E' da un paio di settimane che ci stiamo chiedendo se il momento positivo delle borse americane ed europee può continuare ancora per un po'. Ma prima di addentrarci nella giungla dei numeri e dei grafici vorremo condividere con voi un interessante articolo, a firma Vito Lops, apparso l'altro giorno sul Sole24Ore che ci mette sull'attenti come quello che stiamo vivendo sia il "the most hated rally" della storia. Condensiamo in qualche punto franco il suo ragionamento:
- E' indubbio che quest'anno sia i mercati americani (S&P500: + 14.57% ; Nasdaq: +30.52%) che quelli europei (Stoxx50: + 11.19%) hanno messo a segno una performance di tutto rispetto.
- Perché quindi siamo in presenza del rally più odiato? Semplicemente perché molti gestori non vi hanno fondamentalmente partecipato.
- Il motivo di questa mancata partecipazione? I dati macro stanno anticipando la recessione più annunciata della storia.
- L'arrivo della presunta recessione, abbinato alla rigida politica monetaria delle Banche Centrali, ha indotto i gestori a muoversi con prudenza e quindi non sono stati in molti ad essere riusciti a far combaciare le loro performances all'esuberanza degli indici. (Inoltre, aggiungiamo noi, si doveva soprattutto avere in deposito quella manciata di titoli legati in un qualche modo all'intelligenza artificiale oppure si doveva lavorare solo con fondi indicizzati o etf.)
- Diventa sempre più difficile e pericoloso cercare di sfruttare questo rally, soprattutto ora che il mercato azionario non offre più alcun premio per il rischio che l'investitore deve correre quando acquista un'azione: in America, i rendimenti a breve (5.4%) sono oramai più alti del dividendo medio dello S&P500 (1.57%).
Putroppo dobbiamo ammettere che Lops non ha tutti i torti: chi si è mosso con prudenza non può essere troppo contento delle performances raggiunte... Ma l'anno non è ancora finito e se gettiamo un'occhiata alla situazione macro di questa settimana, un cauto atteggiamento nei confronti dei mercati non è da disdegnare...
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Ma veniamo a noi. Partiamo da lunedì 3 luglio, quando l'ufficio federale di statistica ci informa che per il mese di giugno l'inflazione in Svizzera, attesa all'1.9%, è stata misurata all'1.7%* a dimostrazione del fatto che un po' ovunque il rincaro sta diminuendo. Ci sarebbero un mucchio di Banche Centrali che farebbero carte false per avere un'inflazione a questo livello, livello che probabilmente nella stragrande maggioranza dei casi metterebbe fine alla politica monetaria restrittiva ma non nel nostro Paese: con l'inflazione di cibi e bevande al 5.1%, secondo Jordan, non è il momento di abbassare la guardia... a settembre si salirà di un altro 0.25%.
* era a febbraio: 3.4%; marzo: 2.9%; aprile: 2.6%; maggio: 2.2%
Martedì 4 abbiamo tutti partecipato, almeno idealmente, alla festa nazionale americana: sui mercati regnava una calma piatta come non la si vedeva da anni...
Dal torpore ci ha risvegliato la pubblicazione mercoledì 5 delle Minute della FED dove, in ordine sparso, veniamo a sapere che:
- Alcuni governatori della FED avrebbero fortemente voluto aumentare i tassi anche a giugno; comunque la decisione di prendersi una pausa, evitando l'ennesimo ritocco verso l'alto, è stata votata all'unanimità.
- Il mercato del lavoro è ancora decisamente troppo rigido (e forse, come vedremo fra poco, non hanno tutti i torti).
- La FED considera le prospettive economiche "complesse": è probabile che assisteremo ad una recessione (per lo meno tecnica) tra ottobre 2023 e marzo 2024, recessione che, se non troppo profonda, a nostro giudizio potrebbe anche essere gradita in quanto affiancherebbe, in un'ottica di lotta al rincaro, il lavoro portato avanti da Powell e compagni.
