sabato 29 ottobre 2022

Recessione all'orizzonte?

 Per oggi vorremmo circoscrivere il nostro intervento limitandoci a raccogliere quelle informazioni che ci aiutano a confermare (ma non necessariamente a tutti i costi...) il nostro scenario di base che considera l'attuale inflazione, una brutta bestia da domare ma che con un po' di pazienza possiamo riportare a livelli più accettabili,  che si affianca ad una visione per il 2023 dove a dominare, più che il rincaro, sarà con ogni probabilità una bella recessione, speriamo non troppo profonda e persistente, che può essere contrastata riposizionano il trend del costo del denaro al ribasso;  escludiamo comunque un ritorno dei tassi negativi. 

Ma procediamo con ordine.



Giovedì scorso, come da aspettative, la BCE procede ad un maxi aumento dei tassi in stile Federal Reserve pari a 75 punti base; per quanto atteso, un simile rialzo non ci lascia indifferenti e pensiamo che la banca centrale europea più che a combattere l'inflazione stia cercando di portarsi avanti con i lavori aumentanto i tassi in modo tale che,  se effettivamente si entrerà in recessione (tutto da verificare),  avrà a disposizione sufficienti munizioni (leggi: spazio per ridurre i tassi) per cercare di ravvivare il ciclo economico....



Siamo anche noi dell'idea che la BCE procederà ancora ad un paio di aumenti dei tassi in ordine decrescente: uno da 0.50% ed un secondo di 0.25%... vedremo se così sarà. Alla fine di questo processo dovremo quindi ritrovarci con i tassi europei attorno al 2.75% (massimo 3%); da notare che sono quasi la metà di quelli americani e forse ancora per un po' il dollaro si potrebbe rafforzare.

Venerdì capiamo il perché di un rialzo così marcato dei tassi:


















L'inflazione in Francia (dal 5.6% al 6.2%) e quella in Germania (dal 10% al 10.4%) sta salendo ancora! Come già detto ci vuole (molta) pazienza...

Concedeteci una piccola divagazione sul tema: recentemente avete mai preso in mano la carta dei vini di un qualsiasi ristorante? Vi siete accorti che, tanto per fare un esempio, il Tignanello ( ma in generale tutti i SuperTuscan e i grandi vini) da 120/130 franchi alla bottiglia ora te lo propongono attorno ai 300? Francamente facciamo fatica a pensare che i costi di produzione dei vini siano esplosi a tal punto da obbligare il ristoratore, che sta in cima a questa catena, a vendere la bottiglia a prezzi impossibili... Infatti, a malincuore, certi vini resteranno nelle cantine dei ristoranti e probabilmente anche nelle enoteche a dimostrazione del fatto che questi prezzi non sono frutto di un aumento della domanda ma sono una vera e propria speculazione portata avanti da tutta la filiera viti-vinicola e del ristoro. Ergo questa inflazione non è solo colpa dei costi energetici o del rincaro delle materie prime ma è pure frutto di una serie di maldestre speculazioni. Fine dello sfogo... anzi no: sepete quanto costa produrre il Petrus, uno dei vini più costosi al mondo? No? Tra i 35 e 40 euro a bottiglia... vi lasciamo immaginare quanto possono costare gli altri... 300 chf per una bottiglia di Tignanello al ristorante? Da mangiarsi il fegato!


Già che ci siamo, dal momento che li abbiamo menzionati, diamo un'occhiata all'evoluzione dei costi energetici e delle materie prime, che sono sempre il nostro punto di partenza per qualsiasi riflessione sull'inflazione attuale.



L'indice Bloomberg che monitora  i costi energetici mondiali sta coerentemente imboccando la via del ribasso seguendo per simpatia la medesima evoluzione dei prezzi di molti componenti di questo indicatore.

Oramai il trend ribassista è anche tecnicamente ben impostato avendo sfondato al ribasso tutte e tre le medie mobili ed inesorabilmente sta puntando verso il basso all'interno di un canale discendente che sta diventando sempre più solido...


Il trend delle materie prime ha un'evoluzione un tantino diversa da quello energetico: troviamo un forte supporto a quota 110 dove in 3 occasioni piuttosto limpide abbiamo visto l'indice rimbalzare verso l'alto;  questi rimbalzi sono comunque sempre meno ampi e si sta formando un triangolo rovesciato che nelle prossime settimane potrebbe anche venire sfondato al ribasso: se così fosse possiamo, largo circa, stabilire che potremmo ritrovare l'indice tra qualche mese attono all'85....saremmo sorpresi se invece ad essere forata fosse la resistenza (linea rossa) il che significherebbe che avremo materie prime di nuovo in forte aumento...

Tutto sommato se i costi energetici ed i costi delle materie prime li registriamo da diverse settimane al ribasso sono pur sempre delle buone notizie; purtroppo abbiamo incontrato degli imprenditori che in effetti NON hanno in questo momento la percezione che le cose stiano migliorando, anzi...I costi energetici calcolati con le nuove tariffe sono da incubo; la produzione è spesso sospesa, rimandata o annullata da parte del committente e quando è confermata non si riesce a stabilire una data certa per la consegna... tutta la catena di produzione ha ancora problemi seri e forse è anche uno dei motivi per i quali stiamo effettivamente andando verso una recessione... 

