domenica 29 gennaio 2023

FED e BCE stanno arrivando


 Ammettiamolo, questa "operazione speciale" sta diventando sempre più intricata e facciamo fatica a intravvederne una fine...  Nel giro di pochi giorni siamo passati, come da richiesta di Zelensky, da una fornitura di qualche decina di carri armati a quasi 300 che si materializzeranno in primavera e se continua così non ci meraviglieremo più di tanto se nei cieli ucraini vedremo volare anche gli F16. 

Putroppo, per quel che ne sappiamo, colloqui di pace non se ne vedono all'orizzonte e tutti questi movimenti di carriarmati non faranno altro che prolungare il conflitto sine die. Sospettiamo che a molti questa situazione non dispiaccia più di tanto in quanto dopo la distruzione qualcuno dovrà pur ricostruirla questa Ucraina. Sarà un business da molti miliardi... Ci sembra già di vedere la coda.
 
Come avevamo segnalato ad inizio anno, questo conflitto potrebbe prendere una piega poco gradita ai mercati e quello che vediamo e leggiamo non ci sta piacendo...

* * *

La prossima settimana abbiamo il sospetto che non ci annoieremo di certo: mercoledì sera alle 20 ci sarà la decisione della FED (atteso un aumento di un quarto di punto) poi giovedì sarà il turno della BCE che dovrebbe essere un po' più aggressiva e alzare il costo del denaro di 50 basis points. Scenari ampiamente scontati da tutti i mercati.

Ma ci stiamo comunque chiededo cosa potrebbe frullare nella testa di Powell dopo aver preso conoscenza dei principali dati macro pubblicati questa settimana: 

Partiamo dai dati positivi (tra parentesi quelli attesi): 

1) US New One Family Houses Sold Annual: 2.3% (-4.4%)

2) US Durable Goods New Orders Industries: 5.6% (2.5%)

3) US Initial Jobless Claims: 186K (205k)

4) US Personal Consumption Expenditures: 5% (5%), questo dato è sotto la lente  della FED soprattutto in ottica misurazione dello stato di salute dell'inflazione; a metà 2022 era al 7%... 

5) PIL Usa quarto trim 2022: 2.9% (2.6%). Il trimestre precedende si attestava al 3.2%: sta in effetti calando ma a quanto pare un po' meno del previsto...

Insomma non sembrano numeri che descrivono un'economia avviata verso una recessione e se fossimo nei panni della FED non ci faremmo troppi problemi a perseverare con l'aumento dei tassi. 

Poi però veniamo a sapere che il Conference Board US Leading Index sta puntando al ribasso:

Non è un indice che gode di grandissima popolarità ma è seguitissimo dalla FED in quanto è costituito da 10 indicatori per la maggior parte anticipatori. In parole povere è come gettare uno sguardo nel futuro e quello che vediamo ci dice che stiamo andando dritti dritti verso una recessione... In questo caso perseverare con il programma di rialzo tassi potrebbe essere la mossa sbagliata.


Per quanto riguarda la situazione europea abbiamo intercettato questo grafico:

Non esistendo in Europa un "Dot Plot",  Bloomberg ha cercato di sintetizzarne uno ricavato dalle esternazioni dei componenti del direttorio della BCE nel tentativo di stimare quello che potrebbe essere il terminal rate della banca centrale europea. Con il 60% di probabilità (linea gialla) a fine giugno dovremo avere i tassi al 3.5%. Francamente ci sembra un tasso eccessivo, soprattutto se l'inflazione continuerà a scendere, ma se lo scenario è quello giusto dovremo portar pazienza e non esagerare nell'imbottire i depositi di obbligazioni... Vedremo se giovedì la BCE riuscirà a spaventarci.


Un'occhiatina alle borse la vogliamo dare? Iniziamo da quella più importante:


Sembra che il trend discendente avviatosi nel gennaio del 2022 sia effettivamente stato superato: è da diversi giorni che le chiusure dello S&P500 sono sopra la linea blu. Bene! Ma vogliamo essere pignoli e prima di dichiarare che l'indice americano sta iniziando a mettere a segno un vero e proprio rally dobbiamo aspettare quello che gli analisti definisco il golden cross che vediamo meglio nel grafico successivo:


Si ottiene un golden cross quando la media mobile dei 50 giorni (linea viola) incrocia dal basso verso l'alto quella a 200 giorni (linea blu). Per il momento questo incrocio (vedi cerchio arancione) non è ancora avvenuto ma se la tendenza in essere continua, fra qualche giorno potremmo effettivamente assistere all'incrocio; sarebbe un'ulteriore testimonianza che il trend si sta consolidando. 

Putroppo uno dei difetti del golden cross, se lo si segue alla lettera e quindi investiamo solo ad incrocio avvenuto, è che ritarda il momento d'ingresso nel mercato: nel nostro caso, ipotizzando che il cambio di trend si sia materializzato attorno ai 3800 punti e stimando che l'incrocio delle medie mobili avverà quando l'indice sarà sopra i 4100, significa che abbiamo "mancato" i primi 7-8 punti percentuali del rialzo ma in cambio entreremo nel mercato con un rischio ridotto. 



Per il momento il trend dello S&P500 è confermato anche dall'algoritmo del nostro amico Ned Davis...



Anche l'indice SMI sta continuando la sua strada rialzista: malgrado la sottoperformance di tre colossi come Roche, Novartis e Nestlé, tutto sta andando come da programma. Gli 11'250 punti sono il nuovo supporto statico e se dovessimo (ma anche no!) ridiscendere fino a quel livello la cosa non ci preoccupa...


...anche perché siamo sostenuti dal golden cross delle medie mobili! (cerchio arancione) Qui si che l'incrocio c'è stato e possiamo quindi confermare il trend attuale. La prossima settimana comunque sarà determinante per la continuazione di questo movimento e molto dipenderà dalle scelte e dalle parole di Powell e della Lagarde. Un po' di apprensione l'abbiamo...



Vedremo anche quale sarà l'impatto della FED sul dollaro: contro franco sembra voler consolidare attorno ai  0.92 centesimi. Se il rialzo sarà di 25 bps non succederà nulla o quasi...dovessimo fare i conti con rialzi maggiori (che tenderemmo ad escludere) potremmo probabilmente vedere un dollaro più tonico...


