sabato 24 settembre 2022

Non lasciamoci tentare

 Non vi capita mai di arrivare alla fine di una settimana e ringraziare qualche divinità per averla fatta terminare? In quella che si sta per concludere è successo un po' di tutto e sentiamo il bisogno, a mente fredda, di fare un po' di ordine che vorremmo condividere con voi.

Senza tema di smentita è stata la settimana delle Banche Centrali che hanno dato prova di un sincronismo esasperante rialzando pressoché tutte, fatto salvo quella del Giapponne, i tassi di interesse. Siamo soprattutto interessati a quanto è accaduto in America ed in Svizzera: andiamo quindi a vedere cosa è successo e se si riesce a ricavare qualche indicazione che possiamo utilizzare per prevedere come si comporteranno i mercati.



E' sempre istruttivo gettare un'occhiata al grafico trimestrale (dot plot) dove viene mostrata la posizione di ciascuno dei 12 membri del FOMC (quelli che decidono la politica dei tassi per intenderci)  in merito al tasso dei federal funds per ciascuno dei prossimi tre anni e nel lungo termine. E' una fotografia che rappresenta la posizione attuale dei 12 membri: ovviamente varia nel tempo e quindi il valore predittivo può subire dei (grossi) mutamenti con il passare dei trimestri, ma rimane comunque un documento che non possiamo ignorare. 

Attualmente se ne deriva che nei prossimi due anni, avremo i tassi dei FED Funds tra il 4.5% e il 5% ben al di sopra di quanto si poteva pensare anche solo qualche mese fa.


 Powell è ben cosciente che per sconfiggere l'inflazione dovremo avere davanti a  noi un periodo piuttosto convincente di tassi reali positivi (tassi al netto dell'inflazione) e dovremo quindi aspettarci altri aumenti come ha affermato nella conferenza stampa di mercoledi:  "continueremo a farli (i rialzi) finché il nostro lavoro non sarà finito. Vorrei che ci fosse un modo di farlo indolore. Ma non c'è!". 

125 basis points di ulteriori aumenti non ce li toglierà nessuno e speriamo che il 5% sarà sufficiente a rallentare il rincaro.

Comunque se non dovesse essere il caso, ci sarebbe un'altra strada da perseguire come suggerisce Fugnoli nella sua pubblicazione Il Rosso e il Nero: "L'azione restrittiva (delle banche centrali) non si tradurrà necessariamente in ulteriori rialzi dei tassi rispetto a quelli preannunciati, bensì nel rinvio del momento in cui la politica monetaria cambierà di segno e verrà allentata". In effetti con il livello stratosferico raggiunto dall'indebitamento mondiale,  continuare a rialzare i tassi potrebbe essere una mossa letale... L'idea eventualmente di posticipare il ritorno ad una politica monetaria meno restrittiva ci piace anche se dovremo mettere in conto che non sarà graditissima ne al mercato obbligazionario ne a quello azionario che puntano ad un ritorno di tale politica per gli inizi del 2024. 

Nel frattempo armiamoci di pazienza e soprattutto cerchiamo di evitare i dolori evocati da Powell non esponendoci troppo sui mercati finanziari (ergo: come al solito teniamo una buona riserva di liquidità... magari investita a brevissimo ora che i rendimenti iniziano ad essere positivi).

Anche la Banca Nazionale Svizzera, confrontata con una inflazione al 3.1%, è comunque corsa ad aumentare il costo del denaro  (+0.75%) mettendo fine a 7 anni di tassi negativi. Come hanno reagito i mercati? Quelli azionari non benissimo come vedremo dopo, mentre a sorprendere è la reazione del Forex:

 


...il dollaro è schizzato sopra lo 0.98 e probabilmente nei prossimi giorni continuerà a salire...




...mentre euro/chf che nei giorni precedenti, come previsto, era addirittura andato sotto lo 0.95 si è ripreso: evidentemene il mercato era pronto ad un aumento di 100 bps. L'indebolimento (probabilmente solo temporaneo) del chf è stata una reazione alla decisione di aumentare i tassi di soli 75 bps. Altri aumenti comunque seguiranno e probabilmente saranno meno "telefonati" di quest'ultimo in quanto la prossima riunione di politica monetaria della BNS sarà solo fra tre mesi... troppo tardi. 

Da non completamente trascurare,  per quanto riguarda l'euro, le elezionei di questo fine settimana in Italia: quasi scontata la vittoria della Meloni che sappiamo non essere proprio una grande amica dell'Europa... difficile avere un'idea in merito alle reazioni dei mercati a propostito di queste elezioni, ma potrebbero essere fonte di un po' di volatilità che, in queto momento,  avremmo anche fatto volentiri a meno. Lasciamoci sorprendere.

Già che ci siamo parliamo che della lira sterlina che si sta drammaticamente indebolendo contro tutte le valute principali e a  maggior ragione contro chf:


Per ritrovare una lira sterlina così depressa bisogna tornare indietro di quasi 40 anni: evidentemente i ripetuti e consistenti aumenti dei tassi non bastano a contrastare il malessere per la politica economica del nuovo governo che prevede tagli alle tasse e indebitamento crescente. Sono molti gli analisti che non credono che il piano messo a punto dal governo Truss sia sostenibile e prevedono una profonda recessione in arrivo. Malgrado l'evidente stato di ipervenduto tenderemmo a tenere via le mani dalla sterlina (ancora per un po' almeno...).