Ma cosa sta succedendo negli USA? 


Una cosa che non si vedeva da molto tempo: il rendimento del governativo a tre mesi, quindi il cortissimo termine, sta superando quello a 10 anni e l'inversione totale della curva dei rendimenti è servita! Siamo solo alle battute iniziali ma se questo stato di cose dovesse perdurare fino  a dicembre sarebbe la prova provata che pure l'economia a stelle e strisce è pronta ad entrare in recessione...




...a dire la verità non c'era bisogno di aspettare l'inversione completa della curva dei rendimenti per rendersi conto che qualche cosa non sta proprio andando per il verso giusto: le quotazioni di Microsoft, Alphabet ed Amazon (tanto per citare 3 Big Tech) sono da inizio anno che stanno già scontando uno scenario recessivo: i recenti risultati trimestrali putroppo confermano che l'outlook non è per nulla positivo... 




...ma paradossalmente è proprio la debolezza dello scenario economico che fa presagire (quando, non lo si sa ancora...) che presto o tardi la FED, per scongiurare una profonda recessione, sarà costretta ad invertire la sua politica monetaria. Come al solito il mercato sta facendo le sue scommesse...




...e se Ned Devis, come sembra, continua ad aver ragione (fa quasi impressione come ha intravisto il trend) potrebbe anche vincerle. Per il momento godiamoci questo rimbalzo che potrebbe andare avanti ancora un po'.

L'attenzione va spostata a mercoledi prossimo, quando la FED annuncierà l'ennesimo aumento dei tassi dello 0.75% (è quello che sconta il mercato...) e vedremo cosa avrà da dirci Powell... Stiamo tutti aspettando il momento che annunci un rallentamento degli aumenti... magari mercoledi sarà la volta buona.



Anche lo SMI sembra voler continare imperterrito nel recuperare il terreno perso: il canale ascendente è confermato, la media mobile dei 50 (linea viola) è superata, quella dei 100 (linea verde) quasi e sarebbe un bellissimo segnale se anche quella dei 200 potesse in un qualche modo venir raggiunta. Ci vorrà un po' di tempo in quanto ci stiamo avvicinando di gran carriera ad una fase di iper-comprato (cerchietto nero) dove non escludiamo che qualche presa di beneficio la si possa vedere, ma se restiamo all'interno del canale ascendente non perdiamo il nostro sangue freddo...

Buon week end e per chi fa il ponte lunedi,  se lo goda!





 


sabato 22 ottobre 2022

L'inflazione potrebbe scendere....

Dove andrà a finire questa inflazione noi non lo sappiamo, ma abbiamo letto una moltitudine di opinioni espresse da chi invece è certo di sapere quale sarà l’evoluzione del rincaro che non vi nascondiamo di avere le idee un tantino confuse.  Urge mettere un po’ di ordine nella nostra testa.


Iniziamo con fare un bel punto della situazione:


Negli USA abbiamo recentemene visto che l'inflazione si è issata a settembre all'8.2%, in leggera diminuzione rispetto al mese precedente ma, putroppo, la core inflation (quella più seguita dalla FED) è salita al 6.6%,  ai massimi degli ultimi 40 anni. Un simile dato fa scattare in automatico l'idea che il prossimo aumento dei tassi, previsto per il 2 di novembre, sarà dello 0.75% o per lo meno è quello che pensa quasi il 50% degli analisti, il restante 50% sarebbe a favore di un rialzo meno consistente.



In Europa la situazione apparentemente non è migliore:




l'inflazione a settembre ha sfiorato il 10% (precedente 9.1%). Non siamo messi bene, ma...





...ma se guardiamo il medesimo dato epurato dal cibo e dai costi energetici, la core inflation è al 4.8% ovverosia quasi due punti in meno di quella americana. 


Due osservazioni a tal proposito:


a) le componenti cibo ed energia sono i principali responsabili di questo rincaro: sappiamo tutti quale ruolo gioca, soprattutto per il costo del gas, il conflitto ucraino conflitto che non finirà,  ahinoi,  tanto presto. Proprio per questo motivo ieri a Bruxelles è stata presa (finalmente) una decisione storica che potrebbe in effetti avere delle positive conseguenze sul prezzo del gas (già in forte ribasso...).


b) dal momento che è chiaro a tutti che il rincaro energetico non lo si combatte con il rialzo dei tassi di interesse, riusciamo a comprendere meglio le strategie della BCE che a prima vista appaiono piuttosto titubanti (soprattutto se paragonate con la iper reattività della FED) ma conveniamo pure noi che rialzare i tassi a piccoli passi è una strategia corretta che mira ad evitare che la medicina sia più letale della malattia che indende curare. Siamo sempre piuttosto critici nei confronti della BCE ma questa volta concordiamo che probabimente la tattica è quella giusta.


Ma ritorniamo negli USA, dove volenti o nolenti,  si fanno tutti i giochi:


Jamie Dimon, il CEO di J. P. Morgan,  é convinto che la corsa dell'inflazione americana spingerà i tassi ben oltre il 4.5% e se lo dice lui,  vien voglia di credergli...





