domenica 29 dicembre 2024

2025: primi passi

Volevamo iniziare questo nostro ultimo post dell'anno con un po' di retrospettiva ma ci siamo detti che d'informazioni su come è andato quest'anno finanziario ve ne abbiamo fornite molte. Se poi qualcuno ama approfondire o capire meglio cosa è successo, siamo certi che troverà tonnellate di ragguagli  nei siti economici. Se avete delle domande che rimangono senza una risposta, potete sempre provare a scriverci utilizzando la mail con la quale vi segnaliamo l'avvenuta pubblicazione del post e cercheremo di darvi il nostro parere.


Siamo quindi dell'idea che è meglio utilizzare il nostro tempo per cercare di capire come dovremo affrontare il 2025. Partiamo!


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Come ben sapete, uno dei nostri obiettivi è quello di monitorare i trend dei mercati nell'intento di mettere voi e noi sull'attenti quando una tendenza di medio/lungo periodo sta per cambiare direzione e ne abbiamo l'evidenza. In tal caso bisogna agire con una certa solerzia apportando i necessari correttivi all'interno delle nostre asset allocation.


Non siamo comunque i soli che hanno deciso di seguire con attenzione la tendenza dei mercati, tendenza che notoriamente è nostra amica ("the trend is your friend") ma c'è qualcuno, che ben conosciamo,  che addirittura il trend cerca di anticiparlo in quanto pure lui è convinto che "the trend is more important than the level" invitandoci quindi a guardare al quadro generale, rappresentato dalla direzione e dalla persistenza del movimento in essere.  Questo approccio vale per qualsiasi strumento finanziario si voglia analizzare. 

Nel caso specifico è da diverso tempo che ci mette a disposizione la sua previsione sull'andamento dello S&P500 per l'anno che verrà e oramai sappiamo che il suo modello, per quanto non deve mai essere preso per oro colato, ha una capacità anticipatoria piuttosto sorprendente;.


Ecco come Ned Davis, è ovviamente di lui che stiamo parlando, vede il 2025 dello S&P500:



Siete sorpresi vero? E' da due anni che questo indice sale ben oltre il 20% ed una pausa sarebbe più che comprensibile; invece sembra sia pronto a fare un nuovo salto del 10% che lo porterebbe attorno ai 6'600 punti per fine 2025. Un valore che non si discosta troppo dalle previsioni medie degli altri analisti che si situano in un range tra i 6'500 e i 7'000 punti.

Interessante notare come l'inizio dell'anno non sarà di quelli al fulmicotone almeno fino all'insediamento di Trump (20 gennaio), vi sarà un lieve aumento a febbraio seguito da un paio di mesi di spostamento laterale; da aprile agli inizi di luglio dovremmo avere un periodo di crescita importante (5-6 punti percentuali) seguiti da una fase di consolidamento piuttosto lunga (da luglio a fine ottobre) per poi terminare in buon rialzo. Detta così è tutto semplice, poi vedremo cosa in effetti ci riserverà il 2025...

(per gli interessati, a margine del nostro intervento domenicale, spieghiamo come Nad Davis elabora il suo grafico)



A questo punto ci stiamo chiedendo cosa in effetti potrebbe tenere  intatto l'attuale trend di medio periodo dello S&P500 e buttiamo lì due o tre risposte:

  • Trump e la sua voglia di deregolamentare il sistema economico a quale aggiungiamo un  importante taglio alle le tasse.
  • L'onda lunga dell'intelligenza artificiale che dovrebbe rendere sempre più efficienti i processi di produzione a favore di un crescente numero di aziende.
  • Gli utili per azione che sono previsti per il 2025 a 275$  ovverosia un aumento del 13% rispetto al 2024.
Potremmo continuare ma a dir la verità siamo incappati in una ricerca della Deutsche Bank che tende a mettere in evidenza quelle che sono le maggiori preoccupazioni degli investitori per il 2025. Il lavoro è interessante in quanto fa un paragone con quelli che erano i timori per il 2024.  Il risultato fa riflettere e vorremmo commentare brevemente i primi 3 o 4 rischi evidenziati dal sondaggio (NB: le voci seguite da un * non erano presenti nel sondaggio del dicembre 2023). (clicca sull'immagine per una miglior visione).



  • La principale preoccupazione degli investitori pare sia il pericolo di trovarsi invischiati in una guerra commerciale globale. Lo scorso anno il tema... non era neppure un tema. Segno dei tempi ed evidentemente la nuova amministrazione Trump ne è la causa. Vedremo se effettivamente Trump avrà interesse a scatenare una guerra che potrebbe potenzialmente essere dannosa per tutti. Siamo dell'idea che in gran parte stia bluffando ma ovviamente non tutti la pensano come noi: trovarsi impegolati in una simile guerra sarebbe catastrofico per l'economia e di rimando per i mercati finanziari. Abbiamo inserito in fondo al nostro post un articolo dell'Economist che indica, largo circa, quali sono gli spazi di manovra che Trump può utilizzare per realizzare il suo programma: ci pare una lettura di un certo interesse e che mette in una prospettiva più realistica quello che può fare da quello che verosimilmente potremmo derubricare  come semplice "materiale buono per una campagna elettorale".
  • L'affievolirsi dell'entusiasmo nei confronti dell'Intelligenza Artificiale : sarebbe devastante accorgersi che tutta l'efficienza promessa dall'AI non è per subito ma si necessita di molto tempo prima di vederne i benefici che ovviamente non possono avantaggiare solo una  manciata di società (leggi M7) ma devono coinvolgere tutto il sistema economico.
  • Un'inflazione vischiosa più del previsto è il cruccio numero uno della FED. Come abbiamo già visto la scorsa settimana si è premurata di sottolineare che la prospettiva  di un aumento del rincaro è tutt'altro che teorica e quindi è già entrata in modalità difensiva programmando non più di due tagli dei tassi per il 2025 ed altrettanti per il 2026.  I mercati se ne faranno una ragione e dovranno evitare reazioni isteriche se una buona parte delle sedute della FED si chiuderanno con un nulla di fatto per quanto concerne la riduzione del costo del denaro. 
     Sarebbe veramente mortale per il trend dello S&P500 se addirittura i tassi dovessero salire. Questo è il vero pericolo del 2025 e vale per tutti noi non solo per gli americani. Prima seduta della FED nel 2025: 28-29 gennaio e nessun taglio ai tassi è previsto...
  • Osservazione finale: interessante constatare che lo scorso anno il principale pericolo percepito dagli investitori era di gran lunga costituito da un hard landing dell'economia americana che per fortuna nostra non si è manifestato... oggi il tema  è stato declassato e non sembra far paura a molti.

