domenica 13 ottobre 2024

Minute della FED e CPI

 Per chi non ama troppo i numeri, l'edizione odierna di Appunti Finanziari potrebbe risultare meno indigesta del solito. Infatti ci limitiamo a portare alla vostra attenzione solo un paio di eventi che hanno avuto il pregio di fare un po' di chiarezza sul futuro prossimo dei tassi d'interesse, soprattutto americani,   con dei risvolti da non sottovalutare anche per quanto concerne quelli europei.

Partiamo subito ed andiamo a dare una sbirciatina a quanto c'è scritto nelle minute della FED dell'ultima riunione (17/18 settembre) che sono state pubblicate lo scorso mercoledì. Le minute non sono nient'altro che degli accurati verbali  riguardanti le sedute della Banca Centrale Americana (FED) e vengono rese pubbliche di norma dopo tre settimane. Questo lasso di tempo permette un'attenta stesura del verbale e soprattutto serve a stemperare eventuali reazioni eccessive che possono verificarsi subito dopo le decisioni della FED. 

Da quanto abbiamo appreso, possiamo riassumere il FED pensiero come segue: 

  • L'approccio ai tagli ai tassi di interesse deve essere cauto. (E' chiaro che questa affermazione, diciamo noi, è in contrasto con quanto finora accaduto: ricordate il mezzo punto di tre settimane fa? E' un taglio piuttosto deciso...)
  • Alcuni membri del FOMC non nascondono una certa preoccupazione per dei tagli troppo rapidi e consistenti ai tassi che potrebbero impedire un ritorno dell'inflazione al 2%. Alcuni di loro sottolineano che i costi di un allentamento troppo rapido sono maggiori rispetto a quelli generati da un ritmo di tagli più graduale.
  •  Altri membri sottolineano invece i rischi provocati da un allentamento tardivo dei tassi che potrebbe penalizzare parecchio la crescita economica.
  • Pur riconoscendo che l'economia americana è ancora solida ed il mercato del lavoro è stabile, l'inflazione non è ancora dove deve essere. Quindi non c'è fretta nell'accelerare il taglio ai tassi, si continuerà a monitorare i dati economici e solo quando ci sarà la convinzione che bisogna tagliare si taglierà.

Quindi nulla di nuovo all'orizzonte: Powell e compagni non procederanno molto speditamente a ridurre i tassi e questo ovviamente non era quello che il mercato voleva sentirsi dire. Già lo sapevamo ma vederlo ribadito nero su bianco fa ancora un certo effetto:


Fatto sta che i rendimenti dei Treasury hanno continuato a salire anche questa settimana. Il decennale ha chiuso con una resa del 4.10% e ci stiamo chiedendo fino a quando i rendimenti potranno salire senza dare troppo fastidio ai mercati finanziari: non sono pochi gli analisti che pensano che fino ad una resa del 4.5% non ci saranno grossi problemi, soprattutto per le borse,  in quanto questo aumento in fondo ci sta dicendo che l'economia americana è appunto in buona salute. Potremmo prendere questa interpretazione per buona ma noi preferiamo attendere la pubblicazione dei dati del terzo trimestre prima di sbilanciarci. A nostro giudizio sono quest'ultimi che ci daranno un'idea più precisa dell'effettivo stato di salute del tessuto economico americano. 

I dati del terzo trimestre delle banche americane, pubblicati venerdì, non sono stati eccezionali soprattutto a causa, un po' per tutte le banche,  di una diminuzione dei ricavi da interesse. La prossima settimana saranno una quarantina le aziende che renderanno noti i loro numeri ed allora si entrerà nel vivo della questione. Vedremo se anche nel terzo trimestre saranno quasi esclusivamente i Magnifici 7 a fare la parte del leone. Sarebbe importante che anche altre aziende forniscano un maggior contributo; se così fosse, saremmo anche noi maggiormente convinti del buono stato di salute dell'economia americana. In caso contrario tutta questa concentrazione di utili su una manciata di aziende, lo intuite anche voi, è pericoloso...


Giovedì 10 ottobre abbiamo fatto un esamino allo stato di salute dell'inflazione americana:


  • CPI yoy          : 2.4% (atteso: 2.3%; precedente: 2.5%)
  • Core CPI yoy: 3.3% (atteso: 3.2%; precedente: 3.2%)
Avrete già capito che il dato che più ha deluso l'investitore è quello relativo all'inflazione di base (core cpi, quello preferito dalla FED) che era attesa al 3.2% ed invece è stata registrata un pochino più alta. Questo stato di cose porta acqua al mulino di coloro che preferiscono procedere con riduzioni dei tassi meno clamorose ma reiterate nel tempo piuttosto che procedere con il machete in modo grossolano. Nel caso americano pure noi pensiamo sia giusto procedere con una certa prudenza;  ancora oggi non riusciamo a darci una risposta convincente sul perché Powell, a settembre,  abbia adottato un taglio netto di mezzo punto. Forse perché ad ottobre non è prevista una riunione della FED e si è voluto procedere con il mezzo punto che va distribuito su due mesi... Comunque sia, un simile core cpi ha letteralmente seppellito la possibilità che al 7 di novembre si possa assistere ad un altro taglio di mezzo punto. Accontentiamoci di uno 0.25%.



