disoccupati sono più del previsto e la curva si sta  appiattendo,  segno che non sarà facile risolvere il problema. E' probabile che in questo momento  l'economia americana sia anche in un profondo cambiamento strutturale: vecchi lavori stanno sparendo per sempre e ne stanno nascendo di nuovi... un po' di disoccupazione è lo scotto da pagare ed è anche  uno dei motivi che sta spingendo la Jellen a chiedere che si proceda velocemente al varo del piano di aiuti da 1.9 trilion. 

Anche la corsa delle borse americane  sembra aver rallentato ed un po' di affaticamento sta uscendo: una pausa per questi mercati è sicuramente benvenuta. Non si può solo salire...

Chi continua a salire senza indugi sono le materie prime (andate a vedere il rame ) e qualche accenno di inquietudine  si sta facendo avanti: sempre di più si sospetta un ritorno dell'inflazione... nulla di preoccupante per il momento ma qualcuno sembra volersi portare avanti con i lavori:



Venerdi, a piccoli passi ma inesorabilmente, il Treasury rendeva 1.345. Noi continuamo a tenervi informati e manteniamo la calma fino a 1.50/1.60 poi inizieremo a preoccuparci...



mercoledì 17 febbraio 2021

TB10y rese al rialzo


 

Non una bella giornata di borsa oggi, ma ci può stare e non ne facciamo un dramma. Il trend generale delle borse è ancora in essere e prima di iniziare a preoccuparci sul serio vorremmo vedere dei segnali di inversione.

Ma comunque qualche cosa si sta muovendo: sabato avevamo segnalato come i rendimenti del Treasury americano a 10 anni fossero impostati verso l'altro e questa notte c'è stata una decisa accelerazione che ha portato il rendimento a sfiorare 1.34%, per poi rientrare ai livelli attuali di 1.28%.

Ricordiamo che con un'inflazione all'1.4% non siamo molto lontani dal rivedere rese reali positive (ricordate? tasso TB10y - tasso di inflazione) che innescherebbero probabilmente dei movimenti non simpatici, tanto per i mercati azionari quanto per le obbligazioni.

Abbiamo provato a capire la natura del movimento. Due le probabili spiegazioni e come al solito difficile capire quale delle due prevale sull'altra:

1) Con l'arrivo dei vaccini (in USA sono parecchio più avanti di noi...) è probabile che nella testa degli investitori si stia facendo largo l'idea che il peggio è passato. Il futuro è per lo meno a tinte meno fosche e quindi si stanno portando avanti con i lavori: insomma è uno scenario che i tecnici definiscono da risk on (come dire: "non c'è rischio quindi investo") e che innesca una serie di decisioni strategiche come quelle di uscire dagli investitmenti più conservativi (e il TB a 10 anni lo è) e con il ricavato si comprano attivi a rischio (come ad esempio cripto valute, obbligazioni ad alto rendimento, azioni e via di seguito).

La vendita dei Treasury ovviamente comporta un calo delle quotazioni dello stesso e relativo aumento del rendimento. Certo è che se continua di questo passo e arriviamo ad un rendimento vicino a 1.40%-1.50% deve suonare un campanello d'allarme che cosiglia prudenza.  Oltre qui livelli le dinamiche potrebbero cambiare.

2) Sempre sabato abbiamo parlato di un eventuale ritorno dell'inflazione: leggete il post se non l'avete ancora fatto. L'idea di un ritorno dell'inflazione potrebbe aver provocato lo scarico del Treasury ad un buon prezzo,  con l'idea di aspettare che lo stesso ritorni a rese più attraenti. Anche questa ipotesi non è del tutto da scartare.


Il messaggio comunque è chiaro: no panico ma stiamo attenti. 

Se poi qualcuno non riesce a dormire pensando alle posizioni azionarie nel suo deposito,  si può anche procedere ad un alleggerimento, noi non ci opponiamo 😏

domenica 14 febbraio 2021

Inflazione


 Non volevamo parlare dello SMI ma forse un'occhiata la diamo comunque: da inizio anno non abbiamo fatto molta strada e ci sembra di marciare sul posto. Gli utili trimestrali, in generale piuttosto buoni ma non moto diversi dalle aspettative, non hanno dato la sferzata che ci aspettavamo. Il piano di vaccinazione contro il covid19 ha preso avvio defintivamente alla metà di gennaio e ai primi entusiasmi ha fatto capolino una certa delusione perché oramai abbiamo capito tutti che ci vorrà più tempo del previsto per raggiungere tutti coloro che si vogliono proteggere;  se aggiungiamo le forme più o meno severe di lock down che stanno nuovamente intralciando la vita sociale di ognuno di noi, il morale non  è comprensibilmente alle stelle... ed il morale della borsa pure.