Non possiamo sottacere quanto sta succedendo in merito al conflitto Ucraino soprattutto per le conseguenze che abbiamo osservato concernenti le quotazioni di gas e petrolio.

La retorica di Putin sta cambiando: da "operazione militare speciale" ha innalzato questa settimana il tono del conflitto e avviato una "mobilitazione militare parziale" richiamando in servizio 300'000 riservisti. A queto punto è chiaro anche al più disinformato dei Russi che qualche cosa nei pressi dei confini ucraini sta accadendo ed infatti le reazioni in molte città russe non si sono fatte attendere e non sono tutte a favore di Putin che potrebbe anche essere in (grave?) difficoltà. 

La borsa russa non l'ha presa bene, in migliaia sono saliti sul primo aereo disponibile per lasciare il paese ed anche le operazioni di richiamo dei riservisti stanno incontrando inaspettate (ma comprensibili) resistenze. 

Quello che a noi interessa è il prezzo del petrolio e del gas, non insensibili a quanto accade in Ucraina:  le notizie, soprattutto in ottica inflazione futura, sono tutto sommato positive:


Se il petrolio in questi giorni è sceso sotto gli 80$ al barile ed iniza a scontare un rallentamento generale della crescita economica mondiale, il future del gas ad un mese (linea rossa) è in caduta  libera dalla fine di agosto e le notizie provenienti dalla Russia stanno accelerando il movimento.


Finalmente l'indice di Bloomberg dei costi energetici sta evolvendo al ribasso: ha rotto il supporto a quota 50 ed è pure risucito ad incrociare la media mobile dei 200 giorni;  il movimento potrebbe quindi pure rafforzarsi.



 Anche le materie prime in generale si stanno prendendo un momento di riflessione e questo non potrà che giovare all'inflazione: vi è quindi una ragionevole speranza che la combinazione tra rialzo dei tassi e  costi di energia e materie prime al ribasso possano contenere il rincaro senza che si debba premere troppo sulla leva dei tassi (... magari non si arriverà neppure al 5%...). Vedremo nelle prossime settimane se questi movimenti ribassisti saranno confermati.


Ma intanto come hanno reagito le borse? Non bene...



Il malessere sta aumentando e puntualmente il VIX si sta riportando in zona 30 o su di lì. Va bene se vogliamo lavorare con qualche strumento strutturato; va meno bene se si è alla ricerca di un po' di tranquillità...


...anche il put/call ratio ha subito un'impennata: insomma gli investitori son corsi, a giusta ragione, a proteggersi o per lo meno ad evitare di essere troppo esposti...




...purtroppo la performance delle borse da inizio anno è impietosa: quasi tutte registrano delle perdite superiori al 20% e la stagione degli utili del terzo trimestre non è nemeno iniziata... Non è facile capire come potrà andare avanti: in primis è necessario che la guerra in Ucraina non scali ad un gradino di intensità superiore. L'utilizzo dimostrativo di armi non convenzionali potrebbe essere usata dalla Russia che si trova in difficoltà: come ci ha fatto notare un amico, nulla le impedisce tanto per dimostrare la sua caparbietà di far esplodere un ordigno a debole intensità radioattiva sull'isola dei Serpenti, un'area di 17 ettari abitata da un centinaio di persone (si spera preventivamente evacuate): danni diretti pochi, danni collaterali, soprattutto pensando ai mercati finanziari, da paura!



Lo S&P500 purtroppo ha sfondato il supporto importantissimo dei 3820 punti e si sta dirigendo di gran carierra verso quello dei 3'550. Rincuora il fatto che si trovi in una zona di ipervenduto e non ci resta che sperare in un (improbabile per il momento) rimbalzo.




Se dobbiamo essere sinceri il movimento dello SMI di questa settimana assomiglia molto da una capitolazione: si ottiene questo effetto quanto un grande numero di investitori,  depressi da un periodo borsistitcamente poco felice, si liberano delle loro posizioni indipendentemente dalla qualità del titolo che hanno in deposito e dalle perdite (di solito importanti) che devono subire. Spesso questi movimenti sono generati anche dai margin call (chi lavora in leva deve portare nuove garanzie alla banca oppure ridurrre forzatamente le posizioni) ma questa volta temiamo che la vera ragione sia lo sconforto di questi ultimi tempi. 

I volumi sono chiaramente al rialzo (e anche di parecchio, vedi freccia nera) mentre lo stato di ipervenduto è più che evidente (cerchio nero); quota 10'000 potrebbe essere il prossimo supporto e non è escluso che a quel livello si possa tentare un piccolo rientro. Ci sono molte società che sono troppo a buon mercato ma oggi, considerato il mood, non è ancora arrivato il momento di lasciarsi allettare. Lo sappiamo,  in tutti noi c'è un pochino di quel sentimento tanto bene espresso da Oscar Wilde che soleva dire "resisto a tutto tranne che alle tentazioni!" Consigliamo ancora un po' di prudenza... 

Buon week end!







mercoledì 21 settembre 2022

Tassi: una raffica di aumenti


 Questa sera alle 20:00 saremo tutti con il naso puntato sullo schermo di Bloomberg per vedere come Powell intende procedere nella lotta all'inflazione: le attese sono per un aumento (scontato) di 75 basis points ma non sono esclusi i 100 considerando che ieri lo ha fatto la Banca Centrale Svedese, un po' a sorpresa, concedendosi un deciso movimento dei tassi come non si era mai visto.