Giovedì 17 ottobre ci sarà un'attesa riunione della BCE: considerato lo stato di salute dell'economia Europea (con una Germania che probabilmente chiuderà anche quest'anno con una recessione...) saremmo sorpresi se non tagliasse i tassi di almeno un quarto di punto. La gradita sorpresa sarebbe un mezzo punto ma, per quanto non manchi molto, non è ancora Natale... Pare comunque evidente a tutti che in Europa si necessita di alcuni tagli piuttosto decisi in quanto in recessione ci stiamo andando e anche piuttosto velocemente. Se l'America può permettersi di utilizzare il fioretto in Europa il machete ci sembra lo strumento più appropriato per dare un taglio ai tassi ed evitare il peggio.


***

Si dice spesso che l'evoluzione della borsa è un efficace termometro con il quale misurare la temperatura di un'economia. Forse andrebbe specificato che le borse riflettono le aspettative degli investitori e, più che fornirci un quadro dell'attuale stato di salute di una economia,  è una buona rappresentazione di cosa gli investitori e/o gli analisti si attendono per il futuro. 

Date un'occhiata allo schema qui sotto dove sono rappresentate le stime dello S&P 500 per il 2025; la linea verticale punteggiata è dove si trovava il 7 ottobre l'indice:

 E' interessante osservare che solo una manciata di banche prevedono uno S&P500 per il 2025 ad un livello più alto dell'attuale. Goldman Sachs, che notoriamente non è l'ultima arrivata, è tra le più ottimiste e stima che questa borsa si avvicinerà ai 6'000 punti già per fine anno.  Tutte le altre tendono invece a pensare che il 2025 non sarà un anno come quello attuale dove praticamente ogni settimana  lo S&P500 mette a segno un massimo storico. E' invece parecchio pessimista (come sempre) JPMorgan  che si aspetta un crollo del 38% (gesti scaramantici concessi...).
Che lo S&P500 sia costoso lo sappiamo (ricordate il P/E di Shiller?) ma è in gran parte supportato dalle aspettative degli utili per azione (EPS) previsti per il 2025 (275$) e per il 2026 (307$). Se in pochi vedono lo S&P500 andare sopra i 6000 punti siamo autorizzati a pensare che sono parecchi gli analisti che non credono sia possibile spingere gli EPS dello S&P500 così in alto... 

Soprattutto JP Morgan è particolarmente negativa, come mai? Abbiamo citofonato alla diretta interessata ponendo la domanda. Ecco la risposta:

Uno dei principali motivi è il significativo carico di debito che scadrà nel 2025. Si prevede che circa 800 miliardi di dollari di debiti delle aziende dell'S&P 500 (escludendo il settore finanziario) dovranno essere rifinanziati, in un contesto di tassi di interesse più alti e condizioni finanziarie restrittive. Questo aumenta i costi del debito e riduce i margini di profitto per molte aziende, mettendo pressione sugli utili futuri.

Inoltre prevediamo che gli utili delle aziende cresceranno a ritmi molto bassi, e c'è preoccupazione per un possibile declino del 30% degli utili in caso di recessione, in linea con quanto osservato in precedenti rallentamenti economici. Anche il contesto geopolitico incerto e i rischi per il settore immobiliare commerciale contribuiscono a questa visione pessimistica.

Infine segnaliamo che le valutazioni attuali dell'S&P 500 sono disallineate rispetto ai tassi di interesse reali, creando un "punto cieco" che potrebbe portare a correzioni significative del mercato​.

Ancora una volta un messaggio che ci dovrebbe indurre alla prudenza...


Comunque sia lo S&P500 (+21.91% ytd) dei vari P/E e P/E di Shiller per il momento se ne fa un baffo e continua la sua scalata in direzione dei 6'000 punti che potrebbero essere raggiunti per fine anno. Goldman Sachs si sbilancia e ci offre un'ardita previsione a 12 mesi che vede questo indice raggiungere i 6'300 punti (che sarebbe in linea con lo sviluppo atteso degli utili societari che abbiamo appena visto...). 

Dobbiamo ammettere che anche l'analisi tecnica ci sta dando un'indicazione che presto i 6'000 punti potrebbero essere raggiunti: da quanto lo S&P ha forato la resistenza dei 5'650 punti non è più tornato indietro. La linea tratteggiata in blu indica il target che dovrebbe raggiungere l'indice da quando a metà settembre ha forato la resistenza e non siamo molto lontani dai 6'000 punti. (clicca sul grafico per una miglior visione). 