Abbiamo provato a forzare un pochettino l'analisi tecnica (quindi prendete le conclusioni per quel che valgono: non molto) e quel piccolo triangolo rosso dovrebbe venir forato la prossima settimana. Se verso l'alto non è detto che finalmente riusciremo, morale permettendo, a superare questi benedetti 11'000 punti che stanno diventando un tormentone; mentre una foratura verso il basso potrebbe dare il via ad una debole correzione... Vedremo.

Quello di cui vi vorremmo parlare oggi è un tema che sta sempre più sollecitando gli analisti finanziari e riguarda un possibile ritorno dell'inflazione. Abbiamo sempre detto che quest'ultima manca all'appello da troppo tempo e le banche centrali ne vorrebbero un po' (diciamo un 2% o su di lì ma anche oltre... ) tanto per farsi mangiare una fetta dell'enorme debito che stanno accumulando. 

I dati sull'inflazione europea la segnalano attorno al mezzo punto percentuale, mentre negli USA la pubblicazione del CPI di mercoledì la dava all' 1.4% , un dato sotto le aspettative, ma se scomponiamo il numero ci accorgiamo che a tenere bassa l'inflazione sono le voci riguardanti  i viaggi di piacere, i voli ed in generale tutto quanto ha a che fare con il tempo libero e che questo covid ha depresso, tutto il resto è al rialzo. Potete facilmente immaginare cosa può succedere quando potremo finalmente muoverci. 

La IATA (International Air Transport Association) l'altro ieri è uscita con un comunicato che a suo giudizio entro l'estate l'America e l'Europa avranno raggiunto l'immunità di gregge. Ovviamente tirano l'acqua al loro mulino ma è probabile che non si sbagliano di troppo; anche le agenzie di viaggio ci risulta che hanno accumulato riservazioni per la seconda metà dell'anno come non hanno mai visto e questo la dice lunga sulla voglia di viaggiare che la gente ha accumulato in questo anno di Covid. 

Ma è verosimile ritrovarsi tra capo e collo un'inflazione fuori controllo? E' la domanda che ci siamo posti questa settimana e non siamo gli unici (vedi articolo in fondo alla pagina). Partiamo da un grafico:



Abbiamo radunato argento, platino, rame, nickel e ferro allo scopo di vedere come tutte queste (ma anche le altre) materie prime si stanno muovendo: è evidente che lo spostamento per tutte è in deciso rialzo come non succedeva da diversi anni: il movimento quindi non sembra essere di breve durata ed è costantemente alimentato dalla domanda proveniente soprattutto dai paesi asiatici ma non solo. Un simile movimento non può non avere un influsso sui prezzi finali delle merci prodotte.

Poi le merci vanno trasportate:



Se fino ad un paio di anni fa il nolo di un container costava un po' meno di 2000 $, oggi ce ne vogliono più di 5000...




Il petrolio ha deciso di ritornare a farsi pagare attonro ai 60$ al barile ritornando alle quotazioni pre-covid19: da due a tre volte il costo dello scorso anno...


Vogliamo poi parlare di quanto il dollaro si è svalutato in questi ultimi anni? Oppure di come il concetto di globalizzazione ha mostrato i suoi limiti proprio durante la pandemia mettendo in forte discussione la tendenza a voler delocalizzare tutto quello che è delocalizzabile al sol fine di produrre più a buon mercato? E cosa ne dite della carenza di microprocessori e semiconduttori indispensabili per portare avanti la "rivoluzione" tecnologica della quale tutti parlano? Sicuramente si tradurrà in un rincaro di queste componenti. Insomma potremmo continuare con svariati altri esempi,  ma quanto vogliamo esprimere ci sembra chiaro.

Ora, prendete tutto quanto vi abbiamo detto e conditelo con 1.9 trilioni di dollari che Binden ha intenzione di sganciare dall'elicottero presidenziale sulle teste degli americani ed il quadro è completo. Può anche darsi che una parte dell'assegno di 1400.- $ che ogni americano incasserà in molti se lo giocheranno in borsa sfruttando le varie piattaforme simil RobinHood , ma il resto finirà sicuramente nel circuito economico alimentando la domanda.

