giovedì 24 novembre 2022

Le minute della FED

 L'evento più atteso, in una settimana tranquilla caratterizzata dalle festività statunitensi di oggi (Thanksgiving) e domani (Black Friday con la borsa a metà servizio), è stato senza dubbio la pubblicazione di ieri dei verbali dell'ultima riunione della FED. Appare sempre più evidente la spaccatura tra coloro che vorrebbero continuare ad alzare bruscamente i tassi e coloro (la maggioranza) che consigliano maggiore cautela in quanto si profila la probabilità (piuttosto alta) di mandare, se si esagera,  l'economia in una grave recessione. Lo sfasamento temporale tra l'aumento dei tassi e l'effetto sull'economia (e sull'inflazione) può essere quantificato di norma in 12-18 mesi, il che significa che bisogna aspettare almeno altri 6 mesi prima di vedere un risultato concreto... Qualcosa, però, si sta già muovendo....

Il PMI statunitense è al di sotto di 50 da diversi mesi. Rammentiamo che un valore sotto il 50 indica un calo dell'economia e la cosa potrebbe, un po' paradossalmente,  far piacere alla FED e renderla meno battagliera.

Le nuove richieste di disoccupazione pubblicate ieri sono in aumento e superiori alle aspettative...

...ed anche le richieste continue sono peggiorate. Non un granché per il momento, ma potrebbe essere l'inizio di un aumento della disoccupazione, soprattutto ora che i Bigtech stanno iniziando a licenziare a piene mani... La stessa cosa potrebbe accadere negli altri settori. Sappiamo quanto il mercato del lavoro sia nel mirino della FED: un suo peggioramento potrebbe convincere la banca centrale ad adottare un comportamento meno aggressivo. Maggiori informazioni sul mondo del lavoro americano usciranno domani. 

Insomma siamo in quella fase di mercato dove il mondo funziona un po' all'incontrario e le cattive notizie sono... buone notizie! Restiamo quindi dell'idea che il prossimo aumento dei tassi sarà di 50 punti base, inflazione permettendo (data di pubblicazione CPI Usa: 13.12.22  proprio il giorno prima della riunione della FED...).


Se il trend dell'inflazione americana è quello degli ultimi mesi, dovremmo assistere ad un ulteriore calo: avremmo voluto che i costi delle materie prime e dell'energia diminuissero in modo più marcato. Invece sembrano muoversi lateralmente, e va bene, ma rimangono comunque ad un livello (troppo) alto e temiamo che potrebbero rallentare il processo di riduzione dell'inflazione.

 Comunque rimaniamo piuttosto ottimisti considerato il recente calo del petrolio (sta probabimente anticipando pure lui una recessione dell'econimia mondiale) e quanto sta per (forse) decidere oggi l'Unione Europea in termini di market cap nei confronti del prezzo del gas.


L'avvicinarsi di un periodo di recessione ci viene segnalato da quasi 5 mesi dall'inversione della curva dei rendimenti dei Treasury statunitensi: l'inversione della curva l'abbiamo quando il breve termine rende, come è attualmente il caso, più del lungo termine ed in questi giorni il divario tra il tasso a 2 anni (linea rossa) e quello a 10 anni (linea nera) è nuovamente aumentato di circa 20 punti base ed il rendimento delle due scadenze (in verde)  differisce di quasi 80 basis points (la scorsa settimana erano 50); questo irripidimento della curva segnala effettivamente un rischio di recessione che si manifesta normalmente (ma ovviamente NON è una certezza) circa 12 mesi dopo l'inizio dell'inversione. 

E' quindi abbastanza probabile che ad inizio estate 2023 potremmo avere un'economia americana che entra in recessione e temiamo che potrebbe essere ben più di una recessione tecnica (due mesi consecutivi di PIL in decrescita). Persino Bezos, il gran patron di Amazon, da qualche settimana sta mettendo gli americani sull'attenti di quanto potrebbe essere gramo il 2023... Se lo dice lui, che sui consumi degli americani ha costruito un impero, verrebbe proprio voglia di credergli (anche se temiamo sia in parte una strategia per giustificare i suoi prossimi licenziamenti).


