domenica 30 aprile 2023

Manca l'entusiasmo

 Questa settimana il nostro intervento sarà breve e possibilmente conciso. Vogliamo iniziare partendo da una osservazione banale ma non priva di significato: negli ultimi giorni siamo stati bombardati, come è giusto che sia alla fine di ogni trimestre, dai dati societari spesso in linea con le aspettative ed in numerosi casi persino meglio. Malgrado ciò, i mercati non si sono entusiasmati più di tanto. Questa settimana lo S&P500 ha portato a casa 36 punti (+0.87%); il Nasdaq 154 punti (+1.127... probabilmente sente profumo di abbassamento dei tassi, ma ci pare troppo presto); l'Eurostoxx50 ne ha persi 49 (-1.11%) e lo SMI chiude quasi invariato a -23 punti(-0.20%). Lo ribadiamo: i risultati non erano malvagi ed in altri tempi le reazioni sarebbero state di ben altra portata. L'attuale assenza di entusiasmo da parte degli investitori è confermata pure dalla persistenza di volumi giornalieri piuttosto asfittici. 


Come sottolineato l'eccezione è costituita dai titoli del settore tecnologico che da inizio 2023 hanno sistematicamente battuto la performance degli indici SPX (in giallo) e SPW (in blu) con Meta sopra tutti. E' molto probabile che la prossima rivoluzione alla quale assisteremo sarà fatta di metaversi e di intelligenze artificiali che, lo sospettiamo,  sono quasi pronte a stravolgere la nostra vita... ne parleremo un'altra volta in quanto è un argomento che forzatamente dobbiamo tenere sotto controllo.

Torniamo alla realtà odierna e cerchiamo di  capire da dove arriva la mancanza di entusiasmo dei mercati.

Una prima non graditissima sorpresa arriva giovedì 27 aprile quando veniamo a sapere che la crescita del PIL americano attesa al 2% (prededente 2.6%) in realtà ha subito una brusca frenata e ce la ritroviamo all'1.1%. E' il terzo trimestre di decrescita consecutivo ed ha tutta l'aria di non volersi fermare.



 Malgrado un'economia che sta mostrando segni di rallentamento evidenti, la voglia di consumo degli americani non si scompone più di tanto, anzi... non è mai stata così alta da settembre 2021 e francamente facciamo fatica a crederci in quanto chi è ritornato recentemente da New York o da Austin ci ha raccontato di prezzi folli persino per chi vive in Svizzera che notoriamente non è proprio un paese a buon mercato. Ma così è, la voglia di consumo degli americani non la si stronca facilmente e la FED ne è pienamente cosciente.



...così si spiega come mai il "core PCE", l'indice inflattivo più seguito dalla FED, continua a rimanere a livelli (troppo) elevati: venerdi era atteso al 4.6% e così è stato. Non vorremmo evocare lo spettro della stagflazione ma quando l'economia è calante e l'inflazione rimane elevata non possiamo fare a meno di pensarci e sotto sotto un pensierino a quella che viene anche definita inflazione recessiva lo sta facendo pure il  mondo della finanza. Speriamo di sbagliarci. In queste condizioni è ovvio che il compito della FED è sempre più delicato: un aumento dello 0.25% è atteso per la prossima settimana (3 maggio) ma non possiamo escludere con certezza che non ve ne saranno altri e questo anche il mercato lo sa... 



Poi vedremo giovedì 4 cosa intenderà fare la Lagarde... con un'inflazione francese che rimane stabile da molti mesi, un aumento di mezzo punto non ce lo toglie nessuno.

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Malgrado lo scatto d'orgoglio degli ultimi 3 giorni lo S&P500 proprio non riesce per il  momento a superare quota 4200 punti e sicuramente fino a mercoledì 3 sarà in fase di attesa,  tanto per capire cosa frulla in testa a Powell. Se si riuscisse in un qualche modo a superare questa resistenza, l'evoluzione di questo indice potrebbe prendere una piega molto diversa e avremmo davanti a noi un potenziale di crescita (da un punto di vista tecnico...) di 200 o 300 punti...


...confermati anche dall'algoritmo di Ned Davis. Comunque, prima di aver superato quota 4200 con volumi in crescita, in America non si compera...



Anche il Nasdaq, malgrado i numeri confortanti di diverse società che lo compongono, ha i suoi problemi a superare quota 12'250. Oramai la stagione degli utili sta quasi volgendo al termine e grossi spunti che potrebbero essere utili per superare questa soglia non sappiamo da dove possono arrivare. E' probabile che siamo nella mani di Powell: se quello che annuncerà mercoledì potrebbe essere l'ultimo aumento dei tassi, allora i 12'250 punti potrebbero essere a portata di mano, ma se così non fosse rischiamo di rivedere  gli 11'500.



