domenica 30 marzo 2025

2 aprile: il Giorno della Liberazione


 Se non erriamo, in piena campagna elettorale, Trump si era pregiato d'informare il mondo intero che "la parola più bella del dizionario è dazio". La qualcosa ci è subito apparsa bizzarra anche perché se di tanto in tanto consulti un dizionario ti accorgeresti che di belle parole ne contiene tante ed hai solo l'imbarazzo della scelta.  Purtroppo con la parola dazio,  pur mettendosi d'impegno, non si riesce a fare un granché e mai e poi mai ci puoi costruire attorno una bella storia.  A confermarcelo è la Storia, quella con la esse maiuscola: anche tornando indietro di un paio di secoli i dazi non hanno mai portato benefici duraturi ed hanno solo creato problemi sia a chi li ha imposti che a chi li ha subiti. Non c'è motivo di credere che oggi le cose possano andare diversamente.

Comunque sia appare evidente che a Trump della Storia non importa un bel niente e mercoledì 2 aprile darà il via al "Giorno della Liberazione" che svincoleranno gli Stati Uniti d'America dalle pratiche commerciali sleali adottate dai partner esteri - amici o nemici poco importa - grazie all'introduzione di dazi reciproci e/o settoriali che verranno applicati prioritariamente ma non esclusivamente ai "dirty 15".

In questa lista di malcapitati, oltre alla onnipresente Cina, ci troviamo, tanto per restare in Europa,  la Germania, l'Italia, l'Irlanda, i Paesi Bassi e la Svizzera. Il nostro Paese è accusato di aver esportato nel 2023 beni per un valore di 56.6 miliardi di franchi mentre le importazioni dagli USA sono state pari a 29.7 miliardi. E' chiaro che il grosso delle esportazioni avviene grazie alla presenza di case farmaceutiche di prim'ordine e lo stesso si può dire per quelle che producono macchinari di precisione che solo da noi vengono progettate. E' pure evidente che un paese di 9 milioni di abitanti non può importare merci come lo può fare uno di 380 milioni di accaniti consumatori come sono gli statunitensi. Se poi pensiamo che abbiamo l'IVA ad uno dei tassi più bassi al mondo non si riesce proprio a comprendere l'accanimento di Trump nei nostri confronti;  ma tant'è!

Per correttezza va sottolineato che forse proprio tutti i torti Trump potrebbe anche non averli:


 Ci è passato sotto gli occhi un grafico elaborato da Bank of America (che sia di parte? non lo crediamo...) dove si evince che effettivamente i dazi diretti (blu scuro) o indiretti (blu chiaro) sotto forma di regole all'importazione, etichettatura, controllo dei prezzi e chi più ne ha più ne metta,  l'America li sta subendo più di altri. Forse Trump avrebbe potuto agire diversamente ma sappiamo che il suo stile fa a gara con quello dell'elefante che entra in una cristalleria ed è da illusi sperare che cambi il suo modo di agire. Quindi dobbiamo armarci di santa pazienza e vedere se si riesce in un qualche modo a farlo ragionare ma non sarà facile anche perché, temiamo, gli scopi che vuol raggiungere sono molteplici. Non vuole solo riequilibrare il capitolo dazi ma vuole molto di più:

. Vuole un dollaro debole. E ci sta riuscendo:

Dal suo insediamento, il 20 di gennaio, il dollaro ha perso contro le principali 6 valute internazionali  il 5%.


. Vuole la disinflazione,



ma non sarà facile ottenerla. Il core PCE (l'indicatore d'inflazione preferito dalla FED)  pubblicato venerdì conferma che il 2% rimane lontano e bisognerà vedere se i prossimi rilevamenti la registreranno magari sopra il 3% (se arrivano i dazi è pressoché scontato...).

Come detto Trump vuole un calo di prezzi. E' stato eletto anche per quello e per ottenerli non si farà molti scrupoli e non siamo i soli a pensare che potrebbe persino mandare volutamente l'economia in recessione:

Il suo comportamento quotidiano (e quello dei suoi membri di governo) è talmente caotico che sembra studiato a tavolino e forse sta già ottenendo quello che vuole: i consumatori iniziano ad essere disorientati... Il consumer confidence pubblicato venerdì parla chiaro: siamo tornati ai livelli del 2022 (vi ricorda qualche cosa? a noi si: il meno 17% delle borse e dei mercati obbligazionari...) e se continua di questo passo il PIL americano ha poche chance di sfuggire alla recessione.


. Ovviamente vuole anche tassi più bassi. E (per il momento) ci sta riuscendo:

I rendimenti dei Treasury stanno probabilmente già scontando il momento di grave incertezza e una probabile debole recessione o qualche cosa che le assomiglia molto. Insomma, si comperano Treasury convinti che anche Powell, confrontato con una recessione, non possa esimersi dal tagliare i tassi e se l'inflazione dovesse ripartire - cosa assai probabile - allora il poveretto si troverà veramente in una brutta situazione che ci richiama alla mente una vignetta che coinvolge un suo ex collega (Greenspan): forse l'abbiamo già pubblicata ma ci sembra significativa e ve la riproponiamo:


... insomma, il messaggio è chiaro!

A questo punto abbiamo anche noi alcuni problemi da risolvere: non saranno amletici come quello di Powell che potrebbe esser costretto ad una scelta difficile - combattere l'inflazione o dare respiro all'economia - ma sarà importante, a partire da mercoledì prossimo, verificare alcune delle cose seguenti:

  • Ci saranno dazi per tutti e su tutto, oppure Trump procederà in maniera più accorta e selettiva?
  • Saranno dazi "reciproci" oppure ci andrà giù pesante con un bel 25% per tutti?
  • Mette i dazi e poi, quasi a voler dire che stava scherzando, li toglie o li rinvia subito dopo?
  • Se i dazi saranno permanenti (ma facciamo fatica a crederlo), allora abbiamo un problema serio; se sono temporanei forse tutto rientra piuttosto velocemente. Una via di mezzo potrebbe essere la classica soluzione che mette tutti d'accordo. Dovremo cercare di capirlo il più velocemente possibile.
Purtroppo non sono solo i consumatori ed essere entrati in fibrillazione. Anche i mercati lo sono e gli attesi rimbalzi, dopo una correzione dai massimi di oltre il 10%, per il momento non si fanno vedere. Come vedremo dopo, siamo sempre nell'ambito di una correzione, ma ciò non toglie che ci sono diverse banche che stanno riducendo il target dello S&P500 per il 2025: Barclays, ad esempio, ha tagliato l'obiettivo per fine anno portandolo da 6'600 e 5'900 punti (una riduzione di quasi 12 punti percentuali...non poco). 
Per il momento non ci sono noti tentativi di rivedere gli utili per azione dello S&P500, che sono previsti per il 2025 attorno ad un +10%, ma fra una decina di giorni inizieranno a pubblicare i dati del primo trimestre e vedremo che aria tira...

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Bisogna ammettere che con Trump in circolazione non ci si annoia mai: dovremo seguire da vicino la vicenda che coinvolge la Groenlandia che a suo dire dovrebbe diventare uno degli Stati Uniti d'America. E' ovvio che la posizione geografica è strategica ma se per averla dovrà usare la forza allora saranno guai molto grossi e non sappiamo come i mercati potranno reagire... Diciamo che questo potrebbe essere un mezzo cigno nero,  ma qualsiasi cosa esso sia è per il momento fonte di preoccupazione... (il grafico è tratto dall'ultimo numero di The Economist)

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Durante questi giorni abbiamo letto frequentemente che per quanto concerne lo
S&P500 (-5.11% ytd) potevamo esser confrontati con una ripartenza a V (detta anche V recovery). Si tratta di una figura che rappresenta un'inversione molto rapida di tendenza: il prezzo scende in modo brusco e poi risale con la stessa velocità formando una V piuttosto ben visibile che noi abbiamo tracciato in color viola
Purtroppo la chiusura di venerdì ha un po' rotto le uova nel paniere e a dir la verità mancano anche i volumi crescenti per poter affermare che siamo in una fase di ripartenza a V. 
Comunque sia non disperiamo: se la faccenda dei dazi dovesse risultare meno indigesta del previsto forse non è da escludere che una ripresa la si possa ancora vedere. Importantissimo non dobbiamo andare sotto 5'500 punti...