Un aspetto piuttosto interessante dell'inversione delle curve dei rendimenti è che prima che appaiano dei tangibili ed inequivocabili segnali di recessione, lo S&P500 mette a segno performances di tutto rispetto... Anche questa volta non lo diamo per scontato ma le statistiche potrebbero aver ragione...

Infatti il modello di Ned Devis (quest'anno sorprendentemente efficace nel cogliere le tendenze) ci segnala l'arrivo di una sorta di rally di fine anno...


Confermato anche dall'andamento dello stesso S&P 500 che sta per attraversare la media mobile dei 200 giorni che gli permetterebbe di sfondare la resistenza dei 4.120 punti... sarebbe davvero un bel regalo di Natale...


Per simpatia con quello americano,  anche il mercato azionario svizzero sta andando piuttosto bene e siamo fiduciosipoiché ci sono tutti i presupposti per iniziare ad attaccare il livello di 11'250 punti: significherebbe lasciarsi definitivamente alle spalle il mercato orso iniziato all'inizio dell'anno. 


È più difficile tenere testa alla volatilità del dollaro che in questi ultimi giorni si muove più del solito nelle due direzioni: solo ieri ha perso contro franco, ma anche contro le principali valute,  un centinaio di basis points. Noi, come detto nel post della scorsa settimana,  ci atteniamo  ai fondamentali che giocano ancora a favore del dollaro, ma che fatica... La voglia di venderne una parte è molto forte! (per inciso, la nostra soglia del dolore è sotto lo 0.9385). 

Buon pomeriggio!

giovedì 17 novembre 2022

Qualche cosa (finalmente) si muove

 E' passata una settimana dal nostro ultimo post e sembra un'eternità. Di cose che hanno influenzato i mercati ne sono nel frattempo capitate parecchie ma, prima di passarle rapidamente in rassegna, dobbiamo fare un po' di autocritica e ammettere che di politica americana capiamo poco: infatti eravamo convinti che l'onda rossa repubblicana sarebbe stata di proporzioni ben maggiori... in realtà le votazioni di Midterm hanno da un lato confermato che Biden ha per un nonnulla  perso il controllo della Camera dei Rappresentanti mantenendo per un soffio quella del Senato e dall'altro hanno mandato un Trump su tutte le furie per la pochezza del risultato Repubblicano non impedendogli comunque di rilanciare la sua figura per le presidenziali del 2024. Per Biden d'ora in poi il suo percorso non sarà più una passeggiata di salute ma ad ogni buon conto queste elezioni hanno avuto un effetto marginale sui mercati. 

Di ben altra natura è stato l'effetto dei dati macro apparsi sui nostri schermi giovedì pomeriggio 10 novembre:

L'inflazione americana, attesa al 7.9% (dal precedente 8.2) è scesa al 7.7%... bene!


... ma ancora meglio è il dato della core inflation che come sappiamo è il più osservato dalla FED e che si è palesato al 6.3% mentre era atteso al 6.5%.

Il giorno dopo, venerdì 12 novembre, aggiungiamo anche la ciliegina sulla torta:

I prezzi alla produzione americani,  che come intuitivamente possiamo immaginare,  sono intimamente legati al tasso d'inflazione, sono anch'essi al ribasso e soprattutto quelli dove escludiamo il cibo e l'energia NON sono per nulla aumentati. Ce n'è abbastanza per far decollare l'entusiasmo alle stelle  e convincerel i shortisti a ricoprirsi...

Reazione del mercato:

Il Treasury a 10 (in nero)  e 2 anni (in rosso) perdono una quarantina di basis poins di rendimento...



...trascinando dollaro/franco sotto lo 0.94 il che significa quasi 7 punti percentuali dal recente massimo di 1.01 e rotti! Francamente una reazione esagerata che sta pian piano rientrando; mentre scriviamo siamo già a 0.9548. 