Anche per l'Eurostoxx50 i 4'400 punti sembrano invalicabili e giovedì siamo pronti a scommettere che saremo confrontati con una Lagarde che nei confronti dell'inflazione non sarà tenerissima... come detto mezzo punto non ce lo toglie nessuno e speriamo che basti.



Malgrado i buoni risultati di Roche, Novartis e Nestlé anche il nostro indice fa fatica a mantenere il ritmo di crescita mostrato nell'ultimo mese. Per dimostrare che è in grado di avanzare ulteriormente deve essere capace di issarsi con una certa convinzione sopra gli 11'500 punti...fino ad allora saremo molto guardinghi.

Buona domenica!



domenica 23 aprile 2023

Calma piatta

Concedeteci un termine un po' fuori dalle righe per definire la settimana finanziaria appena terminata: barbosa...

Non fraintendeteci, la finanza non è un parco giochi dove ci si deve divertire a tutti i costi, ma in questi giorni in effetti è successo poco o nulla. E pensare che siamo in piena stagione degli utili (soprattutto negli USA) e ci dovrebbe essere, come è ragionevole credere, un pochino più di volatilità... Invece guardate dov'è finito il VIX:


 ...calma piatta tendente al ribasso... Ma forse è meglio così.

A dir la verità,  non è che non sia successo proprio nulla: qualche dato macro è stato pubblicato e sono  molte le società che durante questa settimana hanno reso noto i bilanci del primo trimestre; quel che manca è la reazione dei mercati che fino ad ora è stata blanda fatta eccezione, come vedremo dopo, per la borsa svizzera che sta giocando i tempi di recupero.

Per il momento quello che possiamo osservare è che i numeri pubblicati sono in gran parte aderenti alle aspettative se non addirittura superiori ma dobbiamo comunque considerare che questi risultati  si inseriscono in un trend generale, almeno per quello che concerne le società dello S&P500, che  da almeno tre trimestri è palesemente al ribasso:


Forse siamo un po' distratti e non ce ne siamo accorti, ma rispetto alle stagioni precedenti, ci sembra che di forecasts e di outlooks si parla poco, quasi a confermare che a tal proposito le idee non sono per nulla chiare o se lo sono non si ha troppa voglia di parlarne. Potremmo considerare questa mancanza di visibilità per il futuro un altro tassello che si inserisce nel quadro di un imminente rallentamento economico che stiamo oramai disegnando da qualche settimana. In un simile contesto,  pronosticare una continuazione del trend ribassista degli utili futuri, non si sbaglia di molto. 

Infatti giovedì 20 aprile abbiamo avuto un paio di altre conferme di quanto si stia degradando lo scenario economico americano, scenario confermato anche dal Beige Book del 19.4 che ha sottolineato come il settore industriale sia tendenzialmente calante in tutto il Paese.

Partiamo dall'indice manifatturiero della FED di Filadelfia per il mese di aprile:


Questa inchiesta mensile, che coinvolge 250 imprese del distretto della FED di Filadelfia,  è un ottimo indicatore che anticipa di norma l'ISM nazionale che verrà pubblicato il 1° maggio e si prospetta essere in contrazione per il 5° mese di fila. Nella zona di Filadelfia le cose si presentano anche peggio del previsto: -31.3% (atteso: -19.2) e non è un bel segnale.

Anche l'US Leading Economic Indicators (LEI) del mese di marzo non si presenta al massimo della sua forma:


E' un indice che abbiamo già visto e che condensa una decina di indicatori economici (in blu nel grafico): era atteso a -0.7% ma la realtà di marzo è peggio del previsto: -1.2%; le conseguenze per il PIL americano sono piuttosto facili da intuire... (in grigio nel grafico).

Ne deduciamo che negli USA la domanda di beni è sempre più debole. Rimane ad un certo livello quella per i servizi ma anche qui potrebbe essere una questione di tempo prima di assistere ad una flessione. Come si è arrivati in questa situazione forse ce lo può spiegare il grafico seguente:



E' un grafico a voi noto. Abbiamo incrociato la percentuale del risparmio personale dei cittadini americani (ultimo dato disponibile Febbraio 2023; in nero nel grafico)  con il debito totale delle carte di credito (ultimo dato disponibile Q4 2022; in rosso nel grafico) e se ne deduce che negli USA si riesce a risparmiare sempre meno e si fa un uso massiccio delle carte di credito.  E' ovvio che questo genere di situazione non può durare in eterno ed incide in modo evidente sulla propensione al consumo degli americani. Fra parentesi se fossimo l'American Express, che in questo momento starà facendo utili a palate, inizieremmo ad essere un po' preoccupati...  infatti ci risulta stanno già accantonando parecchi soldi per far fronte alle future perdite sui crediti.

