domenica 15 dicembre 2024

Ora tocca alla FED

 Questa settimana tre sono stati gli eventi che hanno catturato la nostra attenzione: il CPI americano e le attese riunioni della Banca Nazionale Svizzera (BNS) e della BCE; ovviamente eravamo curiosi di vedere come i mercati europei avrebbero reagito allo scontatissimo taglio dei tassi.

Ma procediamo ordinatamente:

CPI

Mercoledì 11 dicembre il Bureau of Labor Statistics pubblica il tasso d'inflazione americano per il mese di novembre:

  • CPI yoy nov.          : 2.7% (atteso: 2.7%; precedente: 2.6%)
  • Core CPI yoy nov. : 3.3% (atteso: 3.3%; precedente: 3.3%)
Quasi tutto come nelle aspettative. E' comunque piaciuto il Core CPI che, risultando invariato, ha spianato la strada alla FED che senza indugio potrà procedere, mercoledì 18 dicembre,  ad una riduzione di un quarto di punto. La probabilità del taglio è al 96% e la vera sorpresa sarebbe quella di un nulla di fatto.  I mercati non si sono lasciati sfuggire l'occasione e hanno messo a segno l'ennesimo record storico sia in casa S&P 500 che in quella del Nasdaq. Il rally natalizio può continuare!



Tutto bene quindi ma, ad onor del vero, ci sarebbe una considerazione che non andrebbe sottaciuta: sono mesi che l'inflazione non riesce più a scendere e l'obiettivo di portarla al 2%  pare non essere  proprio a portata di mano. Non sembra che ai mercati la cosa per il momento interessi più di tanto ma con l'anno nuovo il tema andrà approfondito, eccome:  sarà importante intuire se, una volta passati dalle esternazioni pre-elettorali ai primi interventi del nuovo governo,  il programma economico di Trump sarà effettivamente foriero di un maggior rincaro. 
Attualmente questa minaccia è solo teorica ma siamo certi che la FED si sta già portando avanti con i lavori ed è già sul chi vive:  se il buonsenso le suggerirà che è saggio lasciare tutto invariato, in attesa delle prime mosse di Trump, il taglio non lo vedremo e lo stop al rally natalizio sarà immediato. Mercoledì ne sapremo qualcosa di più...

Già che abbiamo menzionato la FED, è una buona notizia l'aver saputo che Powell sarà riconfermato alla guida della Banca Centrale  fino alla fine del suo mandato che scade nel 2026.



BNS

Sembra che la nostra banca nazionale tiri sempre dritto per la sua strada senza badare più di tanto a cosa fanno le sue consorelle europea ed americana. E' quello che ci è parso di capire giovedì mattina quando, in pieno spirito natalizio, la BNS ha deciso di tagliare di mezzo punto il tasso di riferimento che passa dall'1% allo 0.5% e che sarà destinato ad andare a zero durante il 2025. 
La tentazione era forte ma la bottiglia di Champagne non l'abbiamo aperta in quanto ci siamo subito chiesti il perché di un taglio così consistente. Siamo giunti alla conclusione che la BNS non poteva fare altrimenti... anche i mercati l'hanno capito e come vedremo dopo le reazioni al taglio sono state modeste.

Seguite il ragionamento.

Il quadro macro-economico della nostra economia, soprattutto se paragonato con quello delle economie a noi vicine, non è così male e si prospetta per il 2025 una crescita del  PIL entro una forchetta che va dall'1% all'1.5%,  discreta quindi ma rivista al ribasso rispetto all'ultima previsione del mese di settembre che suggeriva una probabile crescita di oltre un punto e mezzo. Ammettiamolo: un aumento dell'1% non possiamo dire che sia una gran crescita... Ne consegue che anche la nostra  economia va aiutata ed un taglio di mezzo punto è un bel segnale che arriva diritto al cuore del nostro sistema produttivo.

L'inflazione continua a scendere: a novembre siamo allo 0.7%. Bene, ma forse stiamo addirittura scendendo troppo in fretta... Sappiamo tutti cosa questo significa: una spirale deflazionistica non è certo una buona notizia ed è solo portatrice di guai ben peggiori di quelli generati dall'inflazione. Dobbiamo far ripartire in un qualche modo e piuttosto celermente la nostra economia: meglio un po' di inflazione ma la deflazione, no grazie!,  non la vogliamo vedere.

Il franco svizzero forte continua a creare grattacapi alla nostra industria d'esportazione. Se in presenza di un rincaro galoppante (modello 2022 per intenderci) una moneta forte ci aiuta a non importare inflazione dall'estero, ora che d'inflazione non ce n'è, un franco meno tonico farebbe comodo.
Nel pomeriggio di giovedì anche la BCE ha proceduto ad un taglio ai tassi di un quarto di punto e al 30  gennaio 2025 si replicherà: la BNS ha fatto i suoi calcoli e per evitare un nuovo rafforzamento del franco ha tagliato con decisione. Infatti la prossima riunione della BNS, ne fa 4 all'anno,  è prevista per il 20 marzo 2025. Troppa acqua passerà sotto i ponti prima che si possa intervenire con un nuovo taglio e chissà a marzo dove sarebbe arrivata la quotazione del franco...  quindi, giocoforza,  Martin Schlegel ha dovuto agire d'anticipo deliziandoci comunque con un taglio di mezzo punto che in pochi si aspettavano... Astuto il ragazzo.