Anche il Nasdaq (-10.29% ytd) ci ha preso un pochino in contropiede. Sembrava voler restare sopra i 18'000 punti ma poi i dati di venerdì l'hanno ributtato da dove era ripartito circa una settimana fa. Di fondamentale importanza non andare sotto i 17'100 punti... Saranno i dati del primo trimestre a determinare il destino di questo indice. Vedremo... 


A maggior ragione anche l'Eurostoxx50, che da inizio anno è ancora in positivo dell'8.89%, non è potuto rimanere insensibile alla pubblicazione dei dati americani e soprattutto alla minaccia dei dazi di mercoledì prossimo. Lunedì e martedì saranno due sedute d'attesa. I movimenti li vedremo tra mercoledì e giovedì prossimi... Se ci accorgiamo che i dazi saranno pesanti e permanenti allora si porta a casa quello che rimane della performance da inizio anno.


Altra figura tecnica non molto frequente, che ci pare di aver individuato sul grafico dello SMI (+10.68% ytd), è quella del
diamante (le 4 righe blu): trattasi di una figura di consolidamento e purtroppo durante la settimana ha forato al ribasso segnalandoci un target a brevissimo attorno ai 12'500 punti. Non sappiamo se ci arriverà ma se anche la nostra Nazione, come sembra, sarà colpita pesantemente dai dazi non possiamo escludere che si possa andare anche più sotto...  Fino a mercoledì sospendiamo qualsiasi giudizio e teniamo le dita incrociate (non molto professionale ma ci piace pensare che possa servire a qualche cosa...)

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Il dollaro contro franco questa settimana ha deciso di spostarsi lateralmente. Rimane comunque all'interno del canale discendente e se i rendimenti americani dovessero continuare a scendere ci resterà.


Anche contro euro il dollaro ha guadagnato qualche basis point ma per il momento il suo spostamento appare ancora piuttosto laterale. Come detto vediamo come si comporteranno i rendimenti americani.


Quando c'è tensione nell'aria il franco svizzero tende sempre ad apprezzarsi ed anche questa settimana la regola non è stata smentita. L'euro contro franco ha perso quasi una figura anche se rimane ancora dentro il canale ascendente. Vedremo mercoledì cosa succederà e quanto Trump vorrà accanirsi contro il nostro Paese...



Anche per questa settimana il bitcoin non è riuscito ad issarsi sopra la resistenza dinamica (linea rossa). Fino a quando non lo farà non c'è fretta di andare lunghi a tutti i costi. Il target tecnico rimane per il momento a circa 73'000 dollari.


Goldman Sachs ha aumentato il target dell'oro a 3'300 per fine anno... e qui ci fermiamo!

Buona domenica!

domenica 23 marzo 2025

L'incertezza fa paura

Settimana interessante: c'era evidentemente molta curiosità per vedere cosa la FED avrebbe combinato in ambito taglio dei tassi. Le aspettative, come poi è stato, puntavano ad un nulla di fatto ma eravamo comunque curiosi di assistere alla conferenza stampa. 

Proviamo a ridurre all'osso quanto Powell ci ha fatto sapere: quattro sono i concetti principali attorno ai quali ha architettato il suo intervento: 

  • L'incertezza oggi è insolitamente elevata. Lo certifica pure l'indice di incertezza della politica economica degli Stati Uniti : non siamo ancora ai livelli degli anni del Covid ma ci stiamo andando.
Come spesso abbiamo sottolineato, l'incertezza è la criptonite dei mercati finanziari. Per un po' (non molto) la si sopporta, se persiste si molla la presa e non si esita a vendere. Non è una bella prospettiva.

  • L'inflazione sta salendo ed è attribuibile, dice Powell,  ai dazi imposti o minacciati dall'amministrazione Trump. Di certo il presidente della FED non fa nulla per farsi amico l'altro presidente, quello degli Stati Uniti d'America. E' comunque un tranquillizzante segnale di indipendenza.
  • Le previsioni di crescita del PIL sono state riviste ulteriormente al ribasso: dal 3% al 2.1% all'attuale 1.7%. Il modello della FED di Atlanta parla ancora di recessione:

  • Powell rallenterà il ritmo con il quale vuole ridurre il  bilancio della FED.
In altre parole, se abbiamo capito bene, ci sta dicendo che il quadro della situazione è particolarmente complesso, che l'economia americana è ad un passo dal soffrire di stagflazione (inflazione al rialzo accompagnata da un PIL al ribasso) e  l'unica cosa che per il momento può fare è rallentare il Quantitative Tightening per evitare di irrigidire troppo le condizioni finanziarie. 

La FED è decisamente in modalità attendista ed è più che consapevole che presto dovrà fare una scelta difficile: alzare i tassi per combattere l'inflazione che minaccia di salire oppure li dovrà abbassare per sostenere la crescita di un economia che si sta indebolendo? E' un bel dilemma: qualsiasi cosa farà ci saranno delle controindicazioni negative. Per il momento osserva...

Via Truth la risposta di Trump alla mancanza di azione della FED non si è fatta attendere e temiamo che sia solo il preludio di uno scontro che nei prossimi mesi si farà vieppiù cruento:

"La FED farebbe MOLTO meglio a TAGLIARE I TASSI mentre le tariffe statunitensi iniziano a farsi strada (agevolmente!) nell'economia. Fate la cosa giusta. Il 2 aprile è il Giorno della Liberazione in America!!!" 

Ovviamente i termini in maiuscolo non sono nostri ma di Trump e nel linguaggio dei social, a quanto pare,  è l'equivalente di qualcuno che urla. Dei moderni linguaggi ne capiamo poco, siamo dei boomers, ma ci dicono che gli slogan sui social più sono gridati meglio funzionano. Sarà anche così ma per il momento Trump può solo fare la voce grossa e non molto di più. 

Infatti, se guardiamo il dot plot, che riassume le posizioni dei governatori che hanno diritto di voto in termini di manovrabilità dei tassi, non ci pare di vedere una grande tendenza ribassista (clicca sul grafico per una miglior visione):


Se tutto andrà per il verso giusto, la FED prevede per quest'anno un paio di tagli ai tassi (il mercato se ne aspettava 3) e pure per il prossimo anno non ci saranno grossi movimenti verso il basso fatto salvo se l'economia americana entrerà veramente in una seria spirale recessionista

Per il momento limitiamoci a vedere cosa succede il 2 di aprile, quale ampiezza avranno i dazi e se ci sarà un'immediata ed equivalente risposta da parte di coloro che i dazi li subiranno. Poi vedremo di riaggiustare i nostri scenari. Per comprare non c'è fretta.


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Una Banca Centrale che giovedì 20 marzo non ci ha pensato né due né tre a ridurre il costo del denaro é quella Svizzera che ora può persino vantare i tassi più bassi al mondo, portati allo 0.25%; con questa mossa ha scalzato dal primato la Banca Centrale Giapponese.

