domenica 2 aprile 2023

Il primo trimestre è già finito!

 Partiamo da una semplice constatazione: il primo trimestre del 2023 è già finito e non ce ne siamo quasi accorti... Mai capito se questa relatività del tempo è una buona cosa!

Comunque sia, nel ristretto spazio di 90 giorni,  abbiamo visto di tutto un po': le borse di mezzo mondo, nel tentativo di recuperare la brutta figura rimediata nel 2022, sono partite a razzo per poi schiantarsi dopo qualche settimana contro l'imponente muro dei tassi di interesse che in fretta e furia è stato eretto per proteggerci da una inflazione dannatamente appiccicosa. Il settore obbligazionario segue a ruota. 

Medesima sorte e per i medesimi motivi è toccata pure al settore bancario che negli USA lascia sul terreno 3 banche fallite ed in Svizzera costringe ad una maxi fusione due colossi che di nome fanno UBS e CS... Chi l'avrebbe mai detto! Insomma,  per debellare la rediviva inflazione, si è rischiato un nuovo dissesto bancario che sa tanto di dejà vu.

Ad onor del vero l'ultima settimana di questo movimentato trimestre è passata stranamente senza troppi scossoni: i volumi sono bassi, il vix è tornato sotto il 20, il che sta a significare calma piatta,  e probabilmente il tutto si giustifica, come ha sottolineato un giornalista del Barron's, facendo ricorso alla botanica:  "la primavera è alle porte ed i traders saranno impegnati ad annusare le rose." Forse sarà anche così, ma noi qualche dubbio a tal proposito ce l'abbiamo... 

E' più probabile che, a spazzar via il panico da dissesti bancari e ridare un po' di smalto alle borse ed ai mercati obbligazionari, sia stata la pubblicazione di una serie di dati macro che finalmente stanno iniziando ad andare nelle giusta direzione lasciando presagire che la stagione dei rialzi dei tassi sta quasi per finire.



Tra giovedì e venerdì sono stati resi noti i dati sull'inflazione dei principali paesi europei: la rappresentazione grafica parla chiaro. Finalmente si scende! 



Soprattutto in Spagna, quarta economia europea, il calo è evidente: dal 6% al 3.9%.  E' quasi un dimezzamento!  Un risultato degno di nota ottenuto grazie alla riduzione dei costi energetici e delle materie prime che, come abbiamo sempre sottolineato, sono stati i principali motori del rincaro nel nostro continente.


Infatti i costi dell'energia continuano a scendere soprattutto trainati del prezzo del gas in netto calo. L'indice Bloomberg dei costi energetici è in un chiaro e continuo trend ribassista ed oramai siamo persino andati, con una certa decisione, sotto il livello che ha preceduto l'attacco della Russia all'Ucraina (vedi punto rosso)



Un discorso analogo è valido anche per le materie prime...

Purtroppo rimane da risolvere il nodo della core inflation (quella epurata dai costi di cibo ed energia) che rimane in tutti i Paesi sempre piuttosto elevata e che potrebbe convincere le banche centrali europee ad incaponirsi con gli aumenti dei tassi  anche se con un po' di pazienza, come abbiamo già sottolineato la scorsa settimana, un colpo di mano potrebbe arrivare dal credit crunch effettuato quasi certamente dalle banche: le restrizioni creditizie di solito ottengono i medesimi effetti di un aumento dei tassi.

Venerdì abbiamo preso nota che il PCE americano Anno su Anno è al 5% (atteso: 5.1%; precedente: 5.4%) e conferma quello che è il trend generale dell'inflazione americana anch'essa al ribasso da svariati mesi. Rammentiamo che il PCE (Personal Consumption Expeditures) è un indicatore delle pressioni inflazionistiche (quello preferito dalla FED) che viene calcolato utilizzando un paniere di beni e servizi rivisitato di mese in mese in base alle abitudini di spesa dei consumatori ed è quindi molto più aderente alla realtà che non il CPI che utilizza un paniere che si rinnova di norma ogni due anni. 