Purtroppo sappiamo che questa battaglia contro il rincaro non la si vincerà solo a suon di aumenti del costo del denaro, che ha un'influenza su molte variabili che costituiscono l'inflazione,  ma non su tutte. E' per questa ragione che Powell potrebbe decidere di aumentare di tre quarti di punto evitando il punto pieno che spaventerebbe un mercato che già spaventato lo è a sufficienza.

Ciò non toglie che sono parecchi gli analisti che ci mettono sull'attenti: se la "core inflation" americana (oggi al 6.1%) non accennerà a diminuire, non sarà impossibile vedere i tassi FED spingersi fino al 4.5% prima di prendersi una pausa... Ciò significa che ci sono all'incirca altri 200 bps di aumento da prendere in considerazione...


...i rendimenti del Treasury a 2 anni già si stanno adeguando a questa aspettativa e presto saranno sopra il 4%...



...e quelli a dieci anni, un po' in ritardo a causa dell'inversione della curva, ci stanno arrivando. 



Non un bel momento per le obbligazioni e non solo per quelle americane. Il processo di aumento dei tassi in Europa è in uno stato meno avanzato di quello americano ma, purtroppo, temiamo che sia solo una questione di tempo prima di vedere un movimento simile. 

Come ripetuto spesso: non siamo ancora compratori di obbligazioni. NON c'è fretta.


Nelle ultime settimane abbiamo ripetuto fino alla noia che per vedere un'inflazione a livelli più decenti , dobbiamo assistere ad una diminuzione dei costi dell'energia e delle materie prime. In questo senso le cose non stanno andando poi così male:



Le materie prime si sono assestate ed hanno una tendenza ad uno spostamento laterale: stiamo comunque tenendo d'occhio un leggero aumento avvenuto agli inizi di settembre. Per il momento la media mobile dei 200 giorni sta facendo da resistenza... non vorremmo vedere un deciso superamento di questa media che potrebbe dare l'avvio ad un rialzo più consistente...



Anche per quanto riguarda i costi energetici la situazione si sta evolvendo in un modo tutto sommato positivo grazie alla riduzione del prezzo del petrolio e soprattutto a quello del gas decisamente importante per noi europei e per la nostra inflazione.



E' di stamani la notizia che Putin sta modificando la sua strategia ed ha annunciato che "l'operazione militare speciale", attualmente in corso,  verrà tramutata in una "mobilitazione militare parziale": insomma, 300'000 poveri riservisti sono stati richiamati in servizio e questo è bastato a dare una sterzata rialzista sia al prezzo del petrolio sia a quello del gas. Speriamo che non sia l'inizio di una nuova fase dell'invasione Ucraina e soprattutto che non gli salti in mente di utilizzare qualche ordigno nucleare tattico... altrimenti con i costi dell'energia siamo punto a capo e si ricomincia a salire.


Non è un mistero che se non si riesce ad infiacchire l'inflazione a suon di aumento dei tassi e di riduzione dei costi energetici ci penserà una bella recessione a riportarci con i piedi per terra.

Qualche segnale in tal senso sta iniziando a fare capolino e siamo dell'opinione che una fase recessiva dell'economia mondiale sia pressoché inevitabile.



Il Baltic Dry, che monitora i costi dei noli della navi cargo, ha subito una notevole riduzione a segnalare che già da diversi mesi il traffico navale orientato al trasporto delle merci si è ridotto...



Lo stesso tipo di messaggio ci è stato dato da Fed Ex (e verosimilmente seguirà anche UPS) che nei giorni scorsi si è premurata di farci sapere che è in atto un peggioramento delle condizioni commerciali  in tutto il mondo, la qualcosa la si evince da una riduzione dei trasporti via strada e da un rallentamento del traffico dei container. Il crollo della quotazione di FED Ex è la conseguenza di questo scenario.



Anche Ford ha dei (soliti) problemi: i colli di bottiglia sono tutt'altro che risolti e la carenza cronica di micro chips  mette in seria difficoltà tutta la produzione e di conseguenza si vende meno. La reazione della borsa è coerente con il tipo di annuncio...

Fra tre settimane inizierà la stagione della pubblicazione degli utili del terzo trimestre e toccheremo con mano lo stato di salute di molte aziende: è sempre più probabile che non sarà facile continuare a sfornare bilanci che apparentemente se ne fanno un baffo di tutto quello che sta succedendo in giro per il mondo. Non saremo sorpresi se qualche crepa negli utili aziendali inizierà a farsi vedere...



La statistica, che si deriva dopo aver osservato la reazione dei mercati dopo un annuncio di aumento dei tassi, ci dice che potremmo anche vedere nei prossimi delle borse più positive di quello che ci si aspettata. (poi qualcuno ci deve spiegare il perché...)  Se questo schema verrà replicato saremo ovviamente molto contenti anche se, come sappiamo,  prima o poi le statistiche vengono sistematicamente smentite. A noi basta che lo S&P500 rimanga in zona 3820/30...



...e che lo SMI non sfondi quota 10'360. A tal proposito domani è il turno della nostra Banca Nazionale Svizzera nel farci sapere cosa vuol fare dei suoi di tassi: atteso 0.75 ma se non si vuol esser da meno degli Svedesi anche un 1% di aumento non è escluso... per la buona pace dell'euro/chf che sfonderà quota 0.95. Per quanto riguarda la borsa ci lasceremo sorprendere...


