domenica 29 maggio 2022

Qualche dato incoraggiante...


Vista dall'osservatorio della FED,  l'inflazione continua a far paura e non passa giorno che non si venga informati su cosa intendono fare per calmierare i prezzi: purtroppo più che aumentare i tassi ed eventualmente assottigliare il bilancio della banca centrale americana non vediamo chiaramente cos'altro potrebbero fare. 

Un paio di giorni fa veniamo a sapere che la Daly (governatrice della FED di San Francisco), la più moderata dei 12 governatori,  si è schierata assieme al falcone Bullard (FED di St Louis) e si dicono convinti che contro l'inflazione bisogna fare di più. Se i due estremi la pensano così, innutile chiedersi come la pensano gli altri 10: alle sfumature siamo poco interessati.  Dovremmo quindi attenderci un ulteriore restringimento della politica della FED ben oltre quello già annunciato ed assistere ad una ulteriore contrazione dei multipli azionari? Così pare! Finalmente capiamo cosa voleva dirci Powell quando a più riprese ci ha avvisato che "ci sarà un po' da soffrire!" 

Beh, se diamo un'occhiata alla performace delle borse da inizio anno (vedi tabella qui sopra), diremmo che il nostro grado di sofferenza è altino con tendenza al rialzo e quindi, caro Powell, ci sembra di aver già dato. Grazie!




In aiuto al nostro mal di pancia,  negli USA  è uscito venerdì l'atteso dato che misura l’aumento medio dei prezzi per i consumi personali interni (PCE), dato che rimane alto ma che nel contempo ha mostrato una battuta d'arresto che farà sicuramente piacere ai Governatori della FED, essendo il PCE uno dei dati che cattura maggiormente la loro attenzione. 

Un PCE in rallentamento (precedente: 5.2%, atteso: 4.9% , effettivo: 4.9%)  fa comunque piacere anche alle borse che infatti hanno festeggiato come non succedeva da un po'. 




Il sondaggio sulla fiducia dei consumatori elaborato dall'Università del Michigan, uscito con un 58.4 (atteso 59.1) è testimone di un morale non proprio a 1000, ma ha messo un po' paradossalmente il turbo ai mercati che intravvedono un probabile rallentamento dei consumi che contribuirà di certo a calmierare un po' la temuta inflazione. 

Facciamo anche tesoro di un altro dato, quello riguardante  il tasso di risparmio americano,  che sta scendendo (dal 5% al 4.4%) segno che gli americani, malgrado il pieno impiego, stanno attingendo ai risparmi per compensare una crescita salariale insufficiente. Il notevolissimo aumento dell'uso delle carte di credito combinato con un costo del denaro sempre più caro, farà il resto: per quanto si potrà continuare così non lo sappiamo ma intravvediamo all'orizzonte l'arrivo di una contrazione dei consumi.




Ma vediamo cosa si aspetta il mercato in fatto di tassi: in America oramai è abbastanza chiaro che vi sarà un aumento che tra un anno porterà i tassi al 3%: significa due aumenti di mezzo punto nei prossimi mesi e 5 aumenti di un quarto di punto a seguire... Vedremo se serà veramente così oppure la FED, smentendo Daly e Bullard, opterà per una politica meno aggressiva, tollerando un'inflazione per un certo periodo piuttosto elevata con l'intento di pilotare l'economia verso un soft landing ma evitando accuratamente di mandare in recessione l'intero sistema economico. Quale sarà effettivamente la reale strategia della FED non lo sappiamo ancora ma prossimamente ne sentiremo parlare fino alla noia.

Anche in Europa l'inflazione preoccupa ed è abbastanza probabile che la BCE si muoverà  presto nella direzione di un aumento dei tassi: c'è chi dice già durante l'estate, più probabile in autunno. Obiettivo: mettere fine al periodo dei tassi negativi. Poi cosa succederà all'economia europea lo sapremo solo vivendo...