Anche contro euro il dollaro mostra una certa debolezza: il trend per il momento è chiaro ed è pure supportato dal golden cross (freccia rossa) di inizio anno... Sospendiamo comunque ogni giudizio fino a mercoledi.

Buona domenica!





domenica 22 gennaio 2023

Aumento dei tassi? si ma con giudizio

E' stata una settimana interlocutoria ed anche un po' noiosa se dobbiamo dire tutta la verità... Abbiamo assistito, come vedremo più avanti,  ad alcuni giorni di prese di profitto che a nostro giudizio sono più che salutari dopo un inizio d'anno, soprattutto in Europa, al fulmicotone.

Una cosa sta comunque attirando la nostra attenzione: con una certa (sospetta) insistenza sia la FED che la BCE ad ogni piè sospinto ci ricordano che sono pronte ad aumentare in modo sostanzioso i tassi di interesse al fine di combattere la rediviva inflazione,  ma temiamo che abbiamo parzialmente le mani legate e non possano spingere sull'acceleratore quanto vorrebbero. Ricordiamoci che se proprio ce ne fosse bisogno, potrebbero aumentare i tassi in qualsiasi momento (BNS insegna...) ma non lo fanno (anche per non spaventare i mercati) e si attengono al calendario prestabilito (che pubblichiamo per info alla fine del nostro intervento).

Basta dare un'occhiata all'evoluzione del debito pubblico americano per rendersi conto della situazione  e pure in Europa in questo ambito non si scherza, anzi! 


A parte la non trascurabile notizia che potenzialmente gli USA potrebbero essere costretti a dichiararsi falliti (tranquilli non succederà...) i debiti accumulati durante il periodo pandemico sono di tale portata da sconsigliare un eccessivo costo del denaro: le conseguenze sarebbero probabilmente ben peggiori dei danni provocati da un'inflazione persistente ed appiccicosa che comunque sta manifestando una certa tendenza allo sgonfiamento.


Infatti gli investitori continuano a non credere che il terminal rate della FED andrà sopra il 5%. Lo stesso dicasi per i tassi della BCE. Entrambe le banche centrali alzeranno ancora i tassi ma ad un ritmo che non corrisponde alla loro attuale dialettica. Di certo avremo il quarto di punto per il primo di febbraio in America e poi vedremo se il 2 di febbraio la Lagarde avrà il coraggio di aumentare oltre il mezzo punto atteso il costo del denaro europeo (saremmo molto sorpresi...).

 

Da giorni anche i Treasury ed in generale tutto il mondo del reddito fisso,  continuano a dirci che non credono all'ipotesi di tassi superiori al 5% e si sta comprando obbligazioni in modo deciso come indicano i rendimenti che sono tendenzialmente al ribasso da inizio gennaio. È probabile che tutti i segnali che stanno arrivando dall'economia (i licenziamenti sono appena iniziati...) stiano creando la convinzione che presto la FED dovrà fare i conti più con una recessione che con l'inflazione che comunque è già in calo da diversi mesi. Vedremo a metà febbraio se il CPI americano confermerà questa visione.

Se vi ricordate bene, la scorsa settimana abbiamo sottolineato come la fiducia dei consumatori americani sia entrata in una fase ascendente pur rimanendo lontani dai valori pre-pandemici: gli americani saranno anche diventati più fiduciosi ma nel frattempo consumano molto meno delle attese ed i retail sales dello scorso mercoledì  ci dicono che a) sono preoccupati per l'arrivo di una recessione oppure b) hanno rimandato gli acquisti convinti che i prezzi scenderanno ancora e compreranno nei prossimi mesi quel che gli serve (ma anche gli sfizi) più a buon mercato. Ad ogni buon conto, sapendo che l'80% del PIL americano è fatto dai consumi, quel -1.1% non è di buon auspicio.


Un discorso analogo vale per l'Europa, che a maggior ragione non può permettersi un aumento eccessivo del costo del denaro che metterebbe in ginocchio metà del continente. Con questo non vogliamo dire che i tassi hanno smesso di salire, ma di certo non crediamo a tutto ciò che dice la Lagarde. Negli ultimi due mesi anche in Europa siamo confrontati con una curva dei tassi inversa (cerchio verde)  e sappiamo bene quali sono le conseguenze di una simile configurazione... Siamo certi che anche la BCE ne sia al corrente.... Nel frattempo pure dalle nostre parti si comprano obbligazioni come non si faceva da tempo.

Prima di passare agli indici azionari, diamo un'occhiatina ai costi dell'energia e delle materie prime che vanno sempre tenuti sott'occhio:


Il trend del costo delle materie prime è sempre discendente ma da inizio gennaio abbiamo ravvisato una leggera tendenza alla crescita che le ha portate in prossimità della resistenza: è probabile che questo sia l'impatto della riapertura della Cina che proprio oggi festeggia il capodanno e per 16 giorni faranno festa... Se è la Cina che fa muovere il prezzo delle commodities lo sapremo presto.


Discorso analogo per i costi dell'energia: il trend è chiaramente al ribasso ma da inizio anno vi è stato un  rincaro che va tenuto sott'occhio, soprattutto per quel che riguarda l'inflazione europea che in gran parte è condizionata dai costi dell'energia (...non vorremmo esser costretti a dire che la Lagarde ha ragione...).

Mercati azionari:



Che dire? Europa batte America 2 a 0 palla al centro. Chi l'avrebbe mai detto, ma questa è la realtà. Dopo anni che si andava ripetendo che le borse europee erano a buon mercato ma non importava nulla a nessuno, nel 2023 qualche cosa si sta muovendo, addirittura troppo, e se dopo 3 settimane ci troviamo con delle performances tra il 7% e l'8% non preoccupiamoci più di tanto se nei prossimi giorni assisteremo a qualche presa di beneficio: non si può sempre salire a razzo, è decisamente poco salutare.

Anche la borsa Cinese non scherza  a dimostrazione che il cambio di paradigma nei confronti del Covid sta convincendo molti investitori a ritornare su questo mercato...