Come al solito registriamo l'eccellente stato di salute del mercato del lavoro americano: i Jobless Claims di giovedì sono saliti a 198k (atteso: 195k; precedente: 191k) con una leggera variazione di 7k unità. Per il momento quindi non si vedono apparenti problemi di disoccupazione ma c'è un dato che sta per raccontarci un'altra storia. 

Ammettiamo la nostra ignoranza,  ma fino ad oggi non avevamo ancora sentito parlare del WARN Act. Siamo andati sul sito del dipartimento del lavoro americano e scopriamo che "Il Worker Adjustment and Retraining Notification Act (WARN) protegge i lavoratori, le loro famiglie e le comunità richiedendo ai datori di lavoro con 100 o più dipendenti (...)  di fornire un preavviso scritto di almeno 60 giorni di calendario per la chiusura di uno stabilimento e per il licenziamento di massa di 50 o più dipendenti in una singola sede di lavoro. Il preavviso dà ai lavoratori e alle loro famiglie un po' di tempo per adattarsi alla perdita del lavoro, per cercare e ottenere un altro lavoro e, se necessario, per partecipare a corsi di formazione o riqualificazione che consentano loro di competere con successo sul mercato del lavoro."

Ebbene negli ultimi mesi gli avvisi WARN sono in costante e rapida crescita anticipando probabilmente l'aumento della disoccupazione.  E' forse il segnale che sta aspettando la FED e che potrebbe convincerla a desistere da ulteriori rialzi che accentuerebbero la recessione che già sembra essere alle porte.

***

Come ad ogni fine trimestre dobbiamo prepararci alla pubblicazione degli utili societari dei componenti dello S&P500 che prende avvio fra una quindicina di giorni, come da tradizione, con i numeri delle grandi banche. Numeri che questa volta, ne siamo certi, verranno non solo analizzati ma pure radiografati! Si inizia il 14.4 con JP Morgan, il 18.4 è il turno di Goldman Sachs e Bank of America, mentre il 19.4 sapremo com'è messa Morgan Stanley.  

Ma cosa dobbiamo aspettarci per il primo trimestre e i successivi?

Purtroppo per il trimestre appena concluso ci dobbiamo mettere il cuore in pace e probabilmente ci sarà una replica del trimestre precedente (Q4 22) che già si era distinto per una crescita negativa del 3.2% alla quale si deve aggiungere quella attuale quantificata in un -5.66%. Sorprende invece, infischiandosene delle cassandre recessioniste, che sia prevista una crescita per il secondo trimestre 2023 del 7.03% e stessa sorte per il terzo trimestre che potrebbe crescere di un ulteriore 4.23%. Si spiegherebbe come mai i mercati azionari si stanno già portando avanti con i lavori...




... con aumenti di 5-6 punti percentuali dalla settimana precedente. A giudicare da come reagiscono le borse (ma non solo) è abbastanza probabile che stanno già mettendo in conto che i  prossimi rialzi dei tassi saranno contenuti. Se poi vi saranno anche utili societari in aumento per il secondo e terzo trimestre (ovviamente recessione permettendo) il quadro che ci si presenta davanti è a tinte meno fosche  di quello di un paio di settimane fa.



Lo S&P500 (+7.03 ytd) sembra aver ritrovato un po' dello slancio di inizio anno: ha bucato al rialzo tutte e tre le medie mobili (50,100 e 200 giorni) e sta navigando in direzione dei 4200 punti; poi vedremo se avrà la forza di andare oltre. Avremmo gradito che questo rialzo avviatosi alla metà di marzo fosse seguito anche da volumi crescenti, in modo tale da confermare la direzionalità del movimento, ma non è putroppo stato il caso. Per contro venerdì segnaliamo un'attività piuttosto sostenuta che se confermata anche durante la prossima settimana sarebbe un ottimo auspicio. Ci stiamo avvicinando ad un RSI (62.8) che sta raggiungendo la zona di ipercomprato ma per il momento, proprio a causa dei volumi calanti dei giorni scorsi, non ci preoccupa più di tanto.