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Nel nostro blog parliamo volentieri della situazione economica americana, ce ne rendiamo conto, ma è difficile farne a meno considerato il fatto che quello che succede nel ciclo economico americano presto o tardi avrà un impatto anche sulla nostra economia... per il momento è così; in futuro forse dovremo prendere in considerazione altri cicli e non possiamo fare a meno di pensare a quello Cinese. Vedremo.

Per quanto concerne l'Europa abbiamo selezionato due eventi: il PPI tedesco e le parole della Lagarde.


Anche in Germania i prezzi alla produzione tedeschi sono in netto calo e questa è una buona notizia per la nostra inflazione che infatti ci sembra di vedere in calo un po' ovunque nel nostro continente,  fatto salvo per quella inglese che rimane ostinatamente sopra il 10% ma non sembra importare a nessuno. Diciamo che siamo sulla buona strada e ci aspettiamo un ulteriore miglioramento dei dati inflattivi per i pressimi mesi.

A non essere soddisfatta dell'avanzamento lavori in corso è la Lagarde che in un intervento al Politecnico di Parigi conferma l'aumento dei tassi europei di 25 punti base (verosimilmente il 4 maggio prossimo) e mette ancora le mani avanti anticipando che non si fermerà qui: in effetti il mercato si aspetta  un altro 0.25% al 15 di giugno. Ciò significa che ancora per un bel pezzo non sentiremo parlare di taglio ai tassi... A tal proposito ci è passato sotto il naso un grafico che ci fornisce un'informazione interessante:


Lo studio prende in considerazione quanto tempo trascorre tra la fine dei rialzi dei tassi (in questo caso della FED) e l'inizio di una discesa degli stessi (il famoso pivot): mediamente passano 6 mesi ma la storia recente (dal 97 ad oggi) ci mette sull'attenti che potrebbero volercene un qualcuno in più... ovviamente molto dipenderà da quanto velocemente l'inflazione, che è la responsabile numero uno dei movimenti dei tassi, si approssima all'obiettivo fissato dalle banche centrali (che per il momento rimante un po' per tutte il 2%). Se ne deduce che per quest'anno di abbassamento dei tassi guida non se ne parla.

Siamo andati a vedere come il settore obbligazionario sta reagendo in questi mesi:


E' normale che se la Lagarde continua a ribadire la necessità di ulteriori aumenti dei tassi, prima o poi anche i mercati le credono e la performance del settore obbligazionario in euro non è brillantissima: da inizio anno siamo in positivo dello 0.8% e se consideriamo la quantità importante di obbligazioni in euro che abbiamo nei nostri depositi la cosa non ci fa molto piacere. Per il momento dobbiamo prendere atto della situazione e per comprare altre obbligazioni in euro siamo sempre in tempo. Non c'è fretta.



Migliore è la situazione del settore obbligazionario in dollari (+3.78% ytd) che sconta già una possibile diminuzione di 75 bps ad un anno. Il 3 di maggio probabilmente la FED alzerà i tassi per l'ultima volta (questa è anche la nostra aspettativa) e poi vedremo se effettivamente passeranno almeno 6 mesi prima che  Powell avrà voglia di allentare il costo del denaro. 

I mercati azionari questa settimana sono stati piuttoso avari di soddisfazioni: i tre americani hanno chiuso in leggera perdita mentre gli europei si sono accontentati di aggiungere un mezzo punto percentuale circa. Per una volta brilla la Svizzera con lo Smi che chiude i 5 giorni di contrattazione al rialzo dell'1%.



Lo S&P500 fa fatica ad andare oltre l'attuale livello: il doppio massimo (lunette nere) non ci piace e l'uscita temporanea dal trend di breve periodo (cerchio rosso) suona un po' come un piccolo allarme... abbiamo lasciato, più che altro per scaramanzia, la freccia nera che punta verso l'alto ma siamo a dir la verità poco convinti. Vediamo la prossima settimana se qualche evento riuscirà a farci cambiare idea.



L'algoritmo di Ned Davis prevede per le prime settimane di maggio ancora degli aumenti prima di predersi una pausa di riflessione di una decina di giorni... sarebbe bello.



Anche il Nasdaq sembra avere qualche problema ad evolvere oltre i 12'000 punti... il doppio massimo (lunette nere) ci sembra evidente e potrebbe essere forriero anche in questo caso di una correzione. Siamo nelle mani dei dati societari che verranno pubblicati nelle prossime settimane...