Buon pomeriggio!


martedì 13 settembre 2022

CPI: ci voleva un altro dato...!

 

E' successo quello che non doveva succedere! L'inflazione americana è scesa meno del previsto e i mercati non l'hanno presa bene...  Doveva assestarsi attorno all'8%, dopo che a luglio aveva raggiunto l'8.5%, ma la cruda realtà stampa un valore dell'8.3%; meglio dell'8.5% ma pur sempre un valore troppo elevato per tranquillizzare una FED che tranquilla non è!

Che dire? Avete presente quando giocando a Monopoli pescate quella carta che vi obbliga a tornare alla partenza, per fortuna senza passare dalla prigione, e vi tocca ricominciare tutto da capo? Fastidioso vero? 

Ma scorporiamo il dato che abbiamo ricevuto. Un po' di copia-incolla ci aiuta a velocizzare il nostro compito e ci ripromettiamo, se sarà necesario,  di ritornare sull'argomento una volta che abbiamo digerito il dato:

"#L'IPC statunitense di agosto ha registrato un +0,12% m/m, rispetto al -0,1% del sondaggio e al -0,02% del mese precedente. L'IPC core ha registrato lo 0,57% m/m, contro lo 0,3% del sondaggio e lo 0,31% del mese precedente. Se si considerano le componenti core, si nota che l'inflazione core è piuttosto forte in tutti i settori. Gli alloggi (agosto 0,7% m/m contro luglio 0,5%) e i nuovi veicoli (agosto 0,8% m/m contro luglio 0,6%) sono le due voci che hanno determinato l'aumento del CPI core. A parte questo, i servizi di assistenza medica sono saliti allo 0,8% m/m dallo 0,4%. Il mercato OIS prevede 79 pb per il FOMC della prossima settimana, rispetto ai 71 precedenti. La riunione di novembre è ora quotata 64 pb rispetto ai 54 pb precedenti la riunione."

 Non vi sarà sfuggito che l'inflazione core (quella che viene vivisezionata dalla FED) è aumentata in tutte le sue componenti... non poteva esserci notizia peggiore. Oramai a questo punto le scommesse, per quel che concerne l'aumento dei tassi americani del 21 settembre,  si concentreranno su di un range che si estende dallo  0.75% all'1%, con quest'ultima ipotesi che sta guadagnando terreno... A noi sembra una follia, ma vi rammentiamo che con questa inflazione e malgrado gli ultimi due aumenti di 0.75% abbiamo, anche in caso di un ulteriore aumento di 75 basis points, una resa reale che resta abbondantemente negativa. 

Se l'inflazione non scenderà nei prossimi mesi non vorremmo pensare a dove la FED spingerà i tassi, ma quel che è certo è che non si fermeranno al 3.5%-4% come è implicito nelle attuali aspettative... Se vogliamo sempre far riferimento alla metafora del Monopoli è come tornare al punto di partenza,  ma questa volta dopo aver fatto qualche anno di prigione!

Reazione dei mercati:


Quelli azionari alle 16:53 segnavano delle minus valenze importanti ma purtroppo con il passare del tempo la situazione è peggiorata: alle 20:34 il Nasdaq è sotto del -4.19% e lo S&P500 se la cava, per modo di dire,  con un -3.34%... manca un'ora e trenta alla chiusura dove può succedere di tutto...



Sono settimane che andiamo dicendo che per vedere una borsa svizzera più pimpante si doveva andare sopra gli 11'000 punti... oggi ci stavamo riuscendo ma il dato delle 14:30 ha rotto tutte le uova nel paniere... Domattina probabilmente perderemo ancora un centinaio di punti (a voler essere ottimisti...)

Lo sappiamo, qualcuno di voi vedendo questo grafico si è messo le mani nei capelli... e ne ha ben donde! Il Treasury a due anni è schizzato al 3.76%,  tallonato dal decennale a 3.42%... ci sono sempre 30/40 bps di differenza: quel tanto che basta per non farci dimenticare che la curva dei tassi americana è inversa e ci resterà per parecchio ancora. Andateci prudenti con le obbligazioni... Oramai i rendimenti puntano al 4% e speriamo che basti...




Il dollaro scaltramente ne ha approfittato per recuperare le perdite degli ultimi giorni e alle 20:46 si è riportato contro euro sotto alla parità a 0.9983... Nulla di anormale: questo movimento rientra nella più che naturale delle logiche... I tre/quarti di aumento della BCE dell'altro giorno, che hanno un po' indebolito la valuta americana, saranno controbilanciati dall'aumento di almento tre/quarti di punto della FED se non addirittura di un punto percentuale tutto in una volta. La forza del dollaro è facilmente  spiegabile...





...così come è spiegabile il dollaro a 0.9614 contro franco. Pensiamo che in qualunque modo vogliamo girare la nostra frittata, il dollaro ancora per parecchio tempo ne uscirà vincitore.


Vedremo domani mattina come i mercati europei digeriranno la chiusura americana ma temiamo che non la prenderanno tanto bene... Per il momento noi smettiamo di giocare a Monopoli tanto per evitare di ritrovarci, ogni due per tre, al via. Ci teniamo una bella riserva di contanti e prima di acquistare terreni, case ed alberghi ci pensiamo su (si dice in buon italiano?) un paio di volte almeno. 


Sogni d'oro! (per i fortunati che riusciranno a prender sonno...)





