venerdì 1 aprile 2022

Inflation: what else?

 Per fortuna di Covid se ne parla sempre meno, della guerra tra Ucraini e Russi si riempiono le pagine dei giornali e quindi ve la risparmiamo  ma, a costo di diventare stucchevoli, non possiamo fare a meno d'ignorare quanto pubblicato in questi giorni a proposito della dinamica dei prezzi... 


Si parte mercoledì 30 marzo con il CPI tedesco. Il rincaro germanico era atteso, da un precedente 5.1%,  al 6.2%. La realtà dei fatti ci dice che l'inflazione si è attestata ben al di sopra del sette,7.3% per esser precisi. Ce n'è abbastanza per far ammattire la Bundesbank che a maggior ragione andrà dalla Lagarde a chiedere a gran voce proprio quello che tutti noi non vogliamo, ovverosia un aggressivo aumento dei tassi, aumento che forse ridurrebbe l'inflazione ma che di certo caccerebbe tutta l'Europa in recessione.


Poi la notizia di oggi: l'inflazione nell'Eurozona si avvicina a quella americana (che sta all'8%) e con un 7.5% segna il record degli ultimi 45 anni. Decisamente per la BCE non c'è un giorno di pace e possiamo solo immaginare quanto siano in difficoltà tra il scegliere la lotta al rincaro e, come detto, la recessione quasi certa in caso di aumento aggressivo dei tassi.

 Sarebbe certamente utilissimo che la guerra tra russi ed ucraini trovasse una rapida soluzione,  ma tra le richieste russe di essere pagati in rubli per le forniture di energia e gli attacchi ucraini ai depositi di carburante su territorio russo (notizia di oggi) temiamo che le tempistiche non saranno certo calcolate in giorni ma perlomeno in settimane se non addirittura in mesi. Dobbiamo tener conto che il rincaro dei costi energetici devasterà i portafogli degli europei meno abbienti probabilmente a partire dal prossimo inverno. E' imperativo arrestare il conflitto il prima possibile se vogliamo affievolire l'impatto nefasto che il caro carburante avrà sulla propensione al consumo di moltissimi europei.

Anche Biden dall'altra parte dell'oceano ci sta provando ad affievolire questo impatto e proprio ieri ha detto che rilascerà un milione di barili di petrolio al giorno prelevati dalle riserve strategiche. Se fosse vero si tratta del più grande rilascio della storia americana. L'effetto sul prezzo del WTI è stato immediato: un milione di barili sui circa 100 milioni che ogni giorno servono per tirare avanti l'economia mondiale è la classica goccia d'acqua in mezzo al mare,  ma comunque oggi ci ritroviamo con la quotazione del petrolio sotto i 100$... meglio di nulla ma forse non basterà...

Vediamo come ha reagito il mercato a questi dati e cosa si aspetta a livello di tassi per il prossimo anno:



Questa tabella oramai dovreste conoscerla bene: se ipotizziamo che ogni rialzo dei tassi comporta un adeguamento di 25 basis points (ma in casi gravi potrebbero anche essere 50 in un colpo solo...) se ne deduce che negli USA, che ha un'inflazione all'8%,  sono dati per scontati quasi 10 rialzi.

In Europa per il momento il mercato se ne aspetta non più di 4.5 (111:25) con un'inflazione che è solo leggermente inferiore a quella americana. I casi sono due: a) si è perfettamente consapevoli che alle nostre latitudini non possiamo permetterci 10 rialzi (forse neppure gli americani potrebbero permetterselo ma se lo aspettano); b) ci stiamo sbagliando per difetto nello stimare i rialzi che la BCE dovrebbe fare se si lasciasse convincere dai Tedeschi a combattere il rincaro. In questo caso, repetita iuvant, giù le mani dalle obbligazioni ancora per un po'. Poi più avanti di obbligazioni ne potremo comprare quante ne vogliamo.