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Anche l'anno scorso, durante le sedute prima della fine dell'anno, lo S&P500 non ha proprio brillato... d'altronde dopo una cavalcata del 25.18% una pausa se la può anche concedere. Probabilmente resterà in stand by fino al 20 di gennaio cercando di barcamenarsi senza fare troppi danni. L'importante, per quel che ci concerne, è che continui a restare all'interno del canale del trend ascendente di medio periodo. Capiremo subito dopo il 20 se i 6'600 punti per fine anno saranno un target raggiungibile.



Pure il Nasdaq (+31.38% ytd) sembra rimanere senza troppi problemi all'interno del canale ascendente, anche se un piccolo brivido venerdì l'abbiamo vissuto: i Magnifici 7, nel loro insieme, hanno perso il 2.3% e non essendo abituati a simili scossoni che fanno un certo effetto. Per il momento manteniamo la calma: vedremo nei prossimi giorni se ci sarà subito un recupero (non pervenuto neppure nell'after hours...).



Piccolo ma importante scatto d'orgoglio per l'Eurostoxx50 (+8.35% ytd) che è riuscito ad issarsi sopra la resistenza dei 4'868 punti. Non pretendiamo molto ma sarebbe estremamente importante che riprendesse a muoversi per lo meno lateralmente in un range tra i 4'868 punti e i 5'100.

L'aver pure forato dal basso verso l'alto le medie mobili a 50 e 100 giorni è già di per sé un bel segnale... ne aspettiamo con ansia altri!




La scorsa settimana avevamo segnalato l'ipervenduto sullo SMI (+4.05% ytd) che poteva risolversi con un movimento rialzista di qualche centinaio di punti come poi si è effettivamente avverato. Purtroppo i volumi sono rimasti piuttosto modesti, come è anche normale sul finire dell'anno, con un buon numero di operatori in vacanza.  E' imperativo che in un qualche modo si riesca ad uscire da quel canale discendente tratteggiato che inizia, ogni settimana che passa, a diventare sempre più significativo. Rimanere sopra gli 11'450 punti sarà comunque molto importante. Fingers crossed!



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Per il momento il dollaro è in una fase rialzista di breve termine difficile da contrastare ma con il Treasury a 10 anni che rende il 4.66% e quello a due il 4.33% le chances che continui a salire sono parecchie. Contro franco è riuscito a chiudere sopra la mini-resistenza posta a 0.8950 ed ora la strada verso lo 0.9070 sembra spianata, soprattutto considerando una media mobile a 50 giorni (linea viola) che non solo ha incrociato quella a 100 (linea verde) ma sta pure facendo la stessa cosa con quella a 200 (linea blu)... Più bullish di così!





Anche contro euro il dollaro continua a mostrare i muscoli ma per il momento non riesce ad andare oltre 1.0350... vedremo la prossima settimana se andrà a testare ancora quella che è l'attuale resistenza a 1.05 per poi addirittura superarla anche se non sarà facile. Diremmo che nuovi acquisti di dollaro contro euro solo se si va con convinzione sotto l'1.0350.



 

L'euro contro franco si è finalmente scrollato di dosso il supporto a 0.93 per finire la settimana con un centinaio di basis points a suo favore. In effetti con i rendimenti sul franco che stanno andando su tutta la curva molto vicino allo zero si poteva prevedere uno scatto di reni della valuta europea... lo so, fa un certo effetto... speriamo che il movimento sarà confermato anche la prossima settimana anche se superare lo 0.9420 non sarà una passeggiata.



Buon anno a tutti i nostri lettori! 


Il prossimo post verrà pubblicato domenica 12 gennaio 



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Vale la pena per una volta spendere due parole su come Ned Davis arriva all'elaborazione del suo grafico. Come al solito un bel colpo di mano ce lo offre l'Intelligenza Artificiale:

Ned Davis Research (NDR) è noto per il suo approccio metodico e basato sui dati, e per elaborare i suoi grafici predittivi sull'andamento dell'S&P 500 utilizza una banca dati estremamente vasta, che include non solo le quotazioni storiche dello S&P 500 sin dalla sua nascita, ma anche una vasta gamma di indicatori economici, finanziari e tecnici.

