Vista dall'osservatorio della FED, l'inflazione continua a far paura e non passa giorno che non si venga informati su cosa intendono fare per calmierare i prezzi: purtroppo più che aumentare i tassi ed eventualmente assottigliare il bilancio della banca centrale americana non vediamo chiaramente cos'altro potrebbero fare.
Un paio di giorni fa veniamo a sapere che la Daly (governatrice della FED di San Francisco), la più moderata dei 12 governatori, si è schierata assieme al falcone Bullard (FED di St Louis) e si dicono convinti che contro l'inflazione bisogna fare di più. Se i due estremi la pensano così, innutile chiedersi come la pensano gli altri 10: alle sfumature siamo poco interessati. Dovremmo quindi attenderci un ulteriore restringimento della politica della FED ben oltre quello già annunciato ed assistere ad una ulteriore contrazione dei multipli azionari? Così pare! Finalmente capiamo cosa voleva dirci Powell quando a più riprese ci ha avvisato che "ci sarà un po' da soffrire!"
Beh, se diamo un'occhiata alla performace delle borse da inizio anno (vedi tabella qui sopra), diremmo che il nostro grado di sofferenza è altino con tendenza al rialzo e quindi, caro Powell, ci sembra di aver già dato. Grazie!
In aiuto al nostro mal di pancia, negli USA è uscito venerdì l'atteso dato che misura l’aumento medio dei prezzi per i consumi personali interni (PCE), dato che rimane alto ma che nel contempo ha mostrato una battuta d'arresto che farà sicuramente piacere ai Governatori della FED, essendo il PCE uno dei dati che cattura maggiormente la loro attenzione.
Un PCE in rallentamento (precedente: 5.2%, atteso: 4.9% , effettivo: 4.9%) fa comunque piacere anche alle borse che infatti hanno festeggiato come non succedeva da un po'.
Il sondaggio sulla fiducia dei consumatori elaborato dall'Università del Michigan, uscito con un 58.4 (atteso 59.1) è testimone di un morale non proprio a 1000, ma ha messo un po' paradossalmente il turbo ai mercati che intravvedono un probabile rallentamento dei consumi che contribuirà di certo a calmierare un po' la temuta inflazione.
Facciamo anche tesoro di un altro dato, quello riguardante il tasso di risparmio americano, che sta scendendo (dal 5% al 4.4%) segno che gli americani, malgrado il pieno impiego, stanno attingendo ai risparmi per compensare una crescita salariale insufficiente. Il notevolissimo aumento dell'uso delle carte di credito combinato con un costo del denaro sempre più caro, farà il resto: per quanto si potrà continuare così non lo sappiamo ma intravvediamo all'orizzonte l'arrivo di una contrazione dei consumi.
Ma vediamo cosa si aspetta il mercato in fatto di tassi: in America oramai è abbastanza chiaro che vi sarà un aumento che tra un anno porterà i tassi al 3%: significa due aumenti di mezzo punto nei prossimi mesi e 5 aumenti di un quarto di punto a seguire... Vedremo se serà veramente così oppure la FED, smentendo Daly e Bullard, opterà per una politica meno aggressiva, tollerando un'inflazione per un certo periodo piuttosto elevata con l'intento di pilotare l'economia verso un soft landing ma evitando accuratamente di mandare in recessione l'intero sistema economico. Quale sarà effettivamente la reale strategia della FED non lo sappiamo ancora ma prossimamente ne sentiremo parlare fino alla noia.
Anche in Europa l'inflazione preoccupa ed è abbastanza probabile che la BCE si muoverà presto nella direzione di un aumento dei tassi: c'è chi dice già durante l'estate, più probabile in autunno. Obiettivo: mettere fine al periodo dei tassi negativi. Poi cosa succederà all'economia europea lo sapremo solo vivendo...
A quanto pare un simile obiettivo potrebbe essere perseguito anche dalla BNS ( la banca nazionale svizzera): il mercato sembra crederci ed ha già messo in conto una serie di rialzi che fra un anno porterebbe i rendimenti svizzeri dal -0.75% allo 0.43%. Facciamo fatica a crederci ma in effetti presto o tardi anche la nostra banca nazionale dovrà far fronte ad un minimo di inflazione (oggi al 2.43%). Vedremo se avrà il coraggio di muoversi prima della BCE!
Ma torniamo un attimo negli USA , dove dobbiamo annotare un movimento di acquisto sul Treasury a 10 anni che ne ha fatto scendere il rendimento al 2.73%... potrebbe essere un indizio che qualcuno inizia a credere che la FED, malgrado quello che dicono i suoi Governatori, non sarà così severa nei confronti dell'inflazione...
... è bastato un leggero rilassamento dei rendimenti per subito indebolire il dollaro. Contro chf dalla parità si è sgonfiato fino a 0.96; come già fatto notare corrisponde ad un ritracciamento del 50% del movimento rialzista partito ad aprile. Sembra comunque aver voglia di andare oltre e quindi potremmo vederlo la prossima settimana attorno a 0.95 e anche meno. Ancora prudenza per chi vuol comprare dollaro.
...stesso discorso per euro/dollaro...
...meno chiara la direzione di euro/chf ma quest'ultimo si sta rafforzando, quasi ad anticipare le mosse future della BNS (certo che se la nostra banca dovesse alzare i tassi prima della BCE avremo qualche problema a calmierare la forza del franco...)
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