Bisogna ammettere che lo S&P500 ce la sta mettendo tutta per uscire dal baer market e per un soffio venerdì non ci riesce: è in prossimità della linea di resistenza (in blu) e sta pure per forare dal basso verso l'alto la media mobile dei 200 giorni che da mesi funge pure lei da resistenza. I volumi sono in aumento ed è pure questo un buon segnale: vedremo nella settimana entrante se questo movimento continua e se sarà il caso, una volta rotta la resistenza, un paio di fiches sul mercato made in USA bisognerà piazzarle.



Non bisogna essere a tutti costi degli analisti tecnici per comprendere che la verticalità del movimento dell'Eurostoxx50 è eccessiva ma francamente, pur non lasciandoci completamente tranquilli, ce la stiamo godendo. I 4200 punti sono la prossima resistenza superata la quale segnaliamo il successivo obiettivo a 4400. L'RSI ovviamente è in zona di ipercomprato e, come detto, non preoccupiamoci troppo se verremo in contatto con qualche presa di profitto. Saremo invece meno serreni quando incominceremo a vedere i volumi, per il momento molto buoni e stanno sorreggendo degnamente il movimento rialzista, scendere con una certa decisione... Attualmente non sembra il caso.



La borsa Svizzera sta faticando un po' di più (sempre a causa di Roche...) di quelle europee ma non ci lasciamo deprimere. Anzi!  Pensiamo che sia in corso un classico pull back (freccia verde punteggiata), che potrebbe portare il nostro indice a correggere in prossimità del supporto (linea blu) per poi rimbalzare e tentare di raggiungere i 12'500 punti. 

Il pull back è una reazione di ritorno del mercato verso la linea blu che una volta superata (punto blu) da resistenza  è diventata supporto. Vediamo il pull back, che si produce sovente dopo il superamento di una resistenza, come una conferma della validità del movimento di rottura. In parole povere non preoccupiamoci se vediamo tornare l'indice verso la linea blu in quanto è piuttosto probabile che una volta raggiunto il supporto, il movimento rialzista riparta in direzione del suo target (12'500).



Continua la corsa all'oro stimolata dalla debolezza del dollaro e dai rendimenti al ribasso. Abbiamo letto che Iran e Russia (uno dei paesi più attivi nella compera del metallo giallo) sono pronti ad emettere una stablecoin garantita dai depositi di oro delle rispettive banche centrali. Un altro modo per sganciarsi dalla dipendenza della valuta americana e che da un senso compiuto alla corsa all'oro di questi due paesi.



Nice to know: alleghiamo tabella riunioni delle principali banche centrali. Buona domenica!



sabato 14 gennaio 2023

CPI Usa: bene ma non benissimo.

 Tutti gli occhi questa settimana, ma non poteva essere altrimenti, erano puntati sui dati riguardanti l'inflazione americana pubblicati lo scorso giovedì:



6.5% doveva essere e 6.5% è stata anche se in cuor nostro avremmo gradito un dato leggermente inferiore che avrebbe creato quel piacevole effetto sorpresa che evidentemente non si è visto. Ma non lamentiamoci più di tanto, quello che importa è il trend. Trend che oramani da diversi mesi sta puntando nella giusta direzione.


Anche la core inflation, quella epurata dai costi dell'energia e del cibo notoriamente i più volatili, si sta pian piano sgonfiando anche se con questo passo (0.3% al mese) ci vorrà più di un anno e nessun incidente di percorso per riportare l'inflazione là, dove la FED la vuole, quel 2% che per il momento sembra un piccolo miraggio.



Putroppo alcune componenti del rincaro si stanno dimostrando tenacemente appiccicose, prima fra tutte quella legata agli affitti che non accennano a diminuire spinti da una domanda che viene alimentata da tutti coloro che una casa, con i tassi ipotecari saliti alle stelle, non se la possono più permettere.


Poi giovedì 12 ci passa sotto il naso un articolo che ci ha lasciati un po' perplessi. Potevamo anche sorvolare ma non ci pare giusto. A quanto pare Harvey Campbell ha parlato. Ma chi è H. Campbell? Per la cronaca è l'economista che per primo ha scoperto il nesso tra la curva inversa dei tassi e la recessione che si fa vedere dopo 12-18 mesi!  Dovreste ricordarvelo considerato che la scorsa settimana vi abbiamo fatto una testa tanta:


Così come non dovreste aver dimenticato che abbiamo concluso che l'America entrerà in recessione all'inizo dell'estate ma a quanto pare, parole di Campbell, "la curva dei tassi (inversa) per la prima volta si sbaglia: negli Usa non sta arrivando una recessione" e questo per due motivi precisi:

1) Questo indicatore sta diventando estremamente popolare e di conseguenza è in grado di modificare i comportamenti degli attori economici inducendoli ad intraprendere azioni di mitigazione del rischio al fine di evitarlo

2) E' possibile "schiavare il proiettile della recessione" in quanto negli Usa il mercato del lavoro è particolarmente resiliente e malgrado i licenziamenti non è difficile, soprattutto nel settore tecnologico, trovare un nuovo posto di lavoro.

Se lo dice lui... 

Quindi nuovamente tutta l'attenzione (e questo non vale solo per la FED) è rivolta al mercato del lavoro. Giovedì a tal proposito sono stati pubblicati un paio di dati:




Le nuove richieste di disoccupazione rimangono stabili attorno ai 200k mensili. La FED ne vorrebbe vedere molti di più ma per il momento chi perde il lavoro (e i licenziamenti ci sono!) non fatica più di tanto a trovarne uno nuovo. Insomma, se hai voglia di lavorare, un posto lo trovi.



Anche le richieste di disoccupazione continuano ad essere sotto controllo; erano addirittura attese in leggero aumento ma i dati hanno sconfessato le aspettative... altro numero che probabilmente non piacerà più di tanto alla banca centrale americana.

Se poi aggiungiamo il dato di ieri, quello relativo alla fiducia dei consumatori, elaborato dall'Università del Michigan...


...previsto a 60.5 è stato registrato al 64.6 in buon rialzo. E' vero che siamo ancora lontanissimi dai valori pre-pandemici ma il trend sembra piuttosto evidente...  teniamo presente che questo indicatore tende ad anticipare la spesa futura dei consumatori ed in ottica inflazione non è un dato che passerà inosservato.