La decisione è stata motivata principalmente dalla necessità di contrastare le pressioni inflazionistiche estremamente basse (!). A febbraio, l'inflazione in Svizzera è scesa allo 0,3%, il livello più basso degli ultimi quattro anni, avvicinandosi al limite inferiore dell'obiettivo di stabilità dei prezzi della BNS, fissato tra lo 0% e il 2%. 
Ovviamente non c'è troppo da festeggiare in quanto una diminuzione così drastica del rincaro potrebbe essere sinonimo di una deflazione imminente con tutti i rischi che un simile scenario si trascina appresso. 
Pensiamo che questo sia l'ultimo taglio. Dopo 5 ribassi consecutivi siamo certi che la BNS vorrà tenere di riserva un quarto di punto da utilizzare in caso di assoluta necessità. Non prevediamo per il momento un possibile ritorno dei tassi negativi ma non possiamo escluderlo categoricamente. Trump potrebbe metterci lo zampino...

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Altro evento epocale che non possiamo far passare sottotraccia è quanto accaduto in Germania al Bundestag martedì 18 marzo dove Merz è riuscito ad ottenere l'approvazione per un pacchetto di spesa particolarmente significativo attraverso una modifica costituzionele che allenta le rigide regole sul debito pubblico tedesco. 

Due i pacchetti approvati:

  • Fondo per la difesa: attraverso un incremento delle spese militari dell'ammontare di 100 miliardi di euro con il quale si cercherà di rafforzare le capacità difensive della Germania. Le pressioni americane hanno giocato un ruolo importante. 

  • Fondo per le infrastrutture: è prevista la creazione di un fondo speciale di 500 miliardi di euro destinato ad investimenti in infrastrutture nei prossimi 12 anni. 100 miliardi di euro sono riservati a progetti legati al clima e considerato quanto è stato importante il ruolo dei verdi in questa votazione non poteva essere altrimenti.

Questa settimana il DAX (+15.14% ytd) non ha reagito più di tanto alla notizia che era evidentemente già stata scontata nelle settimane precedenti. Sarà ora interessante capire come si muoveranno i tedeschi, quali saranno le aziende maggiormente coinvolte nel processo di ristrutturazione e se ci sarà spazio anche per qualche azienda svizzera...

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In ambito finanziario si parla spesso di mercato in correzione o di mercato al ribasso. Evidentemente sono due termini che segnalano una situazione di disagio ma con sfumature un pochino diverse:

 Mercato in correzione (correction)

  • Si parla di “correzione” quando un indice azionario scende del 10% o più rispetto a un massimo recente, ma meno del 20%.

  • È spesso considerata una fase naturale e salutare del mercato dopo un forte rialzo: serve a “raffreddare” gli eccessi.

  • Le correzioni possono essere brevi, durare giorni o settimane e non significano necessariamente che l’economia è in difficoltà.

Mercato al ribasso (bear market)

  • Si definisce “mercato al ribasso” quando un indice scende del 20% o più rispetto ai massimi.

  • Segnala una perdita più profonda e persistente di fiducia, spesso legata a fattori macroeconomici più seri quali recessioni, crisi bancarie, guerre e via discorrendo.

  • Può durare mesi o anni e spesso è accompagnato da volatilità elevata e da un sentiment negativo diffuso.

In questo momento i due mercati americani che seguiamo con costanza (S&P500 e Nasdaq) si stanno trovando in una fase di correzione: dai massimi di fine febbraio siamo scesi di qualche cosa in più di un 10% ed ora stanno consolidando. Per il momento siamo anche noi dell'idea che questa correzione sia più che salutare:


i price/earnings sia dei Magnifici 7 che delle restanti 493 società dello S&P500 si stanno portando verso valori più sostenibili; ora dovremo stabilire se i dazi di Trump avranno degli effetti dirompenti sugli utili delle società oppure, già a questi livelli, possiamo ritenerci soddisfatti ed iniziare a selezionare i titoli che vorremmo ricomprare. Forse bisognerà attendere qualche settimana anche e soprattutto per capire se i dazi saranno transitori oppure diventeranno sistemici. In quest'ultimo caso i danni, perché non c'è un analista che non li metterà in conto,  non sono ancora facilmente calcolabili.



Possiamo comunque consolarci: se l'attuale fase dei mercati americani la possiamo, come sembra il caso, definire una correzione  allora abbiamo ottime probabilità di assistere presto o tardi ad una reazione in quanto spesso, in ambito finanziario,  la storia ripete sé stessa. Il grafico qui sopra è lì a dimostrarlo.  Sarà inoltre interessante verificare se per l'ennesima volta Ned Davis, che prevede una ripartenza ad aprile, avrà ragione. Ovviamente dazi permettendo...


Piccola nota di servizio prima di addentrarci in un po' di analisi tecnica: venerdì è stato, come ogni fine trimestre, il giorno delle 4 Streghe in cui scadono contemporaneamente 4 strumenti derivati: futures su indici azionari e su singole azioni e opzioni su indici azionari e su singole azioni. La scadenza simultanea porta a forti volumi di scambio e ad una maggior volatilità. Inoltre i trader e gli istituzionali chiudendo o bilanciando le loro posizioni  possono generare delle anomalie temporanee dei prezzi. I volumi in aumento li vedete benissimo sui grafici: sono i picchi color verde che si notano ogni 3 mesi.




Per quanto concerne lo S&P500 (-3.64% ytd) la correzione sembra per il momento terminata ed ora probabilmente inizierà un periodo di consolidamento dove non ci meraviglieremmo di assistere ad un movimento laterale. Due cose ancora non ci lasciano completamente tranquilli (dazi a parte...): la media mobile a 50 giorni (linea viola) sta incrociando al ribasso quella dei 100 giorni. E' un classico death cross (freccia rossa)  che indica come il momentum al ribasso sta prendendo forza e potrebbe anche proseguire se non addirittura accelerare. Se il mercato non cambia abbastanza presto direzione potrebbe anche essere la conferma che si va verso un mercato ribassista. Per fortuna è un indicatore importante ma non affidabilissimo... speriamo. Altro elemento di disturbo: la media mobile dei 200 giorni (linea blu) sta facendo da resistenza. Andare oltre questo "tappo" sarebbe un bel segnale...




Discorso molto simile anche per il Nasdaq (-7.91% ytd). Anche in questo caso ad inquietare un pochino è il death cross della media mobile a 50 giorni con la media mobile a 100 (freccia rossa);  valgono le medesime osservazioni fatte per lo S&P50 con una sola differenza:  la resistenza è costituita dalla linea tratteggiata che non si riesce per i momento a superare. Sarebbe importante risalire sopra i 18'000 punti. 



L'Eurostoxx50 (+10.78% ytd) si trova decisamente in una fase di cosolidamento caratterizzata da uno spostamento laterale che si sviluppa tra i 5'400 punti del supporto e i 5'600 della resistenza. Dopo aver scontato le buone notizie per quanto riguarda sia l'impegno europeo per una accresciuta difesa militare sostenuta da quasi 800 miliardi di euro sia l'esito della risoluzione tedesca a favore di un maggior indebitamento della Germania per infrastrutture ed esercito, una simile fase laterale è assolutamente da salutare con piacere. Si evitano ritracciamenti selvaggi che potrebbero portare a vendite eccessive. Rimane da stabilire se i dazi voluti da Trump saranno particolarmente distruttivi per gli utili delle aziende europee. Vedremo: le prime proiezioni, per quanto poco piacevoli, non sono particolarmente impattanti.



 Bisogna ammettere che la mossa di tagliare i tassi da parte della BNS era già stata ampiamente anticipata dal nostro SMI (+12.71% ytd): giovedì infatti la nostra borsa non ha festeggiato più di tanto. Ma non fa niente. Quello che dobbiamo mettere in risalto è che con questo ulteriore taglio siamo a livello di rendimenti oramai vicini allo zero. Per chi ha franchi difficilmente riesce a trovare delle valide alternative al mercato azionario. Da non scordare che è pure un mercato che si porta in dote dei dividenti che non possiamo trascurare. Stiamo parlando di qualche cosa che, a dipendenza del settore, può andare tra il 2% ed il 5%-5.5%. Tecnicamente siamo rientrati nel trend ascendente di medio periodo e sembra che riusciamo a restarci. 