A quanto pare un simile obiettivo potrebbe essere perseguito anche dalla BNS ( la banca nazionale svizzera): il mercato sembra crederci ed ha già messo in conto una serie di rialzi che fra un anno porterebbe i rendimenti svizzeri dal -0.75% allo 0.43%. Facciamo fatica a crederci ma in effetti presto o tardi anche la nostra banca nazionale dovrà far fronte ad un minimo di inflazione (oggi al 2.43%). Vedremo se avrà il coraggio di muoversi prima della BCE!



Ma torniamo un attimo negli USA , dove dobbiamo annotare un movimento di acquisto sul Treasury a 10 anni che ne ha fatto scendere il rendimento al 2.73%... potrebbe essere un indizio che qualcuno inizia a credere che la FED, malgrado quello che dicono i suoi Governatori,  non sarà così severa nei confronti dell'inflazione...


... è bastato un leggero rilassamento dei rendimenti per subito indebolire il dollaro. Contro chf dalla parità si è sgonfiato fino a 0.96;  come già fatto notare corrisponde ad un ritracciamento del 50% del movimento rialzista partito ad aprile. Sembra comunque aver voglia di andare oltre e quindi potremmo vederlo la prossima settimana attorno a 0.95 e anche meno. Ancora prudenza per chi vuol comprare dollaro.


...stesso discorso per euro/dollaro...



...meno chiara la direzione di euro/chf ma quest'ultimo si sta rafforzando, quasi ad anticipare le mosse future della BNS (certo che se la nostra banca dovesse alzare i tassi prima della BCE avremo qualche problema a calmierare la forza del franco...)



In questi giorni abbiamo osservato un certo rilassamento di alcuni indicatori dello stato d'animo degli investitori: ricordate il put/call ratio (primo grafico)? L'acquisto di put options è decisamente diminuito e anche il VIX (secondo grafico) sembra voler recuperare zona 20.




L'indice che sta approfittando della riduzione dei rendimenti americani e che tecnicamente si trovava in una posizione dove un rimbalzo era possibile, è il Nasdaq. 11'500 punti rappresentava l'obiettivo del ritracciamento ed in effetti da lì è ripartito. La tecnologia dai massimi ha perso un buon 30% e molte aziende anche decisamente di più. D'accordo che gli outlook non sono bellissimi ma comunque certe reazioni ci sono sembrate esagerate. Non è comunque un mercato per deboli di cuore...



Anche lo S&P500 sembra voler rimbalzare: dobbiamo putroppo segnalare che non ha portato a buon fine il suo ritracciamento che resta un po' come una spada di Damocle sulle nostre teste. Saremmo stati tutti più tranquilli se avesse raggiunto i 3550 punti per poi ripartire. Godiamoci questo momento di rilassamento ma quando andiamo a dormire un occhio rimanga aperto...



Il movimento del mercato svizzero non ci dispiace: portato a temine un convincente ritracciamento a 11'250, lo SMI è poi rimbalzato e lo scorso venerdi con ogni probabilità è persino riuscito ad uscire dal canale discendente che si era formato ad inizio maggio fornendoci un incoraggiante segnale rialzista.
Bene così.


Buona domenica!

mercoledì 18 maggio 2022

Paura della FED


Anticipiamo di qualche giorno il nostro consueto intervento settimanale in quanto abbiamo intercettato questo  sondaggio di Bank of America che ha chiesto a 288 gestori di fondi quali sono, a loro giudizio, i principiali rischi che possiamo riscontrare in un mercato come quello attuale dominato da non pochi fattori di disturbo.

La distribuzione delle risposte non ci sorprende ed in effetti le preoccupazioni derivanti da  quello che sarà l'intervento della FED nelle prossime settimane non deve generare ansia solo all'investitore professionista ma in generale a tutti coloro, che a vario titolo, si interessano di finanza e/o si occupano di investimenti. 

In effetti al primo posto troviamo proprio l'assillo per una FED troppo hawkish, seguita dalla paura di una recessione globale, che in gran parte potrebbe essere anche figlia della futura attività della banca centrale americana, che a sua volta si sta armando per entrare in guerra contro un'inflazione che da passeggera rischia di trasformarsi in permanente.