Fatto sta che i rendimenti dei Treasury americani continuano a salire: il due anni ha già raggiunto il 4.6% mentre il decennale non è lontano. A quanto pare il mercato sta credendo alle parole della FED,  che ha giurato guerra totale all'inflazione,  e ben se ne guarda di andare contro corrente in ottemperanza ad un vecchio adagio che consiglia vivamente di non combattere contro la banca centrale ("Don't fight the FED!") se non ci si vuol far del male.


Ma come la mettiamo con quel 50% di analisti che consiglierebbe alla FED di procedere con rialzi più moderati? Ci é venuta una gran voglia di capire perché così la pensano...


Per dipanare la matassa gettiamo subito un'occhiata ai FED indicators:



Questo indice prende in considerazioni 5 dimensioni per verificare il livello di stress dei mercati: il comportamento degli yields, le valutazioni azionarie, la facilità per le banche a rifinanziarsi, il livello di interesse per i ‘safe havens’ e la volatilità. Si intravvedono degli accresciuti segnali di stress negli ultimi mesi, ma nonostante le importanti correzioni avvenute sui mercati, i livelli sembrano ancora ben lontani da quelli dei periodi di crisi come la bolla delle dot-com, il 2008 o la pandemia. 
Fonte: Office of Financial Research, OFR



Il Coincident Diffusion Index a 1 mese è fornito dalla Fed di Philadelphia e raggruppa alcune variabili economiche, principalmente legate alla produzione di reddito nel mercato del lavoro, che variano contemporaneamente con l’economia generale e rappresentano quindi una proxy per la crescita del GDP. Assisitiamo negli ultimi mesi ad una decelerazione della crescita economica, ma non ancora comparabile alle ultime tre crisi dei mercati. Una decelerazione della crescita economica di norma si porta appresso una diminuzione della domanda che dovrebbe produrre effetti riduttivi in ottica inflattiva.
Fonte : Philadelphia Fed





La pressione sulla catena di approvvigionamento ha raggiunto livelli drammatici dopo i lockdowns a causa delle difficoltà di produzione e di trasporto che sono coincise con l'esplosione della domanda. 

Ricordiamo infatti che i lockdowns sono stati contrassegnati da una fase di ‘helicopter money’, da parte dei governi e della Fed, con conseguente aumento dei risparmi disponibili. Al termine dei lockdowns, il ‘revenge spending’ ha preso il sopravvento, portando ad una domanda sproporzionata rispetto alle capacità produttive del momento afflitte dalla difficoltà di rintracciare manodopera e da una carenza importante di materie prime.  

Attualmente questo indice, realizzato della Fed di New York, ci segnala che la pressione si sta rapidamente esaurendo e stiamo tornando verso la normalità. Questo potrebbe andare a risolvere, almeno parzialmente, la dinamica inflattiva data dalla scarsa offerta. 
Fonte: Fed of New York



Riassumendo: tutti e tre gli indici ci stanno dicendo che la situazione è stata grave ma stiamo ritornando anche piuttosto velocemente verso la normalità.

Forse, diremmo noi, quello che manca a chi dirige il traffico dei tassi è un minimo di pazienza:  capiamo che c'è un colpevole ritardo da recuperare che spinge il piede sull'acceleratore ma è ben noto, e loro lo sanno, che il risultato di questo genere di manovre è a scoppio ritardato.  Il tutto e subito non è di questo mondo.


Già che c'eravamo, siamo andati a vedere come evolvono i dati dei principali componenti dell'inflazione, soprattutto made in USA,  ma non solo. Il risultato è stato interessante e vi proponiamo una veloce carrellata dei grafici più significativi:





Il FAO Food Price Index misura il cambiamento dei prezzi su base mensile di un paniere di food commodities a livello internazionale. Dal mese di aprile questo indice è in costante calo; siamo ancora ben lontani dai livelli pre-pandemici ma se la progressione continua farà del gran bene, considerata l'importanza di questa voce,  all'inflazione e non solo a quella americana.




Il Netherlands TTF Natural Gas Forward index è tornato a dei liveli accettabili e siamo curiosi di vedere  l'effetto sul prezzo del gas dopo l'accordo a livello europeo di ieri. La minor dipendenza dal gas russo potrebbe fare il resto,  anche se per molti operatori questa crisi energetica non si risolverà a breve termine  ed ipotizzano che ci vorrano almeno due anni per tornare ad una certa normalità. Vedremo.




Anche il WTI sta ritracciando dai massimi e non è molto lontano dalle quotazioni degli ultimi anni. Ad onor del vero non vogliamo sbilanciarci ancora troppo in quanto questo ribasso potrebbe anche essere stato causato da un altro evento da non sottovalutare e ben visibile nel grafico seguente:




Non è un mistero che l'amministrazione Biden ha attinto a  piene mani alle riserve strategiche di petrolio per calmierare l'aumento importante del carburante anche (soprattutto) in vista delle elezoni di Midterm che si presentano piuttosto problematiche per i democratici americani. Bisognerà vedere cosa succede al prezzo del petrolio se dopo le elezioni si dovranno ricostituire le riserve. Per il momento sospendiamo il giudizio.



Anche il costo dei noli navali (nella immagine il Baltic Dry) e il costo dei containers  hanno subito un ridimensionamento importante...




La carenza di manodopera ha spinto i salari americani verso l'alto in un trend che ha preoccupato non poco i governatori della FED: la tentenza rialzista rappesentata dall'Atlanta Fed Wage Growth  sembra per il momento volersi prendere un attimo di pausa... 