Anche euro/dollaro ha subito un trattamento simile, ma il movimento non è stato così violento come nei confronti del franco svizzero. 

Restiamo dell'idea che i fondamentali hanno ancora la loro importanza e non pensiamo che una quarantina di basis points di riduzione nei rendimenti dei Treasury siano sufficienti per giustificare un movimento di questa portata e cambiare definitivamente il trend rialzista della valuta americana. 

Ricordiamoci che davanti a noi abbiamo ancora almeno due rialzi dei tassi americani e i membri della FED non perdono occasione per sottolinearlo: il primo, a dicembre, sarà verosimilmente di mezzo punto per poi essere seguito da un altro, nel febbraio del 2023,  dello 0.25%:  tali sono gli aumenti che attualmente il mercato sta scontando. Ne consegue che per il momento noi teniamo il dollaro, non necessariamente lo aumentiamo, e dovremmo nei prossimi giorni rivedere quotazioni a noi più congeniali.



Considerando che l'oro ha una correlazione inversa con il dollaro, per coloro che hanno l'esigenza di venderlo, questo potrebbe essere un buon momento...


Altra reazione da "animal spirit" è stata quella dei mercati azionari,  con il Nadaq in prima fila:


Giovedi scorso ha festeggiato il dato sull'inflazione con un enorme rimbalzo (sicuramente uno dei maggiori intraday da un bel po' di tempo) del 7% a dimostrazione del fatto che il mercato della teconologia è particolarmente sensibile allo spostamento dei rendimenti. E' ovvio che siamo tutti contenti di un simile recupero... la tentazione di rituffarci nel Nasdaq è enorme, ma la faremo con convinzione solo quando avremo la certezza che la FED avrà finalmente deciso di finirla con i rialzi dei tassi. Quindi prudenza!



Certo pure a noi dispiace vedere l'indice SMI correggere come sta facendo in questi giorni,  ma tutto sommato non si sta comportando malissimo: la direzione è sempre quella rialzista, è pericolosamente vicino all'ipercomprato (una correzione ci sta) e sta un po' subendo qualche notizia non troppo incoraggiante proveniente da alcune società tre le quali spicca Roche che sconta l'insuccesso dei test clinici sul suo farmaco contro l'Alzheimer...un vero peccato, non per l'azione che ha perso il 7% in una settimana, ma per tutti coloro che stanno aspettando in tale ambito un vero e proprio miracolo... e sono in molti noi compresi !

Vorremmo concludere queste note serali con un riflessione: il conflitto tra Russa ed Ucraina non finirà probabilmente prestissimo:  Biden non avrà più completamente la  mano libera di decidere in tal senso e vedremo come intenderà gestire la cosa. Per noi è chiaro che la risoluzione di questa guerra potrebbe costituire uno stimolo formidabile per la ripresa dei mercati nel 2023 e ne parleremo in un prossimo post. 

Quello che ci preoccupa è comunque la possibilità di incamppare in un qualche errore strategico come è avvenuto qualche giorno fa dove un paio di ordigni mortali sono caduti in Polonia,  notoriamente territorio che sottostà all'egida della Nato. Fortuna vuole che era in pieno corso il G20 ed in tempi insolitamente rapidi hanno stabilito che la nazionalità del missile non poteva essere russa: va bene così e anche al mercato la qual cosa non crea per il momento particolari mal di pancia come pure testimonianto dal VIX:


...per il momento non sembra che l'indice della paura sia si scomposto più di tanto... ma speriamo che non vi sia un altro incidende del genere in quanto sbagliare è umano ma perseverare è diabolico o per lo meno aggiustate la mira!


Buona serata!


 









 



mercoledì 9 novembre 2022

Lame Duck

 




Mai voto fu più scontato come quello delle elezioni americane di midterm dell'anno 2022 soprattutto per quel che concerne la Camera dei Deputati; per il Senato si sapeva che l'equilibrio che vige attualmente alla Camera Alta sarebbe stato in definitiva riconfermato e mentre stiamo scrivendo i giochi non sono ancora fatti (ci potrebbero voler giorni...); chi vincerà (probabilmente i Democratici) avrà comunque prevalso per un nonnulla.

