domenica 29 ottobre 2023

Mercati sotto pressione

Ci siamo lasciati la scorsa settimana, un po' frettolosamente e ce ne scusiamo, con l'idea che sul fronte di guerra israelo-palestinese si stesse per muovere qualche cosa di importante... non che non stia accadendo nulla, non fraintendeteci, ma circolava insistente la notizia che, al nord della striscia di Gaza, un intervento militare in grande stile da parte delle truppe israeliane non era da escludere... Siamo ancora in una fase di attesa, i mercati ne sono consapevoli,  ma avendo una certa idiosincrasia nei confronti delle incertezze,  hanno passato la settimana sul chi vive. Inoltre un allargamento del conflitto è possibile in ogni momento;  l'intervento americano in Siria ne è la conferma: per il momento sembra senza troppe conseguenze ma la situazione potrebbe evolvere non necessariamente nella direzione che tutti noi auspichiamo... 

Abbiamo iniziato ad abbozzare i nostri Appunti venerdì nel tardo pomeriggio. Nel frattempo durante il fine settimana in effetti qualche cosa di serio si sta muovendo come ci si aspettava: le comunicazioni sono interrotte, internet è saltato e soprattutto ci sono infiltrazioni di carri armati e truppe a nord di Gaza che spostano il conflitto su di un altro livello... vedremo domani quale sarà la reazione dei mercati anche se francamente, considerato quanto sta accadendo, è l'ultima cosa che ci vien da pensare...



Comuque sia il famigerato indice della paura (VIX) è incollato alla riga del 20 e, considerati i nervi tesi, basterà un nonnulla per farlo salire a 30 o sù di lì. Fino a quando questa tensione non troverà il modo di alleggerirsi, saremo confrontati con dei mercati piuttoso irrequieti e tendenti quasi tutti al ribasso come spesso succede in una fase di risk off

Dovremo avere ancora un po' di pazienza,  ma se c'è stata l'accortezza di tenere una parte del portafoglio in liquidità, vi saranno ottime possibilità di rientro; di questo ne siamo certi. Per fortuna a noi la liquidità non manca... e la pazienza pure.

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In Europa giovedì 26.10 la giornata è stata dominata dall'attesissima riunione della BCE ma, per comprendere a fondo le decisioni che sono state prese dal direttorio della Banca Centrale Europea,  è utile dare un'occhiata al grafico seguente:


Come abbiamo già visto più di una volta, i PMIs sono indici che forniscono in tempo reale lo stato di salute del settore manifatturiero o dei servizi di una nazione. Quando questi indici fluttuano al di sotto del 50,  segnalano una contrazione dell'attività economica che spesso potrebbe sfociare anche in una recessione. 

Nel nostro caso, se l'attività manifatturiera americana è in prossimità del 50 (beati loro), non possiamo dire lo stesso di quella europea dove il trend è chiaramente al ribasso e sotto il 50 ci siamo andati da un bel pezzo. Non vi sarà sfuggito che il dato peggiore, e non di poco, è quello tedesco... ancora oggi facciamo fatica a crederci! Una Germania in recessione non piace a nessuno; le conseguenze sono facilmente immaginabili...

Ma torniamo a giovedì 26: la BCE, dopo 10 rialzi consecutivi, si è concessa una pausa di riflessione evitando l'undicesimo rialzo;  con i dati che abbiamo appena visto non è stata una sorpresa.  

Ma come ha giustificato una tale decisione la Lagarde? Ridotto all'osso il suo intervento pubblico è riassumibile come segue:

  • Qualcuno si è divertito a spolpare il suo discorso e pare che abbia utilizzato ben 9 volte,  in tutte le sue varianti,  il termine "debole" riferendosi alle condizioni dell'economia europea.
  • La contrazione della produzione manifatturiera non le piace affatto ed inizia a vedere un fenomeno simile affacciarsi anche nel mondo dei servizi...
  • L'impatto dei 10 aumenti dei tassi comincia a farsi sentire... in effetti, come da manuale, ci vogliono non meno di 12/18 mesi prima che gli aumenti facciano il loro effetto...
  • Ha salutato con piacere il netto calo dell'inflazione europea di settembre al 4.3% (in effetti un anno fa era oltre il 10%) ma "è assolutamente prematuro discutere di un taglio dei tassi di interesse".  Insomma, il mantra dell' "higher for longer" è stato ribadito.
Ci sembra abbastanza chiaro che la BCE si sta accorgendo che la nostra economia sta entrando in un periodo di contrazione tale da suggerisce un approccio più cauto nell'uso della leva rialzista dei tassi. Se non vogliamo che il paziente muoia sotto i ferri, bisognerà continuare ad operare con grande circospezione.
Ci verrebbe quasi da pensare che potremmo anche finirla qui con i rialzi,  ma forse è un pelino troppo presto per poterlo dire. Di sicuro di ribassi non ne vedremo almeno fino a quando l'inflazione in Europa non sarà scesa sotto l'attuale rendimento del Bund a 2 anni che venerdì si attestava al 3.03% e se proprio quest'inflazione s'intestardisce a restare dov'è (4.3%) aspettiamoci che sarà il rendimento del Bund a 2 a salire...
Con ogni probabilità la Lagarde spera che il "lavoro sporco" ora lo faccia la recessione in corso e che, senza dover ulteriormente aumentare i tassi,  il rincaro scenda in direzione di quel 2% che è un po' l'obiettivo dichiarato di tutte le banche centrali. Non fosse il caso, come detto, dovremo accettare di vedere i rendimenti salire ben oltre il 3... 