Anche lo Zillow Rent Index, che prende in considerazione tutti gli immobili affittati e quelli da affittare e ne calcola il prezzo mediano,  è al ribasso: se pensiamo che questa voce nelle ultime rilevazioni dell'inflazione occupa un posto predominante, una riduzione degli affitti è sicuramente un toccasana per l'inflazione.


Insomma, potremmo continuare con altri indicatori, ma pensiamo che quelli esposti possano bastare per dare l'idea che in effetti l'inflazione potrebbe anche iniziare a scendere. Diciamo che,  visti così,  i dati che abbiamo esposto dovrebbero preoccupare più per il loro potenziale recessivo che inflattivo. Siamo sempre dell'idea che in effetti sfuggire ad una recessione non sarà impresa da poco e numerosi indicatori ci stanno dicendo che il percorso verso una riduzione della crescita economica è già in corso...

Se così fosse, saremmo anche autorizzati a pensare che presto o tardi pure la FED potrebbe decidersi per una politica meno restrittiva:  possiamo solo immaginare che se non amano l'inflazione a maggior ragione non dovrebbero andare matti per un'economia che si indebolisce a tal punto da entrare in recessione. 

I mercati, ci sembra di aver capito,  non vedono l'ora di assistere ad una riduzione degli aumenti dei tassi per finalmente iniziare a mettere le mani su di una montagna di titoli azionari e obbligazionari che si trovano a prezzi di sconto. La volatilità e la mancanza di direzionalità del mercato (un giorno sù, due giorni giù, poi ancora sù) di questi giorni è sinonimo di titubanza: si vorrebbe entrare ma si ha ancora paura, troppa, delle banche centrali .




Per il momento assistiamo quindi ad uno spostamento laterale del mercato. Il modello di Ned Devis ha anticipato una volta di più questa fase di mercato e se continuerà ad aver ragione a novembre si inizierà a salire: probabilmente si aspetterà la decisione della FED del 2 di novembre e  le elezioni di midterm dell'8 novembre prima di decidere come muoversi. Fino ad allora saremo ancora prudenti...




Lo S&P500 si sta trovando all'interno di un canale discendente  e non è mai una bella cosa: a noi importa che non si vada sotto i 3'550 punti e se Ned Davis ha ragione usciremo da questo canale nelle prossime settimane... I risultati trimestrali non sono da buttare: il 75% delle aziende ha riportato cifre migliori delle aspettative (a dire la verità riviste parecchio al ribasso...) ma comunque è pure sempre un risultato che fa bene al morale. 





Anche lo SMI non deve andare sotto i 10'000 punti: vorremmo fortissimamente credere che il nostro indice si stia infilando nel canale ascendente che vedete segnalato dalla freccia verde. E' un po' presto per avere delle certezze e soprattutto ci piacerebbe vedere il superamento rialzista delle medie mobili a 50 (viola) e 100 (verde) giorni,  ma iniziano ad esserci tecnicamente delle buone premesse.
I risultati del terzo trimestre non sono eccezionali ma neppure così miseri da giustificare quotazioni in tanti casi inaccettabili...




Per il momento il dollaro continua a rafforzarsi e continuerà a farlo fino a quanto la FED non si deciderà a darsi una calmata con il rialzo dei tassi: contro franco si sta stabilizzando sopra la parità...





...mentre contro euro  il trend si rafforza ma non pensiamo che si possa andare di molto oltre lo 0.95...




Buon week end!


giovedì 13 ottobre 2022

CPI veramente appiccicoso

E' dall'inizio di questa settimana che stiamo aspettando questo giorno per sapere come diavolo si sarebbe comportata l'inflazione made in USA... Non vi nascondiamo che in noi covava un minimo di speranza che, considerati anche i molti indizi che abbiamo esposto nel nostro ultimo post, si potesse assistere ad un ulteriore diminuzione del rincaro:  purtroppo il dato di ieri a riguardo dei prezzi alla produzione ha un po' smorzato i nostri entusiasmi:



 Dopo un paio di mesi, dove abbiamo assistito ad una timida riduzione del PPI, per settembre ci siamo ritrovati a dover fare i conti con un ennesimo rialzo. Non grandi cose,  ma sufficiente per inoculare il sospetto che anche il CPI potesse subire una simile sorte.



I sospetti diventano una triste realtà oggi pomeriggio alle 14:30 quando veniamo a sapere che l'inflazione americana, attesa all'8.1% (prec 8.3%), è risalita in zona 8.2%. Anche in questo caso nulla di veramente drammatico ma il fatto che il rincaro se ne sta appicciato a questi livelli non piace a nessuno. 

 Dobbiamo considerare che gli effetti del movimento tassi (in giù ed in su) sono a scoppio ritardato e questo è risaputo; ma oramai è da mesi che la FED si è mossa con decisione ma è sempre più evidente che rallentare questo treno in corsa è e sarà un'operazione complessa che richiederà più tempo del previsto...



...quano poi i governatori della FED hanno visto la core inflation (quella che si solito indagano con la lente di Sherlock Holmes...), possiamo solo immaginare il mal di pancia quando si sono accorti che il 6.6% è un livello che non si vedeva più da decenni! Altro che rallentamento!