Quindi ne deduciamo quanto segue: i dati pubblicati tra giovedì e ieri sono buoni ma non buonissimi o per lo meno non indurranno la FED ad essere indulgente nei confronti della lotta all'inflazione. Diamo per scontato un aumento dei tassi per mercoledì primo febbraio di 25 basis points. La probabilità che vengano nuovamente aumentati di 50 bps è striminzita ma non la possiamo completamente escludere. Sarebbe ovviamente una brutta sopresa che potrebbe anche innescare delle prese di profitto considerevoli. 

Per il momento sul fronte delle borse, che hanno avuto due settimane al fulmicotone,  la situazione ci pare tranquilla:


Il VIX (l'indice della paura) è sceso sotto il 20 e non è mai stato così basso dal gennaio 2022...



...ed ache il put-call ratio che ha avuto un mese di dicembre piuttosto complicato (soprattutto in occasione dell'ultima scadenza opzioni) è rientrato in zona neutra.



Lo S&P500 si è riportato a ridosso della linea del trend discendente (linea rossa) e pur essendo vicinissimo alla soglia psicologica dei 4000 punti NON possiamo ancora dire che stiamo per abbandonare il trend ribassista... siamo ancora in un baer market.

Venerdì sono usciti i primi risultati del quarto trimestre con quelli delle banche in testa: 27 aziende hanno pubblicato e 22 di loro hanno battuto le aspettative (che sappiamo sono state comunque ridotte di parecchio). Molti CEO hanno una visione moderatamente positiva per il 2023 dando per scontato l'imminente recessione che potrebbe anche provocare qualche indesiderato fallimento. Le banche americanze hanno già messo a riserva 2.8 miliardi per coprirsi da poteziali perdite sui prestiti.




Continua il buon momento delle borse europee che in un paio di settimane hanno accumulato utili tra il 7% e l'8%. Non lo SMI purtroppo ma come sapete è ancora schiacciato da Roche e in parte minore da Logitech che questa settimana ha annunciato un profit warning che le è costato quasi il 20% della quotazione (peccato!). Comunque sia,  abbiamo a quanto pare superato il trend ribassista di gran carriera e con volumi accettabili... stiamo attaccando anche la linea di resistenza della figura spalla-testa-spalla rovesciata che potrebbe essere definitivamente superata la prossima settimana. Non ci esaltiamo più di tanto ma la strada è quella giusta.



Il dollaro si sta spostando lateralmente in una fascia che fa dai 0.92 ai 0.93 centesimi di franco mentre contro euro è decisamente più debole e ce lo siamo ritrovati a fine settimana a 1.08.



La forza dell'euro si è sentita persino contro franco svizzero: con un colpo di reni si è portato sopra la parità e sembra volerci restare.



Persino il bitcoin ha avuto uno scatto d'orgoglio e stamani ad un certo punto quotava oltre i 21'000 dollari... stava a 16'000 la scorsa settimana. Avviso per gli speculatori: attenzione al marcatissimo ipercomprato (mai visto un rsi a 88) che potrebbe innescare qualche presa di profitto importante.



Oro in grande spolvero. E' il suo momento e sta approfittando di una flessione del dollaro e dei rendimenti americani. Difficile dire dove voglia andare, per il momento pare ancora verso i 2000 dollari per oncia. 

Buon week end!!


giovedì 5 gennaio 2023

Il 2022 e i primi passi del 2023

Due parole due sui risultati del 2022. Se siete degli affezionati lettori di Appunti Finanziari sapete già come le cose sono andate. Infatti verrebbe voglia di dimenticare l'anno appena passato e pensare subitissimo al 2023. Basta un'occhiata, anche distratta, alle tabelle pubblicate qui sotto per rendersi conto che era quasi impossibile nel 2022 sfuggire a dei risultati per nulla soddisfacenti e che non hanno accontentato né gli addetti ai lavori né tanto meno i clienti. 


Ecco i numeri del 2022: ve li lasciamo leggere (per i deboli di vista, cliccate sulle tabelle...)





Che dire? Le statistiche ci informano che è stato uno dei peggiori anni da un secolo a questa parte... Hanno fatto peggio, come ci dimostra la tabella di Charlie Bilello,  solo il 1931 e il 1937 ma erano altri tempi.




Ridotto all'osso possiamo dire che in Europa le gestioni con un 30% di azioni ed un 70% di reddito fisso, valuta di riferimento euro o franco, hanno perso tra il 9% ed il 13% ed in alcuni casi anche di più. Probabilmente nel 2022 l'unica cosa giusta da fare era soprattutto vendere: tanto il comparto azionario e, a maggior ragione considerata l'evoluzione rialzista dei tassi, quello obbligazionario che ha fatto vedere i sorci verdi a tutti i gestori. Noi abbiamo venduto, ma si doveva avere il coraggio di andare oltre... 

Fermiamoci qui. Lungi da noi il voler minimizzare le insoddisfacenti performances del 2022 ma non ci piace piangere sul latte versato. Preferiamo concentrarci sul 2023 cercando di evitare il più possibile gli errori strategici.


* * *


Non è facile, come vedremo fra poco, parlare di previsioni in ambito finanziario ma putroppo non ne possiamo fare proprio a meno. Una direzione ai nostri portafogli la dobbiamo dare e non possiamo di certo farlo a casaccio.


Quando parliamo di previsione economica, come ci segnala la Treccani, siamo confrontati con un esercizio di "anticipazione dell‘andamento del mercato di eventi futuri (...) nel tentativo di ridurre, per quanto possibile, le future incertezze". Interessante questa definizione,  in quanto ci mette sull'attenti che anticipare è un esercizio rischioso e sovente si deve procedere per tentativi che solo il calcolo probabilistico ci aiuta in un qualche modo a gestire. Insomma di certezze non ve ne sono...


Fare previsioni è molto complesso e questo vale non solo per i neofiti, sa va sans dire, ma anche per chi mastica finanza tutti i giorni. Dimostrazione: un nostro carissimo amico, durante i brindisi di fine anno, propone ad una cerchia di amici, che a vario titolo si muovono professionalmente nel mondo delle finanza, di prevedere quali saranno  per l'anno che verrà le quotazioni di borse, cambi, tassi, metalli e quant’altro. Il risultato finale per  le previsioni del 2022 è interessante:





Senza scordarci che si tratta pur sempre di un gioco, si possono comunque trarre alcune indicazioni generali che spiegano piuttosto efficacemente perché l‘appena trascorso 2022 è stato finanziariamente uno dei peggiori degli ultimi 100 anni.