Capita a fagiolo l'intervento di Powell, che su invito del Wall Street Journal, ieri si è espresso a tutto tondo proprio sull'attività futura della FED. Intervento che stamani abbiamo potuto leggere nei report che quotidianamente riceviamo e che ci ha lasciati un po' perplessi. 

Il presidente della FED ha esordito tranquillizzando la platea dicendosi certo che "un atterraggio morbido" per l'economia statunitense è certamente possibile. Evidentemente i Governatori devono aver messo in linea di conto che l'atterraggio dell'economia a stelle e strisce potrebbe anche essere di altro tipo e non necessariamente morbido. Ad ogni buon conto iniziare una conferenza mettendo le mani avanti non sembra di buon auspicio. 

Cosa vuol fare Powell lo riassumiamo ridotto all'osso, pardon, all'essenziale usando le sue parole: "Dobbiamo vedere l'inflazione scendere in modo chiaro e convincente, quindi continueremo a spingere (leggi: ad alzare i tassi a suon di 50 basis point cadauno) finché non osserveremo la sua riduzione".  Obiettivo: riportarla al 2%. Poi aggiunge: "Questa non è una previsione o una dichiarazione di forward guidance (ci chiediamo allora cosa sia...) e nei prossimi mesi potrebbero accadere cose che sfuggono al controllo della Fed".  Di bene in meglio verrebbe da dire, ma alle parole di Powell i mercati azionari statunitensi ieri sera hanno reagito molto positivamente; francamente fatichiamo a capire tutta questa euforia... Ed infatti oggi le borse si rimangiano quanto accumulato nella giornata di ieri.

Vogliamo rendere questa pillola ancora più amara? Dai, proviamoci:

Dagli ultimi dati che ci giungono dal sistema economico statunitense, scopriamo che il credito al consumo è letteralmente esploso (52,5 mia $) e ci viene segnalata la più alta variazione netta mensile mai registrata: solo per le carte di credito, il debito è aumentato di 31,3 mia di $. Ciò significa che gli americani stanno consumando (e sembra una buona notizia...) ma è anche evidente che i risparmi accumulati durante la pandemia sono esauriti e la gente deve ricorrere ai prestiti per continuare a consumare. Lo sappiamo: gli americani sono i numeri uno dell'indebitamento, soprattutto quando i tassi erano a zero,  ma indebitarsi per consumare a tassi sempre più elevati ci sembra un tantino pericoloso e di solito è il primo passo verso una recessione.

Cosa se ne deduce?

Tutto e niente verrebbe voglia di dire ma ci limitiamo a consigliare, ancora per un po', prudenza. I mercati (azionari e del reddito fisso) sono da settimane in correzione e non vediamo l'ora che cambino tendenza ma per farlo in modo convincente dovremo attendere, come accennato sabato scorso, qualche segnale di capitolazione del mercato. Segnali che non abbiamo ancora visto...

Per il momento stiamo assistendo a quello che in gergo tecnico viene definito, e ci scusiamo anticipatamente nei confronti degli amanti di questi felini, come "the Dead Cat Bouce" o nel più italico "rimbalzo del gatto morto" a significare che qualsiasi cosa,  cascando soprattutto da altezze considerevoli,  presto o tardi impatta su di una superficie dalla quale se ne deriva un rimbalzo. Ma il rimbalzo ha un limite fisiologico e non è detto che dopo una simile caduta tutto continua come se nulla fosse... ma questo bisognerebbe chiederlo al gatto... 

Quindi stiamo attenti a non confondere un rimbalzo tecnico con un vero e proprio cambiamento del trend...




sabato 14 maggio 2022

Settimana complessa...