La reazione dei mercati, soprattutto del reddito fisso, è stata immediata: il decennale americano (linea rossa) si è issato quasi al 4% mentre il due anni (in nero) sta andando nella direzione del 4.5%.


Vi rubiamo due minuti per dare un'occhiata alle due seguenti tabelle: la prima riporta le aspettative sui tassi prima (14:12) della pubblicazione del dato sull'inflazione: 



guardate i tassi americani e svizzeri...




...e guardateli alle 14:36 dopo la pubblicazione: l'America sta oramai puntando al 5% ma anche la Svizzera non è da meno e malgrado la nostra inflazione sia sensibilmente minore a quella americana, siamo al 3.1%; evidentemente il mercato sta scontando un ulteriore aumento dei rendimenti anche nel nostro paese. Rimane comunque tra i due uno spread di circa 3 punti e mezzo che giustifica la reazione del dollaro:



Contro franco stiamo andando oltre la parità e se questa tendenza si manterrà anche nei prossimi giorni, come avevamo detto, probabilmente un po' di dollari andremo a comprarli.


Come spesso succede in questi casi (ma evitate di chiederci il perché...) i mercati azionari reagisco in maniera quasi isterica:



Prendiamo lo S&P500: apre con una perdita consistente di qualche centinaio di punti e poi, dopo un'oretta dall'apertura, inizia una fase di recupero delle perdite e alle 18:30 sta guadagnando l'1.39%... Che dire? Questa è materia per psicologi... ma di quelli bravi!



In situazioni di questo genere dove non sai bene il perché delle cose, tendiamo sempre a rifugiarci nella nostra beneamata analisi tecnica: è tutta la settimana che, per quanto riguarda lo SMI, stiamo tendendo d'occhio l'importantissimo supporto dei 10'000 punti (linea verde). Siamo dell'idea che non sarà facile andare sotto questo livello che effettivamente è pure un livello psicologicamente molto importante. 

Oggi ci siamo andati vicini, ma anche noi abbiamo beneficiato di un bel rimbalzo che ha portato l'indice in chiusura a 10'227 punti. Bene così. Dovesse continuare a salire anche nei prossimi giorni, è probabile che si possa addirittura assistere allo sforamento delle resistenza dinamica (freccia verde) e avviare magari un nuovo trend rialzista; in fondo anche Ned Devis prevede una cosa simile... vedremo.

Se però dovessimo assistere ad uno sforamento verso il basso dei 10'000 punti (freccia rossa tratteggiata) saremo costretti a proteggerci in quanto il prossimo supporto convincente l'abbiamo individuato a 9'200 punti: significa che circa 8 punti percentuali andranno probabilmente ancora persi. (ci scusiamo per la qualità del grafico non eccezionale...)


Buona serata!


domenica 9 ottobre 2022

Good news, bad news!


 


Good news, bad news! Chissà quante volte vi è capitato d'imbattervi in una delle massime più gettonate del variegato e un po' contorto linguaggio finanziario: sta a significare che non necessariamente per i mercati una buona notizia è... una buona notizia! Anzi, sovente siamo confrontati con reazioni opposte rispetto a quelle che sarebbe lecito attendersi. 

Nel caso specifico, venerdì sono stati pubblicati i dati sulla disoccupazione americana e la creazione di nuovi posti di lavoro con l'esclusione di quelli agricoli: ambedue i numeri sono usciti migliori delle aspettative e soprattutto la disoccupazione per il mese di settembre è ulteriormente diminuita, spianando praticamente la strada ad un nuovo rialzo dei tassi americani che sarà con ogni probabilità di ulteriori 75 punti base; converrete anche voi che questa non è proprio una buona notizia per i mercati azionari ed è frutto del ragionamento contorto di cui sopra: se i dati dell'economia continuano ad essere buoni noi della FED possiamo continuare a stringere i bulloni (leggi:alzare i tassi) nella speranza di abbattere il rincaro.




Ma quanto in alto potrebbero ancora andare i tassi americani? Oramai siamo tutti convinti che il terminal rate della FED sarà qualche cosa attorno al 4.5%-5%,  a condizione che l'inflazione mostri qualche segnale di allentamento.  Questo lo sapremo giovedì prossimo,  quando verranno pubblicati il CPI che ad agosto era all'8.3% (yoy) e il core CPI, quello monitoratissimo dalla FED, che segnava sempre per agosto un 6.3% (yoy). Tutto quello che uscirà al di sotto di questi due numeri sarà accettato dal mercato come manna che scende dal cielo!

Probabilità che uscirà un dato migliore di quello agostano? Sono parecchie ed elenchiamo in ordine sparso i motivi per i quali ci attendiamo un dato migliore:

1) I prezzi dell'enerigia rispetto ai massimi  di qualche mese fa sono in deciso calo (anche se l'indice di Bloomberg a tal proposito non riflette ancora questa diminuzione...)

2) Anche i prezzi delle materie prime sono diminuiti e stiamo parlando soprattutto di rame, alluminio, acciaio ecc e sappiamo tutti quale ruolo giocano nei vari cicli di produzione.

3) Gli affitti americani stanno scendendo... notizia di prima mano che arriva direttametne dagli USA

4) Si stanno facendo dei tagli ai prezzi per eliminare  le scorte in eccesso.