Dalle voci che ci giungevano dagli States, la sconfitta dei Democratici, che hanno in effetti perso il controllo  della Camera dei Deputati, era già stata sancita da tempo ed è la diretta conseguenza della scarsa popolarità del Presidente Biden che con il suo operato ha fatto storcere il naso persino in casa democratica. Per punizione l'hanno azzoppato, nulla di grave per fortuna! Gli hanno solo dato un colpetto ad uno stinco, quel tanto che basta per renderlo cludicante per un paio di anni...

D'ora in avanti, con la strada in salita e un piede fuori uso, è abbastanza probabile che vi saranno dei rallentamenti per quanto riguarda il suo programma legato alla transizione energetica ed è altrettanto probabile che assisteremo ad una evoluzione dei rapporti USA-Ucraina  che potrebbero indurre un rapido cambiamento nella retorica di Zelenski e sfociare, prima del previsto, in un tentativo di accordo di pace con i Russi. Vedremo.

Per gli amanti delle statistiche, segnaliamo che ogni volta che il presidente in carica è stato azzoppato, i mercati a stelle e strisce hanno festeggiato spedendo la  borsa al rialzo. Questa volta, considerati i problemi che attanagliano le economie di mezzo mondo USA compresi, la tradizione non verrà rispettata e passato d'un lampo l'interesse per le midterm ritorneremo molto velocemente ad essere ipersensibili ai dati macro e micro.



Manco a farlo apposta, domani ci aspetta uno dei dati più importanti del mese di novembre: quel CPI che nelle attese dovrebbe essere leggermente al ribasso: dall'8.2% si aspettano una diminuzione dell'inflazione al 7.9%, non molto,  ma nello spazio di uno zero virgola ci giochiamo la differenza tra un ennesimo rialzo dello 0.75% (poco probabile) o un rialzo dello 0.5% che ovviamente farebbe un gran bene alle borse e al reddito fisso.

Putroppo il core CPI, quello importantissimo che esclude alimentari ed energia, è atteso quasi invariato: dal 6.6% al 6.5%... un'inezia! Se continua a rimanere appiccicato al 6% le prospettive per i tassi non sono rosee. Per il momento è quasi assodato che il terminal rate della FED potrebbe essere vicino al 5% ma se l'inflazione core è maledettamente appiccicosa non escludiamo che si possa anche pensare ad un 6% come prossimo obiettivo della FED e questo purtroppo il mercato NON l'ha ancora scontato.


Quello che non ci piace è vedere l'indice Bloomberg delle materie prime ripartire al rialzo: speriamo che sia solo una falsa ripartenza (lo sapremo se si ritorna sotto la linea rossa)... e se proprio non vuol scendere che per lo meno si sposti lateralmente...


Pure i costi energetici sarebbe bello vederli scendere con maggior solerzia. Da tenere sotto controllo, ora che le elezioni di metà mandato sono dietro di noi, è il prezzo del petrolio: vi avevamo già informato che Biden, nel tentativo di tenere il prezzo della benzina a prezzi decenti, non ha esitato ad attingere a piene mani alle riserve, riserve che dovranno essere ricostituite...

Insomma, per il momento questa inflazione sta scendendo per i nostri gusti un po' troppo lentamente. Speriamo di sbagliarci!

Chi per il momento sembra non sbagliarsi è il nostro amico Ned Devis ed il suo modello:


Per il momento è riuscito ad intercettare persino il piccolo movimento ribassita di fine ottobre - inizio di novembre... se continua ad aver ragione dovremmo assistere nei prossimi giorni ad un cambiamento deciso del trend dello S&P500 del quale ovviamente potrebbero giovare anche le borse di mezzo mondo.