Elementi principali della metodologia di Ned Davis:

  1. Dati storici completi dello S&P 500:

    • NDR lavora con le quotazioni storiche dello S&P 500 dal momento della sua creazione (1928), analizzando l'andamento dei prezzi, i rendimenti, le volatilità, i drawdown e altri fattori rilevanti.
    • Integra anche i dati pre-1928, quando necessario, utilizzando indici simili per costruire serie temporali più lunghe.
  2. Analisi ciclica:

    • Utilizza cicli storici come il ciclo annuale, il ciclo presidenziale e il ciclo decennale.
    • Confronta i dati attuali con le medie storiche e individua modelli ricorrenti nel comportamento dei mercati.
  3. Indicatori economici e fondamentali:

    • Include variabili macroeconomiche come inflazione, tassi di interesse, crescita economica, utili aziendali e valutazioni (es. rapporto prezzo/utili - P/E).
    • Analizza la relazione tra il comportamento dello S&P 500 e l'economia reale.
  4. Indicatori di sentiment e flussi di mercato:

    • Tiene traccia di dati sul sentiment degli investitori, come gli indicatori di paura e avidità (Fear & Greed Index) e i flussi verso i fondi azionari.
    • Analizza il posizionamento degli investitori istituzionali e retail.
  5. Tecniche avanzate di statistica e machine learning:

    • Combina approcci quantitativi avanzati, come modelli di regressione e analisi di correlazione, per trovare pattern nei dati.
    • Utilizza grafici e indicatori proprietari, come il suo famoso Global Recession Probability Model.

Perché utilizza una banca dati così vasta?

La filosofia di Ned Davis è radicata nella convinzione che:

  • "Don’t Fight the Tape" e "Don’t Fight the Fed": I dati storici e il contesto economico-finanziario globale offrono preziose informazioni sul possibile comportamento futuro del mercato.
  • Un'enorme quantità di dati consente di ridurre i bias cognitivi e di prendere decisioni basate su evidenze statistiche, non su emozioni o intuizioni.
Insomma, l'amico Davis non ha capacità divinatorie come si sarebbe tentati di credere, ma fa buon uso dei big data e della relativa intelligenza artificiale che l'aiuta nell'estrapolare le informazioni che gli servono per anticipare i possibili trend del mercato. Magari, come avrete già più di una volta notato, non riesce ad intuire la profondità e l'ampiezza di certi movimenti ma nell'insieme il trend del mercato è quasi sempre correttamente predetto. E' quello che serve anche a noi soprattutto sapendo quanta influenza ha l'indice S&P500 sugli altri indici sparsi in mezzo mondo.


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Dove Donald Trump sarà limitato e dove no

La scala MAGA di plausibilità politica fornisce una pratica guida in cinque parti



19 novembre 2024


Di John Prideaux, redattore per gli Stati Uniti, The Economist


Il 47° presidente americano sarà meno vincolato di quanto lo sia stato il 45°, pur essendo la stessa persona. Donald Trump godrà di maggiore deferenza da parte del suo staff, del suo partito e dei tribunali rispetto al suo primo mandato. Questo non significa che non ci saranno vincoli per lui. Dove ci si può aspettare che riesca a realizzare il suo programma di politica interna nel 2025 e dove invece avrà difficoltà?


Mentre si candidava alle elezioni, il Presidente Trump ha presentato 20 priorità politiche principali, supportate da un documento di 16 pagine che entra un po' più nel dettaglio. Un modo pratico per pensare all'autorità e ai vincoli presidenziali è quello di classificarli su una scala di plausibilità maga a cinque punti, dalla categoria cinque (certo che accadrà) alla categoria uno (certo che non accadrà). Nel prossimo anno ci saranno battaglie interne al partito tra le fazioni repubblicane. I tribunali non permetteranno a Trump di fare tutto ciò che vuole. Il sistema federale americano delega importanti poteri agli Stati e alle città. E il tempo stringe, perché di recente i presidenti che iniziano con una tripletta perdono il controllo della Camera due anni dopo. L'interazione di questi vincoli determinerà ciò che Trump potrà realizzare.


Nella categoria cinque - i punti fermi - c'è la promessa di “rendere l'America il produttore dominante di energia”. Questo perché l'America, che produce più barili di petrolio di qualsiasi altro Paese, è già il produttore dominante. Lavoro fatto! Lo stesso vale per la promessa di portare l'America a “livelli record di successo”: su molte misure economiche l'America è già lì. La promessa di rendere di nuovo belle le sue città è più soggettiva. Ma, con la possibile eccezione di Houston (che ha un altro fascino), le grandi città americane sono meraviglie estetiche e continueranno a esserlo anche nel 2025.


Tra le promesse che appartengono alla quarta categoria - altamente probabili - ci sono quelle di eliminare il mandato per i veicoli elettrici (ev) e di tagliare le costose normative. Il mandato per i veicoli elettrici era un ordine esecutivo dell'amministrazione Biden e quindi può essere annullato da un ordine esecutivo dell'amministrazione Trump, senza bisogno di leggi. Il potere di ridurre la regolamentazione risiede in gran parte nella burocrazia federale, che Trump ridurrà con l'aiuto di Elon Musk. Nella quarta categoria rientra anche l'impegno a mantenere il dollaro come valuta di riserva mondiale. È difficile che questo cambi nel corso del prossimo anno o dei prossimi quattro. Lo stesso vale per le promesse di non tagliare Medicare o la Social Security, o di aumentare l'età pensionabile. Il controllo del Congresso dovrebbe consentire a Trump di estendere i tagli fiscali del 2018: è molto probabile che ciò avvenga anche nel 2025.

Un modo pratico per riflettere sull'autorità e sui vincoli presidenziali è quello di classificare le politiche su una scala di cinque punti.


Nella categoria tre - probabile - si trova uno dei principali impegni di politica interna di Trump: aumentare drasticamente le tariffe sulle importazioni. La piattaforma politica non indica una cifra: si limita a dire che i repubblicani sosterranno “tariffe di base” sui beni prodotti all'estero. Una tariffa universale del 20%, promessa da Trump in campagna elettorale, avrebbe probabilmente bisogno dell'approvazione del Congresso, il che rappresenta un vincolo. Il sostegno alle “tariffe di base” è però più vago. Sarà poi difficile realizzare la promessa di “tenere gli uomini fuori dagli sport femminili”. Ma l'amministrazione emetterà un ordine esecutivo che vieta la partecipazione di ragazze trans allo sport femminile nelle scuole e nei college che ricevono finanziamenti dal governo federale.