- Dal dot plot si evince che non possiamo escludere che altri 2 aumenti dello 0.25% siano messi in atto ancora quest'anno. Insomma, c'è ancora del lavoro da fare e nel frattempo i rendimenti dei Treasury continuano a salire: quello a 2 anni l'altro giorno è tornato per un attimo sopra il 5%:
In effetti prima o poi i mercati azionari dovranno accorgersi che senza eccessivi rischi si può guadagnare bene... Se non erriamo, tutti i manuali di finanza sottolineano che quando il premio di rischio è a zero o addirittura negativo non possiamo attenderci molto dal mondo azionario. Se così non fosse molti manuali andrebbero riscritti... Per la cronaca il rendimento dello S&P500 per i prossimi 12 mesi è dell'1.57% a fronte di quasi un 5% del TB a 2 anni ovverosia più di tre volte tanto...
Già che si siamo, anche perché ci sembra di non averlo mai fatto, diamo un'occhiata ai rendimenti del Bund tedesco:
L'inversione dei tassi in Germania è avvenuta solo nel mese di novembre 2022 e lo spread tra il decennale (2.61% in nero) e il due anni (3.25% in rosso) si è allargato solo qualche settimana fa quando si è capito che la Lagarde, con gli ulteriori aumenti dei tassi, fa sul serio. Il rendimento dell'Eurostoxx 50 a 12 mesi è del 3.50% ed è solo per un soffio superiore a quello dei Bund a 2 anni ma forse non per molto... Facciamo attenzione anche con le borse europee.
Situazione non molto diversa per le obbligazioni della Confederazione Svizzera dove l'inversione dei tassi è avvenuta solo a fine maggio 2023: tra il decennale (1.05% in nero) e il due anni (1.26% in rosso) lo spread è ancora contenuto e, considerato che il mercato si attende un solo ulteriore aumento dello 0.25%, non dovrebbe allargarsi più di tanto. Quello che è difficile da comprendere è che tra il dividendo a 12 mesi dello SMI, che si situa al 3.15%, ed il rendimento del 2 anni della Confederazione all'1.26%, la differenza è notevole e dovrebbe a maggior ragione drenare liquidità verso il nostro mercato azionario... Purtroppo, come vedremo dopo, per il momento NON è così. Veramente anomalo.
Ma torniamo ai dati macro della settimana. Giovedì 6 quelli americani sono stati interessanti:
- gli ADP, che misurano le nuove buste paga del settore privato americano, sono soprendenti: dalle 267k del mese di maggio erano attese in diminuzione a 220k. Con 497k (!) nuove buste paga la realtà è ben diversa ed il dato sarà certamente andato di traverso a Powell. Effetto sui tassi: al rialzo.
- Initial Jobless Claims: 248k (attesi: 245k; precedente: 236k), qualche disoccupato in più delle aspettative ma poca roba. Per attirare l'attenzione della FED e farle cambiare politica monetaria ci vuol ben altro, putroppo... Effetto sui tassi: al rialzo
- Jobs opening per maggio: 9.8 mio (atteso: 10 mio; precedente: 10.3). Ci sono ancora troppi posti di lavoro vacanti. Effetto sui tassi: neutro
Sono usciti un pochettino meglio i dati di venerdì 7:
I nuovi posti di lavoro non agricoli creati sono 209k, in leggero ma costante declino (attesi: 240k; precedente: 306k); effetto sui tassi: al ribasso. La disoccupazione è ferma al 3.6% (atteso: 3.6%; precedente: 3.7%); effetto sui tassi: al rialzo. C'è troppa gente che guadagna e di conseguenza spende. Positivo in ottica inflazione è la costante discesa delle paghe orarie che a giugno sono aumentate del 4.4%, appena abbastanza per coprire l'inflazione ma non di più. Effetto sui tassi: moderatamente al ribasso.