***

Facciamo ora un salto dall'altra parte dell'Atlantico dove, durante la settimana, sono stati pubblicati una serie di dati che illustrano lo stato di un'economia americana che, all'opposto di quella europea, sembra scoppiare di salute. Vediamo i principali:
  • 25.10: vendita di nuove case (sett.) : 759k  (atteso: 680k; precedente: 676k)
  • 26.10: PIL terzo trimestre             : 4.9% (atteso: 4.7%; precedente: 2.1%)
  • 26.10: Initial joless claims (21.10)  : 210k (atteso: 207k; precedente: 200k)
  • 26.10: Odini beni durevoli (sett.)    : 4.7% (atteso: 2.0%; precedente: -0.1%)
  • 27.10: PCE index yoy                     : 3.4% (atteso: n.a.    ; precedente: 3.4%)
  • 27.10: core PCE index yoy             : 3.7% (atteso: 3.7%; precedente: 3.8%)
Dunque, ragioniamo ad alta voce: in America stanno comprando case come non mai malgrado i tassi di interesse ipotecari navigano tra il 7% ed il 9% delle ipoteche a 30 anni (per intenderci se vuoi comprare una casa da 1 mio di $ con una ipoteca di 700'000 $ per 30 anni al tasso del 9%,  significa che al costo della tua casa devi aggiungere 1'890'000 $ di interessi... speriamo che abbiamo fatto bene i conti... oppure che il mercato immobiliare continui a tirare...). 
Il PIL è cresciuto nel terzo trimestre al 4.9%! (su base annua)... siamo in America non i Cina... Considerato che l'80% di questo numero è prodotto dai consumi, significa che hanno speso una valanga di denaro... dato confermato anche dagli ordini di beni durevoli (+4.7%) ben oltre le aspettative e che indicano una notevole fiducia dell'americano nei confronti della sua economia. 
C'è da sperare che per comprare tutto questo ben di Dio il denaro arrivi, come continua a segnalare un mercato del lavoro particolarmente florido, dai guadagni da attività lavorativa (i salari per intenderci) e non, come si potrebbe sospettare, da un aumento indiscriminato del debito personale.
Ciliegina sulla torta: tutto questo spendere, apparentemente non ha scostato di un granché quel PCE index che come sappiamo è l'indicatore di inflazione preferito  dalla FED. Anzi, proprio non si è mosso!

Insomma, quello che se ne ricava è un'immagine da paese dei balocchi dove tutti spendono e l'inflazione rimane al palo... Troppo bello vero? Ma è quello che i numeri apparentemente ci stanno dicendo...

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Durante la settimana sono stati pubblicati i dati aziendali del terzo trimestre di un gran numero di società ed anche in questo caso le aspettative degli analisti sono quasi sempre state superate... Molto bene!  Poi però dobbiamo osservare che, malgrado tutto questo fiorire di bilanci con utili ben oltre le attese, le quotazioni in borsa languono...
Prendiamo ad esempio le Magnifiche 7(*), come oramai sono chiamate quella manciata di azioni che hanno sorretto durante tutto il 2023 sia il Nasdaq quanto lo S&P 500 (soprattutto quest'ultimo che senza la loro performance sarebbe in negativo da inizio anno....): 5 di loro hanno già pubblicato dei bilanci affatto malvagi ma guardate il mercato come le ha premiate:
  • Alphabet  : -12.05%
  • Tesla        : -14.59%
  • Microsoft : -0.36%
  • Amazon   : +5.90%
  • Meta        : -4.22%
Non ci sono dubbi che le minusvalenze sono la comprensibile reazione agli outlook non brillantissimi rilasciati da 4 di queste 5 aziende (si salva Amazon). Insomma, il quadro economico americano sembra scoppiare di salute, i consumatori americani spendono come se non ci fosse un domani ma le aziende stanno già disegnando scenari futuri incerti... cosa sanno di preciso che noi ancora non abbiamo ancora percepito? Infondo l'inflazione inizia ad essere sotto controllo, i tassi non dovrebbero salire più di tanto (o forse sì?) e se proprio si dovesse entrare in una fase di recessione, spazio per un loro alleggerimento ne abbiamo quanto ne vogliamo. 
Qualche cosa ci sfugge ma sembra non sfuggire al mercato che forse vede arrivare gli effetti degli aumenti dei tassi e che, come vedremo fra poco, sta da qualche mese probabilmente anticipando la futura erosione dei bilanci.

(*) (Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla)

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Quindi vediamola questa correzione dei mercati. Ma prima vogliamo mettere prima in evidenza il comportamento dell'oro che in questi momenti di incertezza si ricorda di essere uno dei beni rifugio per eccellenza:


Siamo tornati leggermente sopra i 2000 $ per oncia e andare oltre non è impossibile se si continua a respirare un'aria molto pesante nel settore medio-orientale. Per chi è particolarmente avverso ad ogni tipo di pericolo, ovviamente diremmo di tenere le posizioni di metallo giallo in deposito. Noi ne abbiamo sempre qualche punto percentuale e in questo momento fa il suo servizio... non cose mirabolanti ma attutisce un pochino i colpi bassi della borsa e del reddito fisso.


A proposito di reddito fisso andiamo subito a vedere se l'idea che i tassi potrebbero anche aver finito di salire sta producendo qualche effetto:


Per quanto riguarda le obbligazioni in euro forse è un po' presto per vedere una reazione decisa alle parole della Lagarde di giovedì. Vedremo la prossima settimana se qualche cosa, come sembra, si sta muovendo. Dall'ultima nostra osservazione (2 settimane fa) un mezzo punto si è aggiunto ad una performance che si avvicinava allo zero assoluto. Se c'è una situazione economica che proprio non avrebbe bisogno di ulteriori aumenti dei tassi è proprio quella europea ed il mercato del reddito fisso potrebbe anche approfittarne.



Ma non dobbiamo dimenticare che anche l'Europa ha un bisogno impellente di finanziare in un qualche modo i debiti che sono stati contratti durante il periodo pandemico e con un Quantitative Tightening in corso d'opera non sarà un'impresa facilissima. Il ricorso al mercato è pressoché obbligatorio e vedremo se gli investitori, per farsi convincere a sottoscrivere le obbligazioni che saranno emesse, si accontenteranno degli attuali rendimenti (nell'immagine la resa del Bund a 2 (rosso) e 10 anni (nero)) oppure richiederanno, per il rischio corso e la riduzione della liquidità che rende meno agevole vendere i titoli, rendimenti più elevati...

Lo sappiamo, questo è un bel dilemma e per il momento non ci rimane che monitorare la situazione e se proprio si deve investire non adiamo oltre il paio d'anni... 


Non va molto meglio con le obbligazioni in dollari, anzi... Come abbiamo visto, i dati macroeconomici ci restituisco un quadro dell'economia di tutto rispetto e soprattutto l'inflazione sembra non voler rialzare la testa più di tanto.  I rendimenti dei Treasury sono più o meno tutti incollati al 5% e da quel livello non hanno intenzione di scollarsi... certo che tutti questi consumi, che apparentemente non incidono sul livello di inflazione, è un fenomeno che facciamo fatica a metabolizzare... vediamo se nelle prossime settimane riusciremo a capire meglio cosa sta succedendo... per il momento ci godiamo il 5% del corto termine. Nuovi aumenti a breve (novembre e dicembre) hanno una bassa probabilità di verificarsi; nel medio termine non sembrano completamente esclusi.