5) La catena di approvvigionamento sembra stia migliorando...  Anche il Baltic dry e i costi dei containers sono al ribasso.

6) Vedremo a breve (prossima settimana) se le aziende sono ancora riuscite a ribaltare una parte dei costi sul cliente finale ma è un gioco che non può continuare all'infinito... a tal proposito:



Citigroup ci mette sull'attenti che durante l'imminente pubblicazione dei dati del terzo trimestre potremmo anche andare incontro a delle soprese non proprio positive. Stiamo molto attenti quando singole società, soprattutto se siamo interessati ad acquistarle,  pubblicano i numeri: tutto quello che sarà sotto le aspettative (e temiamo che ve ne saranno molte) verrà pesantemente sanzionato. Per questo motivo, anche a costo di perdere qualche punto percentuale di rialzo, SE faremo qualche cosa , sarà dopo la pubblicazione dei numeri.

Questa settimana abbiamo provato ad inserire in un unico grafico i rendimenti del Treasury a 2 e 10 anni e del Bund tedesco tanto per vedere come le cose evolvono al di qua e al di là dell'Atlantico:




Quello che traspare in maniera evidente dal grafico è quanto in difficoltà sia la BCE: se gli americani, con un'inflazione attorno all'8% ( e magari anche meno...) hanno reagito prontamente tanto da invertire la curva dei tassi (il corto (rosso) rende più del lungo (nero)), ci stiamo chiedendo se mai la BCE, che si trova a dover combattere un'inflazione a macchia di leopardo (si va dal 5.4% della Francia, al 9% dell'Italia, al 10 e rotti % della Germania e si arriva al 14.5% dell'insospettabile Olanda), sarà in grado di affrontare e risolvere un simile problema? Alzare i tassi fino al 4.5%-5% sarebbe letale per le finanze pubbliche di molti paesi Europei, non fare nulla si piomba nelle mani del caso e sperare in una recessione che tolga le castagne dal fuoco è doppiamente da irresponsabili soprattutto se l'inflazione non scende (e si parlerà di stagflazione). 

Insomma, come abbiamo detto più volte,  non vorremmo essere nei panni della Lagarde e nell'eventualità che le venga in mente di seguire la pista americana, siamo dell'idea che bisogna ancora tenere giù le mani dal reddito fisso almeno fino a quando non sarà chiara quale strategia vorrà adottare.

Ci sarebbe un'altra interpretazione: e se la FED, per eccesso di zelo,  si sia sbagliata e sta esagerando con gli aumenti? Potrebbe anche essere una pista, ma francamente crediamo che siano abbastanza smart da sapere quello che stanno facendo...


Anche se non ne abbiamo voglia, e scusateci per la franchezza,  un'occhiata alla reazione dei mercati di venerdì la dobbiamo dare:


Putroppo domina il profondo rosso... La chiusura dei mercati americani non è ancora stata completamente assorbita da quelli europei e ci aspettiamo quindi un lunedi con delle minus valenze di almeno un punto un punto e mezzo... speriamo di essere smentiti.



Lo S&P500 sta ritornando in prossimità di un supporto di estrema importanza: è fondamentale che riesca a tenere i 3'550 punti... se si spostasse lateralmente sarebbe già qualche cosa,  ma non vi nascondiamo che in un certo senso temiamo la pubblicazione dei dati trimestrali. Sorry, non vi vogliamo rovinare la domenica pomeriggio ma ci sono un po' di farfalle che ci stanno girando per la pancia e non ci sembra giusto non comunicarlo.



E' oramai chiaro a tutti che un discorso che prevede un ulteriore aumento dei tassi danneggia soprattutto il settore tecnologico: per il Nasdaq è veramente importante che i 10'500 punti non vengano perforati al ribasso,  altrimenti si entra definitivamente in una nuova fase ribassista... e per il momento non ci viene voglia di calcolare dove è posto il prossimo supporto ma non è vicino!




Per quanto riguarda lo SMI alla fine di questa settimana abbiamo già chiuso il gap rialzista creatosi lunedì: considerata l'aria che tira non pensiamo che si possa ripartire al rialzo: ci accontentiamo di non andare per il momento sotto i 10'000 punti.






Chi sta approfittando, e non poteva essere altrimenti, dell'aumento dei tassi è il dollaro: contro euro sta continuano il suo rafforzamento (ma non dovrebbe a breve andare sotto i 0.95) mentre contro franco si sta avvicinando alla parità senza ancora averla superata. La media mobile dei 50 giorni (viola) sta comunque tentando di incrociare al rialzo quella a 100 (verde) e potrebbe essere un bel segnale di rafforzamento del trend.


Buon pomeriggio!















sabato 1 ottobre 2022

L'inflazione? corposa e persistente!



 

Se l'inflazione fosse un vino e noi un gruppo di sommeliers intenti a compierne un'analisi organolettica, non esiteremmo a considerare l'attuale rincaro corposo e persistente. Corposo in quanto le componenti che lo generano sono innumerevoli e danno vita ad un costrutto estremamene complesso di non facile lettura, come quando abbiamo nel bicchiere quei vini dove pure la luce fa fatica a penetrare quella massa scura che si presenta, se la facciamo roteare, al limite dell'oleoso.