 


sabato 10 settembre 2022

Ancora due ma meno di cinque.


 

Giovedì pomeriggio al BCE ha provveduto al secondo aumento dei tassi guida e si è lanciata in una operazione da 75 punti base come non si è mai vista. Ne eravamo quasi certi,  ma un paio di giorni prima si stava facendo strada anche l'ipotesi di un intervento meno invasivo, onde evitare reazioni di panico (che poi non ci sono state...),  replicando quello di 50 punti della volta precedente.

75 punti base non sono pochi ma forse andavano meglio giustificati. La reazione degli addetti ai lavori non è tardata ed il giorno successivo non sono stati teneri con la Lagarde... Eccovi un piccolo assaggio di quanto si poteva leggere sui giornali:

"Sull'inflazione Lagarde brancola nel buio. Una decisione (quella dei 75 bis) ampiamente scontata condita da parole vuote sul futuro. Più che dare un messaggio credibile, l'obiettivo è sembrato quello di tirare a campare (...) I mercati, le famiglie e le imprese devono convincersi che la banca centrale non solo sa quello che fa, ma si impegna anche a farlo. Occorrono annunuci vincolanti che definiscono la strategia di normalizzazione monetaria (...) E invece no. Christine Lagarde ci dice candidamente che nessuno sa dove si vuole andare. Certo ci informa che i tassi si alzeranno; perché e come, però, nessuno lo sa. La formula magica è quella di dire che tutto dipende dai dati - senza specificare quali - e aggiungere che le scelte saranno prese di volta in volta." (Il sole24ore)

 Credo che basti. Avete sicuramente capito che aria tira. Magari noi saremmo stati un pochino meno severi in quanto è abbastanza facile provare che la cosiddetta "forward guidance", che è quanto richiesto dal severo articolista poc'anzi citato,  in passato non ha proprio dato prova di essere uno strumento facile da maneggiare e anche i risultati non sempre sono stati all'altezza delle aspettative. Forse è effettivamente meglio che la BCE possa mantenere una certa flessibilità, anche perché è confrontata ad uno scenario geo-politico che potrebbe scoinvolgere gli scenari, nel bene e nel male, molto rapidamente.

Ma cosa ha detto in definitiva Lagarde? Non molto ma abbiamo rilevato, oltre all'ammisione di essersi sbagliata in numerose occasioni,  quanto segue:

1) Altri aumenti sono in arrivo: "almeno altri due ma meno di cinque..." Come abbia fatto a stabilirlo non è dato sapere .

2) L'inflazione per  il 2022 sarà dell'8.1%. (non scenderà quindi molto velocemente...)

3) La crescita del PIL europeo per il 2023 è rivista al ribasso: dal +2.1% allo 0.9%. Di conseguenza peggiorerà anche l'occupazione.

4) Non prevede nessuna recessione: un rallentamento si , ma l'entrata in una sorta di stagflazione la esclude. Sarà come dice lei, ma noi non ce la sentiamo di escludere completamente uno scenario recessivo che rimane sempre parcheggiato nel retro della nostra testa.




Siamo tutti sufficientemente consapevoli che i guai europei sono innanzitutto generati dal prezzo del gas (nel grafico la quotazione del future ad 1 mese).  Sono settimane che andiamo ripetendo che per vedere un effettivo miglioramento dello stato di salute del rincaro europeo, più che un aumento importante dei tassi, sarebbe indispensabile un ritracciamento dei costi dell'energia dei quali il gas è il principale responsabile.

La riunione dei 27 ministri dell'energia di ieri ha partorito, ma non evevamo dubbi, un piccolo topolino che però è già un passo avanti verso quello che dovrebbe essere il price cap da applicare al prezzo del gas. Se ne parlerà ad ottobre (forse un pochino tardi) ma purtroppo i negoziati saranno complessi e non se ne verrà fuori tanto velocemente.  Ancora troppi paesi europei non possono fare a meno del gas russo (forniture che comunque si sono notevolmente ridotte: dal 40% all'attuale 9%) e questo Putin lo sa. Accogliamo comunque con piacere la  correzione di queste ultime settimane che ci da un po' di respiro. 

Ma anche in questo caso non abbassiamo la guardia: il prezzo del gas in questo periodo, dove tutti lo vogliono e pochi lo vendono, può subire, a causa della sottigliezza dei volumi, sbalzi di prezzo impressionanti che causano problemi a non finire a chi il gas lo vende a termine. Per chi ha voglia di leggere, abbiamo allegato alla fine del nostro intervento un articolo di Federerico Fubini che spiega bene cosa sta succedendo e perché, almeno per questa volta, non si può dare tutta la colpa ai soliti movimenti speculativi.


Ma torniamo al rialzo dei tassi in europa: le conseguenze sono state due e una delle due non rientrava nelle nostre aspettative...


Il dollaro ha perso qualche posizione: normale. Con la diminuzione dello spread tra i rendimenti americani e quelli europei, un minimo di ritorno sull'euro ce l'aspettavamo. Quanto potrà durare? Dipenderà dalla prossima mossa della FED ma sospettiamo non troppo. Le rese sul dollaro sono ben altra cose di quelle espresse in euro e lo stato di salute di salute dell'economia americana, tutto sommato  discreta,  torneranno a calamitare il dollaro verso l'altro. Un dollaro eccessivamente forte può generare qualche problema soprattutto ai paesi in via di sviluppo che hanno contratto debiti (pesanti) in valuta americana: nessuno, america compresa, ha voglia di capire cosa può succedere se questa parte del mondo dovesse andare in profonda crisi anche a causa del dollaro forte... quindi benvenga un po' di correzione e potrebbe già essere utile se il dollaro continua nel suo spostamento laterale tra lo 0.99 e 1.01.