L'abbiamo già sottolineato più di una volta: lo S&P500 (+7.24% ytd), senza l'apporto delle Magnifiche 7,  sarebbe da tempo già in territorio negativo ma questa volta gli outlooks di questo sparuto gruppo di società sembra avergli dato il colpo di grazia. 
Vogliamo solo sperare che i 4070 punti siano un supporto degno di questo nome ed il fatto che siamo oramai in territorio ipervenduto ci lascia aperta la porta del rimbalzo tecnico... 
Siamo nelle mani dei numeri di Apple (2.11) e Nvidia (21.11) e soprattutto nelle loro previsioni... Per Nvidia saremmo comunque speranzosi in quanto la rivale Intel, che ha già pubblicato, ha trovato gli investitori molto ben disposti nei suoi confronti... E' vero comunque che Nvidia di strada ne ha macinata anche fin troppa e basta una virgola fuori posto per vederla collassare... ma per una volta vogliamo essere positivi!  Per quanto riguarda Apple tutto è possibile (Cina permettendo...)



Purtroppo questa volta non possiamo restare ammirati dalla precisione dell'algoritmo dell'amico Ned Davis. Come lui stesso ama sottolineare "il trend è più importante del livello" ed effettivamente il trend è cambiato e di certo non è lo spostamento laterale che aveva previsto fino a dicembre... restiamo possibilisti nei confronti di un rally di fine anno:  con i chiari di luna che abbiamo visto e pensando anche solo ad un rimbalzo tecnico non è completamente da dimenticare. Comunque raggiungere performances a due cifre sarà piuttosto complicato.


Anche il Nasdaq (+20.80% ytd) è entrato tecnicamente in un territorio di correzione (succede quando abbiamo oltre il 10% di minusvalenza dall'ultimo picco) ed il perseverare dei rendimenti in zona 5% non lo aiuterà di certo a riprendersi con facilità. Sappiamo bene quanto questo mercato sia sensibile all'alto costo del denaro e lo spostamento all'interno del canale ribassista non fa altro che confermarlo. I 12'200 punti sono comunque un supporto di tutto rispetto (sorry, il grafico è un po' corto ma se l'allunghiamo il supporto appare in tutta la sua solidità) ed il fatto di essere quasi in territorio di ipervenduto anche in questo caso potrebbe favorire un rimbalzo tecnico. 



Si dice spesso che "la borsa è lo specchio dell'economia che rappresenta" ed anche se questa affermazione un po' grossolana adrebbe meglio specificata, riteniamo che in questo preciso momento si adatta bene all'Eurostoxx50 (5.82% ytd) che in una manciata di settimane ha perso più del 10% del suo valore. Venerdì si è adagiata sull'iportante supporto dei 4000 punti e sembra volersi prendere una pausa. Ci preoccupano e non poco tutti gli incroci delle medie mobili che potete facilmente osservare: quella dei 50 giorni (in viola) ha praticamente forato al ribasso sia quella a 100 che a 200 e, bruttissimo segnale, anche quella a 100 (in verde) sta per forare al ribasso quella dei 200 giorni (in blu). Consola il fatto che i ribassi degli ultimi giorni sono avvenuti con volumi al ribasso... probabilmente non siamo in presenza di un sell off selvaggio ma potrebbe diventarlo se i 4000 punti non verranno confermati la prossima settimana.


Quando finalmente l'abbiamo vista, ci è andato il pranzo di traverso... Stiamo parlando del nostro SMI (-3.78% ytd) e di quella che tecnicamente viene definita una "bearish flag", ovverosia una bandiera ribassista... con un po' d'immaginazione potete vedere il pennone di questa bandiera (parte dai 10'880 punti e scende fino ai 10'250 punti (freccia rossa grande)) poi durante la settimana che sta per finire si è consolidata la vera e propria bandiera o drappo che dir si voglia (freccia blu). Di norma questa è considerata una figura di continuità, ciò significa che se non arriva un rimbalzo  (magari favorito dall'evidente stato di ipervenduto del nostro mercato) il movimento in corso (che è ribassista) proseguirà e abbiamo serie probabilità di andare a fare una visita al supporto dei 10'000 punti. 
Speriamo veramente di esserci sbagliati ma questa bandiera ribassista è veramente ben disegnata (da manuale!) e quindi prima di lanciarci in operazioni di acquisto in grande stile vediamo se il segnale è di quelli corretti. Insomma, sul nostro mercato, per un po' ancora, dobbiamo essere prudenti e disciplinati. E' ovvio che con il senno di poi si sarebbe dovuto alleggerire un bel po' di roba ma il pennone della bandiera si è sviluppato in soli tre giorni... non ci ha neanche lasciato il tempo di pensare ad un alleggerimento... Comuque sia i 10'000 punti non sono molto lontani e se li raggiungiamo vedremo cosa fare. Capiamo qual'è la vostra probabile delusione davanti ad una simile evoluzione del nostro mercato, delusione (e rabbia) che è pure la nostra.

***

Per finire diamo un rapido sguardo alle valute:


Questa settimana il franco svizzero (qui contro dollaro) sembra aver perso un po' di smalto e la valuta america sta risalendo la china oltre lo 0.90. L'incrocio con la media mobile dei 200 giorni (in blu) potrebbe dare al dollaro quello slancio per riportarlo in zona 0.92. Ovviamente domani mattina vedremo se la nuova fase del conflitto mediorientale richiamerà gli investitori alla prudenza ed in quel caso il chf sarà nuovamente richiesto.


Il dollaro sembra avere tutta l'intenzione di rafforzarsi nuovamente contro euro. In effetti con l'economia che si ritrova e il differenziale dei tassi (quasi 200 basis points a suo favore) la cosa non ci sorprende. Se rompe 1.0550 il prossimo obiettivo è 1.0250.


L'euro sul finire della settimana si è rafforzato contro chf. Sembra strano e vedremo lunedì se questo trend continuerà. Va comunque sottolineato che anche la nostra banca nazionale si sta accorgendo che non possiamo accettare un eccessivo rafforzamento della nostra valuta e quindi i messaggi che arrivano dalla BNS si sono in effetti un pochino ammorbiditi: franco svizzero forte si, ma fortissimo non va bene.