La Svizzera per una volta si è comportata da prima della classe e sta addirittura cercando di evolvere sopra quota 11'460... è in netto ipercomprato e non sarà facile. Se vi sono delle coperture diremmo di tenerle aperte. Molto ovviamente dipenderà da cosa vogliono fare i soliti 3 titoli e per loro la prossima settimana sarà determinante in quanto pubblicano i dati del primo trimestre:


Novartis li espone il 25.4  e saranno determinanti al fine di ottenere una spinta che le potrebbe permettere di superare l'attuale resistenza (linea rossa). Difficile fare previsioni: lasciamoci sorprendere dai dati. Dividendo di 3.20 chf  già pagato il 9 marzo.



Nestlé staccherà il dividendo di 2.95 chf  il 24.4 e il giorno dopo sveleranno quanto hanno guadagnato nel primo trimestre. Il titolo si trova in prossimità della resistenza dinamica e non siamo certi che riuscirà a superarla. Iniziamo a prendere il dividendo...



 Il 26.4 sarà il turno di Roche e siamo molto curiosi di vedere come sono evoluti gli utili del primo trimestre. Il titolo non ha goduto della spinta degli analisti che si sono accaniti contro la società soprattutto dopo il fallimento della fase 3 del farmaco dedicato alla problematica dell'alzheimer... Vedremo inoltre su quali altri settori stanno facendo sviluppo e  speriamo di avere chiarezza sull'intera pipeline di prodotti per gli anni a venire. Dividendo di 8.20 chf già pagato il 16.3.


Buona domenica!




domenica 16 aprile 2023

Appunti domenicali

 L'altro giorno, durante il nostro briefing quotidiano, dove davanti ad un cappuccino ed una brioche (una bella abitudine che il telelavoro non riuscirà mai a portarci via...) condividiamo le letture del mattino presto,  abbiamo dovuto convenire che per il momento i mercati sono guidati unicamente dai dati macro economici e se ne infischiano degli sconquassi geo-politici che avevamo individuato ad inizio anno tra i principali rischi da tenere sotto controllo. A noi la cosa sembra strana, ma così è! Comunque non smetteremo mai di tenere d'occhio l'attuale guerra e le esercitazioni militari cinesi (con o senza munizioni da guerra... come se la cosa facesse una grande differenza...) che alle nostre orecchie suonano come una bomba ad orologeria. Potrebbe essere solo una questione di tempo.

Siamo comunque coscienti che il Mercato, cinico e facile alle assuefazioni,  sente solo quello che vuol sentire e quindi gioco forza dobbiamo tornare ad analizzare i dati di quest'ultima settimana che ci ha fornito altri tasselli che confermano il puzzle recessivo che si sta formando sotto i nostri occhi.


Mercoledì 12 aprile è stato il turno dell'attesissima inflazione americana:


Dal 6% del mese di febbraio siamo passati al 5% (atteso: 5.1%): è la nona diminuzione consecutiva e testimonia che la lotta all'inflazione procede nella giusta direzione. A tenerla ancora alta sono i servizi (in blu nel grafico) che sono strutturalmente molto appiccicosi. Per intenderci:  una volta che il vostro parrucchiere, tanto per fare un esempio, ha aumentato il suo tariffario difficilmente farà marcia indietro... Salutiamo invece con piacere il contributo negativo dei costi energetici (in arancione nel grafico),  che sono stati uno dei motori principali del rincaro; speriamo che l'Opec+, con i tagli alla produzione,  non abbia intenzione di rovinarci la festa...



Purtroppo dalla core inflation (quella che interessa maggiormente alla Fed) non arrivano buone notizie. Nulla di veramente troppo negativo, è cresciuta di uno 0.1% rispetto al mese precedente, non molto ma probabilmente sufficiente per convincere Powell e compagni ad aumentare i tassi al 3 di maggio.  Dalle minute della FED  si evince che per i gusti dei Governatori  l'inflazione è ancora troppo elevata... sta scendendo rapidamente ma comunque un aiutino, sottoforma di un aumento di un quarto di punto dei tassi direttori,  non lo si nega a nessuno. Aiutino che il mercato sconta oggi al 70% e potrebbe essere l'ultimo aumento; noi ci crediamo...