Per il momento dobbiamo riconoscere che segnali di inversione del trend rialzista non ne vediamo e quindi, coerentemente, occorre restare nel mercato.



Anche il Nasdaq (+22.19% ytd) non accenna a scendere sotto i 18'000 punti... nel suo caso i dati societari che verranno pubblicati nelle prossime settimane sono ancora più importanti e determineranno se i quasi 19'000 punti che indica il nostro modello saranno raggiunti. Inutile dire che abbiamo già in mano una lente d'ingrandimento grande così che utilizzeremo per fare le pulci ai numeri che verranno pubblicati. Per il momento teniamo anche questo indice nel portafoglio...



Di norma un taglio ai tassi dovrebbe far del bene anche alle borse: sarebbe strano se giovedì prossimo  l'Eurostoxx50 (+10.67% ytd) non dovesse approfittarne. Siamo comunque soddisfatti che anche questa settimana è riuscito nell'impresa di restare all'interno del canale di scorrimento laterale senza andare neppure a testare il supporto. Non ci aspettiamo grossi movimenti ma, come detto più volte, se rimano a questi livelli fino alla fine dell'anno siamo contenti.



Notizia interessante (anche se datata): l'inflazione in Svizzera è scesa sotto l'1% (0.8%) e questo apre la strada ad ulteriori tagli ai tassi: ce ne potrebbero essere ancora due entro la fine dell'anno. Uno durante l'ultima riunione della BNS per quest'anno prevista il 12 dicembre e l'altro taglio potrebbe arrivare a sorpresa nelle prossime settimane qualora il franco svizzero dovesse rafforzarsi eccessivamente.

Il trend di medio periodo dello SMi (+9.13% ytd) è intatto ma, purtroppo, non siamo tranquillissimi: ci sembra di aver individuato un triangolo discendente (due linee tratteggiate) che in caso di rottura al ribasso potrebbe portare il nostro indice a testare gli 11'350 punti (-7%) riducendo significativamente il guadagno da inizio anno. E' chiaro che anche in questo caso gli scongiuri non sono un optional...  Il taglio dei tassi da parte della BCE e la prospettiva che potrebbe succedere la stessa cosa anche da noi ben prima del 12 di dicembre potrebbero aiutare la borsa ad evolvere positivamente e a forare il triangolo al rialzo: se così fosse c'è una buona probabilità che lo sciagurato scenario degli 11'350 punti non si verifichi. Lo sapremo verosimilmente già la prossima settimana.



Vi avevamo detto che la Cina non aveva ancora finito di correre in aiuto della sua disastrata economia  ed infatti questa settimana ha ricevuto un altro aiutino:  sono state emesse obbligazioni speciali a lungo termine per un valore di 2,3 trilioni di yuan (circa 325,5 miliardi di dollari) che non sono bruscolini e ci forniscono un'idea di quanto siano preoccupate le maestranze cinesi. Queste obbligazioni sono  finalizzate a sostenere i governi locali, il mercato immobiliare, i cittadini a basso reddito e le banche statali nel tentativo di contrastare le pressioni deflazionistiche e il rallentamento della crescita economica che come sappiamo è aggravato dalla debolezza del mercato immobiliare e dalla bassa fiducia dei consumatori​.

L'indice CSI 300 (+13.29 ytd) ha subito questa settimana una correzione come era abbastanza facilmente ipotizzabile considerato il balzo che aveva fatto la settimana precedente. Se corregge ancora un po (dicamo fino a chiudere il primo gap che incontra) potrebbe essere un buon momento per puntare qualche soldino sui cinesi...


***



Sarà interessante osservare come reagirà l'euro al taglio dei tassi di giovedì prossimo. In teoria si dovrebbe ulteriormente svalutare ed in effetti contro dollaro, che è galvanizzato dal ritorno dei rendimenti sopra il 4%, il movimento di indebolimento è già in corso. Tecnicamente contro la valuta americana è in ipervenduto ma non crediamo che ci sarà un rimbalzo di quelli clamorosi. Il dollaro resta nei nostri depositi...


Prendetelo con molta cautela, ma ci sembra di aver identificato un spalla-testa-spalla che se evolve nella direzione sbabagliata potrebbe, BNS permettendo, portare euro/franco attorno ai 92 centesimi. Ripetiamo non siamo assolutamente certi ma con un taglio ai tassi in arrivo da parte della BCE può succedere di tutto. La prossima settimana è importante che l'euro non vada sotto lo 0.9350 (che corrisponde alla riga rossa orizzontale) che innescherebbe il potenziale ribassista del spalla-testa-spalla.


Anche contro franco il dollaro si sta riprendendo. Ci piacerebbe vederlo andare con una certa decisione sopra gli 86 centesimi ma per il momento quel che più conta è che si sta allontanando dagli 84 centesimi sotto i quali si apre una voragine che ci riporta alla mente lo 0.79 dell'agosto 2011...


Buona domenica!



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