Buona, uggiosa, domenica!

sabato 21 ottobre 2023

Manteniamo la calma…

 Questa settimana non riusciamo a pubblicare Appunti Finanziari come vorremmo… dovremmo aspettare lunedì ma considerato quanto sta succedendo sui mercati non possiamo aspettare l`inizio della prossima settimana per riflettere e mettere un po‘ di ordine nelle nostre idee. Cercheremo, se necessario, di recuperare i grafici che ci servono dal web ma a dire la verità quel che più importa è cercare di capire da quali eventi sono dominati i mercati delle ultime e se possibile delle prossime settimane in modo tale da capire quando bisognerà approfittare dell’apparente caos per finalmente aumentare il rischio nei depositi. 

Sono mesi che stiamo attendendo delle correzioni importanti ed abbiamo l’impressione che si stanno materializzando. La liquidità non ci manca di certo ed un approccio piuttosto prudente ci ha permesso di non esagerare nell‘imbottire di azioni i depositi. Purtroppo per le obbligazioni ci vorrà ancora un po‘ di pazienza e restiamo molto corti.

Partiamo da un dato di fatto: questa settimana i mercati azionari che siamo soliti seguire hanno perso parecchio del loro valore ed anche la performance da inizio anno, per quanto buona, non è più eccellente come lo era anche solo qualche settimana fa.

  • S&P500.       : -2.38% (+10.02% YTD)
  • Nasdaq.        : -3.16% (+24.05% YTD)
  • Eurostoxx50 : -2.70% (+6.09% YTD)
  • SMI              :  -5.33% (-3.55% YTD)
Ora quello che a noi più importa è cercare di capire da cosa sono dominati i mercati nelle prossime settimane e, andando per ordine di importanza, siamo giunti alla seguente conclusione.

La Guerra

Una buona parte dell‘attenzione dei mercati finanziari è rivolta al conflitto Israelo-palestinese che proprio questa sera (sabato 21 ottobre) potrebbe far scattare l‘ora X per l‘invasione Israeliana nella striscia di Gaza. Quello che un po‘ cinicamente interessa ai mercati finanziari è che l‘attuale conflitto non si allarghi ad altri Paesi e termini il più presto possibile. Insomma, un‘escalation sarebbe deleteria per tutti, non solo per la finanza in generale. 

Ci sono due osservati speciali, petrolio e gas, dove i prezzi per il momento ci sembrano ancora relativamente sotto controllo (il WTI è passato dagli 87.69$ al barile della scorsa settimana agli attuali 88.75$) ma potrebbero sfuggire di mano nel caso di un coinvolgimento di altre Nazioni con evidenti pressioni sull‘inflazione di molti paesi.  Abbiamo la sensazione che i prossimi giorni potranno essere cruciali…

I Tassi di interesse

Quando Hamas ha iniziato a lanciare razzi in direzione di Israele, la prima reazione dei mercati è stata quella di acquistare Treasury americani: se vi ricordate la scorsa settimana i rendimenti erano scesi ma poi, lemme lemme , considerato che il conflitto sembra essere circoscritto a due Paesi, si è tornati alla normalità. Una normalità che ci dice che i rendimenti, soprattutto negli USA resteranno alti per più tempo del previsto e ovviamente questa ipotesi ha ricominciato a dare fastidio alle borse che hanno reagito di conseguenza al ribasso.
Fino a quanto non si manifesteranno chiaramente delle crepe nelle abitudini dei consumatori americani, che continuano imperterriti a consumare, la retorica dell‘higher for longer non sarà facile da scardinare.

Il 17.10 sono stati pubblicati i retail sales americani:
  • Retail sales: +0.7% (atteso: +0.3%; precedente: +0.8%)
Significa che i nuclei famigliari hanno ancora sufficiente potere d‘acquisto per mantenere l‘economia americana in espansione; se questo potere deriva dal lavoro, dalla bassa disoccupazione oppure si stanno dando fondo ai risparmi o peggio ancora è il risultato di un elevato indebitamento, poco importa. Quel che conta è che per il momento si consuma!  La FED non sarà contenta e se non aumenterà i tassi ai primi di novembre, potrebbe farlo nell‘ultima sessione dell‘anno (15.12)… oppure rinviarla all‘anno nuovo. La nostra sensazione è che per il momento potrebbero anche soprassedere e questo potrebbe essere ben visto dal mercato. Il tradizionale rally di Natale non è totalmente da escludere.


I risultati aziendali

A pesare sui listini, e questo vale in particolare per la borsa svizzera, sono state delle trimestrali non esaltanti.  Roche in primis,  ha pubblicato i dati del trimestre dove si evidenzia una riduzione di circa il 6% delle vendite soprattutto a causa della debole performance del comparto diagnostica (che era oltremodo attesissima e quindi non si capisce il clamore creato dalla notizia).  Come sospettavamo, ci ha messo lo zampino anche la forza eccessiva del franco svizzero che purtroppo inizia a farsi sentire con una certa evidenza nei bilanci delle società che esportano molto.  

In America a creare un po‘ di malumore ci hanno pensato i numeri di Tesla che non sono esaltanti,  numeri che hanno indotto Elon Musk ad indicare nell‘eccessivo aumento dei tassi di interesse la causa dei suoi problemi. Proprio tutti i torti non li ha.

Da contrappeso fungono i numeri di Netflix, che grazie anche alla recente politica restrittiva riguardante i codici di accesso ai loro servizi, hanno notevolmente aumentato la loro quota di utenti. E‘ sempre una cosa che piace molto al mercato e quindi è stata premiata con un corposo rialzo del 16%

Insomma, per fortuna che i numeri ed i bilanci delle società hanno ancora un posto nella moderna finanza anche se, ve ne sarete accorti, spesso e volentieri si ha l’impressione che a contare siano più le sciocchezze che circolano nei canali social che non i bilanci certificati delle aziende.

 Le prossime settimane

Vogliamo chiudere questi brevissimi Appunti con un messaggio: l’andamento delle quotazioni delle borse non è una linea retta che cresce indefessamente. Per loro natura le correzioni sono un fenomeno naturale anche se dobbiamo ammettere che sempre più spesso i ribassi sono violenti e sembrano non darci più nessuna speranza. In realtà anche dalle peggiori delle situazioni siamo sempre riusciti a riemergere e non vediamo il perché questa correzione deve essere diversa dalle altre. 
Sappiamo che l‘economia non se la passa benissimo ma non sarà così per sempre, le guerre incidono sulle quotazioni soprattutto nel breve termine, poi, purtroppo, subentra un periodo di assuefazione e quasi quasi ce le dimentichiamo. Rimangono i risultati delle aziende, che fino a prova contraria continuano a guadagnare un sacco di soldi, anche se a volte meno del previsto ma , accidenti, i guadagni sono miliardari e non sempre sono correttamente quotati. Ergo, non perdiamoci d‘animo e con calma e senza fretta vediamo come riuscire ad approfittare di questi ribassi che aspettavamo da tanto tempo.