Per il momento ci piace lo sforzo dello S&P500, dopo essersi appoggiato sul supporto dinamico,  nel tentativo di rientrare nel canale ascendente (quello tratteggiato). E' fondamentale che nei prossimi giorni riesca ad issarsi sopra i 3820 punti... probabilmente non questa sera: il CPI di domani fa un po' paura a tutti , ma se dovesse uscire anche solo in linea con le aspettative sarebbe di grande aiuto per questo indice.




Siamo pure contenti di come il nostro indice SMI si sta comportando: rimane agevolmente all'interno del canale ascendete, pare voler superare anche la media mobile dei 100 giorni, dopo che si è bevuto quella dei 50, e per il momento ci godiamo questo recupero. Ci limitiamo a tenere sotto controllo le posizioni e per chi desidera entrare con un rischio parzialmente limitato possiamo suggerire una serie di  "zero cost" (short put e long call) ma senza farsi prendere troppo la mano...

 



Alcuni nostri lettori oggi ci hanno chiesto cosa sta succedendo nel mondo delle criptovalute: infatti il bitcoin (ma non solo) ha perso in pochi giorni quasi il 20% e se la tensione non cala potremmo ritrovarcelo a breve attorno ai 12'500$.

Per farla breve stanno litigano tra providers e per chi è interessato al tema abbiamo fatto un po' di copia incolla e passato il tutto in un traduttore automatico:

"Il Bitcoin, il più grande token per valore di mercato, è sceso del 9,9% a 16.853 dollari mercoledì, il minimo da novembre 2020. Questo porta il declino di questa settimana a quasi il 20%. Un anno fa aveva raggiunto il massimo storico di quasi 69.000 dollari. Quasi tutte le monete digitali sono state in difficoltà: Ether, Solana, Polkadot e Avalanche sono scese.

Il problema è che i dirigenti di Binance hanno scoperto, attraverso una due diligence, che il divario tra le passività e le attività di FTX è probabilmente dell'ordine di miliardi, e forse più di 6 miliardi di dollari, ha dichiarato una persona che ha familiarità con la questione, non autorizzata a discuterne pubblicamente. L'amministratore delegato di Binance, Changpeng "CZ" Zhao, ha stupito il mondo delle criptovalute martedì scorso con l'annuncio che la sua azienda si stava muovendo per rilevare FTX.com, che ha subito una crisi di liquidità dopo che Zhao ha annunciato di voler vendere una partecipazione di 530 milioni di dollari del token nativo di FTX.

Gli investitori sono preoccupati per la diffusione del contagio, dato il ruolo centrale che FTX e il suo co-fondatore Sam Bankman-Fried hanno svolto nel settore.

"Da quando sono entrato nel settore delle criptovalute nel 2016, pochissimi periodi hanno messo alla prova l'infrastruttura di mercato e i partecipanti come le ultime 24 ore", ha dichiarato il gestore di hedge fund cripto Dan Liebau di Modular Asset Management.

Il senso di terrore che ha investito i clienti della borsa cripto FTX.com, caduta in disgrazia, è stato così intenso da spingerli a ritirare 430 milioni di dollari di Bitcoin nell'arco di soli quattro giorni. FTX aveva più di 20.000 Bitcoin domenica, secondo i dati di CryptoQuant. I dati sono scesi a quasi zero mercoledì, dopo che i timori sulla salute finanziaria di FTX.com hanno indotto i clienti a fuggire."


Buona serata!




giovedì 3 novembre 2022

Non abbiamo ancora finito!

 Ieri doveva essere il giorno della FED e così è stato! Tre quarti di punto ci sono stati serviti su di un vassoio d'argento al quale ha fatto seguito il discorso di Powell, che non era atteso, di più!

Se vogliamo ridurre all'osso il messaggio della banca centrale americana di ieri sera, potremmo utilizzare 4 semplici parole: "Non abbiamo ancora finito!" ... ovviamente di alzare i tassi.

