Il dado è tratto: oggi la Banca Nazionale Svizzera ha alzato il tasso di riferimento di mezzo punto così come la Banca d'Inghilterra e nel pomeriggio la Banca Centrale Europea ha fatto la stessa mossa. Per saldo, tra ieri ed oggi, 4 banche centrali hanno semplicemente spostato verso l'alto la loro asticella ma gli spread tra i tassi dei 4 paesi sono rimasti invariati.
Ciò non toglie che oggi vi sono stati dei movimenti sui mercati azionari e valutari di una certa ampiezza che, non ve lo nascondiamo, facciamo ancora fatica a comprendere pienamente.
Proviamo quindi a fare un ragionamento ad alta voce che condividiamo con voi:
Ieri la FED si è espressa attraverso le parole di Powell abbastanza chiaramente, indicando un terminal rate che potrebbe essere superiore al 5%. Un vecchio detto che circola dagli anni 70 nei circuiti finanziari recita "don't fight the Fed" (copyright Martin Zweig) lasciando intendere che quando i tassi, come nel caso odierno, salgono occorre una buona dose di prudenza prima di continuare ad imbottirsi di azioni; anzi bisognerebbe addirittura, per prudenza, procedere a degli alleggerimenti. In realtà negli ultimi 20 anni i messaggi provenienti dalla banche centrali sono sempre stati accolti con un po' di leggerezza in quanto con un pizzico di incoerenza, alle prime difficolta dei mercati, gli istituti di emissione avviavano le rotative e li inondavano di liquidità.
Ancora oggi, ci par di capire, si ha ancora la tendenza a non prendere i messaggi delle banche centrali per oro colato; forse dovremmo essere un pochino più prudenti, soprattutto in considerazione del fatto che ora abbiamo a che fare con tassi di inflazione che non si vedevano da 40 anni. Quindi, quando Powell ci dice che i tassi saliranno al 5%, verrebbe voglia di credergli.
Chi sembra non credere, o per lo meno ha un'altra opinione, è il mercato dei Treasury che in questi giorni non ha fatto una piega: movimento in parte comprensibile per quanto riguarda il decennale (linea rossa) mentre è un po' meno intelligibile quello che succede sulla parte corta, quella a due anni (linea nera) che avrebbe dovuto reagire al rialzo ma non è (per il momento) stato il caso. E' probabile che sono ancora in molti che pensano che la recessione che arriverà nel 2023 obbligherà la FED a cambiare la sua visione. Probabile, ma quel che conta è che con l'attuale livello dei tassi ,se proprio la recessione sarà di quelle profonde, avranno spazio per una discesa del costo del denaro convincente.
Lo stesso non può dire la BCE che sta lottando con una inflazione che mediamente è attorno al 10% e non può permettersi un'azione più aggressiva. Purtroppo in cascina, con i tassi al 2.5%, non c'è abbastanza fieno e la lotta ad una eventuale recessione sarà molto dura.
E' forse per questo che i mercati europei sono parecchio sotto pressione. Non che quelli americani si stanno comportando diversamente ma per il momento la correzione sembra essere meno accentuata.
Lo S&P500 si sta adagiando sulla media mobile dei 100 giorni (linea verde) e speriamo che sia un supporto abbastanza significativo...
Mentre lo SMI è pericolosamente in vista del suo supporto dinamico: se va sotto, bisognerebbe alleggerire... vedremo; per il momento siamo ancora all'interno del canale ascendente... i volumi non sembrano segnalare una svendita a piene mani... ciò non toglie che siamo in pre-allarme come sempre quando ci avviciniamo ad un supporto. Certo che son bastati 2 giorni per passare da una situazione di tutta tranquillità ad una molto meno confortevole... ma questi sono i mercati del giorno d'oggi...
Chi è in uno stato confusionale è il dollaro (nella figura contro chf) : in poche parole NON dovrebbe essere a questi livelli e pure contro euro dovrebbe essere maggiormente quotato. Per quale diavolo di un motivo non lo sappiamo. Sospendiamo qui il nostro giudizio e vedremo di chiarirci le idee nei prossimi giorni.
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