Giovedì 13 è il turno della disoccupazione americana:


...disoccupazione che sembra lentamente voler aumentare. Non di molto ma dal precedente dato (228k) si sono aggiunti 11k nuovi disoccupati soprattuto "made in California" dove sappiamo che i licenziamenti nelle Big Tech procedono a ritmo serrato. Dobbiamo comunuqe registrare un miglioramento della situazione per quanto riguardano le richieste continue di disoccupazione che rispetto al mese precedente (1823k) sono scese di 13k unità a 1810k (atteso: 1832k). In sostanza un dato compensa l'altro e gli effeti sui mercati sono stati piuttosto neutri. Attualmente il tasso di disoccupazione americano rimane ancorato a dei livelli molto bassi (3.5%) e pensiamo che la FED, un po' paradossalmente,  non sarà contenta fino a quando questo tasso raggiungerà almeno il 4.5%. 

Altro dato che fa del bene all'inflazione americana è quello dei Prezzi alla Produzione (PPI) :



Dal rivisto 4.9% si apettavano un 3% è uscito addirittura un 2.7% che riporta questa statistica ai livelli pre-pandemici. Produrre costa sempre meno e questo potrebbe significare due cose: i prodotti che acquistiamo costeranno meno (magari...!) oppure le aziende che li producono guadagneranno di più (quasi certamente...!) per il benessere futuro dei loro bilanci e delle loro quotazioni in borsa. Per il momento accontentiamoci di sapere che i costi di produzione incideranno sempre meno sul computo totale dell'inflazione.

Se è vero che i costi di produzione stanno diminuendo, è altrettanto vero che il consumatore non se n'è ancora accorto...


...infatti le vendite al dettaglio sono ancora diminuite (-1%; atteso:-0.5%; precedente: -0.2%)  seguendo un copione che dura da 5 mesi fatta eccezione dalla (incomprensibile...) fiammata di inizio anno. Un comportamento che sicuramente presto o tardi, considerato che il Pil americano è per l'80% nelle mani dei consumatori, inizierà a farsi sentire negativamente portando altra acqua negli ingranaggi del mulino della  recessione.

Come abbiamo già sottolineato la scorsa settimana, noi la recessione non la vogliamo, ma dobbiamo ammettere che i segnali premonitori ci sono ed anche il Fondo Monetario Internazionale (FMI) questa settimana ha rivisto al ribasso la crescita mondiale per il 2023 la quale dovrebbe attestarsi per fine anno al 2.8% (precedente: 2.9%):



...L'FMI non parla espressamente di recessione e ci par di capire, leggendo i numeri,  che lo scenario che prospetta sia più da soft landing. Quello che invece è piuttosto palese è il disaccopiamento tra la crescita delle economie avanzate e quella dei mercati emergenti con in testa Cina ed India. E' probabile che la crescita asincrona di queste potenze economiche aiuti a scongiurare scenari di recessione profonda ma allo stesso tempo, se le cose non dovessero cambiare, noi delle "economie avanzate" dovremmo stare molto attenti a non perdere pezzi per strada... Infatti, sempre davanti ad un cappuccino e una brioche, l'altro giorno ci stavamo chiedendo se la debolezza manifestata dal dollaro non sia un segnale anticipatore di questo sorpasso. Da tenere monitorato...




Euro/dollaro sta puntando in direzione dell'1.10 ed anche oltre... si è per il momento fermato in prossimità della resistenza a 1.10 e pare essere in ipercomprato... Se consideriamo il doppio massimo diremmo che è pronto per una correzione che potrebbe riportare l'euro ad appoggiarsi sul supporto dinamico (linea nera); saremmo comunque in presenza di una correzione di poco conto...



E' stata una settimana difficile per il dollaro anche contro chf... per il momento il differenziale di rendimento, nettamente a vantaggio del dollaro che può contare addirittura su interessi reali positivi,  non sembra entusiasmare nessuno... siamo comunque tornati ai livelli di fine 2020 e forse per un po' non dovremmo vedere il dollaro andare ancora più giù. Lo status di ipervenduto dovrebbe aiutare...



...anche se è piuttosto evidente la correlazione tra la valuta americana (in verde il dollar index) con i rendimenti  (in rosso il TB a 10 anni; nero TB 2 anni) che quando sono decrescenti tendono ad indebolirla.

Comunque più che la debolezza del dollaro ci preoccupa la forza del franco svizzero che rimane sostenuta praticamente contro tutte le altre monete... è evidente che qui c'è lo zampino della nostra Banca Nazionale che sta cercando di riequilibrare le sue riserve monetarie, che erano evidentemente troppo sbilanciate, vendendo soprattutto dollaro ed euro. 

Di certo un chf forte aiuta a non importare inflazione ma forse dobbiamo essere più attenti anche alle esportazioni che prima o poi potrebbero risentirne negativamente... La resilienza della nostra economia è cosa nota ma non possiamo sempre pensare a priori che non s'incepperà mai... 