Nella seconda categoria - possibile, ma meno probabile - c'è l'altra promessa interna di Trump: “realizzare la più grande operazione di deportazione della storia americana”. Il record recente del maggior numero di persone deportate in un singolo anno è detenuto dall'amministrazione di Barack Obama, che al suo apice ne ha deportate poco più di 400.000. Un po' più indietro, si pensa che l'amministrazione di Dwight Eisenhower abbia deportato poco più di 1 milione di persone nel 1954 (è difficile essere precisi perché i registri di allora sono meno completi). Se questo è il parametro di riferimento, sarebbe molto difficile superarlo senza imbrogliare, ad esempio classificando come deportato qualcuno respinto al confine. Anche “sigillare il confine” sarà difficile: gli attraversamenti irregolari sono stati elevati durante il primo mandato di Trump fino a quando non è stato chiuso il confine meridionale. I tentativi di dissuadere gli immigrati attraverso politiche straordinariamente dure, come la separazione delle famiglie di immigrati, sono stati fermati da Trump dopo che sono stati ampiamente denunciati come crudeli. Anche questo è un vincolo.


Rimane la categoria uno, le politiche che hanno meno probabilità di realizzarsi nel 2025. La promessa di Trump di rendere i campus universitari nuovamente patriottici è, fortunatamente, destinata a fallire. Un'università patriottica sembra una cosa da Pechino, non da Boise. Gli studenti presumibilmente amano il loro Paese tanto quanto gli altri cittadini, ma il fulcro della grandezza dell'America è che non possono essere costretti a farlo, tanto meno dal Presidente. Per quanto riguarda la promessa di “riportare la pace in Europa e in Medio Oriente, e di costruire un grande scudo missilistico Iron Dome in tutto il nostro Paese, tutto made in America”: se il Presidente Trump sarà in grado di porre fine alla guerra in Ucraina senza capitolare con la Russia e di portare una pace duratura tra Israele e i palestinesi, potrebbe lasciare un'eredità superiore a quella di qualsiasi altro Presidente dai tempi di Ronald Reagan. È qualcosa a cui aspirare.


domenica 22 dicembre 2024

Gli scenari della FED

 Non è stata una settimana facile e abbiamo tutti, con una certa urgenza, bisogno di capire cosa è successo e soprattutto il perché di un sell off che, per quanto possa essere salutare considerate le quotazioni azionarie attuali (soprattutto in America),  potrebbe essere il campanello d'allarme di cosa ci aspetta nel 2025. Un nuovo anno che, almeno sulla carta, sarà molto più volatile di quello che sta per finire.

Tutta l'attenzione del mondo della finanza era rivolta alle mosse della FED che mercoledì 18 dicembre ha deciso, come ampiamente scontato, di alleggerire il costo del denaro di un quarto di punto che si somma agli altri tre già effettuati e che porta il tasso ufficiale americano tra il 4.25% e il 4.5% ovverosia 100 bps in meno da inizio anno.

Un buona notizia insomma ma che viene subito e pesantemente oscurata da quelle che sono le previsioni per il futuro che, nel caso della FED, vengono trimestralmente riassunte e condensate nel famoso dot plot ovverosia il grafico a punti realizzato facendo riferimento al  livello dei tassi di interesse previsto dai membri del Federal Open Market Committee (FOMC) per l'anno in corso e per i due anni successivi al quale si aggiunge una previsione sul lungo termine. La densità dei punti indica quanto siano in accordo i membri del FOMC mentre una discreta dispersione dei punti segnala divergenze importanti in seno al comitato.

Mercoledì nel primo pomeriggio, ancor prima di aver gettato un'occhiata al dot plot,  abbiamo subito registrato qualche cosa d'insolito:



il VIX si è impennato, da15 a 27,  come quando un evento di una certa gravità incombe sui mercati... poi, analizzando il dot plot,  abbiamo compreso la natura di tanta volatilità.

Per capirci meglio dobbiamo fare un passo indietro di tre mesi e vedere il dot plot del 18 settembre:



allora il Fomc era convinto che i tassi potessero essere tagliati nel 2025 dalle 5 alle 6 volte raggiungendo un range tra il 3% ed il 3.5%.... mentre per il 2026 si sarebbe dovuti andare sotto il 3%...





.... al 18 dicembre la loro previsione, completamente stravolta,  non va oltre i 2 tagli e dai commenti rilasciati nei giorni successivi da diversi Governatori potrebbero anche NON essercene! Quindi è abbastanza probabile che nel 2025 si rimarrà attorno al 4% mentre nel 2026 il range potrebbe essere tra il 3.25% ed il 3.75%. Insomma, come avevamo già sottolineato la volta scorsa, la FED non ha molta fretta di tagliare il costo del denaro nel 2025 ma la novità è che probabilmente anche il 2026 non sarà un anno di grandi ribassi. Andare sotto il 3% risulta, per il momento, non  fattibile. E' chiaro che il mercato non ha apprezzato e ce l'ha fatto capire!

Ma dovrà farsene una ragione, soprattutto se i dati macroeconomici americani continueranno ad essere come quelli pubblicati questa settimana. Ne abbiamo selezionati alcuni:

  • Vendite al dettaglio nov.                    : +0.7% (atteso: 0.5%; precedente: 0.5%)
  • Richieste disoccupazione 14.12        : 220k (atteso: 230k; precedente: 242k)
  • Leading indicators nov.                    : 0.3% (atteso: -0.1%; precedente: -0.4%)
  • PIL terzo trim (seconda revisione) : 3.1% (atteso: 2.8%; precedente: 3.0%)
  • Core PCE yoy                                   : 2.8% (atteso: 2.9%; precedente: 2.8%)
Insomma, gli americani continuano a consumare (anche più del previsto), le richieste di disoccupazione sono stabili con tendenza alla riduzione, i principiali indicatori economici sono a rialzo, il PIL è ben oltre le più rosee aspettative ed il dato sull'inflazione preferito dalla FED (PCE)  è stabile ma ancora ben lontano da quel 2% che continua ad essere per il momento difficilmente raggiungibile. Provate a trovate un valido motivo grazie al quale Powell dovrebbe procedere con dei decisi tagli ai tassi... difficile vero?