BCE

Nel pomeriggio di giovedì la BCE, come ampiamente atteso, ha  ridotto di un quarto di punto il costo del denaro portandolo al 3%. Per una economia che nel 2025 dovrebbe crescere globalmente, ma con grosse differenze tra un'area e l'altra, del 1.1% è sicuramente una boccata d'ossigeno che comunque non basterà. Infatti alcuni membri del Consiglio proponevano un'azione più coraggiosa, diciamo un mezzo punto alla "svizzera", ma a prevalere è stato il solito approccio prudenziale "basato sui dati disponibili e mantenendo chiaro l'obiettivo di riportare l'inflazione al 2%". Il comunicato ufficiale integrale non l'abbiamo letto ma chi l'ha fatto ci informa che la consueta dicitura che fa riferimento "al mantenimento dei tassi a livelli restrittivi per tutto il tempo necessario" è sparita! Almeno nelle intenzioni è un passo nella giusta direzione... Una Lagarde così audace da dove salta fuori? Non sarà troppo...?

Riassumendo: dai dati pubblicati questa settimana e dal comportamento delle Banche Centrali europee deduciamo che il gap che attualmente contraddistingue la crescita economica americana da quella europea è destinato ad allargarsi; lo stesso dicasi per i rendimenti:


Quelli americani (Treasury 10 anni (nero) e 2 (rosso)) sono in chiaro rialzo e rischiano di dover salire ulteriormente a causa di una inflazione che fatica a raggiungere il 2% e che ora è pure minacciata dal programma economico di Trump. Buono per il dollaro, meno per le borse, un dramma per le obbligazioni.
Quelli europei (Bund 10 anni (verde) e 2 (blu)) non possono far altro che scendere a meno che si è veramente convinti che bisogna sacrificare la crescita economica in nome del raggiungimento  dell'obiettivo supremo che è quello di riportare l'inflazione al 2%... non dimenticandosi che un tale approccio potrebbe spedire, anzi spedirà,  tutta l'economia europea in recessione. Chissà perchè in questo momento ci è venuto in mente quel chirurgo che, uscendo dalla sala operatoria, ha candidamente affermato che " l'operazione è stata un successo peccato che il paziente sia morto!"...


E' da qualche settimana che non gettiamo un'occhiata all'andamento del comparto del reddito fisso. 

Recuperiamo i grafici dei total return obbligazionari in dollari ed euro:



Chi aveva dollari e si è accontentato d'investirli a breve o brevissimo termine non ha fatto una lira di danno ed ha incassato, su base annua, una bella cedola che puo' andare dal 4.5% al 5 e qualche cosa. Coloro che si sono fatti prendere la mano ed hanno allungato esageratamente le scadenze, non solo ci hanno rimesso la cedola ma hanno pure perso un pezzettino del capitale investito. Le obbligazioni hanno semplicemente reagito al fatto che la FED non è obbligata in questo momento ad applicare una politica troppo espansiva dei tassi, anzi, potrebbe addirittura essere costretta a stoppare il movimento ribassista e procedere persino con dei momentanei rialzi...


E' chiaro a tutti che il solo movimento che possono fare i tassi europei è quello di scendere ed allora allungare, senza strafare, le durations dei nostri portafogli obbligazionari  può avere un senso. Da inizio anno siamo positivi, non di molto, ma qualche punto percentuale l'abbiamo portato a casa. Ma che fatica! 
Passiamo dei mesi dove si vedono solo degli spostamenti laterali poi, degli improvvisi strappi, ci portano ad un livello superiore seguiti da settimane di consolidamento... Se guardiamo la tragedia del 2022 ci son voluti due anni per recuperare la metà delle perdite subite... di questo passo ce ne vorranno altri 2 o 3 per recuperare il resto. 


***

Prima di addentrarci nella solita analisi tecnica dei mercati vi vogliamo mostrare un piccolo grafico che spiega meglio di qualsiasi altra teoria come mai il movimento rialzista delle borse americane sembra essere senza fine:


Il flusso di denaro che sta confluendo verso gli etf dedicati alle borse americane è impressionante ed il movimento è certamente influenzato dalle performances poco gloriose del mercato obbligazionario e dalle enormi aspettative che l'Intelligenza Artificiale sta generando. Fino a quando questa massa di denaro continuerà ad affluire verso gli etf difficilmente assisteremo a dei veri e propri cambiamenti di trend. 

In questo preciso momento i soli eventi che potrebbero innescare un'ondata di vendite devastanti sono i "cigni neri". Abbiamo chiesto a ChatGPT di definire cosa è un cigno nero. Segue risposta:

"In ambito finanziario, un cigno nero è un evento raro, totalmente imprevedibile e con conseguenze potenzialmente devastanti per i mercati e l'economia (e per i nostri depositi, NDR). Solo a posteriori, dopo un processo di razionalizzazione di quanto è successo,  il cigno nero diventa un evento prevedibile".