Ad ogni buon conto il mercato si aspetta da parte della nostra Banca Nazionale ancora un rialzo di 67 basis points entro fine aprile 2024...la scorsa settimana erano ancora solo 46... se ci mettiamo i -83 bps dell'America in parte spiegano le attuali difficoltà del dollaro contro la nostra valuta.

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Venerdì ha preso avvio ufficialmente in America la stagione degli utili del primo trimestre 2023. Tradizionalmente si inizia con le grandi banche che, malgrado le turbolenze del settore, hanno riportato profitti eccezionali. In primis JP Morgan (in nero nel grafico) che con 12.6 mia di dollari nel primo trimestre è cresciuta del 52% in più rispetto allo stesso periodo del 2022. E' un po' presto per dire se lo sconquasso dei piccoli e medi istituti bancari americani abbia contribuito a questo eccezionale risultato ma è probabile che lo zampino ce l'abbia messo. Il CEO Dimon sottolinea pure che le condizioni dei prestiti (soprattutto immobiliari) sono diventate più rigide ma non se la sente di parlare di "credit crunch".  Bisognerebbe comunque  vedere cosa sta succedendo in capo a quelle 3 o 4 mila banche considerate non sistemiche dove i bilanci ci potrebbero svelare ben altro... anche in questo ambito restiamo vigili in quanto sospettiamo che la crisi non sia stata completamente superata.



Ad ogni buon conto il VIX continua a segnalare calma piatta sui mercati azionari...



Lo S&P500 ha seguito il canale ascendente che avevamo tracciato qualche settimana fa... in zona 4200 o su di lì potrebbe incontrare qualche difficoltà segnalataci dal doppio massimo che, se confermato, di norma potrebbe dare avvio ad una correzione... ma questo dipenderà anche molto dagli utili societari che a partire dalla prossima settimana saranno pubblicati ad un ritmo serrato... dita incrociate!


... oramai non siamo sorpresi più di tanto dalla qualità predittiva dell'algoritmo di Ned Davis che per il momento ci lascia tranquilli: dovremmo avere davanti a noi ancora un paio di settimane di rialzi.



Anche il Nasdaq, in attesa dei dati societari, sembra volersi prendere una pausa... E' evidente il doppio massimo sul breve periodo che deve indurre cautela. Ma se i dati sono buoni e le rese dovessero continuare a scendere è probabile che ci potrà dare ancora qualche soddisfazione.



Lo SMI fa quasi tenerezza nel suo tentativo di recuperare il terreno perso... è riuscito in effetti a superare quota 11'250 punti ma putroppo con volumi troppo bassi per i nostri gusti (freccia blu) che ci inducono alla prudenza. Per capirci:  è come quando alzate il piede dal pedale del gas dell'auto... per un po' avanza per inerzia ma se non date altro gas (nel nostro caso se i volumi rimangono bassi) inizia a perdere velocità fino ad arrestarsi (nel nostro caso il mercato perde vigore e tende a scendere). Ma per il momento...

... godiamoci la domenica!


domenica 9 aprile 2023

Primi segnali d'indebolimento

 Settimana corta, come quella che sta per incominciare, ma non meno interessante per quanto riguarda alcuni dati che sono stati pubblicati e che ci permettono di confermare, anche se non ancora a colpo sicuro,  alcuni scenari che abbiamo visto insieme di recente e che probabilmente diverranno una realtà nei prossimi mesi.

Partiamo dagli USA che come sappiamo, volenti o nolenti, fungono da centro nevralgico di tutti i movimenti economici e finanziari e che, con un qualche ritardo, si materializzeranno poi anche dalle nostre parti.  




La prima sorpesa della settimana ci viene servita lunedi 3 aprile quando prendiamo atto della brusca virata dell'ISM dei servizi che da 55 passa a 51.2 e sembra avere l'intenzione di seguire quello manifatturiero  (46.3) che si trova in contrazione già dalla fine dello scorso anno e non sembra abbia intenzione di cambiare direzione. Rammentiamo che un valore sotto il 50 signifca che il settore interessato è in flessione. Annotiamo questo primo indizio.



Anche il settore privato sembra volersi prendere una pausa prima di assumere nuovi lavoratori. Meglio, ne assume ancora ma il trend sembra calante.  Mercoledi 5 hanno pubblicato gli ADP: hanno rivisto quelli di febbraio a 261k, se ne aspettavano 210k a marzo ma la realtà è meno generosa e si ferma a 145k. Secondo indizio. 