A dir la verità un motivo che suggerirebbe una riduzione del costo del denaro ci sarebbe: il debito americano oramai è fuori controllo e non farà che salire: siamo ad un passo dai 34 trilioni di dollari ed il loro finanziamento tendenzialmente resterà molto oneroso. Non è difficile prevedere uno scontro, anche piuttosto energico,  tra la nuova amministrazione Trump e la FED che verrà messa sotto pressione come non mai... Non sarà un bel momento per l'indipendenza della banca centrale americana e vedremo come i mercati reagiranno a questo conflitto che pare inevitabile...

E' altresì chiaro che alti tassi più a lungo toglieranno probabilmente un po' di smalto all'oro, dovrebbero favorire un dollaro più tonico e creeranno qualche problema supplementare alle aziende parecchio indebitate. E' pure noto che un costo del denaro elevato, tra i molti svantaggi, riduce pure il valore attuale dei flussi di cassa futuri, un parametro fondamentale che viene tenuto in grande considerazione nella valutazione delle aziende quotate. Con dei P/E non proprio a sconto potremmo avere dei problemi... Non sorprende quindi la reazione particolarmente negativa della borsa alla nuova visione della FED per gli anni 2025 e 26. 



Nel frattempo i rendimenti dei Treasury continuano con coerenza a salire...



...ed altrettanto coerentemente il valore delle obbligazioni in dollari continua a scendere. L'indice total return da inizo anno è sempre più negativo.

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Per il momento il trend a medio termine dello S&P500 (+24.34% ytd) sembra esser salvo anche se il recupero che ha fatto sul finale di contrattazioni venerdì non gli ha permesso di superare la media mobile dei 50 giorni che ora fa da resistenza. Sarebbe molto importante che riuscisse a superare la 50 giorni  in modo tale da allontanarsi dalla linea del supporto... (vedi  freccia blu). Per il momento comunque teniamo le posizioni.

Va anche sottolineato che venerdì era il giorno delle tre streghe ovverosia quell'appuntamento trimestrale dove contemporaneamente scadono le opzioni sia sugli indici che sulle azioni e scadono  pure i futures sugli indici azionari. Per curiosità vi alleghiamo un grafico che bene illustra l'enorme movimento che si genera in questa particolare giornata:


 Stiamo parlando di trilioni di dollari di scadenze solo per il mercato americano... se aggiungiamo il resto del mondo potete capire come mai ogni tre mesi e si possono vedere movimenti anomali e difficilmente spiegabili... Magari in uno dei prossimi post si potrebbe parlare dell'affascinante mondo dei derivati ma a volte non siamo proprio sicuri di voler mettere il naso dentro un universo che, per quanto affascinante, costituisce forse una delle maggiori insidie alla stabilità dei mercati: se dovesse saltare in aria le conseguenze sarebbero letali per molti se non per tutti noi investitori...



Anche il Nasdaq (+30.39% ytd) ha fatto la sua bella correzione settimanale (-2.35%) ma tra tutti gli indici che seguiamo è quello che si trova in una posizione tutto sommato tranquilla. Il trend rialzista è confermato e si è tolto di dosso in questi giorni un po' di pressione eccessiva;  a livello di RSI si trova in una zona neutra ed è ancora sopra tutte e tre le medie mobili. Per  il momento non siamo preoccupati.... anche qui teniamo le posizioni.

Non possiamo essere così tranquilli per quanto riguarda le borse europee: è evidente che sono sempre a traino di quelle americane con l'aggravante che nel nostro continente stiamo vivendo tante piccole e grandi crisi politiche che si aggrovigliano ad un contesto economico che non è dei migliori, anzi... in queste condizioni è piuttosto comprensibile come mai le nostre borse non hanno lo smalto di quelle americane.



Abbiamo ingrandito il grafico dell'Eurostoxx50 (+7.54% ytd) per avere una miglior visione degli ultimi movimenti: la scorsa settimana era rientrato brillantemente nel canale di spostamento laterale ma venerdì proprio non ce l'ha fatta a confermare i 4'868 punti ed ha chiuso sotto questo livello in prossimità della media mobile dei 100 giorni a fare da resistenza (freccia blu).  Peccato ci voleva proprio un nonnulla per farlo rientrare... A livello di RSI pure questo indice è in zona neutra, meglio così... vedremo se nella sessione di lunedì riuscirà a farci contenti. Putroppo mancano poche sedute alla fine dell'anno e quel che è fatto è fatto... Poteva essere un anno più che discreto ma è andata così, peccato!



Cosa dire dello SMI (+2.22% ytd) ? E' la grandissima delusione di questo 2024.... capiamo benissimo che è un indice piccolino, costituito da 30 società in buona parte vocate all'esportazione e che stanno subendo la forza dirompente del franco svizzero ma comunque un trattamento simile non ce l'aspettavamo soprattutto ora che tutta la curva dei rendimenti sulla nostra valuta è più vicina allo 0% che non allo 0.5%. Se hai franchi svizzeri in portafoglio e li devi investire,  alla borsa non sfuggi... malgrado questo venerdì abbiamo rischiato di chiudere la giornata con una performance da inizio anno vicina allo zero! Per fortuna un rimbalzo sul finale ha riaggiustato un pochino la situazione.