Iniziamo con una osservazione di carattere generale: i partecipanti al gioco, pur disponendo tutti di informazioni simili, hanno fornito risposte caratterizzate da una grande dispersione. Questa non è una novità. L‘informazione nel mondo della finanza è capillare, spesso in real time, raggiunge chiunque ma soprattutto è identica per tutti (insider a parte…). Ne deriviamo che ad informazioni simili se non addirittura identiche a)  l’interpretazione di questo materiale non è univoca, tutt'altro! e b) è verosimilmente influenzata dal background professionale dei diversi soggetti coinvolti in questo gioco. Basterebbero queste due osservazioni per terminare qui il discorso sull‘efficacia delle previsioni...

Ma andiamo avanti e vediamo di analizzare le risposte:
  • S&P500:  dopo un 2021 al fulmicotone ci si aspettava un anno di consolidamento, ma consolidare non significa perdere decine di punti percentuali. Solo un partecipante si aspettava uno S&P500 a 2500 punti, ma francamente ci è sembrato un pronostico troppo negativo anche per il più acerrimo dei pessimisti. La realtà è stata comunque un boccone amaro da ingoiare soprattutto perché nessuno (tranne uno) se l'aspettava. Ma già che stiamo parlando del S&P500 qualcuno che ci ha visto giusto quasi fino alla fine l'abbiamo conosciuto:

Per molti mesi (11) la previsione del trend dello S&P500 è stato catturato dall'algoritmo di Ned Davis. Il modello, purtroppo, ha fatto cilecca nel mese di dicembre privandoci del classico rally natalizio. Peccato! Ma abbiamo già ricevuto il modello per il 2023 che proporremo più avanti e siamo certi che la cosa vi stupirà...


  • Il Brent è sempre un terno al lotto anche se stiamo parlando di una commodity tra le più seguite:  tra il 20$ di minimo e il 120$ di massimo ci sono mille altre sfumature. In fatto di previsione qui c'è stata molta dispersione... Come sempre!


  • Oro: tutto sommato la previsione è stata piuttosto veritiera. Con una inflazione galoppante e con le banche centrali di mezzo mondo che stanno comprando oro a tonnellate (soprattutto quelle che stanno cercando di staccarsi dalla dominanza del dollaro) il metallo giallo poteva essere anche maggiormente prezzato. Ha comunque subito la concorrenza dei rendimenti americani, che si aggirano attorno al 4-4.5%,  e alla relativa forza del dollaro (con il quale spesso è negativamente correlato).


  • In mezzo a tanta dispersione salta all‘occhio la previsione riguardante il Treasury a 10 anni: a dicembre 2021 la resa del decennale si fissava attorno al punto e quaranta. Molto interessante notare che praticamente tutti i soggetti hanno correttamente ravvisato il movimento al rialzo dei tassi (che quindi era atteso)  ma fa specie che nessuno ha previsto che durante l‘anno i rendimenti sarebbero triplicati (4.24% sul decennale il 24.10.22) per poi chiudere con un comunque inatteso 3.74%. Da questo errore di valutazione è derivato il grosso danno che le obbligazioni hanno fatto nel 2022.

  •  Se l‘America piange per i danni nei portafogli obbligazionari, l‘Europa non è da meno: forse un pelino meglio ma solo perché la BCE per il momento non può permettersi di affrontare l‘inflazione alzando i tassi come vorrebbe. L‘inflazione, appunto, quella che mancava da 40 anni si è improvvisamente risvegliata. E' fuor di dubbio che questa è stata di gran lunga la sorpresa più grande e quella che ha generato perdite enormi in un comparto, quello obbligazionario, dove di norma un investitore prudente non pensa sia possibile avere delle minus valenze che tranquillamente hanno raggiunto livelli quantificabili tra il -12% ed il -18% a dipendenza della durata e della qualità della parte obbligazionaria in deposito. 

  • Euro/Usd: Considerato che tutti hanno intravisto un aumento dei tassi americani, coerentemente hanno correttamente giudicato il dollaro al rialzo.  In effetti la valuta americana si è apprezzata durante una buona parte dell'anno fino a raggiungere i 0.9689 cts per poi iniziare ad indebolirsi partendo dalla metà di settembre. Francamente abbiamo cercato la ratio di questo movimento di indebolimento ma senza giungere a spiegazioni convincenti se non alludendo ad una anticipazione di un periodo recessivo che potrebbe indurre la FED ad un ammorbidimento nella lotta all'inflazione. Insomma, è tutto un giocare d'anticipo.


  • Bitcoin: le previsioni dei Nostri sono da bolla speculativa… Quando ti ritrovi con un bitcoin che quota 48'310$ e azzardi previsioni che dai 120'000$ passano ai 150'000$ e arrivano ai 250'000$ non possiamo che essere in presenza di una classica bolla speculativa che presto o tardi ti scoppia veramente tra le mani e fa danni… Senza troppi sforzi ci viene in mente la bolla dei bulbi di tulipano nell'Olanda del Seicento, quella degli Happy Fish della Swatch ad inizio anni 90 e non da ultimo la bolla delle Dot Com di fine anni 90: soprattutto quest'ultima, quando esplose, si fece sentire... Quella delle crypto currencies è di sicuro una bolla ed è implosa nel 2022; probabilmente qualcuno si è anche fatto male ed anche parecchio. Noi non guardiamo con diffidenza le cripto, anzi... Così come l'industria tecnologica americana si è brillantemente ripresa dopo il suo scoppio (non era ancora matura abbastanza) è probabile che succederà la stessa cosa con il bitcoin o simili in quanto la blockchain è una tecnologia che è qui per restare. Probabilmente il settore ha bisogno di qualche regola che la trasformi in un asset maggiormente stabile, altrimenti temiamo che resterà solo ed unicamente uno strumento per speculatori con le spalle molto larghe. 


Crediamo che abbiate capito che fare previsioni non è facile e si possono sbagliare i pronostici anche di parecchio. Per questo motivo non diamo molto peso ai target degli analisti, ma comunque un'occhiatina la gettiamo.