Eppure la giornata non era iniziata così male e addirittura un attimo dopo aver annunciato i 75 basis points di aumento i mercati americani hanno iniziato a far festa,  spronati dal solito comunicato che segue la decisione della FED dove,  leggendo tra le righe,  si poteva quasi intravvedere il famoso "pivot" che tutti stanno aspettando:  ovverosia l'annuncio dell'inizio di un rallentamento degli aumenti che è l'anticamera, prima o poi, di un movimento ribassista.

Evidentemente qualche cosa deve aver spaventato Powell: forse la positiva risposta dei mercati, che può far da sprone all'aumento della propensione al consumo degli americani,  è stata interpretata come una evidente minaccia alla lotta all'inflazione e rammentandosi di essere un banchiere centrale gli è tornato alla mente l'ex collega Greenspan che soleva dire "se dico qualche cosa che voi capite perfettamente, probabilmente ho commesso un errore!". Ecco allora corrrere ai ripari e, durante la sessione delle domande poste dai giornalisti, abbiamo visto un Powell che ha scompagginato le carte utilizzando un linguaggio molto più da falco che da colomba. La confusione è solo stata una logica conseguenza e tutti noi sappiamo quanto i mercati odino il marasma.

Ovviamente ci sono nella testa di Powell e compagni anche dei buoni motivi per essere cauti e non comunicare false speranze:


La principale preoccupazione è quella di un mercato del lavoro troppo "caldo" e anche la disoccupazione continua ad essere a dei livelli storicamente molto bassi: nella testa dell'americano questo stato di cose sprona il consumo e a queste condizioni la lotta all'inflazione si fa difficile. Insomma, come spesso accade nel mondo della finanza, per vedere delle reazioni positive dei mercati bisogna che le notizie siano pessime...



 

Comunque questa mattina ci siamo ritrovati con le aspettative sui tassi americani ad un anno che sfiorano il 6%: forse non arriveranno al 6,  ma comunque il solo fatto di pensarlo fino a poco tempo fa non era minimamente immaginabile. Fino a quanto il mood sarà questo, se proprio non possiamo fare a meno di investire a reddito fisso, cerchiamo di stare (molto) corti; per andare lunghi c'è sempre tempo e se lo facciamo assicuriamoci che il famoso "pivot" sia cosa fatta. Ne abbiamo tutti da guadagnare.


Per il momento il Treasury americano a 10 anni (4.17%, linea nera) e quello a 2 anni (4.71%, linea rossa) sono ancora sotto il 5%, ma la tendenza è chiaramente al rialzo e ci induce alla prudenza.




Ovviamente le borse questa mattina, sulla scia di una chiusura americana decisamente sotto tono, non brillano; va un po' meglio nel pomeriggio...



Soprattutto la borsa svizzera per il momento non ci preoccupa più di tanto: eravamo già in presenza di un mercato ipercomprato (cerchio nero)  e ci aspettavamo delle prese di beneficio da un momento all'altro... la FED ha solo accelerato i tempi e se la correzione rimane di questa entità possiamo solo che rallegrarci. Infatti il canale ascendende per il momento è confermato e queste prese di beneficio, come detto, sono salutari.




Ci preoccupa maggiormente il settore tecnologico americano: sta flirtando prericolosamente con il supporto a 10'500 punti e considerato quanto questo settore è sensibile all'aumento delle rese non siamo tranquillissimi...



...e ad essere sinceri anche lo S&P500 non se la passa benissimo: oggi sta scivolando fuori dal canale rialzista... per il momento nulla di veramente drammatico ma considerata l'aria che tira non prendiamo la cosa alla leggera: non vorremmo che i recenti aumenti siano solo il rimbalzo all'interno di un movimento fondamentalmente ribassista. Vediamo se nei prossimi giorni si rientra nel canale discendente che abbiamo lasciato alle nostre spalle una settimana fa: non saremmo per nulla contenti!




Con uno scenario simile saremmo sorpresi se il dollaro non si rafforzasse: cosa che si sta puntualmente avverando. Siamo ben al di sopra della parità contro chf  e siamo praticamente ai massimi dell'anno. Considerati gli  spread con le altre valute per il momento non vediamo grossi cambiamenti nel suo trend.


Buona serata!