Tecnicamente il potenziale ribassista dovuto allo sfondamento verso il basso del triangolo è già stato esaurito...speriamo di risalire velocemente sopra gli 11'450 punti altrimenti bisogna pensare a dei decisi alleggerimenti... Che rabbia! Siamo comunque in ipervenduto ed una reazione è probabile che la vedremo.  Se si vuol rientrare la cosa più semplice sarebbe per il momento comprare un semplicissimo etf...se poi siete sportivi ce ne sono anche in leva.

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Abbiamo visto il dollaro/franco andare per un attimo sopra lo 0.90 per poi ritracciare. Forse una pausa ci vuole prima di tentare di attaccare lo 0.92... se i rendimenti americani dovessero continuare a salire (non comunque scontatissimo... sono già parecchio alti) forse ce la facciamo. Comunque sia per chi pensa in chf ed ha molti dollari qualche piccola presa di beneficio si potrebbe fare...



Euro/dollaro sta facendo, al contrario, il movimento che ha fatto quanto ha superato quota 1.11. Infatti siamo andati sotto l'1.05 e avremmo pensato a dei movimenti di acquisto di dollari più massicci ma in realtà restiamo in una zona tra 1.04 e 1.05... per il momento aumentare il dollaro se si pensa in euro non lo faremmo: c'è ancora una probabilità che si possa rientrare nella zona 1.05-1.11 per poi andare via lateralmente.



Se neppure i rendimenti vicini allo zero riescono a smorzare la forza del franco svizzero, non sappiamo più che pesci pigliare... l'unica via sarebbe quella di tornare ad un regime di tassi negativi! Non ci vogliamo neppure pensare ma non lo possiamo escludere.

Per il momento lo 0.93 sembra un supporto decente. Speriamo che venga confermato anche nelle prossime settimane... Ad ogni modo stiamo chiudendo l'anno come l'abbiamo aperto, ma è una magra consolazione.



L'oro pare essersi preso una pausa di riflessione: la politica della FED e il rafforzamento del dollaro gli hanno tolto per il momento un po' di smalto. Siamo dell'idea che per un po' si sposterà lateralmente senza fare troppi danni. Se va sotto la linea di supporto tratteggiata, forse per chi ne ha molto una presa di beneficio potrebbe essere un'idea...


Buone feste a tutti i nostri lettori! 🍾🥂







domenica 15 dicembre 2024

Ora tocca alla FED

 Questa settimana tre sono stati gli eventi che hanno catturato la nostra attenzione: il CPI americano e le attese riunioni della Banca Nazionale Svizzera (BNS) e della BCE; ovviamente eravamo curiosi di vedere come i mercati europei avrebbero reagito allo scontatissimo taglio dei tassi.

Ma procediamo ordinatamente:

CPI

Mercoledì 11 dicembre il Bureau of Labor Statistics pubblica il tasso d'inflazione americano per il mese di novembre:

  • CPI yoy nov.          : 2.7% (atteso: 2.7%; precedente: 2.6%)
  • Core CPI yoy nov. : 3.3% (atteso: 3.3%; precedente: 3.3%)
Quasi tutto come nelle aspettative. E' comunque piaciuto il Core CPI che, risultando invariato, ha spianato la strada alla FED che senza indugio potrà procedere, mercoledì 18 dicembre,  ad una riduzione di un quarto di punto. La probabilità del taglio è al 96% e la vera sorpresa sarebbe quella di un nulla di fatto.  I mercati non si sono lasciati sfuggire l'occasione e hanno messo a segno l'ennesimo record storico sia in casa S&P 500 che in quella del Nasdaq. Il rally natalizio può continuare!



Tutto bene quindi ma, ad onor del vero, ci sarebbe una considerazione che non andrebbe sottaciuta: sono mesi che l'inflazione non riesce più a scendere e l'obiettivo di portarla al 2%  pare non essere  proprio a portata di mano. Non sembra che ai mercati la cosa per il momento interessi più di tanto ma con l'anno nuovo il tema andrà approfondito, eccome:  sarà importante intuire se, una volta passati dalle esternazioni pre-elettorali ai primi interventi del nuovo governo,  il programma economico di Trump sarà effettivamente foriero di un maggior rincaro. 
Attualmente questa minaccia è solo teorica ma siamo certi che la FED si sta già portando avanti con i lavori ed è già sul chi vive:  se il buonsenso le suggerirà che è saggio lasciare tutto invariato, in attesa delle prime mosse di Trump, il taglio non lo vedremo e lo stop al rally natalizio sarà immediato. Mercoledì ne sapremo qualcosa di più...

Già che abbiamo menzionato la FED, è una buona notizia l'aver saputo che Powell sarà riconfermato alla guida della Banca Centrale  fino alla fine del suo mandato che scade nel 2026.



BNS

Sembra che la nostra banca nazionale tiri sempre dritto per la sua strada senza badare più di tanto a cosa fanno le sue consorelle europea ed americana. E' quello che ci è parso di capire giovedì mattina quando, in pieno spirito natalizio, la BNS ha deciso di tagliare di mezzo punto il tasso di riferimento che passa dall'1% allo 0.5% e che sarà destinato ad andare a zero durante il 2025. 
La tentazione era forte ma la bottiglia di Champagne non l'abbiamo aperta in quanto ci siamo subito chiesti il perché di un taglio così consistente. Siamo giunti alla conclusione che la BNS non poteva fare altrimenti... anche i mercati l'hanno capito e come vedremo dopo le reazioni al taglio sono state modeste.

Seguite il ragionamento.