Chi ieri ha festeggiato l'aumento dei tassi (ammettiamo che facciamo fatica a capire...) sono le borse: è probabile che stiano già scontando la riduzione del prezzo del gas e il relativo ridimensionamento dell'inflazione ma ci pare una reazione un po' affrettata... Ovviamente non ci lamentiamo più di tanto ma  comunque questo comportamento, un po' fuori dalle righe, ci fa pensare.



Lo S&P500 si è mangiato in un sol boccone la media mobile a 50 e 100 giorni. Addirittura quella a 50 (viola) sta incrociando al rialzo quella dei 100 ( verde) e potrebbe essere un buon segnale per una ripartenza in grande stile. I volumi sono buoni e leggermente sopra la media cosa che potrebbe facilitare il movimento verso l'alto. Vi invitiamo comunque a riflettere sul fatto che l'economia made in USA è in una situazione ben diversa da quella europea e giustifica in parte i movimenti appena descritti.



La borsa svizzera per contro, pare più orientata verso un movimento laterale. Non sembra avere per il momento la forza di ergersi oltre e le rotazioni settoriali sono quasi giornaliere vanificando un deciso movimento rialzista, movimento che potrebbe diventare tale sopra gli 11'000 punti: non siamo lontanissimi,  ma prima di togliere eventuali protezioni vorremmo vedere un superamento di tale livello tecnico. RSI neutrale e non lascia troppo spazio all'immaginazione,  mentre la media mobile dei 50 giorni (viola, sorry poco visibile nel grafico) sembra voler fare da resistenza.



Anche il DAX (non necessariamente in questo momento la borsa più rappresentativa a livello europeo...) sembra volersi scostare dai minimi dei 12'500/600 punti. L'aumento dei tassi può dare un certo slancio soprattutto al settore bancario e in parte assicurativo;  come a dire che non tutti i mali vengono per nuocere. In effetti stiamo rimettendo sotto la lente di ingrandimento questi settori e non escludiamo che potebbero anche venir comprati...


Ok, basta così. Godetevi il week end!

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Crisi energetica, perché si rischia un altro caso Lehman

di Federico Fubini, Corriere della Sera, 06 set 2022

Il grande crash di Lehman fu il processo di scoperta — prima lento, poi precipitoso — delle falle nascoste che Wall Street non sapeva di avere. Ne impediva la vista la certezza ideologica di avere un mercato efficiente. Così perfetto che avrebbe aggiustato da sé eventuali guasti. E almeno in questo le conseguenze economiche della guerra in Ucraina rischiano di diventare una replica di quel punto di rottura del 2008, ma stavolta per il sistema europeo dell’energia.

Così almeno pensa il ministro finlandese dell’Economia Mika Lintilä, che domenica ha varato un soccorso pubblico da dieci miliardi di euro per le imprese elettriche del Paese mentre il governo svedese ne annunciava uno da 23 miliardi per le proprie. Questa situazione «ha gli ingredienti per diventare una Lehman Brothers del settore dell’energia», ha detto Lintilä. E davvero oggi l’Europa del gas e dell’elettricità vive una dinamica che ricorda il modo in cui quel crollo del 2008 partì da un angolo opaco del mercato — i subprime — per svelare falle sistemiche ovunque.

Il taglio delle forniture

Il punto di partenza oggi è il taglio delle forniture messo in atto dalla Russia per far esplodere i prezzi del metano. Se Vladimir Putin ricorre alla ritorsione, è perché le sanzioni evidentemente mordono e il dittatore di Mosca cerca di spingere l’Europa a rimangiarsele. Spera che la sua strategia propaghi un’onda d’urto a cerchi concentrici, che sveli una dopo l’altro le vulnerabilità e gli angoli oscuri dell’architettura europea dell’energia. Uno di essi si trova a Lipsia, in Sassonia. Si chiama European Energy Exchange (Eex) e ha come azionisti Deutsche Börse al 75%, ma anche Enel all’1,59%, Edison allo 0,5% e Électricité de France allo 0,45%: è la principale piattaforma del continente per lo scambio di contratti future dell’elettricità. Ogni mese circa cinquecento produttori elettrici dell’Unione europea vi vendono i loro megawattora attraverso contratti che li impegnano alla consegna di quantità ben precise tra uno, due o tre anni a prezzi prefissati fin da subito.

Sembra un mercato perfettamente efficiente o, come lo ha definito il suo direttore generale Steffen Köhler giorni fa, «essenziale per la sicurezza e la trasparenza dei prezzi». In tempi normali, forse. In questi tempi di guerra economica con Putin invece i suoi meccanismi finanziari minacciano di innescare una catena di default per molte decine di miliardi di euro e di obbligare i governi a salvataggi delle imprese elettriche a spese di contribuenti prima ignari, poi furibondi. Il governo finlandese con dieci miliardi di garanzie pubbliche, la Svezia con 23 e la Germania con almeno undici miliardi impegnati per il gruppo dell’energia Uniper stanno già aprendo la strada. La Francia sta nazionalizzando Edf. In fondo, ripetono tutti ciò che fecero molti governi occidentali per le banche oltre dieci anni fa.