In questi giorni si sente molto parlare di appiattimento delle curve dei rendimenti. In effetti può essere interessante dare una veloce occhiata a queste curve:


Ad esempio quella dei Treasury americani è piatta che più piatta non si può: il due anni rende praticamente come i 10 anni e in settimana, per un attimo, anche di più. Se in effetti ci trovassimo con una curva inversa per lungo tempo, come già sottolineato la volta scorsa, potremmo aspettarci anche negli USA una recessione dopo 12-15 mesi dall'inizio del periodo di inversione. Speriamo di sbagliarci.

Per maggior chiarezza: la linea ocra mostra dove stavano i rendimenti un anno fa...

Anche in Europa il fenomeno dell'appiattimento inizia a farsi vedere, ma non siamo ancora ai livelli americani ma ci arriveremo se l'inflazione non si deciderà a diminuire.



La curva Svizzera è quella che ci ha sorpreso maggiormente: un anno fa avevamo praticamente tutta la curva con una resa negativa; oggi in negativo abbiamo solo il cortissimo fino ai due anni, due anni e mezzo. Da qui si spiega anche la forza del franco svizzero:




Infatti il dollaro in questi giorni, malgrado le rese che stanno puntando verso il 2.5-3%,  non riesce a sovrastare il movimento del franco. Addirittura sta incrociando tutte le medie mobili (linee viola, verde e blu) al ribasso e potrebbe anche dare il via ad una fase di debolezza che non si vedeva da diverso tempo: speriamo che la media dei 200 (linea blu) sia un supporto piuttosto robusto da permettere un rimbalzo. Lo scopriremo la prossima settimana.



Anche euro-chf non  brilla: ci pare che si stia assistendo all'inizio di un movimento laterale che vedrà la valuta europea muoversi tra l'1.02 (aiutata a questo livello dalla banca centrale svizzera) e gli 1.0372. Per gli amanti del trading stretto c'è del lavoro da fare...



Con la giornata di ieri si è pure concluso (di già ?!) il primo trimestre. Per le borse non è stata una passeggiata di salute e per fortuna c'è stato il mese di marzo che ha contribuito a metterci una pezza.

Fra qualche giorno inizierà la stagione della pubblicazione degli utili e non vi nascondiamo che siamo curiosissimi di vedere come le società hanno saputo affrontare un periodo dove, in una sorta di tempesta perfetta, hanno dovuto affrontare di tutto: dal rincaro delle materie prime, all'aumento dei costi energetici (che fra parentesi hanno costretto molte aziende a sospendere la produzione...) , alla mancanza di componentistica e ancora peggio alla mancanza di manodopera e potremmo continuare... Dicevamo che siamo curiosi di vedere come tutto questo è stato assorbito dai bilanci delle società  e soprattutto ci piacerebbe sapere chi è riuscito a trasferire tutti questi costi sul consumatore finale, cioè noi!
Le aspettative comunque, per l'ennesima volta, non sono malvagie e di conseguenza continuiamo a vedere il mercato azionario di buon occhio. Con questo non vuol dire che siamo fully invested ma la borsa per il momento non ci spaventa,  anche se manteniamo altissima la guardia su tutto quello che succede in Ucraina.



Lo SMI questa settimana ci ha provato più volte a chiudere sopra i 12'270 punti senza riuscirci. Mentre stiamo scrivendo si trova a 12'203 e con un colpo di reni finale potrebbe magari anche riuscirci. I dati sul lavoro USA pubblicati un'oretta fa sono piuttosto buoni e potrebbero aiutare la borsa americana a fare bene e magari per simpatia spingere quelle europee ad iniziare nel migliore dei modi il secondo trimestre.
Sempre parlando di SMI: abbiamo una piccola preoccupazione che già vi abbiamo segnalato e che non ci lascia completamente rilassati: è il famoso gap prodottosi un mesetto fa (freccia rossa) che potrebbe anche essere colmato se vi sarà un po' di debolezza nei prossimi giorni: stiamo attenti e manteniamo un po' di liquidità...


Ok, anche per oggi basta. Godetevi il week end!
 


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