Buon week end!



 















 

domenica 15 ottobre 2023

Venti di guerra

 Non passa settimana che qualche nuova tessera si aggiunge al sempre più complesso puzzle dei mercati finanziari e, tanto per affievolire quello stato di ansia che ci prende quando abbiamo l'impressione che qualche cosa sta sfuggendo dalle nostre mani, abbiamo provato, seppure in modo disordinato, a fare la conta degli eventi problematici potenzialmente nefasti per i mercati e che ad oggi sono ancora alla ricerca di una soluzione:

  • Iniziamo dalla Cina e dai due colossi immobiliari Country Garden ed Evergrande: il primo qualche giorno fa non è stato in grado di onorare i suoi impegni per un corrispettivo di circa 60 milioni di dollari.  Lo spettro del fallimento si sta sempre più consolidando e con la cassa sotto pressione potrebbe essere questione di settimane... Evergrande non è messa meglio e se anch'essa dovesse subire la stessa e probabile sorte di Country Garden possiamo esser certi di trovarci confrontati ad un fallimento che quantifichiamo in mezzo trilione di dollari; un fallimento simile non mancherà di farsi sentire anche dalle nostre parti.
  • Gli scioperi del settore auto in America sono tutt'altro che conclusi: è di questa settimana la notizia che 8700 collaboratori della Ford nel Kentuchy hanno aderito alla protesta e le catene di produzione di furgoni e pick-up si sono fermate. Se pensiamo che questo stabilimento genera 25 miliardi di dollari di proventi all'anno (un sesto delle entrate di Ford) il danno che ne può conseguire è notevole; si temono effetti a cascata su altre fabbriche e sui fornitori.
  • Il Congresso americano è ancora senza il suo Speaker e la cosa evidenzia come il partito repubblicano sia fondamentalmente ancora piuttosto disunito. Intanto il tempo scorre ed i piani di spesa per l'anno fiscale 2024 non sono ancora stati approvati; lo spettro dello shutdown è tutt'altro che teorico. 
  • Già che siamo negli Stati Uniti ci restiamo... L'Economist durante la settimana ha evidenziato quello che fondamentalmente già potevamo supporre:


La spesa per gli interessi del debito pubblico americano supererà a breve quella per la difesa nazionale e sta puntando a sorpassare anche quella dedicata ai costi della salute. Si capisce a questo punto quanto sia importante abbattere l'inflazione in tempi rapidi in modo tale da poter attuare una politica dei tassi meno restrittiva. Se lo stato è indebitato, lo sono anche un gran numero di americani che stanno mettendo la propria carta di credito a dura prova... il 25 ottobre Visa pubblicherà i dati: sarà una bella occasione per fare il punto della situazione.

  • Un altro campanello d'allarme, che arriva sempre dagli States e che ci può aiutare a comprendere meglio lo stato di salute dell'economia,  è la statistica relativa ai fallimenti aziendali:



...dopo un 2021 e 2022 relativamente calmi sotto il punto di vista degli insuccesi aziendali, nel 2023 la statistica ci sta dicendo che i fallimenti sono tornati a farsi vedere... anche in questo caso temiamo che la veloce salita dei tassi di interesse ci abbia messo lo zampino...

  • Oltre un anno e mezzo di guerra tra Russia ed Ucraina ci ha quasi assuefatto a tutte le notizie che arrivano da questo fronte che è stato, come è comprensibile che sia, quasi totalmente oscurato da quanto sta accadendo nei pressi della striscia di Gaza. La guerra in Ucrania è lungi dall'essere finita ma intuiamo che qualche cosa di importante potrebbe anche succedere a breve soprattutto perché da più parti il sostegno a Zelensky potrebbe affievolirsi...

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Ma veniamo a noi. La scorsa settimana avevamo terminato il nostro intervento ipotizzando per quella entrante un aumento della volatilità causato dallo scellerato intervento armato da parte di Hamas. In effetti qualche cosa in questo senso si è iniziato a muovere,  ma dobbiamo ammettere che ci aspettavamo anche di peggio. E' comunque abbastanza probabile che, con l'inizio delle operazioni militari israeliane nel nord della striscia di Gaza, gli indici di volatilità saliranno ulteriormente e si passerà definitivamente in modalità risk-off dove notoriamente gli investitori tendono a ridurre o ad evitare del tutto l'assunzione di rischi.


Il VIX in effetti si sta stabilizzando attorno al 20. Dobbiamo ammettere che ci potevamo aspettare ben altro: per il momento il conflitto israeliano-palestinese sembra molto ben localizzato... ma il solo sospetto che potrebbe allargarsi alle nazioni confinanti sarebbe più che sufficiente per spingere il VIX verso il 30. Paesi da tenere sott'occhio: Iran, Siria ed Egitto.


Siamo andati a dare un'occhiata al PutCall ratio ed in effetti da inizio settembre gli investitori sono più propensi ad acquistare protezione intensificando l'impiego di opzioni di vendita (put).  Di norma il rapporto di put verso i call (opzioni di acquisto) è di 0.6 ma il cerchio rosso evidenzia come da un paio di settimane spesso il rapporto è di 1:1. Insomma un po' di preoccupazione la vediamo.



Anche l'oro, che da marzo sta soffrendo a causa dell'impennata dei rendimenti sul dollaro, si è risvegliato e dall'attacco ad Israele è salito di quasi sei punti percentuali incrociando al rialzo tutte e tre le medie mobili... se il conflitto dovesser acutizzarsi è probabile che lo vedremo anche più sù... dire dove non è comunque facile... dipende per quanto tempo gli investitori staranno in modalità risk-off. Purtroppo in questo caso l'analisi tecnica ci aiuta poco.