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Il taglio dei tassi svizzeri ha permesso al dollaro di guadagnare qualche manciata di basis point ma per il momento il trend è chiaramente ribassista. Non vediamo sul breve termine cosa gli possa far cambiare direzione.


Il dollaro è leggermente più pimpante contro euro ma dopo aver perso in pochi giorni il 4% ci si poteva aspettare un ritracciamento più convinto. Probabile che ci trascinermo per mesi lateralmente. 



Malgrado il talgio ai tassi il franco questa settiamana si è rafforzato. Strano... ma bisogna ammettere che l'euro era da un paio di settimane in ipercomprato e quindi una correzione ci sta. Rimane comunque ben dentro il canale ascendente che si è formato a partire dal dicembre scorso. 



Per il bicoin il momento non sembra essere dei migliori. Forse sta digerendo la momentanea delusione per quanto riguarda quanto fatto fino ad ora dalla nuova amministrazione Trump in ambito cripto: non molto; diciamo che le aspettative erano altre. E' comunque ancora presto per tirare le somme e le cose possono ancora cambiare in modo significativo. 

Tecnicamente diremmo che lo si compera solo se riesce a salire sopra la linea di resistenza rossa. Farlo prima è piuttosto pericoloso: il nostro target per il momento rimangono i 73'000 dollari. Ma, come detto, se va sopra la linea rossa sarà un'altra musica.

 Buona domenica!

domenica 16 marzo 2025

Fantafinanza

 Come avevamo più o meno previsto è stata una settimana piuttosto complicata per i mercati americani mentre quelli europei stanno approfittando, dopo tanto immobilismo,  di un  po' di aria fresca che a quanto pare sta rianimando soprattutto le borse di mezza Europa.

Partiamo come al solito dagli Stati Uniti e vediamo cosa sta succedendo dall'altra parte dell'Atlantico dove sta andando in onda, concedeteci il neologismo, l'ennesima puntata della "dazinovela" che sta mettendo a dura prova la nostra capacità di comprendere dove vuole andare a parare il nuovo inquilino della Casa Bianca.  

Dopo acciaio, alluminio, le auto e mille altre cose questa settimana ha deciso di vendicare l'affronto che gli Europei hanno fatto agli Americani, quando hanno deciso di apporre i dazi al whiskey ed al bourbon made in USA,  minacciando i produttori di vino italiani e francesi con una tassa all'importazione del 200%. Per il momento è appunto solo una minaccia ma, ahinoi, il mercato non si è posto troppe domande  ed ha reagito di conseguenza...


... vendendo i titoli del settore. E' probabile, conoscendo oramai il modus operandi di Trump, che il 200% è una tassa buttata lì a caso e presto verrà rettificata se non addirittura annullata. Ciò non toglie che fino a quando non avrà finito di minacciare dazi a destra e a manca la volatilità sui mercati resterà alta. Va bene forse per gli speculatori ma va molto meno bene a noi che cerchiamo una crescita dei portafogli che sia la più regolare possibile.  

Possiamo immaginare che anche voi vi starete chiedendo se dietro a questo modo caotico di condurre l'economia americana - e non stiamo pensando solo ai dazi... - vi sia un fine che ci sfugge: forse una risposta a questa domanda, che apparentemente di risposte non ne ha,  è possibile derivarla dal grafico sottostante:



E' risaputo che il debito pubblico americano è fuori controllo e con i suoi 36.2 trilioni di dollari in continua espansione genera almeno 1.17 trilioni di dollari di soli interessi debitori all'anno! Oramai il costo del debito pubblico supera il budget della difesa nazionale di un bel po' e sappiamo benissimo che in ambito militare gli americani non sono soliti a lesinare risorse. 

Servono soldi. Trump è consapevole che con i dazi un problema simile non lo risolvi e neppure con un dollaro al ribasso vai troppo lontano. Il taglio alle tasse, se riuscirà a farlo,  non farà altro che esacerbare la questione. Sfortuna sua, non ha molto tempo per trovare una soluzione: 


Quest'annno una fetta non indifferente del debito americano, stiamo parlando di circa 10 trilioni di dollari (27.6% del totale), deve essere rifinanziato e farlo ad un tasso d'interesse decente è di certo uno degli obiettivi di Trump. Evidentemente non può fare troppa pressione sulla FED  chiedendole insistentemente di ammorbidire il costo del denaro;  la sua indipendenza è decisamente importante ed è uno dei pochi ambiti dove l'attuale presidente sa benissimo che non può entrare a piè pari e dettare le sue regole del gioco. 

Ma quello che può fare è creare insicurezza nel sistema economico e con i dazi e tutto il resto ci sta riuscendo benissimo.  La fiducia dei consumatori americani sta traballando come dimostrato venerdì dal dato preliminare in netta discesa:

  • Consumer sentiment marzo: 57.9 (atteso: 63.2; precedente: 65.7)

Il dato evidenzia una crescente preoccupazione a riguardo delle politiche commerciali e alla relativa stabilità economica generale: entrambe potrebbero avere delle ripercussioni negative sulla spesa degli americani. Quando la fiducia viene meno, il suo effetto si fa generalmente sentire sull'80% del PIL. 

Quindi se l'economia americana presto imboccherà la via della recessione allora la FED non potrà esimersi dal ridurre il costo del denaro soprattutto se l'inflazione resterà a livelli accettabili. Comunque sia qualche cosa si sta già muovendo:  le aspettative per i tagli ai tassi nel 2025 sono in breve tempo passate da 1 a 3 e i rendimenti dei Treasury stanno già puntando al ribasso. 

Il nostro ragionamento, lo ammettiamo, è tortuoso ma pure quello che c'è nella testa di Trump lo è. Affermare, come stiamo facendo noi, che sta cercando di portare l'America volutamente verso una recessione allo scopo di ottenere tassi più bassi è fantafinanza ma a volte, come diceva Andreotti, "a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca ..."

I dati sull'inflazione di questa settimana sembrano dare a Trump un piccolo colpo di mano:

  • Consumer Price Index yoy: 2.8% (atteso: 2.9%; precedente: 3%)
  • Core Consumer Price Index yoy: 3.1% (atteso: 3.2%; precedente: 3.3%)
  • Prezzi all'ingrosso yoy: 3.2% (precedente: 3.7%)
  • Core prezzi all'ingrosso yoy. 3.3% (precedente: 3.4%)
Tutto sommato l'inflazione sembra volersi appiattire attorno a questi valori ma forse è troppo presto per cantar vittoria: molto dipenderà anche da se e quando i dazi annunciati da Trump entreranno effettivamente in vigore. Se saranno attivati allora sarà un'altra storia. Vedremo mercoledì prossimo 19 marzo cosa avranno da dirci Powell e compagni a margine della riunione della FED. E' un evento da non perdere!