Quindi, dopo queste premesse, ci sembra ragionevole iniziare per lo  meno a pensare, anche se non sarà per domani, che un po' di pressione sui prezzi potremmo anche averla. Ma cosa potrebbe succedere?

Lo sappiamo tutti che i mercati finanziari sono stati gonfiati dalla marea di liquidità a loro disposizione. Qualsiasi investitore oggi è alla spasmodica ricerca di un rendimento e ancor meno vuol restare a vedere una borsa macinare un record dietro l'altro senza muovere un dito, quindi, tutti dentro!

Proprio questa settimana le obbligazioni High Yield rendono meno del 4%: significa che prestiti aziendali con rating fino alla CCC (ad un passo dalla D di default) rendono,  ad esempio,  uno scarso 1% in più della media dei dividendi (circa 3%) pagati dalle aziende appartenenti allo SMI che dalla D di default sono ben lontane! Qualche cosa non torna e l'impressione di essere appesi ad un filo è palpabile.




Da una parte si stanno strappando dalle mani pezzi di carta di dubbia qualità, dall'altra stanno cedendo il Treasury americano a 10 anni che dall'agosto dello scorso anno sta lentamente ma inesorabilmente aumentando la sua resa che è più che raddoppiata: è vero che c'è un debito mostruoso da finanziare e devi rendere il TB maggiormente appetibile,  ma se invece fosse già un movimento che anticipa in un qualche modo un aumento dell'inflazione? Chi ha ragione? Coloro che stanno comprando obbligazioni ad alto rendimento scontando il fatto che i tassi non saliranno per parecchi anni,  oppure chi si sta accorgendo che qualche cosa nella politica delle banche centrali potrebbe anche cambiare fra non molto?

La retorica delle banche centrali la conosciamo molto bene e sia Powel che Lagarde in occasione dei loro interventi centellinano le parole. Ma oggi sappiamo che ad influenzare le decisioni in ambito finanziario e a muovere i mercati sono sempre più spesso gli algoritmi che setacciano il web alla caccia di indizi che una volta elaborati incidono significativamente sull'attività di compravendita. 

Già immaginiamo cosa potrebbe succedere, soprattutto se l'inflazione dovesse presentarsi bella pimpante a seguito della ripresa economica,  se si inizia a fare la conta nel mondo del web di tutto quello che gira attorno al concetto di "tapering", ovverosia una riduzione delle straordinarie misure di politica monetaria. Nulla di buono all'orizzonte ovviamente!  Se poi al principale influencer finanziario che di nome fa Elon Musk,  dovesse venirgli in mente di twittare che "con la resa delle obbligazioni high yield sotto il 4% con il cavolo che ci arrivo su Marte", la frittata è fatta! 


Qui sotto vi proponiamo come lettura domenicale un articolo tratto dal sempre prolifico The Economist di questa settimana. La traduzione fatta in automatico è più che comprensibile. Buona lettura!

 


Inflategate

Come l'aumento dell'inflazione potrebbe sconvolgere le politiche economiche mondiali

Il dibattito si sta scaldando

The Economist , 13 feb 2021 

 

Il dibattito sulla possibilità che l'inflazione elevata emerga dalla pandemia si fa più pressante. A gennaio i prezzi sottostanti nella zona euro sono aumentati al ritmo più veloce degli ultimi cinque anni. In America alcuni economisti temono che lo stimolo da 1,9trn di dollari previsto dal presidente Joe Biden, che include assegni da 1.400 dollari per la maggior parte degli americani, possa surriscaldare l'economia una volta che i vaccini permetteranno alle industrie dei servizi di riaprire completamente. I colli di bottiglia emergenti minacciano di aumentare il prezzo delle merci. Lo spazio sulle navi container costa il 180% in più rispetto a un anno fa e una carenza di semiconduttori causata dal boom di quest'anno della domanda di attrezzature tecnologiche sta disturbando la produzione di automobili, computer e smartphone.

 

Le statistiche principali sull'aumento dei prezzi contribuiranno presto a dare la sensazione che un'alba inflazionistica si stia scatenando. Saliranno automaticamente man mano che il crollo dei prezzi delle materie prime all'inizio della pandemia cadrà nel confronto con un anno prima, e il recente aumento del prezzo del petrolio inizierà a mordere - l'8 febbraio il greggio Brent è salito sopra i 60 dollari al barile per la prima volta in più di un anno. In Germania l'inversione di un taglio temporaneo dell'IVA ha già aiutato l'inflazione annuale a salire da -0,7% a 1,6% in un mese.