La voglia di sicurezza degli investitori la si vede anche analizzando i rendimenti dei Treasury americani: dal 6 di ottobre sono tornati i compratori, soprattutto coloro che hanno bisogno di sentirsi in un qualche modo protetti, che non hanno lesinato gli acquisti facilitati, dobbiamo stottolinearlo, da rendimenti che oramai su quasi tutta la curva dei tassi si approssimano o addirittura superano il 5%. La forte domanda ha per qualche giorno fatto cambiare il trend dei rendimenti del debito pubblico americano che puntano al ribasso. Chissà se dura... Come vedremo dopo, considerata l'inflazione americana, non sarà facile vedere i tassi scendere.


Che dire? Dal punto di vista valutario il franco svizzero è una superstar... in questi frangenti la nostra moneta dà sempre il meglio di sé rafforzandosi contro quasi tutte le monete internazionali... Contro Euro poi vince facile...


...un po' più dura la competizione contro il dollaro, complice anche l'evidente ipercomprato della valuta americana che già a metà settembre (cerchi rosso)  lasciava intravvedere una qualche presa di profitto ma il rendimento al 5% ha frenato la caduta.  Per il momento 0.90 sembra essere un supporto... ma come detto stiamo vivendo una situazione particolare e tutto può succedere... mentre stiamo scrivendo è in corso una controffensiva israeliana portata avanti da terra, aria e mare...  Può succedere di tutto!


Contro la valuta europea il dollaro ha mantenuto la sua posizione di forza anche se per il momento non riesce ad andare sotto l'1.05... ma è solo una questione di tempo: il supporto a 1.0550 è stato forato e con quello che sta succedendo non può che andare avanti a rafforzarsi...


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Giovedì 12.10 tutta l'attenzione del mondo finanziario era catalizzata sulla pubblicazione dell'inflazione americana per il mese di settembre :
  • CPI          : 3.7% (atteso: 3.6%; precedente: 3.7%)
  • Core CPI : 4.1% (atteso: 4.1%; precedente: 4.3%)
Inflazione che era stata preceduta mercoledì 11.10 dall'indice dei costi di produzione:
  • PPI yoy    : 2.2% (atteso: 1.9%; precedente: 1.6%)

Sorprese di un certo spessore non ce ne sono state ma dobbiamo constatare che l'inflazione rimane a dei livelli che sicuramente non piacciono alla FED... l'aumento dei costi alla produzione non aiuta di certo a migliorare il quadro della situazione... 

I costi dell'energia stavano da diversi mesi andando nella giusta direzione ma purtroppo temiamo che quando verrà pubblicato il CPI per il mese di ottobre la componente energetica sarà tornata a salire:



Il petrolio (nell'immagine il WTI) dal 6 di ottobre è salito di oltre il 7%...


...mentre il gas (in immagine il prezzo del future ad un mese) ha ricominciato a salire con una certa violenza. Abbiamo dato un'occhiata ai siti internet: in questo momento le notizie che arrivano dalla striscia di Gaza non sono molto rassicuranti...

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La terza stagione degli utili in America ha preso il via venerdì scorso con la classica pubblicazione dei dati delle principali banche: ne parleremo più in dettaglio la prossima settimana. Per il momento ci limitiamo a segnalare l'aumento dell'utile netto di JP Morgan (+35%), quello di Citigroup (+2%) e la presa di posizione di FactSet che si aspetta utili migliori rispetto ai primi due trimestri. Vedremo...




Malgrado i venti di guerra l'S&P500 (+12.72% ytd) è rimbalzato dal suo supporto ed ha compiuto il classico ritracciamento del movimento avviatosi a fine agosto. Ora le cose si fanno un po' più complicate in quanto la media mobile dei 50 giorni sembra intenzionata a forare al ribasso quella dei 100 (freccia rossa) che attualmente fa da resistenza. Molto dipenderà dai dati trimestrali e soprattutto dall'evoluzione del conflitto. In questo momento fare previsioni anche solo a breve termine è parecchio complicato ma il buon senso ci dice che avremo davanti a noi qualche settimana piuttosto complessa...


Discorso molto simile anche per il Nasdaq (+28.10%ytd): bene il rimbalzo, occhio all'incrocio delle medie mobili che quando si forano dall'alto verso il basso non è mai un bel segnale... Sappiamo quanto l'indice tecnologico sia stato dominato quest'anno dalle performances di una manciata di titoli (BigTech) che pubblicheranno i loro numeri quasi tutti solo verso la fine del mese... dovremo portare un po' di pazienza.


Putroppo per l'Eurostoxx50 (+9.03% ytd) i 4220 punti, che costituivano un supporto piuttosto convincente , una volta forato al ribasso (inizi di settembre) questo livello si è trasformato nella sua resistenza... per il momento il trend ribassista non sembra molto aggressivo, diremmo che la voglia è più quella di spostarsi lateralmente... ovviamente conflitto palestinese permettendo...



Che peccato! Lo SMI (+1.59% ytd) si stava finalmente spostando nella giusta direzione e ce la stava mettendo tutta nel tentativo di recuperare una performance che lo vede, ingiustamente, relegato nelle ultime posizione della graduatoria delle borse europee. Il rimbalzo di questa settimana era convincente, la media mobile dei 50 giorni (in viola) forata dal basso verso l'alto, i volumi c'erano... Vedremo domani se il suo carattere difensivo l'aiuterà a restare a galla...

Buona domenica!

PS: il prossimo nostro intervento probabilmente verrà pubblicato lunedi 23.10.2023



domenica 8 ottobre 2023

9.6 mio, 89k, 336k, 50.6%

 9.6 mio, 89k, 336k, 50.6%... tranquilli  non stiamo dando i numeri! Sono solo alcuni dei dati macroeconomici che abbiamo incontrato sul nostro cammino questa settimana e stiamo cercando di dare loro un significato di senso compiuto. Certuni sono in effetti sorprendenti e, come se ce ne fosse di bisogno, stanno rendendo difficile la lettura del quadro economico che si fa vieppiù confuso... Vediamo se riusciamo a mettere un po' di ordine. 

Questa settimana ci concentriamo unicamente sui dati americani (attinenti soprattutto al lavoro) in quanto dall'Europa non sono giunti numeri particolarmente significativi.

Il 3.10 vengono pubblicati i Jobs Opening (Jolts) per fine agosto. E' il dato che fotografa la situazione dei posti di lavoro vacanti: ne erano attesi 8.8 mio (precedente: 8.9 mio) ma con 9.6 mio (!)  le previsioni sono state ampiamente sconfessate. Dal record del mese di marzo (10.7 mio) eravamo scesi a luglio dell'11.8% ma in un solo mese abbiamo assistito ad un recupero del 7.86%... A quanto pare il mercato del lavoro americano non accenna ad indebolirsi e un dato simile tira l'acqua verso un ulteriore aumento dei tassi entro fine anno... 