Le richiesta di garanzie

Oggi l’esposizione finanziaria delle imprese elettriche a causa dei meccanismi della piattaforma Eex di Lipsia, del resto, è colossale: circa duecento miliardi di euro accumulati quasi tutti negli ultimi mesi — secondo stime dell’industria — di cui circa trenta o quaranta in più solo nella giornata di ieri con il balzo dei prezzi dell’energia. È bastato che Gazprom prolungasse la chiusura del gasdotto Nord Stream 1, innescando rialzi violenti degli indici sulle piattaforme del gas e dell’elettricità, perché centinaia di imprese dovessero attingere alle loro linee di credito con le banche per versare nuove garanzie all’Eex. Ogni strappo all’insù dei prezzi costringe i produttori elettrici partecipanti al mercato di Lipsia a nuovi pagamenti: anche se le quotazioni sono già salite di dieci volte e più; anche se esse sono il frutto teorico — prodotto da un algoritmo — di scambi che non avvengono neanche più su questa piattaforma di Lipsia, perché ormai è molto povera di liquidità. Anche se domanda e offerta non s’incontrano e lo scambio non avviene, l’intelligenza artificiale fissa il prezzi al rialzo.

Le regole

L’innesco è tecnico. Come fossero puri trader, i produttori elettrici che vendono con contratti a termine (per esempio: consegna di una certa quantità nel settembre 2024 a 200 euro a megawattora) sono costretti a versare garanzie alla borsa di Lipsia ogni volta che il prezzo sale oltre quello previsto dai loro contratti. Il presupposto è che il venditore in teoria potrebbe dover comprare le quantità che poi si è impegnato a fornire, quindi la borsa vuole essere certa che l’operatore abbia i soldi per farlo. È il metodo che si applica ai trader sui future, ma queste aziende non hanno bisogno di acquistare materia prima perché la producono in proprio. Ormai lo stress finanziario di alcune di esse è tale che alcune banche ne hanno già liquidato le posizioni per recuperare parte dei crediti, facendo saltare le forniture di energia.

Di recente le compagnie elettriche hanno chiesto all’Eex di cambiare le regole, ma il vertice di Lipsia ha risposto loro di farsi aiutare dai governi — ha detto — come ha già fatto la Germania. Ora il sistema cammina su ghiaccio sottile. Di recente la liquidità degli scambi è stata di meno di centomila euro al giorno sui future a un anno e praticamente zero su scadenze più lunghe. Basterebbero spiccioli a Gazprom per manipolare il sistema al rialzo tramite un trader corrotto: gli algoritmi di Lipsia fanno impazzire le quotazioni elettriche d’Europa verso l’alto anche sulla base di offerte minuscole, su scambi che non si concludono. Così i produttori s’indebitano sempre più per versare altre garanzie. E la falla nel sistema del mercato perfetto, ai tempi di Putin, diventa voragine.


domenica 4 settembre 2022

L'Europa s'è desta...

In Europa sta accadendo qualche cosa di importante e vogliamo cercare di chiarirci le idee. Ma partiamo con ordine: giovedì abbiamo avuto la conferma che anche l'inflazione europea è di quelle appiccicose e che non sarà una passeggiata riportare il rincaro a livelli più ragionevoli.



Quel 9.1% registrato per il mese di agosto non lascia tranquilli nessuno in quanto, ma lo sappiamo da tempo,  è il risultato fondamentalmente del rincaro energetico che non può essere calmierato semplicemente premendo sulla leva del rialzo dei tassi.

Putin questo lo sa ed in questo momento sta giocando come il gatto fa con il topo.  Notoriamente in questo gioco il topo viene strapazzato dal gatto, gatto che accuratamente evita di spedire troppo presto il topo al creatore assicurandosi una buona dose di divertimento. Tradotto: Putin apre a chiude a piacimento il gasdotto Gulf Stream e lascia passare  tanto gas quanto basta per tenerci in vita. Notizia di oggi è che al posto di una chiusura totale, per gli ennesimi lavori di manutenzione delle condutture, ci spedirà una quarantina di milioni di metri cubi di gas sufficienti a non farci schiattare. Deve comunque stare attento in quanto l'Europa prima o poi si stancherà di assumere il ruolo del topo ed anzi sta già reagendo. In primis diversificando le fonti di approvvigionamento  e a seguire intende mettere un cap al prezzo del petrolio russo e farà la stessa cosa con il gas come Draghi sta suggerendo da tempo.



Quanto sia importante per i mercati finanziari riuscire a ridurre in tempi rapidi i costi energetici lo vediamo dalla loro reazione di venerdì due settembre,  quando nel pomeriggio la notizia di un cap al prezzo del petrolio russo ha iniziato a circolare: lo SMI (nero) , il Dax (rosso) e lo Stoxx50 (blu) hanno avuto una reazione di svariati punti percentuali che mettono una pezza ad una settimana che è stata tutt'altro che brillante.  Rimaniamo comunque prudenti almeno fino a quanto il cap al prezzo del petrolio sarà effettivamente (se lo sarà...)  applicato e ben sapendo che metterlo a quello del gas non sarà semplice. Ma ripetiamo: la reazione di venerdi ci è piaciuta anche perché ci ha dato modo di capire meglio la dinamica dei prezzi di certe azioni che inspiegabilmente hanno perso molto del loro valore ma che palesemente hanno un rapporto molto stretto con il prezzo dell'energia...  ( Geberit e Sika, tanto per citare due nomi).