 

Per la maggior parte dell'ultimo decennio il problema dell'economia mondiale, giudicato dagli obiettivi delle banche centrali, è stato un'inflazione troppo bassa, non troppo alta. Di conseguenza, è facile vedere l'imminente accelerazione dei prezzi come benvenuta. In realtà, vale la pena preoccuparsi per diverse ragioni.

 

Uno è che indebolisce la mano di coloro che sostengono un maggiore stimolo fiscale in luoghi che ne hanno bisogno. Ci sono poche prospettive che la zona euro possa sostenere un'inflazione più alta, per esempio. Il suo principale tasso d'interesse non è stato tagliato durante la pandemia e il suo deficit spending rimane inadeguato date le sue prospettive economiche e la mancanza di potenza di fuoco monetaria. Così come la Banca centrale europea ha erroneamente aumentato i tassi in risposta a un'esplosione temporanea dell'inflazione nel 2011, il pericolo questa volta è che un'accelerazione temporanea dei prezzi incoraggi i falchi fiscali che sono compiacenti sui pericoli di un'economia depressa. Lo stesso pericolo è in agguato in Giappone, l'archetipo dell'economia a bassa inflazione. I suoi prezzi hanno iniziato a scendere durante la pandemia. Il Giappone probabilmente sfuggirà alla deflazione quest'anno, ma oltre questo sembra destinato a rimanere in una trappola di bassa inflazione, avendo apparentemente rinunciato al suo breve tentativo di uscirne a metà degli anni 2010.

 

Un'inflazione più alta potrebbe anche provocare delle oscillazioni nella politica monetaria in America, dove l'aumento delle aspettative d'inflazione e un rimbalzo più veloce significano che è più probabile che l'aumento dei prezzi sia persistente. I mercati finanziari implicano una possibilità su cinque che i prezzi al consumo crescano almeno del 3% all'anno in media nei prossimi cinque anni. La Federal Reserve ha promesso di mantenere bassi i tassi d'interesse e di continuare a comprare obbligazioni perché vuole che l'inflazione superi il suo obiettivo del 2%, per compensare le mancanze di oggi. Ma il suo nuovo regime di "inflazione media mirata" non permette un superamento duraturo o ampio. Alla fine la banca centrale vorrà alzare i tassi d'interesse per riportare l'inflazione verso il basso.

 

Più velocemente i prezzi saliranno quest'anno, prima potrebbe arrivare quella stretta. Richard Clarida, il vicepresidente della Fed, ha detto che la banca centrale recupererà solo le mancanze d'inflazione che si sono verificate nell'anno precedente, il che significa che il punto in cui il recupero è completo potrebbe arrivare sorprendentemente in fretta. Il 7 febbraio Janet Yellen, il segretario al Tesoro, ha cercato di rassicurare i critici dello stimolo di Biden dicendo che l'America ha gli strumenti per affrontare l'inflazione. Ma tassi più alti non sono senza conseguenze, e se la Fed si trova a versare acqua fredda su un'economia in surriscaldamento, i rischi di un'altra recessione aumenteranno.

 

 

Tassi più alti hanno anche profonde implicazioni per i mercati. Quasi tutto del panorama finanziario di oggi è basato sul fatto che le banche centrali mantengano i tassi di interesse bassi per un lungo periodo. Il denaro a buon mercato è alla base dell'idea che il governo può spendere quanto vuole - incluso, per esempio, il progetto di legge sulle infrastrutture del signor Biden - ed è alla base degli attuali valori di borsa alle stelle e del credito abbondante. Un brusco cambiamento nelle prospettive dei tassi di interesse sarebbe doloroso, come lo fu nel 2013 quando i commenti falchi della Fed portarono a quello che divenne noto come il "taper tantrum".