Puntuali il 4.10 ecco gli ADP settembrini: solo 89k (!) (attesi: 150k; precedente: 177k). Avremmo scommesso che il numero di nuovi posti di lavoro nel settore privato fosse addirittura superiori alle aspettative (ma come al solito avremmo perso la scommessa...)... ma tutto sommato questo dato, considerato dove sono saliti i tassi di interesse, ci sembra più logico e coerente. Sappiamo che la FED non ha sempre un occhio di riguardo per questo indicatore e quindi tendiamo a ritenerlo, in un'ottica aumento dei tassi si/no,  neutro. Buono per le statistiche ma non particolarmente significativo.

Come ogni giovedì il 5.10 vengono pubblicati gli Initial Jobless Claims al 30 settembre: 207k (attesi: 210k; precedente: 205k)...  insomma nulla di particolare. Le nuove richieste di disoccupazione rimangono costantemente sotto le 300 mila unità dove vorrebbe vederle la FED; sicuramente non le farà piacerre. Diciamo che questo dato potrebbe essere uno di quelli che spiegano un eventuale altro aumento dei tassi.

Arriviamo poi al venerdì 6.10 e la tabella sottostante ci pare particolarmente significativa:



Durante il mese di settembre sono stati creati 336'000 nuovi posti di lavoro! Ne erano attesi 170k (precedente: 227k)... come abbiamo visto il dato,  ci siamo subito preoccupati per l'attacco di bile che avrà avuto Powell appena appreso di quanto sia vitale il mercato del lavoro... ci siamo subito tranquillizzati quando abbiamo osservato che le paghe orarie sono scese al 4.2% (nella tabella sono state riportate erroneamente),  in leggero calo rispetto alle aspettative di un +4.3% (precedente: 4.3%). 

Insomma: sono stati aggiunti un sacco di posti di lavoro ma tutto sommato le paghe orarie - anche se sono superiori all'attuale tasso d'inflazione (3.7%) -  continuano a diminuire con evidenti effetti positivi sull'inflazione futura... Ne deduciamo che sia bastata una buona tisana per riportare Powell e la sua bile ad un livello di calma relativa. 

Comunque non sottovalutiamo la disoccupazione che continua a rimanere a livelli che gli economisti descrivono come strutturale. A settembre si è assestata al 3.8% (attesa: 3.7%; precedente: 3.8%): al di sotto di questi numeri non si riesce ad andare... ma, a quanto pare, non si riesce neppure ad avere un po' di disoccupazione supplementare che potrebbe anch'essa dare una mano alla riduzione del rincaro.

La prossima settimana, giovedì 12.10, verrano rilasciati i dati sullo stato dell'inflazione americana (CPI) per il mese di settembre: attesa una leggera diminuzione al 3.6% (precedente: 3.7%). Senza dubbio sarà il dato più importante sul quale focalizzare la nostra attenzione per cercare di capire le prossime mosse della FED. Per il momento a nostro giudizio i tassi potrebbero anche stare dove sono.

Siamo andati a vedere cosa sta prezzando il mercato per quanto riguarda i tassi d'interesse futuri:


Bisogna ammettere che il cosiddetto mercato (cioè noi e gli istituzionali...) non si è scomposto più di tanto una volta appreso i numeri di questa settimana: negli USA per i prossimi tre mesi si aspettano un mezzo aumento di 12 basis points che sospettiamo potrebbe quindi anche non arrivare... 

Mentre in Europa, assoggetta a logiche diverse da quelle americane, non si aspettano praticamente più nessun aumento da qui alla fine dell'anno... per contro si sono allungate, e di molto,  le aspettative per i primi tagli ai tassi. 


La politica dell' "Higher for Longer" a quanto pare sta iniziando a farsi spazio soprattutto negli Stati Uniti dove questa settimana, nel settore obbligazionario, abbiamo assistito ad una strage:


Il solito indice obbligazionario total return in dollari di Bloomberg indica una perdita del 3.21% da inizio dell'anno; la scorsa settimana, se ben ricordate, era ancora in attivo dello 0.02%. Non abbiamo ancora raggiunto il livello minimo del 2022 ma la direzione intrapresa dalle obbligazioni americane sembra quella...

Cosa sta succedendo, ce lo spiegano i grafici seguenti (clicca su grafici per una miglior visione):


All'inizio del 2022 eravamo ancora in un regime di tassi normale: il corto termine aveva una resa prossima allo zero ed il lungo termine ci dava circa un 2% di resa (vedi linea gialla); venerdì (vedi linea verde) tutte le rese del debito pubblico americano si stanno approssimando al 5%, con un evidente appiattimento della curva verso l'alto. Le barre in giallo vi danno un'idea, in punti base (100=1%),  di quanto sono saliti i rendimenti dal 1.1.2022 ad oggi... impressionante!


Ma il vero danno di questa settimana è stato provocato dallo spostamento verso l'alto delle rese dei Treasury a lungo termine (10y, 20y, 30y) che proprio negli ultimi giorni è stato evidentissimo come mostra molto bene il grafico qui sotto che dovrebbe esservi famigliare: il Treasury a 10 anni (in nero),  con una accelerazione importante (freccia nera),  sta raggiungendo il rendimento del Treasury a 2 anni (in rosso). 

Se partiamo dal principio che più è lunga la durata di un'obbligazione più essa perde di valore quando i tassi salgono, si comprende meglio la debacle che il settore ha subito questa settimana.  Quello che è meno facile da capire è come mai questo movimento non si sia prodotto prima... 

E' probabile che il mercato scontava che l'aumento dei tassi condotto dalla FED sarebbe stato massiccio ma di breve durata (ricordate che in molti si aspettavano già una riduzione dei tassi per la seconda metà del 2023?). 

Ora che l'"Higher for Longer" sembra essere la nuova realtà (leggi: i tassi resteranno alti più a lungo), il mercato si è semplicemente adeguato a questa visione e la parte a lunga scadenza della curva dei tassi si è spostata verso l'alto aiutata, e forse questa é la vera ragione che spiega il recente movimento, dalla massiccia emissione di debito pubblico americano.