Riassumendo: i dati macro di questa settimana nella loro sostanza giustificano ancora degli eventuali aumenti dei tassi. A breve sapremo come la pensano effettivamente sia la FED (26.7) che la BCE (27.7). Altra data importantissima da segnare nel calendario: il 12.7 conosceremo di quanto è diminuita (speriamo) l'inflazione americana: è attesa al 3% (precedente: 4%).
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Ci stiamo avvicinando a grandi passi alla pubblicazione dei risultati aziendali del secondo trimestre. Un paio di brevi annotazioni ci sembrano utili:
- Secondo le stime di FactSet, gli utili dello S&P500 per il secondo trimestre dovrebbero diminuire del 6.8% su base annua. Recentemente solo il secondo trimestre del 2020 (-31.6%) ha fatto peggio ma eravamo in piena emergenza Covid. Poi gli analisti vedono una crescita dello 0.4% per il terzo trimestre e addirittura un +7.9% per l'ultimo trimestre di quest'anno: se effettivamente, come si aspetta la FED, l'economia USA dovesse entrare in una recessione, facciamo un po' fatica a comprendere come sia possibile una simile ripresa... quando l'avremo capito ve lo faremo sapere. Se comunque le stime di FactSet sono corrette, possiamo calcolare che la crescita degli utili per tutto il 2023 non supera lo 0.9%. Ricordiamoci che la performance dello S&P500, una volta anestetizzato l'effetto dei titoli legati all'Intelligenza Artificiale, è stata solo dell'1.3% ytd e ci sembra coerente con una crescita degli utili non eccezionale...
- Torniamo in Europa: Refinitiv ha calcolato che gli utili dello Stoxx600 per il T2 è del -8.2%, altri analisti sono meno severi e calcolano un -6.8%. Spiegano le loro stime al ribasso alludendo al fatto che l'economia europea è molto influenzata da quella cinese che, come sappiamo, non sta vivendo una fase di crescita molto felice: importano meno e soprattutto hanno deciso di tenersi le terre rare esportandole con il contagocce... questo potrebbe essere un grande problema non solo per l'industria dei semiconduttori. Sta a vedere che la battaglia per il controllo di questo genere di materie prime particolari potrebbe trasformarsi in un mezzo cigno nero...
Nella tabella sottostante abbiamo riportato le date di pubblicazione degli utili di quei titoli che hanno movimento lo S&P500 da inizio anno. Una delusione oppure una sorpresa positiva legata ai profitti del secondo trimestre potrebbe far muovere il mercato in modo importante. Meglio tenerle d'occhio...
La maggior parte degli utili si concentrano verso fine mese, quasi in concomitanza con la riunione della FED... meglio così. Per Netflix, Amazon e Nvidia (!) le aspettative di utili consistenti sono piuttosto alte: risultati deludenti potrebbero portare della volatilità difficile da controllare.
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La settimana borsistica non è stata facile da decifrare ed abbiamo l'impressione che i mercati abbiano effettivamente bisogno di sapere se i risultati del secondo trimestre sono in discesa, come nelle aspettative, oppure se la realtà è meno peggio delle stime elaborate dagli analisti. In ogni caso una correzione a questi livelli sarebbe comunque salutare e riporterebbe lo S&P500 lontano dalla zona di ipercomprato dove ancora oggi si trova. Il piccolo doppio massimo (in rosso) intravisto la scorsa settimana sembra effettivamente esserlo (avevamo qualche dubbio...) e giovedì siamo andati a coprire un piccolo gap che si era formato la scorsa settimana. Ora che il gap è chiuso teoricamente siamo pronti a ripartire ma, come detto, non prima di aver preso conoscenza il 12.7 dello stato dell'inflazione americana e dei risultati del T2. Cosa indica il ? in rosso? Nulla di particolare, semplicemente rispecchia il nostro stato d'animo quando non sappiamo bene dove possono andare i mercati...