Abbiamo riassunto in una tabellina alcune previsioni per il 2023 di 5 banche,  tanto per vedere cosa ne pensano:


Veloce commento: per le azioni non sembra essere un anno di quelli  che ci ricorderemo; il franco svizzero, questa volta con il supporto della banca nazionale, è destinato a rafforzarsi; i tassi americani non arriveranno al 5% come nelle intenzioni della FED e quelli tedeschi tenderanno a restare stabili se non addirittura a scendere (JP Morgan si è veramente sbilanciata); per il petrolio abbiamo le solite previsioni in disperisione; oro: parecchio al ribasso  (ma con le banche centrali che comperano non siamo sicuri...).

***

2023: la nostra visione


Sono giorni che stiamo riflettendo su cosa ci potrebbe riservare il 2023 e siamo sempre più convinti che due sono gli eventi che vanno osservati con attenzione e che potrebbero, nel bene e nel male, muovere in modo significativo i mercati ed obbligatoriamente saranno sempre in cima alla nostra personale watch list. Stiamo parlando del conflitto tra Russia ed Ucraina e l'uscita della Cina da due anni di quasi totale isolamento causa covid.


La guerra tra Russi ed Ucraini la possiamo considerare una sorta di cigno nero: era totalmente inattesa ed infatti non è stata intercettata per tempo da nessun algoritmo. Da marzo in poi ha contribuito ad accentuare il malessere dei mercati che già erano indeboliti da due anni di Covid ed ha mandato al creatore tutte le previsioni per il 2022. Abbiamo poi visto come l'anno finanziariamente è finito ed una buona fetta delle responsabilità le possiamo senza dubbio addebitare a questo evento.

Doveva essere una guerra lampo: tre giorni, a quanto pare, sarebbero bastati alla truppe di Putin per sottomettere Kiev. Le cose sono andate diversamente ed ora a quasi un anno dall'inizio del conflitto non se ne vede la fine. Però tutte le guerre hanno un inizio, poi evolvono e quasi sempre hanno una data di scadenza. Aspettiamo questa data con ansia, non è detto che sarà nel 2023, ma se dovesse essere c'é molto da recuperare nelle borse di mezzo mondo e la reazione dei mercati pensiamo sarà più che positiva.
Ovviamente non possiamo escludere completamente che il conflitto possa prendere delle pieghe diverse, come ad esempio estendersi ad altre nazioni confinanti, ma riteniamo che non sono molte le Nazioni che hanno voglia di menar le mani e quindi vogliamo dare a questo scenario una bassa  probabilità che diventi realtà. Dovesse succedere,  allora vuol dire che saremo nuovamente nei guai!


La Cina ha un sacco di problemi da risolvere. Si è messa all'angolo con le proprie mani quando ha optato per una strategia, quella dello zero covid, che aveva poche probabilità di successo e così è stato. Pochi casi di covid erano sufficienti per confinare milioni di cinesi nelle loro case con evidenti contraccolpi per la produzione industriale. Contraccolpi che si sono ben manifestati anche alle nostre latitudini: basta dare un'occhiata distratta alle catene di approvigionamento per intuire di cosa stiamo parlando.
Se la Cina dovesse effettivamente riprendere l'attività è di certo una buona notizia per tutti ma le insidie in questo paese sono molte e cerchiamo nel limite del possibile, considerata l'opacità dell'informazione made in China, di tenerle sotto controllo. Nella fattispecie abbiamo messo nel nostro mirino quanto segue:

  • Verificare l'abbandono effettivo della strategia "zero covid"
  • Non escludiamo che in Cina ci possa essere una strage che passerà sottotono (c'è chi ipotizza almeno 1.5 mio di morti ma non lo sapremo mai) ma potrebbe indurre le autorità a fare un passo indietro e riattivare i lockdown.
  • Vedremo se la domanda cinese di materie prime ed energetiche riprenderà a pieno regime e quali conseguenze vi saranno sui prezzi:  questo potrebbe essere un problema anche per la nostra inflazione
  •  La bolla immobiliare, in parte ridottasi, è pur sempre di dimensioni considerevoli. Quando siamo in presenza di una bolla abbiamo visto cosa può succedere...
  • Tenderemmo ad escludere,  anche se probabilmente è in cima alla to do list di Xi Jinping, una invasione di Taiwan. Diciamo che per stare tranquilli ci piacerebbe poter dire che lo escludiamo categoricamente. Ma non possiamo.

Se vivessimo in un mondo ideale, la pace tra Russi ed Ucraini e la ripresa dell'attività Cinese, darebbero ai mercati una sferzata di energia che speriamo di riuscire a catturare. Putroppo il mondo ideale alla Avatar è solo una fantasia cinematografica,  ma se anche solo una parte di quanto abbiamo segnalato si trasformasse in realtà, potremmo sicuramente considerare il 2023 un buon anno per i mercati finanziari.

Ma allora cosa potrebbe rovinare ulteriormente la festa? Una sola cosa ed è quella che sta togliendo il sonno a tutti i governatori delle principali banche Nazionali con Jerom Powel a fare da capofila. Stiamo ovviamente parlando dell'inflazione che anche per il 2023 sarà al centro della nostra attenzione.

La pensavamo estinta per sempre ed infatti quando si è rifatta viva non l'abbiamo riconosciuta per tempo. Quando ce ne siamo accorti era già troppo tardi: dallo 0% al 10% in 4 mesi netti. E' probabile che si tratti di un record. Farla retrocedere non sarà uno scherzo e la storia fianziaria ci insegna che quando la FED e la BCE sono impegnate a lottare contro l'inflazione (notoriamente alzando i tassi) è quasi impossibile non avere effetti negativi sulla crescita economica che si manifestano attraverso delle recessioni più o meno profonde. Tutti vorrebbero vedere un soft-landing senza grossi scossoni ma è un lavoro da funamboli.



Quando le Banche Centrali agiscono aumentando i tassi direttori per cercare di contrastare il rincaro, è risaputo che è soprattutto la parte a breve termine dei rendimenti (in rosso nel grafico) che viene coinvolta in questo esercizioe ci ritroviamo con il corto termine che rende di più del lungo termine. Significa che siamo in presenza di una "curva inversa dei tassi". E' quello che sta succedendo a quelli americani dove l'inversione è avvenuta agli inizi di luglio (punto blu). Da allora il Treasury a due anni ha una resa maggiore del decennale.