Il quadro macro-economico della nostra economia, soprattutto se paragonato con quello delle economie a noi vicine, non è così male e si prospetta per il 2025 una crescita del  PIL entro una forchetta che va dall'1% all'1.5%,  discreta quindi ma rivista al ribasso rispetto all'ultima previsione del mese di settembre che suggeriva una probabile crescita di oltre un punto e mezzo. Ammettiamolo: un aumento dell'1% non possiamo dire che sia una gran crescita... Ne consegue che anche la nostra  economia va aiutata ed un taglio di mezzo punto è un bel segnale che arriva diritto al cuore del nostro sistema produttivo.

L'inflazione continua a scendere: a novembre siamo allo 0.7%. Bene, ma forse stiamo addirittura scendendo troppo in fretta... Sappiamo tutti cosa questo significa: una spirale deflazionistica non è certo una buona notizia ed è solo portatrice di guai ben peggiori di quelli generati dall'inflazione. Dobbiamo far ripartire in un qualche modo e piuttosto celermente la nostra economia: meglio un po' di inflazione ma la deflazione, no grazie!,  non la vogliamo vedere.

Il franco svizzero forte continua a creare grattacapi alla nostra industria d'esportazione. Se in presenza di un rincaro galoppante (modello 2022 per intenderci) una moneta forte ci aiuta a non importare inflazione dall'estero, ora che d'inflazione non ce n'è, un franco meno tonico farebbe comodo.
Nel pomeriggio di giovedì anche la BCE ha proceduto ad un taglio ai tassi di un quarto di punto e al 30  gennaio 2025 si replicherà: la BNS ha fatto i suoi calcoli e per evitare un nuovo rafforzamento del franco ha tagliato con decisione. Infatti la prossima riunione della BNS, ne fa 4 all'anno,  è prevista per il 20 marzo 2025. Troppa acqua passerà sotto i ponti prima che si possa intervenire con un nuovo taglio e chissà a marzo dove sarebbe arrivata la quotazione del franco...  quindi, giocoforza,  Martin Schlegel ha dovuto agire d'anticipo deliziandoci comunque con un taglio di mezzo punto che in pochi si aspettavano... Astuto il ragazzo.

BCE

Nel pomeriggio di giovedì la BCE, come ampiamente atteso, ha  ridotto di un quarto di punto il costo del denaro portandolo al 3%. Per una economia che nel 2025 dovrebbe crescere globalmente, ma con grosse differenze tra un'area e l'altra, del 1.1% è sicuramente una boccata d'ossigeno che comunque non basterà. Infatti alcuni membri del Consiglio proponevano un'azione più coraggiosa, diciamo un mezzo punto alla "svizzera", ma a prevalere è stato il solito approccio prudenziale "basato sui dati disponibili e mantenendo chiaro l'obiettivo di riportare l'inflazione al 2%". Il comunicato ufficiale integrale non l'abbiamo letto ma chi l'ha fatto ci informa che la consueta dicitura che fa riferimento "al mantenimento dei tassi a livelli restrittivi per tutto il tempo necessario" è sparita! Almeno nelle intenzioni è un passo nella giusta direzione... Una Lagarde così audace da dove salta fuori? Non sarà troppo...?

Riassumendo: dai dati pubblicati questa settimana e dal comportamento delle Banche Centrali europee deduciamo che il gap che attualmente contraddistingue la crescita economica americana da quella europea è destinato ad allargarsi; lo stesso dicasi per i rendimenti:


Quelli americani (Treasury 10 anni (nero) e 2 (rosso)) sono in chiaro rialzo e rischiano di dover salire ulteriormente a causa di una inflazione che fatica a raggiungere il 2% e che ora è pure minacciata dal programma economico di Trump. Buono per il dollaro, meno per le borse, un dramma per le obbligazioni.
Quelli europei (Bund 10 anni (verde) e 2 (blu)) non possono far altro che scendere a meno che si è veramente convinti che bisogna sacrificare la crescita economica in nome del raggiungimento  dell'obiettivo supremo che è quello di riportare l'inflazione al 2%... non dimenticandosi che un tale approccio potrebbe spedire, anzi spedirà,  tutta l'economia europea in recessione. Chissà perchè in questo momento ci è venuto in mente quel chirurgo che, uscendo dalla sala operatoria, ha candidamente affermato che " l'operazione è stata un successo peccato che il paziente sia morto!"...


E' da qualche settimana che non gettiamo un'occhiata all'andamento del comparto del reddito fisso. 

Recuperiamo i grafici dei total return obbligazionari in dollari ed euro:



Chi aveva dollari e si è accontentato d'investirli a breve o brevissimo termine non ha fatto una lira di danno ed ha incassato, su base annua, una bella cedola che puo' andare dal 4.5% al 5 e qualche cosa. Coloro che si sono fatti prendere la mano ed hanno allungato esageratamente le scadenze, non solo ci hanno rimesso la cedola ma hanno pure perso un pezzettino del capitale investito. Le obbligazioni hanno semplicemente reagito al fatto che la FED non è obbligata in questo momento ad applicare una politica troppo espansiva dei tassi, anzi, potrebbe addirittura essere costretta a stoppare il movimento ribassista e procedere persino con dei momentanei rialzi...


E' chiaro a tutti che il solo movimento che possono fare i tassi europei è quello di scendere ed allora allungare, senza strafare, le durations dei nostri portafogli obbligazionari  può avere un senso. Da inizio anno siamo positivi, non di molto, ma qualche punto percentuale l'abbiamo portato a casa. Ma che fatica! 
Passiamo dei mesi dove si vedono solo degli spostamenti laterali poi, degli improvvisi strappi, ci portano ad un livello superiore seguiti da settimane di consolidamento... Se guardiamo la tragedia del 2022 ci son voluti due anni per recuperare la metà delle perdite subite... di questo passo ce ne vorranno altri 2 o 3 per recuperare il resto. 