Chi non sa neppure cosa sia uno "stato d'animo" è di certo l'algoritmo di Ned Davis che tira dritto per la sua strada. Vedendo il grafico ci vien voglia di dire "Messieurs, les jeux sont faits! Rien ne va plus..." Se ancora una volta lo schema ha ragione, d'ora in poi per lo S&P500 è solo spostamento laterale. A queste condizioni, se qualcuno vuole mettersi in sicurezza alleggerendo la parte azionaria, noi non ci opponiamo. Ricordiamoci che la liquidità inizia a rendere, soprattutto in dollari, meno in euro, una miseria, purtroppo, in chf.
Anche il Nasdaq sembra aver fatto un piccolo doppio massimo... pure lui rimane incollato nei pressi della resistenza in zona 13'850 punti, quasi fosse in attesa di qualcosa... probabilmente dei risultati; come abbiamo già visto i più importanti appariranno solo verso fine mese.
Per quanto riguarda l'Eurostoxx50 se non avete comprato, poiché il livello dei 4'440 punti non è stato superato, avete fatto bene. Ora siamo seduti su di un leggero supporto a quota 4220 punti. Cosa succederà la prossima settimana è difficile da dire: siamo rimasti negativamente impressionati dalla forte correzione di giovedì, correzione che in parte è continuata anche venerdì mattina e che si è leggermente raddrizzata solo nel pomeriggio. Quale sia stata la causa di un simile sell off non riusciamo a spiegarlo e temiamo di essere in buona compagnia. Sarà il clima vacanziero, dove bastano poche operazioni per ottenere una reazione sovradimensionata... può essere, ma spesso è quel che si dice quando non si sa cosa dire... Se qualcuno ha le idee maggiormente in chiaro si faccia avanti.
Buio pesto anche per quel che concerne la borsa svizzera (SMI: +1.36% ytd): non riusciamo a comprendere per quale diavolo di un motivo gli operatori si stanno accanendo in modo così puntiglioso contro Roche (-8.71% ytd), Nestlé (-2.31% ytd), Novartis (venerdi -3.15%) e Zurigo (-7.19% ytd). A parte il down grading di Citi che ha declassato il titolo Zurigo da buy a hold (non a sell !), per tutte le altre società di notizie non ve ne sono... Il supporto dei 10'700 punti non è lontano (manca un punto e mezzo) e quindi correre ai ripari con una protezione non ci sembra il caso. Siamo in chiaro ipervenduto: di norma presto potrebbe esserci un rimbalzo che a questo punto è più che auspicabile!
Abbiamo già sottolineato come il rendimento generale dello SMI sia al 3.15%. Anche Roche rende 3.58%; Nestlé: 2.95%; Novartis: 3.26%; Zurigo: 4.51%. Non ci pare che ci si possa lamentare, soprattutto con il risk free a 2 anni all'1.26% ed il decennale all'1.06%. Non dovrebbero essere così tartassate...
Azzardiamo una spiegazione. Prendiamo il Nikkei (+24.12% ytd) che quest'anno ha preso il volo grazie ad una consistente svalutazione dello yen:
Il Nikkei (linea blu) ha iniziato ad impennarisi a fine aprile in corrispondenza con l'indebolimento dello yen contro dollaro (linea nera) e dello yen contro chf (linea verde).
Analogamente il rafforzamento del franco svizzero (linea nera contro dollaro) sembra abbia spedito il nostro SMI (linea blu) al ribasso. Ringraziamo la Banca Nazionale Svizzera che a tutti i costi sta vendendo le sue riserve di valuta estera per mantenere forte il chf... è vero che un franco forte ci ha messo al riparo da una inflazione decisamente perniciosa ma non ha di certo favorito lo SMI...
Diremmo che ci possiamo anche fermare qui. Buona domenica!
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