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Bisogna ammettere che Draghi ha lasciato il segno. Da quando il 18 febbraio 2025, durante la European Parliamentary Week, ha chiaramente bacchettato l'Unione Europea ammonendola che  "non può sempre dire di no a tutto" ed ha rincarato la dose affermando con veemenza che "non so cosa bisogna fare, ma fate qualche cosa!", in effetti qualche cosa si è sbloccato:
  • Questa settimana il Parlamento Europeo ha approvato la risoluzione "ReArm Europe" come proposto dalla Commissione che prevede di mobilitare fino a 800 miliardi in 4 anni per rafforzare la difesa dell'Unione.  Le misure includono la possibilità per gli Stati membri di utilizzare fondi di coesione per spese militari e l'introduzione di strumenti finanziari innovativi, come l'emissione di eurobond, per finanziare le necessarie capacità di difesa. ​Se ci pensiamo bene è esattamente quello che vuole Trump...!
  • In Germania Merz ha raggiunto in questi giorni un accordo non solo con la SPD ma pure con il partito dei Verdi per una significativa riforma costituzionale in Germania che prevede l'aumento del limite massimo di indebitamento pubblico, attualmente fissato allo 0,35% del PIL, per consentire investimenti massicci in infrastrutture e difesa. Il piano include la creazione di un fondo da 500 miliardi di euro destinato a progetti infrastrutturali e ambientali, oltre a una maggiore flessibilità nel limite del debito per le spese militari. Il piano sarà sottoposto al voto del Bundestag martedì 18 marzo 2025. L'approvazione richiederà una maggioranza dei due terzi, quella necessaria per le modifiche costituzionali. ​Se non passa sono guai, non solo per la Germania ma per i mercati azionari di tutta Europa.


Tutte buone notizie che sono state catturate anche dall'indice Sentix che è un indicatore di sentiment economico basato su un sondaggio tra investitori e analisti finanziari. È pubblicato da Sentix GmbH e misura il livello di fiducia degli investitori nell'economia dell'Eurozona (maggiori info su questo indice alla fine del nostro intervento). La nostra quindi non è solo un'impressione personale ma è confortata da questo indicatore che evidentemente non è passato inosservato, come vedremo, da coloro che investono regolarmente nelle borse europee che non se la stanno passando così male, anzi!

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Che sia cambiato qualche cosa tra il primo Trump ed il suo secondo mandato è chiaro a tutti: come detto  per raggiungere i suoi obiettivi non si fa scrupoli e non sta nemmeno troppo a guardare cosa fanno i mercati azionari. Almeno fino a quando qualche "Titans of Finance", così come hanno fatto i costruttori di auto, non andrà a bussare, neppure troppo delicatamente, alla Casa Bianca...



Per il momento lo S&P500 (-4.13% ytd) ha perso il 10% dal record storico fatto segnare a fine febbraio ed è tecnicamente entrato in una fase di correzione che se si dovesse fermare a questi livelli sarebbe ancora sopportabile, soprattutto se pensiamo al tragitto che ha fatto da metà 2023 fino a qualche settimana fa. 
Potrebbe essere un buon momento per rientrare? Se lo chiedono in tanti: probabilmente lo è ma, come abbiamo sottolineato precedentemente, dobbiamo capire quando Trump si stuferà di minacciare mezzo mondo con i dazi. Come detto sospettiamo che voglia mandare l'economia in recessione e se ci riuscisse dobbiamo riconoscere che, conoscendo la dinamica dei mercati azionari, non è certo il migliore degli scenari. 
I P/E si sono in queste ultime settimane un pochino sgonfiati ma rimangono ancora a dei livelli che per essere sostenuti necessitano che gli utili sfornati dalle società siano importanti.  Nuovi acquisti in un simile mercato sono consigliati solo a coloro che possono permettersi di sopportare un'alta volatilità. Noi, attualmente, non siamo tra quelli.



La scorsa settimana ci eravamo lasciati con il Nasdaq ( -8.6% ytd) che si era appoggiato su quel debole supporto (linea tratteggiata) che è stato sfondato in un batter d'occhio. L'indice è sempre in un ipervenduto e si sperava in un rimbalzo che non si è manifestato... potrebbe rimanere in ipervenduto ancora per diversi giorni. Anche i volumi stanno ancora calando e questo indica una certa disattenzione da parte degli investitori per questo settore. 
Intuiamo comunque che il Nasdaq è ben lungi dall'essere morto e quindi, a maggior ragione, lo seguiamo con attenzione anche perché, contrariamente a quanto affermato la volta scorsa, abbiamo già da tempo in prossimità dei massimi quasi azzerato la posizione ed ora possiamo permetterci il lusso di stare alla finestra ad osservare e di rientrare quando la ragione ci dirà che è arrivato il momento di farlo.



Qualche presa di beneficio l'abbiamo vista anche sull'Eurostoxx50 (+10.38% ytd) ma nulla di drammatico. E' uscito dal canale trasversale ed ora la media mobile dei 50 giorni (linea viola) sembra fare da supporto. Siamo comunque sull'attenti: l'RSI sembra ancora puntare al ribasso ed è accompagnato da evidenti volumi ribassisti... forse l'appuntamento di martedì 13 marzo al Bundestag preoccupa: Merz dovrebbe riuscire nel suo intento ma è pure sempre una votazione che necessita dei due terzi del parlamento e, per quanto scontata, le insidie sono sempre in agguato. 



Lo SMI (+11.34% ytd) non se la sta cavando male: Roche, come si può leggere nel suo sito, ha recentemente annunciato una collaborazione esclusiva con Zealand Pharma, un'azienda danese che mira ad offrire nuove opzioni terapeutiche per il trattamento dell'obesità e delle malattie cardiovascolari, renali e metaboliche correlate. Il tema è di quelli "caldi" ed il titolo ha ben reagito aiutando anche lo SMI a rientrare nel canale ascendente di medio/lungo periodo. Anche per il nostro indice l'RSI è in calo ed i volumi pure... un po' di prudenza è richiesta.



Vogliamo portare alla vostra attenzione l'Hang Seng Tech (Hstech)  il principale indice del settore tecnologico cinese in quanto ci siamo recentemente tutti resi conto (DeepSeek insegna) che la tecnologia non è solo quella made in USA ma esistono altre realtà che, come in questo caso, si stanno risvegliando.  

Ad alimentare l’ottimismo è stato l’annuncio di una conferenza stampa da parte delle autorità, prevista per lunedì 17 marzo, durante la quale dovrebbe essere illustrato un piano per sostenere i consumi. Questo piano prevederebbe indicazioni per sviluppare il settore dei prestiti al consumo nonché l’aumento dei finanziamenti per imprese operanti nel settore dei servizi quali retail, turismo, healthcare, ed educazione. 

Potrebbe essere una possibilità per diversificare un po' il portafoglio. Attenzione che da inizio anno ha già fatto molto e a breve dovrà vedersela con una fase  dove nel 2021 sono stati accumulati parecchi titoli (vedi ovale rosso) che potrebbe rallentare un po' la progressione... vediamo lunedì cosa ci diranno le autorità cinesi.

***



Sappiamo che nei piani di Trump rientra pure l'indebolimento del dollaro... a quanto pare ecco un'altra delle cose che sta andando dalla sua parte. Malgrado il piccolo rimbalzo di questa settimana dollaro/franco rimane saldamente all'interno del canale ribassista. Per il momento le chances di vederlo risalire non sono molte.



Anche euro/dollaro sembra essere in una fase di consolidamento dopo aver messo a punto la scorsa settimana un rally che gli ha permesso di guadagnare il 4% contro la valuta americana. Rimane in ipercomprato e pensiamo che ci resterà ancora 
almeno fino a mercoledì 19 marzo quando sapremo cosa ci comunicherà la FED.

Quello che è certo è che il dollaro americano ha avuto uno dei peggiori inizi d'anno dal 1995...


Se c'è qualcuno che potrà dare un'ulteriore spinta ad euro/chf questa è la nostra Banca Nazionale Svizzera che con ogni probabilità giovedì 20 marzo darà l'ultimo taglio ai tassi. Poi si dovrà fermare. E' probabile che il tutto sia già scontato ma comunque sia, con i rendimenti dell'euro che un po' inaspettatamente stanno andando verso l'alto, lo spread tra le due valute si allargherà a favore di quella europea: 0.97/0.98 potrebbe essere un target non impossibile.