Persistente poiché una volta che ce lo troviamo tra i piedi, non è una toccata e fuga di poche settimane ma rischiamo di averci a che fare per mesi se non addirittura anni

Ecco, l'inflazione attuale è più o meno quella roba lì e alla lunga succede quello che accade quando si persevera nel bere vini troppo corposi:  prima o poi ci si stufa e si vorrebbe degustare altro,  magari qualche cosa di meno impegnativo e affatto stucchevole.

Putroppo per il momento, per quanto scocciati, dell'attuale inflazione continuamo a parlarne. Ci scusiamo, ma non ne possiamo fare a meno.  Questa settimana abbiamo saputo che quella tedesca è arrivata al 10% (precedente: 9.5%), la francese è un pochettino meglio: 5.6% (ma loro hanno l'atomica... e di energia stiamo parlando) mentre l'Italia tallona la Germania: è al 9.5% e per una volta è ben contenta di non essere in prima posizione in una classifica di questo genere dove  troviamo al posto d'onore l'Inghilterra che con perseveranza si sta indirizzando di gran carriera verso il 14% e se continua così potremmo anche trovarcela al 18.6%  entro gennaio 2023 come pronosticato da Citi Bank.

Forse qualcuno dovrebbe dirlo a Liz Truss come stanno le cose nel suo Paese:  prima di gettare ulteriore benzina sul fuoco (leggi: tagliare le tasse per 45 mia di sterline e rinvigorire i debiti dello Stato) dovrebbe tenere in debito conto le immediate e spietate conseguenze che il mercato le fa e le farà pagare a fronte di un'azione del genere che purtroppo coinvolgere anche noi.




Non fraintendeteci, a tutti farebbe piacere pagare meno tasse, ma la storia ci insegna che vi sono momenti migliori di altri per portare avanti una manovra del genere: quello attuale non è forse uno di questi. Infatti il mercato non ha tardato a reagire ed ha venduto a piene mani il debito pubblico inglese che deteneva nei suoi depositi ed in 5 giorni si è aperta una voragine nella quale stavano per essere inghiottiti una buona parte dei fondi pensione inglesi chiamati  a rimpolpare i conti margine grazie ai quali alimentavano le leve che avevano nei portafogli. Che i fondi pensione fossero in leva ci ha stupito in quanto ci hanno sempre insegnato che con i soldi della pensione non si specula, ma in effetti in questo preciso caso vi posso essere delle attenuanti

Quanto accaduto si spiega con il  fatto che  nessuno, noi compresi,  ha mai  creduto che il Gilt potesse subire una minus valenza del 24% in 5 giorni ma, purtroppo,  è successo. Con uno scatto al fulmicotone si son dovuti trovare 65 miliardi di sterline per tappare il buco che, in mancanza di prestatori volontari, sono state stampate dalla Bank of England (BoE) che ci ha messo providenzialmente una toppa. Peccato che la BoE fosse già impegnata, come tutte le banche centrali di questo mondo, a riassorbire la liquidità in eccesso che sta attualmente generando il rincaro. Se  non avessimo sfiorato una catastrofe,  ci sarebbe da ridere.



Quando parliamo di catastrofe stiamo parlando di guai grossi che verosimilmente avrebbero coinvolto anche le nostre attività di gestione patrimoniale... Oramai tutto il mondo finanziario è interconnesso, direttamente o anche solo indirettamente, ma molto difficilmente saremmo scampati ad un default dei fondi pensione inglesi. Ergo,  quello che decide la Truss, come qualsiasi altro  primo ministro del mondo, concerne anche noi! 

Se abbiamo il VIX sopra i 30,  anche se la paura nella Cabala fa tre volte tanto e si arriva a 90, questa settimana lo dobbiamo agli Inglesi...

Poi, per non farci mancare nulla, l'altro giorno qualcuno ha pensato bene di sabotare i tubi del gasdotto Nord Stream nel mar Baltico imbottendoli con 500kg di tritolo: se tutto andrà male, pare che difficilmente il danno potrà essere riparato... non una buona notizia che comunque ha indotto la Germania, finalmente,  ad adottare un piano da 200 miliardi per creare una sorta di scudo contro il rincaro energetico e contrastare gli effetti di una recessione che quasi certamente farà capolino nel 2023. Indirettamente una buona notizia anche per gli altri paesi dell'EU. Una Germania in crisi totale non piace, volenti o nolenti, a nessuno.

Come d'abitudine siamo andati a vedere come stanno reagendo a queste notizie gli indici delle materie prime e dell'energia (clicca sui grafici per una miglior visione):


 

Tutto sommato non sembra che si siano fatti impressionare più di tanto. Soprattutto  quello energetico ha già perso il 26% dai massimi ed ora sta consolidando in prossimità della media mobile dei 200 giorni. Abbiamo sempre detto che le attuali dinamiche inflattive sono principalmente guidate dal rincaro delle materie prime e dai costi energetici ma da diverse settimane questi due sono al ribasso mentre, stando agli ultimi rilevamenti, l'inflazione tende ancora a crescere o per lo meno risulta essere, come abbiamo già sottolineato, parecchio persistente. Non capiamo quindi  quale sia la dinamica che sta gonfiando i prezzi e come tutte le cose che non comprendiamo sono fonte di una certa inquietudine!  