Dobbiamo essere sempre coscienti che simili movimenti non ti lasciano neppure il tempo di respirare e quando ci riesci i danni, quelli grossi, sono già tutti davanti a noi. Probabilità di evitare il peggio: pressoché nulle. E' giusto che lo si sappia.

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Purtroppo ci siamo persi il grafico dello S&P500 nei gangli della rete e per questa settimana ci dobbiamo accontentare del Nasdaq (+32.74% ytd) che ha chiuso la settimana, dopo aver messo a segno mercoledì il suo record storico, praticamente invariato. I 20'000 punti prima di essere definitivamente superati dovranno essere digeriti, altrimenti qui si rischia l'indigestione. Abbiamo tempo fino a mercoledì per assimilare la grande abbuffata di questi ultimi giorni, poi saremo nelle mani della FED...



Dobbiamo ammetterlo: forse ci saremmo aspettati maggior entusiasmo dopo il taglio ai tassi ma nella realtà l'Eurostoxx50 (+9.88% ytd) non ha fatto una piega chiudendo addirittura  in leggera perdita rispetto alla settimana precedente. I 5'000 punti iniziano ad essere la nuova resistenza e probabilmente la media mobile dei 200 giorni (linea blu) farà sicuramente da supporto. Se ci spostiamo lateralmente fino alla fine dell'anno e portiamo a casa quasi un 10% di performance non ci dispiacerebbe affatto!



Una piccola scossa,  dopo il taglio di mezzo punto dei tassi, l'abbiamo  vista ma se neppure l'aspettativa di vedere i tassi a zero riesce a smuovere significativamente il nostro SMI (+5% ytd) significa che gli investitori sono veramente scoraggiati e noi pure... Purtroppo la media mobile dei 50 giorni (linea viola) sta tentando di perforare dall'alto verso il basso quella dei 200 giorni (linea blu):  per nulla un buon segnale in quanto questo movimento è la conferma che la situazione è delicata... (vedi freccia rossa)

Abbiamo disegnato il  triangolo nel quale si è infilato il nostro indice e questo ci lascia aperta la porta ad un minimo di speranza: se la foratura sarà verso l'alto (lo sapremo settimana prossima) forse riusciremo ad aggiungere qualche punto percentuale alla performance di fine anno. Purtroppo il triangolo è una figura di consolidamento, una sorta di pausa che il mercato si prende prima di ricominciare a rimettersi in moto,  dando continuità al trend in corso: nel caso dello SMI, il trend a breve termine, è al ribasso da molte settimane, accidenti!  Fondamentale: mai andare sotto gli 11'450 punti.


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Chi in questo momento non se la passa poi così male è il dollaro americano: contro franco continua per il momento ad apprezzarsi e la cosa ci fa solo che piacere: 0.8950 è una piccola resistenza che probabilmente fino a mercoledì prossimo non sarà superata. Poi vedremo cosa farà e cosa ci dirà Powell: un taglio di un quarto di punto è già ampiamente scontato e quindi non dovrebbe impattare più di tanto sul dollaro. Se però dovesse rinunciare al taglio o ci farà capire che di fretta proprio non ne ha,  allora quota 0.92 potrebbe non più essere un miraggio.



 Per il momento il supporto a 1.05 di euro/dollaro sta tenendo ma la tentazione, da parte della valuta americana, di andare con decisione sotto questo livello è tanta e potrebbe anche farcela.  Oramai le medie mobili (guardate tutti gli incroci ribassisti) suonano come campane a morto per la valuta europea ma una sorta di spirito di sopravvivenza le consente di non arrendersi... almeno per un po' ancora.



Il bitcoin è in fase di consolidamento e non può che essere così dopo la cavalcata che ha fatto quest'anno... sarà anche una crypto ma a certe regole in ambito finanziario non si sfugge, anzi...

E' solo recentemente che seguiamo il bitcoin con una certa assiduità ma malgrado la nostra inesperienza ci stiamo accorgendo che tutto sommato, pur essendo un asset (ups: stavamo per dire una valuta...) proveniente dal vuoto siderale dello spazio,  sta molto rapidamente assimilando le regole del gioco in vigore sul pianeta terra. Spieghiamoci meglio: nasce come alternativa alla finanza tradizionale, bene. Per diversi anni nessuno se lo fila e ci siamo accorti della sua esistenza solo quando è riuscito a moltiplicare pani e pesci. Oggi te lo ritrovi in molte asset allocation di banche e gestori patrimoniale esterni che se ne sono appropriati alla vecchia maniera:  emettendo etf dedicati come se piovesse. Bene per il bitcoin, che è andato alle stelle, molto meno bene il fatto che sta iniziando a comportarsi come una commodity tradizionale...  molti puristi stanno già storcendo il naso. Su questo tema ci ritorneremo...


Buona domenica!


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