Giovedì 6 apprendiamo che le richieste iniziali di disoccupazione sono salite a 228k (attesi: 200k; precedente rivisto 246k) mentre le richieste continue di disoccupazione sono anch'esse salite a 1823k (atteso: 1700k; precedente rivisto: 1817k) mostrando un primo, anche se timido,  allentamento del mercato del lavoro. Non proprio quello atteso dalla FED ma insomma è un terzo indizio...

Malgrado la chiusura delle borse di venerdi 7, i NFP sono comunque stati pubblicati: i nuovi posti di lavoro, esclusi quelli agricoli,  sono cresciuti di 236k unità (attesi: 239k; precedente: 326k). Sono comunque ancora tanti;  sommati a quelli precedenti,  da inizio anno negli USA ne sono stati creati oltre un milione... Non pochi ma comunque sembrano anch'essi in calo. Vorremmo considerarlo come un possibile quarto indizio.

Non possiamo ancora esserne completamente certi, ma diciamo che tre indizi e mezzo potrebbero già costituire la prova che pian piano l'economia americana si sta direzionando verso quella recessione che ci aspettiamo al più presto all'inizio dell'estate. 

E' quindi piuttosto verosimile che la FED potrebbe anche rinunciare ad aumentare i tassi durante la prossima riunione del 2-3 maggio. Se proprio vuol tagliar la testa all'inflazione sarebbe probabilmente sufficiente un aumento di un quarto di punto. Il resto lo lasciamo fare all'indebolimento dell'economia.

Ma il mercato come ha reagito? 

Diciamo che fino a giovedì sembrava avere le idee più in chiaro a riguardo di dove andranno i tassi fra un anno:


Infatti si aspettavano i rendimenti ad un anno al 3.68%, con una diminzione di 120 basis points dall'attuale livello del 4.88%...


...basis points che sono diventati (solo) 91 dopo la pubblicazione dei NFP. Ciò non toglie che la strada dei rendimenti americani ci sembra segnata.  Abbiamo iniziato la discesa (anche se non è ancora ora di allacciarsi le cinture) e se la FED, come continua a sostenere,  non abbasserà i tassi quest'anno lo farà a partire dal prossimo anno... Questo per lo meno è lo scenario che il mercato sta prezzando e chi investe in obbligazioni lo deve tener presente.



Per quanto riguarda la valuta americana, immediatamente dopo la pubblicazione degli NFP, è entrata in uno stato di fibrillazione per circa un paio di ore non avendo per nulla in chiaro quale direzione prendere;  poi è ritornata sui suoi passi ed ha chiuso non molto lontano dalla quotazione di apertura. 

A 0.9054 contro chf e 1.0904 contro euro pensiamo che, con lo scenario sopra descritto,  non sarà facile vederla ritornare un pochettino più forte. Uno scatto d'orgoglio del dollaro potremmo vederlo appena qualcuno si accorgerà del notevole spread che c'è tra i suoi appetitosi rendimenti e quelli della valuta svizzera ed europea; speriamo che basti ma non ne siamo purtroppo certi...

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Ma lasciamo per il momento l'America. Due sono le notizie che hanno attirato la nostra attenzione.

Lunedì 3 aprile l'Ufficio federale di statistica ha pubblicato i numeri dell' inflazione svizzera per il mese di marzo: a febbraio eravamo al 3.4%, gli analisti si aspettavano un dato attorno al 3.2% ma nella realtà siamo al 2.9%.  Non siamo molto lontani da quel 2% che teoricamente è il valore al quale tutte le Banche Centrali di mezzo mondo stanno puntando,  anche se probabilmente un target più verosimile, per come si stanno mettendo le cose, sarà qualche cosa attorno al 3%.


Il mercato lunedì stava ancora prezzando nei nostri confronti un aumento dei tassi da qui ad un anno di 61basis points; venerdì sono scesi a 46 e se li sommiamo agli attuali 150 bps (1.5%) arriveremo attorno al  2% che pareggia il dato inflattivo obiettivo dichiarato anche dalla nostra Banca Nazionale. 
Ma la prossima riunione della BNS è prevista solo al 22 di giugno e molte cose possono ancora cambiare. Vedremo soprattutto come si comporterà il franco svizzero, che Jordan vuole forte,  soprattutto nei confronti dell'Eurozona anch'essa non lontano dall'aver raggiunto l'apice degli aumenti dei tassi.


Per il momento il euro/chf sembra avere l'intenzione di continuare a spostarsi lateralmente con una  leggera tendenza all'indebolimento a partire da inizio aprile. Diremmo che Jordan può dormire sonni tranquilli...