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Prima di addentrarci nella solita analisi tecnica dei mercati vi vogliamo mostrare un piccolo grafico che spiega meglio di qualsiasi altra teoria come mai il movimento rialzista delle borse americane sembra essere senza fine:


Il flusso di denaro che sta confluendo verso gli etf dedicati alle borse americane è impressionante ed il movimento è certamente influenzato dalle performances poco gloriose del mercato obbligazionario e dalle enormi aspettative che l'Intelligenza Artificiale sta generando. Fino a quando questa massa di denaro continuerà ad affluire verso gli etf difficilmente assisteremo a dei veri e propri cambiamenti di trend. 

In questo preciso momento i soli eventi che potrebbero innescare un'ondata di vendite devastanti sono i "cigni neri". Abbiamo chiesto a ChatGPT di definire cosa è un cigno nero. Segue risposta:

"In ambito finanziario, un cigno nero è un evento raro, totalmente imprevedibile e con conseguenze potenzialmente devastanti per i mercati e l'economia (e per i nostri depositi, NDR). Solo a posteriori, dopo un processo di razionalizzazione di quanto è successo,  il cigno nero diventa un evento prevedibile".

Dobbiamo essere sempre coscienti che simili movimenti non ti lasciano neppure il tempo di respirare e quando ci riesci i danni, quelli grossi, sono già tutti davanti a noi. Probabilità di evitare il peggio: pressoché nulle. E' giusto che lo si sappia.

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Purtroppo ci siamo persi il grafico dello S&P500 nei gangli della rete e per questa settimana ci dobbiamo accontentare del Nasdaq (+32.74% ytd) che ha chiuso la settimana, dopo aver messo a segno mercoledì il suo record storico, praticamente invariato. I 20'000 punti prima di essere definitivamente superati dovranno essere digeriti, altrimenti qui si rischia l'indigestione. Abbiamo tempo fino a mercoledì per assimilare la grande abbuffata di questi ultimi giorni, poi saremo nelle mani della FED...



Dobbiamo ammetterlo: forse ci saremmo aspettati maggior entusiasmo dopo il taglio ai tassi ma nella realtà l'Eurostoxx50 (+9.88% ytd) non ha fatto una piega chiudendo addirittura  in leggera perdita rispetto alla settimana precedente. I 5'000 punti iniziano ad essere la nuova resistenza e probabilmente la media mobile dei 200 giorni (linea blu) farà sicuramente da supporto. Se ci spostiamo lateralmente fino alla fine dell'anno e portiamo a casa quasi un 10% di performance non ci dispiacerebbe affatto!



Una piccola scossa,  dopo il taglio di mezzo punto dei tassi, l'abbiamo  vista ma se neppure l'aspettativa di vedere i tassi a zero riesce a smuovere significativamente il nostro SMI (+5% ytd) significa che gli investitori sono veramente scoraggiati e noi pure... Purtroppo la media mobile dei 50 giorni (linea viola) sta tentando di perforare dall'alto verso il basso quella dei 200 giorni (linea blu):  per nulla un buon segnale in quanto questo movimento è la conferma che la situazione è delicata... (vedi freccia rossa)

Abbiamo disegnato il  triangolo nel quale si è infilato il nostro indice e questo ci lascia aperta la porta ad un minimo di speranza: se la foratura sarà verso l'alto (lo sapremo settimana prossima) forse riusciremo ad aggiungere qualche punto percentuale alla performance di fine anno. Purtroppo il triangolo è una figura di consolidamento, una sorta di pausa che il mercato si prende prima di ricominciare a rimettersi in moto,  dando continuità al trend in corso: nel caso dello SMI, il trend a breve termine, è al ribasso da molte settimane, accidenti!  Fondamentale: mai andare sotto gli 11'450 punti.


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Chi in questo momento non se la passa poi così male è il dollaro americano: contro franco continua per il momento ad apprezzarsi e la cosa ci fa solo che piacere: 0.8950 è una piccola resistenza che probabilmente fino a mercoledì prossimo non sarà superata. Poi vedremo cosa farà e cosa ci dirà Powell: un taglio di un quarto di punto è già ampiamente scontato e quindi non dovrebbe impattare più di tanto sul dollaro. Se però dovesse rinunciare al taglio o ci farà capire che di fretta proprio non ne ha,  allora quota 0.92 potrebbe non più essere un miraggio.



 Per il momento il supporto a 1.05 di euro/dollaro sta tenendo ma la tentazione, da parte della valuta americana, di andare con decisione sotto questo livello è tanta e potrebbe anche farcela.  Oramai le medie mobili (guardate tutti gli incroci ribassisti) suonano come campane a morto per la valuta europea ma una sorta di spirito di sopravvivenza le consente di non arrendersi... almeno per un po' ancora.



Il bitcoin è in fase di consolidamento e non può che essere così dopo la cavalcata che ha fatto quest'anno... sarà anche una crypto ma a certe regole in ambito finanziario non si sfugge, anzi...

E' solo recentemente che seguiamo il bitcoin con una certa assiduità ma malgrado la nostra inesperienza ci stiamo accorgendo che tutto sommato, pur essendo un asset (ups: stavamo per dire una valuta...) proveniente dal vuoto siderale dello spazio,  sta molto rapidamente assimilando le regole del gioco in vigore sul pianeta terra. Spieghiamoci meglio: nasce come alternativa alla finanza tradizionale, bene. Per diversi anni nessuno se lo fila e ci siamo accorti della sua esistenza solo quando è riuscito a moltiplicare pani e pesci. Oggi te lo ritrovi in molte asset allocation di banche e gestori patrimoniale esterni che se ne sono appropriati alla vecchia maniera:  emettendo etf dedicati come se piovesse. Bene per il bitcoin, che è andato alle stelle, molto meno bene il fatto che sta iniziando a comportarsi come una commodity tradizionale...  molti puristi stanno già storcendo il naso. Su questo tema ci ritorneremo...


Buona domenica!