Le conseguenze di una tale inversione sono bene esplicitate nel grafico qui sopra: quando la linea blu scende sotto la linea dello zero significa che siamo in presenza di una curva inversa. Le statistiche ci dicono che ogni qualvolta che abbiamo osservato l'inversione della curva (nel grafico indicata con il punto nero), nei 12-18 mesi successivi,  l'economia è entrata in recessione (nel grafico segnalata dalle bande rosa). Se ne deduce che l'economia americana, che presenta una curva inversa dal mese di giugno del 2022,  è destinata ad entrare in recessione all'inizio dell'estate 2023 o al più tardi nell'autunno di quest'anno.

Se saranno due o tre mesi di recessione (tecnica, come viene definita in questo caso) come nel febbraio 2020 non ci preoccupiamo più di tanto, ma sarà comunque fondamentale capire per tempo se la recessione sarà di quelle profonde che fanno vedere i sorci verdi a tutti.

In quel caso dovremo preoccuparci seriamente per gli utili societari. Per quanto riguarda lo S&P500 è già in corso una loro revisione al ribasso e se facciamo una media tra i vari analisti che abbiamo incontrato sul nostro cammino possiamo già mettere in conto una diminuzione del 15%-20%. Questo dato è già scontato dal mercato: per il 2023 sono attesi utili per lo S&P500 di 216$; gli ottimisti prevedono anche 220$ mentre i più prudenti li stimano attorno ai 200$. L'essere costretti durante l'anno a rivedere gli utili sotto i 200$ è uno dei grandi rischi del 2023, almeno per quello che concerne il mercato americano, ma sospettiamo che potrebbero esserci delle ripercussioni anche sui mercati europei.

Vogliamo comunque vedere il bicchiere mezzo pieno in quanto:

  • Saremo confrontati con una delle recessioni più attese degli ultimi decenni. Non sarà una sorpresa e sappiamo quanto i mercati odino le sorprese soprattutto se sono negative.
  • Il P/E dello S&P500 è già da tempo sotto i livelli post bolla tecnologica. Insomma, certe valutazioni stravaganti si sono sgonfiate e i piedi sono quasi per terra.
  • L'impatto sugli utili societari dovuti all'aumento dei tassi è oramai più che scontato, in questo ambito si può solo che migliorare.
  • La FED difficilmente taglierà i tassi per il 2023 ma probabilmente sarà costretta a farlo nel 2024. Inoltre siamo dell'idea che altrettanto difficilmente vedremo un terminal rate americano superare il 5%. Questo ovviamente dipenderà molto dall'evoluzione dell'inflazione.
L'inflazione, sempre lei! Ma a che punto siamo?

Sia quella americana che quella europea stanno dando segnali di rallentamento. Sembra che alcune variabili non spaventino più di tanto:



I costi delle materie prime si stanno sgonfiando e proprio qualche giorno fa hanno rotto al ribasso il supporto che le teneva a galla dal mese di giugno. Vedremo se il risveglio della Cina sarà così importante da rispedirle al rialzo.



I costi dell'energia sono in costante declino. L'inverno, almeno quello europeo, è mite e anche in questo caso vedremo se la ripresa dell'attività Cinese avrà qualche impatto soprattutto sul prezzo del petrolio.



Anche i costi di trasporto via mare hanno subito un notevole ridimensionamento. Nell'immagine il grafico del Baltic Dry Index.



Vi ricordate quando un container per trasportare merci da Shanghi a New York costava 16'000$? Oggi per lo stesso servizio ce ne vogliono "solo" 3788$...


Fin qui tutto bene ma c'è ancora del lavoro da fare. Stanno ancora preoccupando in Usa tutti i dati che fotografano lo stato di salute del mercato del lavoro che pare essere ancora più che apprezzabile. Paradossalmente questa è la preoccupazione maggiore della FED e quindi nei prossimi mesi saremo obbligati ad avere un occhio di riguardo per:
  • L'offerta di posti di lavoro. E' pure in atto un fenomeno che non è facile da comprendere: i lavoratori stanno continuando a licenziarsi in massa. Evidentemente non devono avere molte difficoltà a trovarne uno nuovo. Alla FED questo non piace.
  • Disoccupazione: sempre ai minimi storici... altra grana per Powell
  • Nuove richieste di disoccupazione: stabile anche se leggermente al rialzo ma la FED ne vorrebbe vedere di più.
  • Paghe orarie. Il grande spauracchio della FED. In costante rialzo ma per la prima volta venerdi 6 gennaio questa voce ha subito un rallentamento. 
  • Aziende che licenziano. Probabimente stanno anticipando la recessione e questo fenomeno nei prossimi mesi potrebbe effettivamente accentuare la disoccupazione.
  • Qualità dei posti di lavoro (purtroppo bassa e si è spesso costretti ad avere anche un secondo o terzo lavoro per arrivare alla fine del mese... anche in America non è tutto oro...
In Europa con molta lentezza qualche cosa si sta muovendo: la natura della nostra inflazione è legata all'aumento sconsiderato dei costi energetici ed alimentari. Se i primi si stanno riducendo non ci sembra ancora il caso per i secondi: se andate a fare la spesa ve ne accorgerete subito. Comunque possiamo stimare che il picco dell'inflazione è già stato raggiunto; non si può che migliorare.
La cosa interessante, e per una volta tanto potrebbe mettere l'Europa in una posizione di vantaggio, è che possiamo constatare un ritracciamento dell'inflazione senza che la BCE sia dovuta intervenire drasticamente aumentando i tassi come invece ha fatto la FED. Ovviamente avrebbe voluto farlo, ma sappiamo benissimo che muovere al rialzo la leva dei tassi in Europa significa generare grossi problemi ad almeno la metà dei paesi che la compongono. Ora, con un'inflazione al ribasso si può anche pensare che non sia fondamentale pigiare sul tasto degli aumenti come pianificato dalla Lagarde. Se così fosse prevediamo che per i mercati europei ci possa essere uno spazio di risalita importante.


Come investire nel 2023

Per il momento vogliamo concentrarci sul comparto azionario e ci riserviamo di estendere le nostre osservazioni sugli altri comparti in un secondo intervento che seguirà a breve.