L'oro è arrivato a 3000$ l'oncia e poi ha fato una piccola correzione come è giusto che sia. Il metallo giallo ha comunque tutto dalla sua parte: la debolezza del dollaro, i tassi USA potenzialmente al ribasso, gli ETF che stanno comprando come non mai, le Banche Centrali che accumulano, rischi geo-politici a bizzeffe.... abbiamo dimenticato qualche cosa? 


Buona domenica!


L'indice Sentix è un indicatore di sentiment economico basato su un sondaggio tra investitori e analisti finanziari. È pubblicato da Sentix GmbH e misura il livello di fiducia degli investitori nell'economia dell'Eurozona e di altre regioni.

Composizione dell'Indice Sentix

L'indice Sentix è composto da tre sotto-indici principali:

  1. Indice della Situazione Corrente

    • Rappresenta la percezione degli investitori riguardo alla situazione economica attuale.
    • Riflette le condizioni economiche reali, come la crescita del PIL e la situazione dei mercati.
  2. Indice delle Aspettative

    • Misura il sentiment degli investitori sulle prospettive economiche nei successivi sei mesi.
    • È un indicatore anticipatore di possibili inversioni di tendenza nell'economia.
  3. Indice del Sentiment Generale (Headline Index)

    • Deriva dalla media ponderata dell’Indice della Situazione Corrente e dell’Indice delle Aspettative.
    • Viene utilizzato per valutare la direzione generale del sentiment degli investitori.

Regioni Coperte

L'indice Sentix viene calcolato per diverse aree economiche, tra cui:

  • Eurozona (principale focus)
  • Germania (economia chiave dell'Eurozona)
  • Stati Uniti
  • Asia (escluso il Giappone)
  • Mercati Emergenti
  • Giappone

Metodo di Calcolo

  • Il sondaggio viene condotto mensilmente tra circa 1.200 investitori professionali e privati.
  • Ai partecipanti viene chiesto di esprimere la loro opinione sull'attuale situazione economica e sulle aspettative future.
  • I dati vengono poi aggregati per produrre gli indici.

Interpretazione

  • Un valore positivo dell'indice indica ottimismo economico.
  • Un valore negativo segnala pessimismo e una possibile contrazione economica.
  • Differenze tra Situazione Corrente e Aspettative possono indicare cambi di trend nell’economia.

L'indice Sentix è considerato un indicatore anticipatore utile per analizzare il ciclo economico e prevedere eventuali recessioni o fasi di espansione.

domenica 9 marzo 2025

Riordiniamo le idee

Non capita di frequente di assistere ad una settimana così ricca di dati macroeconomici e di eventi  geopolitici dal forte impatto sul sistema finanziario internazionale. Sentiamo, impellente, il bisogno di fare un po’ di ordine nella nostra testa: gli appunti che abbiamo preso sono copiosi e si preannuncia una versione di Appunti Finanziari piuttosto ricca e probabilmente anche un po' noiosa. Ci scusiamo subito con i nostri lettori e cercheremo, dove possibile, di essere coincisi ma non sarà facile...  Per coloro che   non hanno voglia o tempo di leggere potete semplicemente dare un’occhiata alla sezione dei grafici e capirete subito che la settimana è stata importante (soprattutto per il settore dei cambi) ed in vista potrebbero esserci dei cambiamenti di trend rilevanti.

Partiamo da quanto è successo questa settimana negli USA. 

Il discorso al Congresso di Trump non è ovviamente passato inosservato ed in 100 minuti (un record storico...) ha magnificato sé stesso ed ha dipinto un quadro della situazione americana che definirlo fantastico è riduttivo. In sostanza l'America prossimamente sarà più grande (sta pensando alla Groenlandia e/o al Canada?) e più ricca che mai grazie ovviamente ai dazi che, diretti o reciproci che siano, genereranno nuovi posti di lavoro e porteranno benessere un po' a tutti gli Americani. Ovviamente nessuno ha il coraggio di contraddire il Presidente e quindi a rischio c'è una delle catene di produzione più integrate al mondo, quella  che coinvolge Messico e Canada che il 4 marzo si sono visti appioppare dazi del 25%. Gli stessi, dopo una vibrante protesta giunta guarda caso dal mondo dei produttori di auto made in USA , sono stati sospesi fino al 2 di aprile prolungando l'agonia e le incertezze di un altro mese. Evidentemente questo modus operandi  sta mettendo in subbuglio il Nasdaq e lo S&P500 e pure il compassato Warren Buffet non ce l'ha più fatta a stare in silenzio ed in merito ai dazi ha detto la sua: "in una certa misura sono un atto di guerra" ed ha rincarato la dose affermando che "gli investitori sono già preoccupati per lo stato dell'economia e non hanno bisogno di un altro motivo per vendere". 


Le preoccupazioni degli investitori le vediamo ben riassunte nel comportamento dell'indice VIX che da un paio di settimane si sta innervosendo e qualche buon motivo per essere nervosi l'avevamo già visto la scorsa settimana con la fiducia dei consumatori al ribasso e le vendite al dettaglio pure. Il 70% del PIL americano inizia ad essere sotto assedio e se i consumatori decidono di non essere più tali o di esserlo un po' meno, presto avremo un problema.

Poi questa settimana veniamo a sapere che:

  • ADP feb.: 77k (atteso: 148k; precedente: 186k)
Per quanto gli ADP, che misurano quanti posti di lavoro sono stati creati nel settore privato, non sia una misura molto amata dagli analisti (e pure dalla FED...),  un loro dimezzamento rispetto a quanto atteso non è un segnale molto incoraggiante... insomma, il settore privato sembra voler assumere molto meno e questo sappiamo tutti cosa vuol dire e che tipo d'impatto può avere sulla psicologia degli americani che interpretano subito il dato come fosse un sinonimo di rallentamento economico.

Poi, per fortuna,  gli attesissimi dati di venerdì 7 marzo riguardanti lo stato di salute del mercato del lavoro americano sono stati un pochino meno severi ed hanno contribuito, come vedremo dopo,  a rilanciare le quotazioni di Nasdaq e S&P500:
  • Creazione nuovi posti di lavoro feb.: 151k (atteso: 170k; precedente: 125k)
  • Disoccupazione feb.: 4.1% (atteso: 4%; precedente: 4%)
  • Paghe orarie yoy: 4% (atteso: 4.2%, precedente: 4%)
Insomma qualche posto di lavoro lo si crea ancora, la disoccupazione è leggermente aumentata ma nulla di preoccupante mentre le paghe orarie, attese in leggero rialzo, hanno marciato sul posto. Tutto sommato dati non malvagi e decisamente migliori degli ADP del giorno precedente.

Non ci è comunque sfuggito, sempre venerdì 7 marzo, il dato sui crediti al consumo:
  • Crediti al consumo gen.: 18.8 mia (atteso: 14.5 mia; precedente: 40.8 mia)
E' vero che il dato precedente fa riferimento al mese di dicembre, notoriamente un mese molto dispendioso, ma comunque sia un dimezzamento non passa come detto inosservato. Dal momento che non ci sembra che l'uso delle carte di credito sia al ribasso (stiamo aspettando a giorni i nuovi dati) è probabile che questa diminuzione  sia da imputare a dei fattori stagionali e ad un calo delle fiducia dei consumatori che fanno molto meno ricorso al credito per paura, si presume, di un peggioramento delle situazione economica anche se Powell recentemente ha affermato che vede una crescita tutto sommato ancora soddisfacente.
Non è di questa opinione pure D. Rosenberg,  fondatore della Rosenberg Research, che ha scritto in una sua nota che "Powell ha recentemente dichiarato che gli indicatori suggeriscono che l'economia americana sta ancora espandendosi ad un ritmo sostenuto. A questo punto il presidente della FED deve cercare un nuovo aggettivo o il dizionario deve cambiare definizione". Non per nulla  Rosenberg fa parte di quel gruppo di analisti che non esclude che a maggio, considerata la reale situazione economica, si possa vedere un taglio ai tassi. Per la cronaca il mercato è tornato a prezzare 3 tagli ai tassi per il 2025. Il 17 e 18 di marzo si riunirà la FED e ne sapremo di più.