 Insomma, il Tesoro ha bisogno di soldi, tanti, e quando l'offerta di Treasury supera la domanda, gli acquirenti chiedono tassi più alti. Un simile movimento di norma innesca una serie di effetti domino che influenzano negativamente tutte le obbligazioni emesse sul mercato.... con buona pace dei fans del reddito fisso. 

Ora siamo nelle mani del CPI che verrà pubblicato giovedì: se il dato è veramente buono e l'inflazione si decide a scendere,  forse non è escluso che si possa vedere un po' di luce in fondo al tunnel... dita incrociate!

Domanda: può succedere una cosa del genere anche in Europa?


Se osserviamo il movimento dei rendimenti del Bund tedesco a 10 anni (in rosso) che durante questa settimana sta raggiungendo il 3% ed il BTP italiano a 10 anni (in nero) che oramai sfiora il 5% è abbastanza evidente che qualche cosa di non troppo simpatico è avvenuto anche alle nostre latitudini... Fra parentesi non vi sarà sfuggito che la differenza di rendimento tra il decennale italiano e quello tedesco (il famoso spread) è di 200 basis points... un altro segnale non proprio rassicurante.



Per il momento il settore obbligazionario europeo si è accontentato (si fa per dire...) di raggiungere i minimi dello scorso anno... come detto un colpo di mano può arrivare da un miglioramento della situazione inflativa.

A tal proposito qualche segnale positivo sta arrivando:


Il consueto indice dei costi energetici elaborato da Bloomberg questa settimana ha subito una bella sterzata verso il basso...


... complice la massiccia riduzione di prezzo del petrolio che in pochi giorni ha perso più dell'11%.... Mentre stiamo scrivendo un nuovo fronte di guerra si è aperto tra Palestinesi ed Israeliani e la cosa sembra estremamente seria... vedremo lunedì come reagiranno i mercati con un occhio di riguardo per i valori energetici.


Anche le materie prime sono in correzione, comprese le soft commodities che tanta influenza hanno sul costo del cibo il cui rincaro è stato uno dei motori trainanti dell'attuale inflazione.

Insomma, con i tassi alle stelle ed i costi di energia e materie prime al ribasso ci sono delle buone speranze di vedere il rincaro raffreddarsi ulteriormente.

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Che non sia stata una settimana di tutto relax lo testimonia pure il VIX che ha misurato la temperatura di noi investitori e qualche lineetta di febbre l'abbiamo avuta... venerdì pomeriggio siamo scesi da quota 20 ma l'attacco ad Israele non era ancora iniziato... non sappiamo cosa potrà succedere domani ma un aumento della volatilità la diamo per scontata.

 

Durante la settimana lo S&P500 (+12.22% ytd) ha tentato di fare una visitina al supporto dei 4200 punti per poi rimbalzare venerdì dopo aver preso visione dei dati sul lavoro americano.  I 4200 punti sono estremamente importanti: ricordate nella prima parte dell'anno come questo livello costituiva una resistenza difficile da superare? Poi siamo evoluti ben oltre ed ora la vecchia resistenza si è trasformata in un altrettanto robusto supporto al di sotto del quale non dovremmo andare (guerra permettendo). Ci aiuta pure la media mobile dei 200 giorni (in blu) che guarda caso funge anch'essa da supporto.


 L'algoritmo di Ned Devis ha catturato correttamente il movimento ribassista avviatosi alla metà di settembre... forse non si aspettava una correzione così profonda ma se guardate il grafico dello SPX uno spostamento laterale tra i 4200 e i 4500 punti non è ancora da escludere. Fra qualche giorno inizierà la terza stagione degli utili e vedremo dai dati pubblicati se potremo sperare in un rally di fine anno oppure metterci una pietra sopra... L'algoritmo lo da per scontato, il rally ovviamente... :-)



Anche il Nasdaq (+28.33% ytd) sembra aver trovato un supporto attorno ai 13'000 punti... ci preoccupa un poco la media mobile dei 50 giorni (in viola) che sta per incrociare dall'alto verso il baso quella dei 100 (in verde)... non è mai un bel segnale... anche per questo indice comunque è probabile uno spostamento laterale tra i 13'000 e 14'000 punti



Purtroppo siamo meno ottimisti per quel che concerne i mercati europei. L'Eurostoxx50 (+9.25% ytd) sembra non essere in grado di riagguantare quota 4200. Segnaliamo l'incrocio della media mobile dei 50 giorni (in viola) con quella dei 200 giorni (in blu) ed il segnale è di quelli brutti. Se non arriva qualche evento che sia in grado di rilanciare l'indice, il trend di medio termine pare sia destinato ad essere ribassista. Qualche alleggerimento l'abbiamo fatto.



Purtroppo per loro natura le medie mobili ci forniscono dei segnali che sono un po' in ritardo rispetto alla realtà dei fatti ma bisogna sottolineare che con i trend di medio periodo, una volta segnalati, svolgono un lavoro di una certa qualità. 

Quando abbiamo analizzato lo SMI (+1.01% ytd) ed abbiamo visto la media mobile dei 100 giorni incrociare quella dei 200 (vedi freccia verde) la cosa non ci ha lasciati indifferenti. Il segnale non ci piace per nulla! Per raddrizzare la situazione ci vorrebbe qualche settimana di performances positive costanti e la qualcosa al momento ci pare di non facile realizzazione. 

Ammettiamo di essere un po' confusi in quanto non riusciamo a comprendere tutto questo accanimento contro la nostra borsa. 


Nestlé ha perso il 7% da inizio anno e si trova addirittura sotto i minimi dello scorso anno... cosa abbia fatto per meritare un simile trattamento non lo sappiamo...



...per non parlare di Roche che da inizio anni di punti ne ha persi 14... ed ha mandato tutti i target degli analisti al macero. Ad inizio anno erano tutti più o meno concordi che il valore corretto di questa azione doveva essere qualche cosa attorno ai 400 chf...


... ci consoliamo con Novartis che malgrado lo scorporo di Sandoz (o forse è proprio grazie a questa bellissima intuizione)  è ancora a +11% da inizio anno...


...e se aggiungiamo i 25 franchi della Sandoz (prima quotazione a 24) significa che il titolo sarebbe a 113.43chf  con una performance da inizio anno del 36.6%. Bello!

Meno bello è constatare che il differenziale di performance 2023 tra Novartis e Roche è del 50.6%! Qualcuno ce lo spiega?

Dai, diremmo di fermaci qui. Buona domenica!