 Quando obbligazioni, azioni, metalli preziosi, cripovalute e qualsiasi altra cosa stai guardando evolve al ribasso non è facile essere ottimisti,  ma siamo anche consapevoli che una quota elevata di pessimismo è la conditio sine qua non dalla quale partirà il prossimo trend rialzista: sono sei settimane che il saldo dei mercati finanziari è in rosso e non eravamo più abituati ad un periodo di negatività che si protrae per così tanto tempo. Purtroppo, temiamo, dovremo tenere i nervi a bada ancora per diverse settimane prima di vedere la capitolazione definitiva del mercato. Per capire (cosa tutt'altro che evidente...) quando effettivamente avremo toccato il fondo stiamo seguendo alcuni indicatori:

1) Ritracciamento tecnico del 50% dell'ultimo movimento rialzista: avvenuto, come vedremo dopo, per lo SMI ed il Nasdaq, NON ancora per lo S&P500 e sappiamo quanto importante sia questo indice...


2) Put-call ratio: quando le put options (diritti di vendita) crescono in modo importante e superano le call (diritti di acquisto) è un segnale di grande pessimismo. Tale indicatore sta salendo ma non è ancora ai livelli di guardia...

3) I volumi sono nella media con una leggera tendenza alla crescita soprattutto sui movimenti ribassisti: una capitolazione avviene con volumi molto alti e non ci sembra ancora il caso...



4) Il VIX è, come detto più volte, posizionato con una certa costanza attorno al 30... una capitolazionie dovrebbe spingere questo indicatore ben oltre il 40... 

5) I deflussi dai fondi azionari e/o dagli etf sono in atto ma c'è ancora molto (troppo?) d'investito in queste asset classes. C'è probabilmente spazio per altre vendite...

Come avremo maturato la convinzione di essere per lo meno andati vicini ad una capitolazione ovviamente faremo un cenno...



Quello che per il momento sta veramente  preoccupando il mondo della finanza è il livello d'inflazione raggiunto: questa settimana abbiamo avuto la conferma che l'inflazione americana è forse al top (8.3%),  ma al top ci rimane e non sarà evidente chiederle di scendere velocemente di qualche punto percentuale.

 I costi energetici e quelli delle materie prime sono sempre troppo elevati ed incidono in modo evidente su quelli alla produzione che, sempre negli USA, sono crescituti dell 11% yoy e prima o poi incideranno sugli utili societari oppure verranno riversati sui consumatori. 

Discorso simile per la Germania dove mercoledì  abbiamo avuto conferma che il tasso di inflazione è al 7.4% e da lì non si schioda... Possiamo solo immaginare i mal di pancia che girano negli uffici della Bundesbank!


Questa settimana il rendimento del decennale americano, da tempo in costante aumento,  si è preso una pausa e dopo aver raggiunto il livello del 2018 (3.15%) si è riportato sotto il 3% a significare che queste rese iniziano probabilmente ad attrarre anche qualche compratore.


Ne ha subito approfittato il Nasdaq che nelle ultime settimane è stato letteralmente preso d'assalto dai venditori. Nel nostro post del 30 di aprile avevamo segnalato il movimento di ritracciamento che avrebbe potuto condurre l'indice a 11'500 punti. Ebbene ci siamo. A questi livelli (ma con un occhio sempre ben puntato sui rendimenti che non devono salire eccessivamente...) si potrebbe anche pensare di iniziare ad accumulare qualche azione o ricomprare un po' di etf su questo indice. Lo sappiamo, sembriamo in contraddizione con quanto affermato all'inizio di questo nostro intervento:  probabilmente la capitolazione non è ancora conclusa ma cogliere con certezza il low di mercato non sarà facile, ma l'importante è cercare di andarci vicini e per farlo dobbiamo iniziare pian piano ad accumulare...



Come detto molta attenzione allo S&P500 dove il movimento di ritracciamento è ancora in corso e per essere portato a termine dovremmo prima vedere i 3550 punti... Insomma mancherebbero ancora 10 punti percentuali di correzione e non son pochi. Procedere con prudenza in questo caso ha senso.