I dazi sicuramente hanno contribuito a generare l'impressione che se si continuerà di questo passo l'economia non potrà che imboccare la strada della contrazione.
Comunque ci sono anche altri parametri, oltre ai dazi, che stanno contribuendo a disegnare uno scenario recessivo: la FED di Atlanta li ha impacchettati in un indice, GDPnow,  che ha lo scopo di mostrare in tempo reale quella che è l'evoluzione del PIL americano; il dato va preso con le pinze ma comunque ha un suo valore e non lo si può semplicemente ignorare:



Purtroppo è abbastanza chiaro che GDPnow ci sta dicendo che stiamo andando incontro ad una recessione: forse non sarà così profonda ma anche solo una recessione tecnica (due trimestri consecutivi di contrazione del PIL )  sarebbe già un problema. Parlare di recessione ai mercati non è mai facile e, come hanno fatto anche questa settimana,  la reazione sulle prime è sempre poco simpatica. Poi se la recessione sarà conclamata, allora sappiamo che la FED non starà con le mani in mano ed inizierà a tagliare i tassi.  Questa prospettiva a quanto pare non dispiace ai mercati del redito fisso in dollari:



Infatti, come mostra l'indice total return delle obbligazioni in dollari elaborato da Bloomberg,  sembra che si stiano già portando avanti con i lavori...

 (Per chi è interessato,  a margine del nostro intervento,  mostriamo come l'indice GDPnow viene realizzato.)

***

Lasciamo ora gli USA e vediamo cosa è successo nel nostro continente. 

La situazione si sta facendo interessante in quanto non capendo bene cosa effettivamente Trump ha nella capoccia a Bruxelles si stanno dando una mossa ed anche la Germania pare sulla buona strada per fare quello che doveva fare già tanto tempo fa.

Infatti la Germania pare pronta a varare un piano da 500 miliardi di euro che dovrebbe contribuire in modo sostanzioso a rimettere in sesto le disastrate infrastrutture del paese. A questa iniziativa se ne affianca un'altra, altrettanto importante, a riguardo di una riforma delle restrittive regole fiscali, note come "Schuldenbremse" (freno al debito), che sono state introdotte nel 2009: si incomincerà ad escludere le spese della difesa dal calcolo del debito e si permetterà agli Stati federali di indebitarsi fino allo 0.35% del PIL. Insomma è solo un inizio ma i mercati, soprattutto quelli azionari, hanno molto apprezzato.

Ci sono comunque delle insidie che potrebbero rovinare la festa, una su tutte: Merz e l'SPD sono i principali autori di questo piano e devono agire rapidamente per garantire l'approvazione delle riforme fiscali prima dell'insediamento del nuovo Bundestag dove probabilmente incontrerebbero ostacoli significativi tanto da dover dire addio al loro progetto. Insomma, non hanno molto tempo, al massimo entro fine mese... Se la riforma non passa non sappiamo come gli stessi mercati che oggi fanno festa reagirebbero alla delusione... di certo non benissimo. Quindi, dita incrociate!

​Se la Germania si è data una mossa anche l'UE non è rimasta con le mani in mano ed ha indetto un Consiglio europeo straordinario per vedere come sia possibile assumersi maggiori responsabilità  in tema di sicurezza europea e un'idea l'hanno partorita:

In primo luogo stanzieranno per i prossimi 4 anni quasi 800 miliardi di euro per un piano di riarmo che ha fatto la felicità di tutte quelle aziende europee che si occupano di armamenti e affini. In borsa si sono visti i fuochi d'artificio... Oltre agli armamenti in programma c'è una maggior collaborazione con i paesi non appartenenti all'EU e nel contesto del nuovo piano europeo di difesa, l'Unione Europea sta valutando la possibilità di escludere le spese per la difesa dal calcolo del deficit pubblico, consentendo agli Stati membri di superare temporaneamente il limite del 3% del PIL imposto dal Patto di Stabilità e Crescita. ​

 Non da ultimo il sostegno all'Ucraina per il momento non sembra essere messo in forse considerato il fatto che ne va della sicurezza e della stabilità di tutto il Continente.


Non a tutti comunque il piano è piaciuto: i rendimenti del Bund tedesco si sono impennati...


...ed il settore obbligazionario, malgrado questa settimana la BCE abbia tagliato i tassi di un quarto di punto per la sesta volta consecutiva, sta iniziando a soffrire...

E' probabile che dovremo prepararci ad affrontare una maggior inflazione che obbligherà la BCE magari a rialzare i tassi. Poi è altrettanto probabile che dovremo assorbire un consistente debito (800+500 mia) che getterà ulteriore pressione addosso ai prezzi delle obbligazioni. Qualcuno, tanto per non sbagliare, ha già messo una parte dei bonds in vendita anche perché ha trovato molto più redditizio vendere il fisso per andare a comprare le azioni di qualche società legata alla produzione di armamenti in barba alla sempre meno in voga filosofia dell' ESG (Environmental, Social and Governance).

***



Sembra che tra Trump e i due più importanti mercati azionari americani la luna di miele è giunta al termine:  forse dovrebbe essere un pochino più accorto nell'uso delle parole e almeno far finta che certe decisioni, prima di essere messe in pratica, siano state attentamente ponderate...  ma questo è probabilmente chiedere troppo. E' fatto così e per i prossimi 4 anni dovremo conviverci ma, purtroppo, il disagio degli investitori sta iniziando a manifestarsi. 


Come se non bastasse anche i Magnifici 7 per il momento non stanno brillando. Siamo certi che torneranno sui loro passi ma attualmente dobbiamo far fronte ad una situazione dove non possiamo più contare sul loro apporto incondizionato. Diciamo che si stanno prendendo una pausa rigenerante anche perché continuare a salire con quella virulenza non era più possibile.



Fatto sta che il Nasdaq (-5.77% ytd) dopo aver sfondato il triangolo blu ha sfondato pure il supporto dinamico (linea verde)  proprio due giorni fa. Per il momento si è fermato dove previsto (prendete la base del triangolo e portatela dove lo stesso è stato rotto ed avrete il target a corto...) Ora l'indice si è pure posato sul un debole supporto statico (linea tratteggiata ) attorno ai 18'000 punti ed il nostro timore è che si possa assistere ad un classico pull back:  nei prossimi giorni potrebbe esserci un rimbalzo (l'RSI in ipervenduto ce lo suggerisce, cerchio nero)  che porterà l'indice a ridosso della linea verde che prima faceva da supporto ed ora è diventata una resistenza; arrivati a quel punto l'indice potrebbe tentare di rientrare nel canale e riprendere il vecchio trend ma l'esperienza ci insegna che spesso il movimento ribassista riprende anche più forte di prima (vedi freccia rossa)
In questi momenti siamo molto prudenti ad accumulare nuove posizioni almeno fino a quanto possiamo escludere la continuazione del movimento ribassista. Ci scusiamo per il tecnicismo eccessivo ma questo è un momento cruciale e più che dirlo a voi stiamo ripetendo a noi stessi quelle che sono le regole di questo gioco... meglio averle ben in chiaro.



Anche lo S&P500 (-1.89% ytd) ha i suoi problemi: purtroppo il supporto dinamico anche in questo caso è stato sfondato e ci consoliamo con il fatto che per il momento la media mobile a 200 giorni (linea blu) sta facendo da supporto. Anche in questo caso l'RSI in ipervenduto potrebbe agevolare un rimbalzo ma  vale lo stesso discorso fatto per il Nasdaq. In questo momento ci vuole prudenza e se andiamo sotto la media mobile dei 200 giorni si continua ad alleggerire come abbiamo già fatto.