Anche l'algoritmo di Ned Davis conferma il trend rialzista... se ha ragione, avremo davanti a noi un mese di aprile piuttosto interessante... vedremo.



Il Nasdaq (+16.77% ytd), che si è riportato vicino ai massimi dell'anno, sembra anticipare la fine dei rialzi dei tassi (che tanti danni hanno causato lo scorso anno...) e probabilmente la prossima settimana potrebbe anche salire verso i 12'500 punti dove poi si prenderà una piccola pausa prima di tentare di andare oltre. I volumi degli ultimi giorni sono stati leggermente ascendenti e questo non ci dispiace. Ovviamente siamo molto curiosi di vedere come gli utili di questo settore si sono sviluppati nel primo trimestre... Non dimentichiamoci che, proprio per mantenere ad un certo livello i guadagni, hanno licenziato parecchia gente... Sarà pure importante considerare la retorica utilizzata per descrivere gli scenari futuri: si replicherà quella di inizio anno (dove i toni erano piuttosto cupi) oppure ci saranno delle novità? L'indice Nasdaq sembra anticipare qualcosa...



Il mercato ha sempre guardato l'indice EuroStoxx 50 (+13.74% ytd)  con una certa sufficienza: da anni è  considerato sottoquotato ma non è mai veramente riuscito ad esprimere tutto il suo potenziale. In realtà è forse l'indice che più ci ha sorpreso e senza che quasi ce ne accorgessimo si trova ad un niente dai massimi di dicembre 2021; significa aver quasi recuperato le perdite dello scorso anno. A questo livello comunque è da comprare solo se avrà la forza di issarsi sopra i 4400 punti.



Terminiamo gettando un'occhiata al nostro indice SMI (+3.51% ytd): che dire? se non ci fosse stata la buona notizia su Novartis probabilmente saremmo ancora vicini ai valori di inizio anno... ciò non toglie che questa settimana ha superato al rialzo tutte e tre le medie mobili, i volumi non sono stratosferici ma comunque un po' di movimento c'è stato... Vedremo se la prossima settimana avrà la forza di issarsi sopra gli 11'250 punti: sarebbe importante in quanto forse si riuscirebbe ad uscire dal movimento laterale (10530-11250) avviatosi nel giugno 2022... ma,  per il momento,  restiamo la Cenerentola d'Europa e questo ovviamente non ci piace!

Salutiamo con piacere il rientro di Ermotti in UBS in qualità di CEO: ha esperienza da vendere ed è uno che la banca la conosce partendo dalle sue radici... è quel che ci vuole per portare a buon fine l'integrazione del Credito Svizzero. Non sarà un compito facile ma siamo confidenti. Seguiremo ovviamente la fusione (se fusione sarà...) delle due banche molto attentamente e vi terremo informati.

Buona domenica!

PS: per coloro che hanno seguito la vicenda Deutsche Bank segnaliamo che in effetti sono bastati acquisti di CDS per 5 milioni di euro per farne esplodere il valore sottolineando quanto poco liquidi possono essere questi strumenti. Putroppo l'attacco a DB ha causato perdite miliardarie amplificate (e questo sta diventando un problema...anzi, già lo è) dalle chat dei social media finanziari.

L'argomento è stato ripreso questa settimana anche dall'Economist che sottolinea come "Le turbolenze bancarie, che nelle ultime settimane hanno mandato in crisi una manciata di istituti di credito americani ed europei , hanno una nuova caratteristica. L'uso dei social media e delle app di messaggistica, che diffondono le informazioni alla velocità della luce ad un gruppo sempre più ampio di persone generando spesso il  panico, segna una rottura rispetto alle crisi del passato. Questi  nuovi strumenti della finanza digitale, consentono ai clienti nervosi delle banche di ritirare i fondi in un men che non si dica,  e questo lo fanno indistintamente  dagli uffici di San Francisco o dalle piste da sci di Saint Moritz." Amplificando in tal modo, diremmo noi, le crisi bancarie che sempre più spesso vengono alimentate dalla mancanza di fiducia dei clienti grandi o piccoli che siano.

 



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