Lo SMI questa settimana ha avuto qualche problema: uno grosso l'ha creato Roche che c'informa del fallimento dei test di fase 3 di un farmaco (Tecentriq) contro il cancro ai polmoni ed è stata punita dagli investitori con un ribasso di oltre il 7% come non si vedeva da anni... Forse la reazione è stata eccessiva e ci lascia spazio per un rientro... (zero cost strategy consigliata...). 

Comunque, con un RSI attorno ai 34,  non dovemmo temere ulteriori grossi cedimenti dell'indice ed un modesto rientro tramite un acquisto di etf sull'indice o andare lunghi di futures potrebbe essere fatto...



Con l'attuale dinamica dei rendimenti americani che stanno pian piano diventando realmente positivi, il dollaro contro le principali valute si è rafforzato ed anche parecchio. Pure contro chf è andato dove doveva andare: 1 a 1. La salita è stata impressionante. Forse una pausa è necessaria prima di vedere ulteriori aumenti: un RSI a quasi 80 non si vede spesso. Prudenza se lo volete acquistare.



Lo stesso vale contro euro...



C'è del movimento anche in ambito delle cryptocurrencies e delle stablecoin che in questi giorni hanno definitivamente affossato l'idea che questo mondo si muova in maniera asincrona rispetto agli assets trattati sui mercati tradizionali (nel grafico il bitcoin) . Insomma, usare questo genere di moneta pensando di diversificare il portafoglio è per il momento un concetto da accantonare. Almeno fino a quando non avremo capito fino in fondo come funzionano, non tanto dal punto di vista tecnico (qui le idee sono in chiaro), ma, soprattutto nel caso delle stablecoins, dal punto di vista delle garanzie che dovrebbero rendere questo genere di moneta elettronica appunto più stabile e meno volatile del tradizionale bitcoin. Iniziano ad esserci dei dubbi sulla qualità degli assets messi a garanzia e soprattutto sui meccanismi ( i soliti algoritmi) che devono garantire l'ancoraggio all' asset (di norma il dollaro) che funge da stabilizzatore. Sarà anche il futuro,  ma a noi per il momento la fiat money ancora piace.

Buon week end!







 

sabato 7 maggio 2022

Il mezzo punto della FED


 

La scorsa settimana abbiamo cercato di dare una spiegazione alle preoccupazioni del mercato, che possiamo osservare attraverso l'evoluzione del VIX che rimane inchiodato da settimane sopra i 30, con la consapevolezza che la FED, che è sempre stata lesta nel ridurre i tassi in caso di bisogno, ha le mani legate ed un aiuto in tal senso ce lo possiamo scordare per un (bel) po'.

 Quando alcuni nodi iniziano ad incontrare un pettine succede  quello che possiamo osservare nel grafico: i mercati del reddito fisso e quelli azionari si muovono, e pure parecchio, in perfetta sincronia verso il basso. Abbiamo quindi due delle componenti più importanti delle nostre asset allocations in contrazione e a preoccupare maggiormente non è la parte azionaria (in blu) ma quella obbligazionaria (in giallo) che temiamo avrà bisogno di parecchio tempo prima di rivederla a livelli decenti: sta reagendo a degli scenari che prevedono, purtroppo, tassi in deciso rialzo che sono la criptonite del reddito fisso. Dovremo armarci di pazienza.


Mercoledì la FED ha fatto quello che doveva fare: un bel aumento di mezzo punto dei tassi in un sol boccone. Putroppo questa è la dimostraizione che la banca centrale americana è in ritardo (parzialmente giustificato) nella lotta all'inflazione che l'ha vista per troppo tempo dietro la curva ed ora è costretta ad essere audace (mezzo punto di aumento) e persino aggressiva (son previsti almeno altri due aumenti dello 0.5%) nella speranza che tutto questo funzioni ed inizi ad intaccare l'inflazione.

Powell ha giustificato l'irruenza della FED facendoci sapere che "nel breve sarà abbastanza doloroso il ritorno alla normalità, ma lo sarebbe molto di più se permettessimo all'inflazione di radicarsi per lungo tempo" e con questo possiamo dire addio all'idea che questa inflazione è solo di passaggio: c'è,  e se restiamo con la mani in mano, rimane!

