Dobbiamo tenere duro ancora un paio di settimane in attesa delle ultime (importantissime) riunioni delle Banche Centrali (FED: 14.12; BCE:15.12; BNS:15.12)) e poi potremo concentrarci sulle previsioni per il 2023. Ci stiamo lavorando.
Questa settimana, una volta di più in questo difficile 2022, abbiamo constatato come tutta l'attenzione degli investitori è rivolta all'attività delle Banche Centrali. Oseremmo quasi dire che mai, come in questi ultimi 12 mesi, il loro ruolo sia determinante per definire in quale direzione vogliono andare le azioni, le obbligazioni ed il mondo del forex. Non sarà così per sempre, ma in questo preciso momento il destino della finanza è in gran parte nelle loro mani e ne dobbiamo avere la consapevolezza.
Mercoledì ha parlato Powell e la reazione dei mercati è stata sintomatica. Quello che ha detto lo possiamo succintamente riassumere come segue:
1) La Fed è pronta a rallentare l'aumento dei tassi. Li alzerà ancora, ma ad un ritmo meno sostenuto. Dal momento che l'inflazione è una realtà difficile da estirpare (scende ma con il contagocce) e che giustificherebbe altri corposi aumenti, se ne deduce che la FED ha in mano una serie di dati che le suggeriscono un approccio più cauto nel rialzare il costo del denaro onde evitare che a rallentare (eccessivamente) sia l'economia...
2) È probabile che il tasso finale (final rate) sia leggermente più alto di quanto il mercato si aspetti: desumiamo che si potrà iniziare a parlare di un eventuale pivot della Fed quando i Fed Funds saranno tra il 5 e il 5.25%. Oggi sono al 4% e quindi i tassi dovranno salire di almeno un altro centinaio di punti base.
3) Verosimilmente, più che il tasso terminale, sarà decisiva per la lotta all'inflazione la DURATA, cioè quanto a lungo i tassi rimarranno ad un certo livello. Se l'inflazione non dovesse scendere, potremmo aspettarci un periodo prolungato di tassi piuttosto alti. Se così fosse, giocoforza dovremo cercare di capire quale potrebbero essere gli effetti di questi tassi in primis sugli utili aziendali. Temiamo comuque che le risposte che otterremo non saranno confortanti.
Interessante per contro è la reazione dei mercati (il 30.11) stimolati dall'ipotesi che potrebbe esserci un rallentamento dell'aumento dei tassi:
Il Nasdaq (nell'immagine) , notoriamente l'indice più sensibile al movimento dei tassi di interesse, alla fine del discorso di Powell ha segnato un rialzo del 4.41%. E' la prova provata che gli investitori stanno aspettando il pivot della FED come la manna che cade dal cielo. Gli altri indici, per simpatia, sono ovviamente saliti anche se in modo più contenuto. Il problema è che per il momento di pivot (per intenderci quanto la FED deciderà di abbassare i tassi di interesse) non se ne parla e bisognerà attendere almeno altri sei mesi per vedere un simile movimento (quando illustreremo le previsioni per il 2023 spiegheremo nel dettaglio il perché).
Venerdì sono stati pubblicati i dati riguardanti la creazione di nuovi posti di lavoro (NFP) e a Powell gli sarà andato il pranzo di traverso: oltre a rivedere il dato del mese precedente (da 261k a 284k) ha dovuto prendere atto che 263k nuovi posti sono stati generati, ben oltre i 200k attesi. Insomma, per il momento, l'econonia sembra ancora essere in buona salute. Sappiamo bene quanto il mercato del lavoro sia una delle variabili più importanti e discusse durante le sedute della FED e numeri simili, per chi sta lottando contro l'inflazione, sono paradossalmente pessimi dati. E' abbastanza probabile che la FED sarà contenta solo quando la creazione di nuovi posti lavorativi inizierà ad essere inferiore alle 100'000 unità.
In attesa del discorso di Powell constatiamo che tutto sommato il mercato sta vivendo quest'ultima parte dell'anno manifestando una calma quasi insperata. L'indice VIX, che registra gli stati d'animo degli investitori, è ai minimi dell'anno e questo è un buon segnale che potrebbe indurci a pensare che siamo in un periodo di discreta stabilità delle quotazioni...
A tal proposito siamo pure confortati dall'amico Ned Devis e dal suo rassicurante algoritmo (che fa quasi paura per la sua precisione...):
...così come dalle statistiche:
...statistiche che ci suggeriscono come gli utimi mesi dell'anno e i primi di quello nuovo sono fondamentalmente propizi agli investimenti azionari.
Lo S&P500 in effetti è in costante progressione e sta pure tentando di superare la media mobile dei 200 giorni (linea blu). E' molto probabile che nel breve termine questo slancio potrà continuare e almeno fino al 14 di dicembre non vediamo all'orizzonte particolari ostacoli che potrebbero interrompere la sua ascesa. Poi tutto sarà nelle mani di Powell...
...per contro non va proprio benissimo con il dollaro che al sol pensiero di un rallentamento dell'aumento dei tassi è stato vittima di prese di profitto. Forse ce lo dovevamo aspettare un simile comportamento ma restiamo comunque dell'idea che i tassi non stanno diminuendo, anzi, e considerate le difficoltà che ha la BCE nel procedere ad aumenti decisi del costo del denaro come operato invece dalla FED, il differenziale di rendimento tra euro e dollaro dovrebbe ancora giocare a favorre di quest'ultimo. Per il momento il mercato ha comunque un'altra idea... vedremo nelle prossime settimane se sarà necessario procedere a qualche alleggerimento.
Buona (uggiosa) domenica!
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