Il 4 di aprile non è passato inosservato il taglio alla produzione di petrolio operato dai paesi dell'Opec+: a partire dal mese di maggio produrranno 1 milione in meno di barili al giorno. La decisione ha provocato un repentino incremento del prezzo del petrolio di 5$ e dai minimi di metà marzo l'aumento è quasi del 26%. 

Che cosa sta passando nella testa degli emiri? Probabilmente sono preoccupati di due cose:

  • E' dal giugno del 2022 che il petrolio, dopo aver raggiunto i 120$ al barile, è in declino e questo malgrado la ripresa dell'economia cinese che sappiamo essere una grossa consumatrice di petrolio. La ripresa cinese è stata compensata dalla riduzione dei consumi europei aiutati anche da un inverno più mite del previsto. In sostanza la domanda sembra essere stabile ma la tendenza, sopratutto se andremo incontro da un periodo recessivo, potrebbe anche essere quella di una diminuzione. Prima fonte di preoccupazione.
  • In barba alla transizione energetica in corso, si producono ogni giorno circa 100 milioni di barili e la tendenza è al rialzo in quanto si stanno affacciando nuovi produttori come la Guyana che sta per diventare uno dei più grossi fornitori di petrolio offshore. Pure il Brasile ci sta mettendo del suo ed ha già annunciato un aumento della produzione di circa 1 mio di barili al giorno. Potremmo continuare e questo eccesso nella produzione  presente e futura è la seconda fonte di preoccupazione che ha convinto l'Opec+ al taglio.
La domanda che ci è stata posta più volte in questi giorni è se l'aumento del petrolio potrà avere qualche influsso sull'inflazione: per il momento possiamo stare relativamente tranquilli. Infatti il petrolio è scambiato in dollari ed è dal mese di settembre che la valuta americana si sta indebolendo contro le principali monete (in rosso nel grafico) calmierando in tal modo l'effetto inflattivo. E' chiaro che se il costo del petrolio dovesse continuare a salire nei prossimi mesi potrebbe diventare un problema per le banche centrali.


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Dopo un marzo pazzerello, la calma sembra essere ritornata sui mercati azionari come sta a testimoniare il VIX che questa settimana è tornato sotto il 20...



Lo S&P500 ha tenuto bene i 4000 punti e sembra intenzionato a continuare la sua salita: la prossima settimana (venerdì) inizia formalmente la pubblicazione degli utili del primo trimestre ed ammettiamo che siamo interessati a vedere se sono già evidenti i segnali di un certo rallentamento.
Attenzione: non stiamo facendo, come potrebbe apparire, il tifo per la recessione solo per la soddisfazione di poter dire "l'avevamo prevista!". Noi la recesione proprio non la vogliamo vedere ma, purtroppo, sono troppi i segnali che ci indicano che stiamo andando in quella direzione. Vorremmo essere smentiti.


Dopo tanto penare da inizio anno, per una volta lo SMI è stato prodigo di soddisfazioni! Siamo quasi a ridosso dei 12'500 punti e non vi nascondiamo che avevamo quasi perso le speranze. E' vero che i volumi (freccia blu) non sono stati eccezionali ma non andiamo sempre a cercare il pelo nell'uovo. Saranno importantissimi se il nostro indice si deciderà a superare appunto quota 12'500;  un superamento che per essere significativo dovrà avvenire obbligatoriamente con volumi importanti... se così non fosse dovremo prestare un po' di attenzione a delle improvvise correzioni... ma questa è musica per il futuro. Per una volta godiamoci il momento!


La buona performance dello SMI è dovuta in gran parte a Roche, Novartis e Nestle... proprio loro...


Cosa abbia convinto gli investitori a risalire sul carro della Roche proprio ci sfugge (probabilmente il suo stato di ipervenduto che durava da settimane) ma ci rallegriamo per il colpo di reni che in pochi giorni ha porato il titolo, un po' paradossalmente, ad essere tecnicamente quasi in ipercomprato. Di strada da fare ne ha molta; putroppo non ha dalla sua parte i giudizi degli analisiti che ultimamente sono stati con questa società parecchio severi, ma noi non disperiamo... non hanno mica smesso di fare ricerca. Serve pazienza.



Ancora un paio di franchi e Nestlé potrebbe essere pronta per la vendita avendo raggiunto la sua resistenza... vedremo che aria tira la prossima settimana.



Negli ultimi due anni, arrivata a 87 o sù di lì, il titolo Novartis è stato sistematicamente venduto... sarà così anche questa volta? Probabile, ma se riesce a superare quota 87 potremmo anche ambire a quotazioni che si potrebbero avvicinare ai 95-100 franchi. Venderne la metà, soprattutto se ne avete molte, non è comunque un errore.


Buona Pasqua !