Lo SMI, come le altre borse,  ha ben reagito ma rimante comunque sotto la media mobile dei 50 giorni (viola)... la chiusura non brillantissima di venerdi delle borse americane non ci lascia tranquillissimi: se avete una copertura conviene mantenerla almeno fino a quando non avremo superato quota 11'000.

Già che abbiamo parlato dei costi energetici vediamo anche le materie prime come si sono comportate:


Sono sempre in una fase rialzista ma questa settimana il movimento sembra perdere di velocità: la media mobile dei 100 giorni (verde) non è stata superata e la prossima settimana ci potrebbe essere lo sfondamento della media a 50 (viola) mentre quella a 200 (blu) non è troppo lontana e vedremo se farà da supporto. Se lo sfonda al ribasso sarebbe un ottimo segnale...

Anche i costi energetici sembrano meno brillanti: sarà importante vedere la reazione del prezzo del gas la prossima settimana, gas che potrebbe anche subire dei ribassi importanti ma non lo diamo per scontato...

Comunque sia la prossima settimana, ad attirare la vostra attenzione, deve essere la riunione della BCE di giovedì 8 settembre: è importante, ci aspettiamo un aumento dei tassi di almeno mezzo punto se non addirittura di 75 punti base. Tutto già scontato ma teniamo sempre presente che stiamo parlando di un aumento dei tassi che potrebbe andare avanti per un po'... Le conseguenze sono note:



...noi continuamo a tenere via le mani dalle obbligazioni, anche se ammettiamo che quelle in dollari potrebbero iniziare ad interessarci: ma non c'è fretta. Vediamo cosa succederà durante il mese di settembre che, come abbiamo già sottolineato, non butta benissimo.



Ned Devis anche questa volta non ha sbagliato (guardate il trend...) e se continuerà ad aver ragione non stiamo tranquilli fino ad inizio ottobre. Certo che in Europa le cose potrebbero evolvere anche diversamente soprattutto se riusciranno a mettere un tappo ai costi energetici ma, come detto, non sarà facilissimo....


Cosa succede negli States?


Venerdi è stata pubblicata la statistica riguardante la creazione di nuovi posti di lavoro non agricoli: se ne aspettavano 298k (in diminuzione dai 528k precedenti) ed in realtà ne hanno creati 315k: una buona notizia quindi ma in questo momento sembra che tutte le buone notizie siano interpretate malamente dal mercato in quanto danno il via libera ad ulteriori aumenti dei tassi: le aspettative per fine settembre vanno dal classico 0.75%  fino ad un possibile aumento di 1% paventato da alcuni analisti.

E' chiaro che tutto questo movimento di tassi al rialzo sta drenando parecchia energia attorno al dollaro:


Tra le principali preoccupazioni degli amministratori delegati delle aziende americane, il rafforzamento del dollaro (FX in bianco sul grafico) sta aumentando, mentre annotiamo con piacere che i grattacapi arrecati dalla supply chain (in blu) stanno diminuendo, segno che qualche cosa sta andando nella giusta direzione.

Ma torniamo al dollaro troppo forte. Ecco cosa ne pensano gli analisti di Barron's:

Il rafforzamento del biglietto verde ha provocato una grave sofferenza nei bilanci delle società statunitensi a grande capitalizzazione, e la situazione potrebbe peggiorare. Le aziende di tutti i settori stanno tagliando le previsioni in seguito al calo dei profitti rimpatriati, tra cui Microsoft, che ha registrato un pesante calo di 595 milioni di dollari nelle vendite trimestrali a causa della forza del dollaro. I potenziali effetti a catena di un dollaro più forte sono reali e non senza precedenti ricordando la crisi valutaria del 1987 e la corsa al baht thailandese di un decennio dopo, che portò a un crollo dei mercati globali.


Non pensiamo che il rafforzamento della valuta americana sfocerà in un qualche crollo dei mercati globali ma sta arrecando un certo fastidio all'interno dei bilanci delle grosse aziende che producono una parte importante dei loro utili all'estero contribuendo alla riduzione degli utili aziendali che, come abbiamo visto nelle settimane scorse, non è ancora un grosso problema ma potrebbe diventarlo soprattutto se nel 2023 si entrerà in una profonda crisi. Su questo argomento ci ripromettiamo di tornare in uno dei prossimi post. 




In effetti dollaro/franco sta nuovamente andano verso la parità (anche se sul cortissimo un evidente stato di ipercomprato potrebbe sfociare in prese di beneficio che possono essere sfruttate per acquistarlo se ancora non si ha dollari in portafoglio...)




... mentre contro euro sembra essersi avviato un nuovo ciclo laterale che lo vedrà evolvere attorno alla parità. Per chi ragiona in euro se si ha dollari vanno tenuti;  eviteremmo per il momento un acquisto ulteriore ma noi stiamo cercando opportunità per farlo lavorare in maniera adeguata ora che i rendimenti non sono più quelli del zero virgola...




  Good news is bad news ed in effetti dopo i dati del primo pomeriggio, in primis quelli sul lavoro,  i mercati americani del 2 di settembre hanno ricominciato a scendere (nero: S&P500, rosso: Nasdaq)... Lunedì sono chiusi per la festività del Labor Day ma da martedì si ricomincia e settembre è appena iniziato...



Oggi pare che ci sia il sole, godetevelo!