Sta di fatto che sono passate 39 settimane da inizio anno ed anche quest'ultima per l'ennesima volta non la dimenticheremo molto facilmente. Per fortuna in nostro aiuto potrebbe (il condizionale è d'obbligo) arrivare l'algoritmo di Net Davis:


Non lasciatevi impressionare dallo scostamento tra il tracciato dell'algoritmo (in blu) e la realtà dello S&P500 (in giallo), quello che conta è il trend: se, e ripetiamo se, l'algoritmo continua ad essere così efficiente, non dovrebbe mancare molto al rimbalzo che ci porterebbe a recuperare una parte delle ingenti minusvalenze di questo difficile 2022. Non arriveremo ad avere un più per fine anno ma potremmo almeno portarci avanti con il lavoro in vista del 2023 dove si spera di poter recuperare il resto.

Putroppo la stagione degli utili inizerà solo fra un paio di settimane e con tutto quello che sta accadendo potrebbe essere un tempo troppo lungo: Putin ha annesso frettolosamente le repubbliche di Donetsk e Lugansk con l'aggiunta delle regioni di Zaporozhie e Kherson alla Russia e d'ora in poi, nella sua testa, qualsiasi intervento armato in queste zone verrà considerato un'invasione del territorio Russo dalle conseguenze impensabili. Non ci resta che incrociare le dita; non possiamo fare altro.



A propostito della stagione degli utili sembra che sia ampiamente scontato che i profitti delle società appartenenti allo S&P500 saranno al ribasso sia per il trimestre appena trascorso sia per il successivo. Non un grande ribasso se analiziamo il grafico delle stime pubblicato da Bloomberg. Anzi già nel 2023 dovremmo assistere ad una ripresa degli utili che avvalorerebbe anche le previsioni fatte da Ned Davis nell'algoritmo che abbiamo appena visto. 
Permetteteci comunque di dubitare almeno in parte  della previsione di Bloomberg: appare abbastanza probabile, se non certo, che nel 2023 andremo incontro ad una recessione piuttosto importante e non capiamo (quindi temiamo) come sia possibile assistere ad un aumento degli utili societari come sembra suggerire il grafico qui sopra. 
Sarà una volta di più fondamentale interpretare bene i numeri che verranno fra poco pubblicati ma ancora più importanti saranno gli outlook dei vari CEO e CFO che di norma accompagnano i risulati. Sospettiamo che i toni saranno più smorzati del solito e le conseguenze sono facili da immaginare... Anche in questo caso, dita incrociate!
Considerata comunque l'importanza di questa tematica ci ripromittiamo di tornarci sopra un pochettino più preparati nei prossimi interventi.

Diamo ora la solita sbirciata ai mercati:


Lo S&P500 sta puntando verso la soglia psicologica dei 3550 (linea verde) ma quel che è peggio è che dopo un mini (ma veramente mini) rally estivo ha riacchiappato il trend discendente e se i dati societari, come sembra, non saranno buoni per conto nostro potrebbe anche riprendere una allure da baer market manando in soffitta l'algoritmo  di Ned Devis... Speriamo prorpio di no,  ma noi nei prossimi giorni ci concentreremo proprio sulla verifica di questa ipotesi e ve ne daremo notizie nei prossimi post.



Anche il Nasdaq, che sappiamo essere estremamente sensibile ai rendimenti che crescono, ci cagiona qualche preoccupazione: venerdi ha chiuso sotto il supporto (non un gran supporto a dire la verità) ma comunque anche quesrto indice ha ripreso la direzione di un baer market... la cosa non ci lascia tranquilli.


Va un po' meglio lo SMI che questa settimana ha approfittato del bonus Roche e Lonza che a loro volta sono salite a rimorchio di Biogen che ha pubblicato un'ottima notizia (non solo borsisticamente parlando) in quanto pare siano riusciti  finalmente a produrre un farmaco che si sta dimostrando molto valido per chi è alle prese con la malattia di Alzheimer, una delle grandi tragedie della nostra modernità.
Per il momento stiamo tenendo i 10'000 punti, vedremo se la settimana prossima si riesce a replicare. Sotto i 10'000 ricominciano i guai. Restiamo ancora prudenti pf.


Il dollaro/chf per il momento rimane bene intonato ma non riesce a superare la parità... non siamo lontani ma saremo compratori decisi solo se riuscirà ad andare sopra l'l.00.
Contro euro invece il dollaro si sta un po' rilassando, probabilmente sulla scia della riduzione dei rendimenti dei Treasury di questi giorni. Ma attenzione, pensiamo che sia solo una pausa momentanea in quanto i rendimenti finali del dollaro sono attesi tra il 4.5%  e 5% e potrebbero ancora fare da traino alla valuta americana.



Anche euro/chf ha avuto uno scatto d'orgoglio sul finire della settimana: potrebbe essere un movimento tecnico dovuto al raggiungimento del supporot a 0.95 oppure un tentativo di intervento della nostra banca nazionale che pur non ammettendolo probabilmente si sta rendendo conto che non possiamo far rinforzare il franco di un 10% ogni sacrosanto anno.



Anche la lira sterlina / chf si sta riprendendo da una settimana piuttosto complessa: movimenti simili li avevamo visto solo in occasione della votazione sulla Brexit... comunque anche in questo caso la moneta inglese deve ringraziare  la sua banca centrale.


Con questo basta. Godetevi il week end!