 

A Wall Street tassi più alti sarebbero uno shock. Nei mercati emergenti sarebbero agonizzanti. Molti hanno sperimentato una politica monetaria non convenzionale e deficit di bilancio più grandi, seguendo il mondo ricco.  Ma i loro sforzi presuppongono che le condizioni finanziarie globali rimarranno allentate. Tassi d'interesse più alti in America per allontanare l'inflazione significherebbero un dollaro più forte e deflussi di capitali dalle economie emergenti, come nel 2013. Questo metterebbe in pericolo le loro finanze e renderebbe più difficile per loro combattere gli effetti della pandemia. C'è molto da apprezzare nell'idea di sfuggire al paradigma di bassa inflazione e bassi tassi dell'ultimo decennio. Ma un'inflazione più alta esporrà l'economia mondiale e i mercati finanziari a una corsa accidentata.

venerdì 5 febbraio 2021

1.9 trilioni !



La settimana che si sta per concludere è stata una di quelle che sicuramente non passeranno alla storia ma la consideriamo una settimana interlocutoria e di assestamento utile a digerire gli utili aziendali, che sono stati quasi tutti pubblicati, e che sono risultati nella maggioranza dei casi aderenti alle aspettative con qualche lodevole eccezione  ma non a sufficienza per spingere gli indici europei in deciso rialzo.

 Come sappiamo spesso sono più importanti gli outloock che i dati veri e propri, ed in questo caso possiamo dire che la visione di molte società è ancora in chiaroscuro. 

Non è detto che a rischiarare le tinte delle previsioni future, ci possa essere l'adozione del piano Biden che chiedeva urgentemente un esborso pari a 1.9 trilioni di dollari che è stato concesso dal Senato con l'intervento decisivo della Vicepresidente,  che ha dipanato una votazione che si era chiusa con un 50 e 50 (come probabilmente succederà di frequente in questa legislatura).

Questa è una buona notizia ma non necessariamente le borse faranno una gran festa:


Dopo l'annuncio, e per capirci bene significa che le ciclostili sono già pronte per stampare ulteriori 1'900'000'000'000 miliardi di dollari,  i rendimenti del Treasury a 10 anni ha iniziato a salire, anticipando quello che potrebbe essere una probabile spinta inflazionista. 

Con i rendimenti al rialzo non faranno festa i possessori di obbligazioni e siamo curiosi di vedere la reazione delle borse,  soprattutto dopo la pubblicazione del tasso della disoccupazione che verrà reso pubblico alle 14:30 odierne.

Piccolo commento aggiuntivo delle 14:49: dati sull'occupazione deludenti (solo 49'000 nuovi posti di lavoro sui 55'000 attesi... il mercato del lavoro americano comunque fatica a risollevarsi con decisione, da qui l'importanza degli aiuti di Biden senza i quali sono guai seri.... I commenti che seguono sul dollaro e metalli sarebbero da riscrivere in quanto dopo la pubblicazione abbiamo un ritorno dell'euro a 1.2019 e un cedimento contro chf a 0.90.... argento in deciso rialzo.... buon week end!)

Riassumendo, se da una parte le buone notizie non mancano, dall'altra dovremo monitorare molto da vicino come si spostano i rendimenti: se salgono troppo in fretta dovremo probabilmente aspettarci un po' di turbolenza. Per oggi comunque i future americani sono per il momento positivi.



E' chiaro che i rendimenti trainano il dollaro verso l'alto e la rottura ad inizio settimana della resistenza a 0.89 ha trascinato la valuta americana sopra lo 0.90, un movimento che potrebbe continuare anche la prossima ....


.... idem per euro/usd che è sceso sotto l'1.20 per adagiarsi sul supporto a 1.1955 che per il momento sembra reggere.


Come ben sappiamo c'è correlazione inversa tra dollaro e oro: quest'ultimo sta flirtando pericolosamente con i 1800 dollari per oncia, stamani ha cercato di evolvere sotto questo livello ma per il momento senza convinzione. L'aumento delle rese potrebbe però alimentare  le recenti pressioni sulle vendite e non facciamo fatica a pensare che a breve vedremo i 1755 dollari.


 Dinamica diversa un po' diversa per l'argento: dopo che si è definitivamente sgonfiato il tentativo di manipolarne il prezzo (leggi il post della scorsa settimana), ha ripreso la sua strada sorretto da una domanda che per quasi il 50% deriva dall'uso industriale, mentre il restante è spinto dalla domanda "finanziaria" che in effetti considera argento e pure il  platino sotto quotati rispetto all'oro. Non impossibile riavvicinarsi ai 30$ per oncia.

Ritorneremo a breve in quanto intuiamo che nei prossimi giorni ci sarà da scrivere...


buon week end!