Iniziamo dagli Stati Uniti e partiamo subito da un grafico che siamo certi catturerà la vostra attenzione...




...se siete stupiti sappiate che non siete i soli! Secondo il modello di Ned Davis, che prende in considerazione una enorme quantità di dati e cicli economici, i primi sei mesi di quest'anno saranno dominati da un ritracciamento dello S&P500 che lo porterà a recuperare almeno la metà di quanto perso nel 2022. Poi, verosimilmente con l'entrata dell'economia americana in recessione, la musica cambierà e assisteremo più che altro ad uno spostamento laterale. La voglia di riempirci di azioni statunitensi è decisamente grande, ma a nostro giudizio dobbiamo prestare attenzione ad un fattore tecnico per nulla trascurabile:



Purtroppo dal gennaio dello scorso anno lo S&P500 si trova in un mercato orso (ribassista) evidenziato nel grafico dalla freccia blu discendente. I principi dell'analisi tecnica ci dicono che vi rimarrà fino a quando non avrà la forza di superare con convinzione (leggi: volumi in deciso rialzo) la linea blue che segnala appunto il trend discendete. Putroppo è una delle leggi fondamentali di questo genere di analisi che mette sull'attenti che un trend rimane tale fino a quando non si avrà l'evidenza di esser stato negato. Ergo se ogni volta che ci approssimiamo alla linea blu si tende a retrocedere significa che siamo in presenza di brevi periodi di recupero inseriti appunto in un trend di medio termine che nel nostro caso è purtroppo negativo. E' come dire che si continuerà a scendere...

Intuitivamente ci verrebbe voglia di dire che Ned Devis ha ragione ma, non essendo degli speculatori, non vogliamo anticipare gli acquisti prima di esser certi di uscire dal trend negativo. Potrebbero volerci giorni o settimane, dipende. Lo scorso venerdi è bastato il calo delle paghe orarie americane per scatenare la reazione positiva del mercato; ci piace pensare che superare la linea blu in tempi rapidi non sia poi così difficile.
Per coloro invece che vogliono comunque buttare una fische sul tavolo possiamo consigliare di procedere attraverso l'assemblamento di qualche strumento derivato: una zero cost strategy (short put, long call)  potrebbe andare benissimo.




Anche il Nasdaq, l'indice che forse più di tutti ha un potenziale di recupero enorme, si trova ancora in un baer market di medio periodo. Positiva la presenza di un suppporto leggermente sopra i 10'000 punti che dovrebbe scongiurare il pericolo di ulteriori cadute fragorose. Se i rendimenti continueranno ad aver voglia di scendere bisogna non perderlo d'occhio. Un semplice acquisto di un etf potrebbe già essere un buon metodo per sfruttare i movimenti futuri. Ma prima, attenzione alla linea blu...




Come vi avevamo preannunciato i mercati europei possono quest'anno fare bene e qui sopra ci sono le prove: performances che sfiorano il 5%-6% nella prima settimana di contrattazioni dell'anno nuovo non si vedevano da un pezzo... 




Il nostro indice, purtroppo sempre tenuto schiacciato dalla sottoperformance di Roche (accidenti!!), è riuscito a riportasi a ridosso della linea del trend che per il momento rimane negativo. Potrebbe sorprenderci nei prossimi giorni se contemporaneamente superasse la media mobile dei duecento giorni (in blu nel grafico) che guarda caso permetterebbe all'indice di issarsi sopra la freccia blu e porre fine al trend negativo di medio periodo.
Ma NON siamo ancora in questa situazione benché non manchi molto. NON ci piace che i movimenti di questi primi giorni dell'anno siano avvenuti con volumi che con il passare dei giorni si sono indeboliti (freccia rossa). Per superare la linea blu dovranno essere molto più consistenti;  la fine imminente delle vacanze natalizie dovrebbe aiutare. Comunque fino a quanto non abbiamo l'evidenza del cambio di trend tenderemmo a stare tranquilli. 



Sulla nostra borsa ci vogliamo comunque sbilanciare: crediamo di aver individuato una figura tecnica rialzista, quella che i tecnici chiamano una configurazione spalla-testa-spalla rovesciata. Se e ripetiamo se, si dovesse riuscire a perforare la resistenza indicata dalla  freccia blu e pure la linea rossa orizzontale (il cosiddetto "collo") stimiano che il nostro indice avrà un potenziale al rialzo nei prossimi mesi che potrebbe portarlo a ridosso dei 12'500 punti. Non diamolo per scontato ma potrebbe essere la bella sorpresa di questo 2023... (Roche permettendo...)





Che sia l'anno delle azioni europee pare sia confermato dal grafico dell'Eurostoxx50 che già agli inizi di novembre (cerchio verde)  è uscito dal canale discendete che ne ha caratterizzato il movimento da inizio 2022. Il fatto che la BCE non abbia esagerato con il rialzo dei tassi, un inverno più mite del previsto e dati macro incoraggianti (L'ultimo il PMI del 4 gennaio, era atteso a 48.8. Ci ha invece sorpresi con un notevole 49.3 ad un passo dal superare il 50: vorrebbe dire che il settore manifatturiero ritorna a crescere...) stanno aiutando questo indice a riguadagnare un po' di smalto e soprattutto la fiducia degli investitori. Guardatelo con attenzione...


Riassumendo: con le previsioni degli analisti abbiamo un rapporto di odio-amore e preferiamo i segnali che ci lancia l'analisi tecnica. Il 2022 è stato un anno caratterizzato da una guerra che non era facilmente pronosticatile e dalla fallimentare gestione cinese della pandemia che ha prolungato i problemi di molte catene di approviggionamento. Le cose potrebbero cambiare nel 2023, vi è solo da sperarlo, e diamo già per scontato che l'America entrerà in recessione probabimente durante l'estate. Un problema in più per la FED che dovrà ad un certo punto decidere se sia meglio abbattere l'inflazione oppure evitare che l'economia cada in una profonda recessione: il mercato crede nella seconda opzione. L'algoritmo di Ned Devis ha detto la sua e bisognerebbe, se ha ragione, investire con decisione nelle borse (a nostro giudizio soprattutto europee) ma dobbiamo comunuque essere certi che il trend negativo che si è avviato a gennaio del 2022 sia superato: giocare d'anticipo non sarà facile.


Buona domenica!