 Se aveve seguito anche solo distrattamente i mercati azionari di mercoledì, vi sarete accorti che sulla scorta delle parole di Powell la borsa ha fatto festa chiudendo in netto rialzo. Francamente ci siamo chiesti cosa ci sia da festeggiare. Siamo di fronte ad almeno altri due (dolorosi) rialzi di mezzo punto  e svariati altri rialzini di un quarto di punto che dovrebbero servire a calmierare un'inflazione che sembra essere più tenace del previsto:  a noi, più che far festa, verrebbe da dire "speriamo che funzioni!"

Infatti, in questo caso, dubitare è lecito e non diamo per scontato che l'azione della FED possa avere successo in tempi rapidi. Il ragionamento che facciamo è semplice e potrebbe far storcere il naso a qualche economista ma partiamo dalla constatazione che siamo confrontati, e questa è la nostra ipotesi di lavoro,  ad un'inflazione che non ha come motore principale la domanda dei consumatori. Questo genere di domanda è l'elemento fondamentale del PIL americano (70%)  che negli USA è già in contrazione come ci segnala il -1.4% del primo trimestre ed è in netta frenata rispetto al +6.9% dell'ultimo trimestre 2021. 

Significa quindi che vi sono altre componenti, difficilmente governabili con un azione per quanto decisa sui tassi, che hanno un influsso determinante sul calcolo del rincaro: è probabile che fino a quando materie prime e costi energetici non invertiranno la loro rotta, temiamo che non vi saranno diminuzioni apprezzabili dell'inflazione americana e di quella del resto del mondo. Mercoledì prossimo vedremo come si è comportato il CPI americano per il mese di aprile. 

Ma torniamo ai costi di energia e materie prime:


...per il momento non ci sembra che il trend delle materie prime abbia voglia di cambiare direzione: sarebbe già qualche cosa se ci mostrasse di essere al top iniziando a muoversi lateralmente, ma non ci pare il caso.


...ed i costi dell'energia sono lì da vedere... nulla di buono per il momento.





Il Nasdaq ha chiuso ieri a 12'144 punti ed è probabile che vedremo gli 11'500 prima di avere una possibile reazione.




...ed anche lo S&P500 spaventa un poco in quanto la sua correzione è appena iniziata e i 3'550 punti sono lontani.




...ma cerchiamo di essere positivi: finalmente (era ora...) il temuto gap a 11'700 punti è stato ricoperto (freccia verde) e ce lo siamo tolto dai piedi: era lì come una spada di Damocle sopra la nostra testa e anche quando l'indice è tornato a 12'500 punti abbiamo sempre pensato che prima o poi saremmo tornati a coprirlo. Per tanti analisti la teoria della copertura dei gap è solo una delle tante leggende legate all'analisi tecnica ma a quanto pare funziona 8 volte su 10 ed anche noi l'abbiamo constatato con una certa costanza. 
Ora tutto è possibile, l'RSI (freccia blu) è in territorio di ipervenduto, il ritracciamento del 50% del movimento ascendente partito a marzo è cosa fatta e quindi una reazione anche di natura rialzista potrebbe esserci. Non ci facciamo troppe illusioni, considerato il clima generale, ma vedremo lunedì che aria tira.



Dollaro/franco continua la sua salita grazie anche ai rendimenti reali positivi... obiettivo: diciamo attorno alla parità.





...contro euro 1.05 l'abbbiamo visto. Non ci pare che l'Europa in questo momento possa risultare particolarmente attrattiva e quindi il trend del dollaro ha buone chance di continuare il suo percorso.


In settimana ci siamo chiesti, considerata la forte propensione alle importazioni da parte degli americani,  se un dollaro forte potrebbe favorire un ribasso dell'inflazione: istintivamente ci siamo detti che è molto probabile; ma a dir la verità, ci è passato questo grafico sotto gli occhi...



...che dimostra che per il momento ci stiamo sbagliando... Capita! ;-)


Godetevi il week end!