Con l'EU che sta dando segni di vita (finalmente) anche l'Eurostoxx50 (+11.69%) ne ha approfittato. Bene così! Ci pare comunque che il movimento negli ultimi giorni sia piuttosto laterale ed è all'interno di un canale orizzontale situato tra i 5'400 e 5'600 punti . Difficile per il momento andare oltre. 

Non vogliamo sempre fare i guastafeste ma vogliamo farvi notare due movimenti: quello dell'RSI (cerchio nero) che piano piano sta puntando al ribasso ed i volumi (freccia nera) che stanno facendo la stessa cosa: in buona sostanza sembra che l'indice europeo stia perdendo di velocità e in questo caso è il preambolo di una presa di profitto... non è detto ma è abbastanza probabile. Se rimane comunque adagiato ai 5'400 punti va bene.... se si va sotto, se avete dei guadagni soddisfacenti, forse consolidatene una parte. Noi lo faremo.



Un discorso simile a quello dell'Eurostoxx50 può esser fatto per lo SMI (+12.72% ytd) in quanto anche nel suo caso RSI e Volumi ci sembrano calanti....Nel breve la perdita di velocità vale anche per il nostro indice ed è il preludio di una breve correzione.

 Ci piace comunque vedere il golden cross segnalato dalla freccia verde (la media mobile a 50 giorni ha sfondato al rialzo quelle dei 100 e 200 giorni) che nel medio termine valorizza e conferma la bontà il movimento verso l'alto

***

Questa settimana c'è stato del movimento ed in ambito forex è successo esattamente il contrario di quel che ci si poteva aspettare: il dollaro, atteso da tutti al rialzo a causa dell'introduzione dei dazi che generano inflazione, invece di rafforzarsi si è notevolmente indebolito a causa delle prospettive di una entrata in recessione dell'economia USA che obbligherà la FED ad essere più accomodante in fatto di tassi d'interesse. Quindi la reazione è quella di vendere dollari e, perché no visto quanto l'EU ha in mente di fare, acquistare euro. 

Se date un'occhiata ai rendimenti dell'euro e a quelli del dollaro che esponiamo qui sotto la cosa vi sarà senz'altro chiara; rese del dollaro giù (destra) , quelle dell'euro su (sinistra):




Francamente non ci aspettavamo un simile e violento movimento rialzista dell'euro... si poteva pensare ad un rialzo ma non di queste dimensioni: in tre sedute è passato da 1.0418 a 1.0833 che corrisponde  a quasi un 4%.... se pensate che il dollaro a 10 anni rende il 4.30% è come se l'euro si fosse mangiato il rendimento di un anno in soli 3 giorni... un'enormità! Cosa succederà adesso non è facile da prevedere: forse un ritracciamento è la cosa più probabile in quanto ce lo suggerisce anche l'RSI in zona di ipercomprato. 
E' chiaro che se Trump dovesse applicare dei dazi del 25%, come sembra abbia intenzione di fare, un americano deve aggiungere un ulteriore 4% di svalutazione del dollaro che provocherebbe un rincaro di quanto importato dal nostro continente di quasi il 30%....  già ci par di vedere Trump gongolare!



Un po' meno violenta la perdita di valore del dollaro contro franco ma stiamo pur sempre parlando di oltre 2.5%...in tre giorni è una bella botta. Non siamo in grado di capire se arriverà a 0.84 ma il canale discendente nel quale si è infilato il dollaro punta in quella direzione!



Ovviamente questo euro, in gran spolvero contro dollaro, si è pure rinforzato contro la nostra valuta ed ora vedremo se effettivamente la Banca Nazionale Svizzera sentirà a tutti i costi il bisogno di diminuire i tassi di interesse sul franco. Una visita dell'euro sopra lo 0.96 non è impossibile e speriamo che questa volta ci resti.



Non è facile in questo momento aver a che fare con il bitcoin. E' indubbiamente stato galvanizzato dall'arrivo di Trump alla Casa Bianca e dalle sue esternazioni che ipotizzavano l'uso di questa cripto come moneta di riserva...

In effetti recentemente Donald ha firmato l'ennesimo ordine esecutivo per istituire una riserva strategica di Bitcoin in modo tale da posizionare gli USA come leader nella strategia governativa sugli asset digitali.  Ecco i dettagli principali di questa iniziativa:

  • Utilizzo di Bitcoin sequestrati: La riserva sarà costituita dai Bitcoin già confiscati dal governo in procedimenti penali e civili, stimati in circa 200.000 unità, per un valore di circa 17 miliardi di dollari. Non sono previsti acquisti aggiuntivi di Bitcoin da parte del governo.
  • Inclusione di altre criptovalute: Oltre al Bitcoin, la riserva comprenderà altre criptovalute come Ethereum (ETH), Solana (SOL), Cardano (ADA) e Ripple (XRP).
Da come si sta comportando il bitcoin in questi giorni le aspettative degli investitori erano ben altre.


Finiamo con un altro effetto tangibile causato dai dazi di Trump:



I timori legati ai dazi commerciali di Trump hanno colpito anche il settore delle materie prime e tra queste troviamo pure l'oro: recentemente sono state trasferite massicce quantità di lingotti negli Stati Uniti per evitare potenziali aumenti dei costi causati dai probabili dazi. 


Dopo un periodo di consolidamento durato tutto l'ultimo trimestre 2024 l'oro, spinto anche dagli insaziabili etf, ha ripreso il suo cammino verso i 3'000$ l'oncia. Non vediamo cosa può impedirgli di arrivarci...

Buona domenica!


Come al solito facciamo ricorso a ChatGPT per dare  un'idea di come vien creato l'indice GDPnow e soprattutto quali sono i suoi pregi e i suoi difetti. Capirete subito perché questo indice non va preso per oro colato ma ha comunque una certa capacità previsionale da non sottovalutare.

Il GDPNow è un modello di previsione in tempo reale del PIL degli Stati Uniti, sviluppato dalla Federal Reserve di Atlanta. Serve per stimare la crescita economica prima della pubblicazione ufficiale dei dati da parte del Bureau of Economic Analysis (BEA).

L’indice si basa su un metodo “nowcasting”, ovvero utilizza dati economici disponibili al momento per aggiornare continuamente la stima del PIL, evitando giudizi soggettivi e utilizzando solo input quantitativi.


Come funziona?

  • Il modello prende in considerazione indicatori macroeconomici aggiornati frequentemente, come:
    • Vendite al dettaglio
    • Produzione industriale
    • Spese per consumi e investimenti
    • Bilancia commerciale
    • Costruzioni e mercato immobiliare
  • Ogni volta che un nuovo dato viene pubblicato, il modello ricalcola la previsione del PIL in tempo reale.
  • L’aggiornamento avviene più volte al mese, man mano che i dati economici vengono rilasciati.

Pregi del GDPNow

✅ Velocità e aggiornamento continuo → Fornisce una stima in tempo reale della crescita economica, anticipando i dati ufficiali.
✅ Metodologia trasparente → Il modello è puramente quantitativo e segue un approccio standardizzato, riducendo il rischio di interpretazioni soggettive.
✅ Riferimento per investitori e policymaker → Essendo aggiornato frequentemente, offre indicazioni tempestive sull’andamento dell’economia, aiutando chi prende decisioni economiche e finanziarie.
✅ Evita il “bias umano” → Non dipende da analisti o economisti che potrebbero influenzare la previsione con opinioni personali.


Difetti del GDPNow

❌ Volatilità delle previsioni → Poiché aggiorna le stime con ogni nuovo dato economico, può subire forti oscillazioni nel breve periodo.
❌ Non tiene conto di fattori qualitativi → Non considera variabili qualitative come il sentiment dei consumatori, shock geopolitici o crisi finanziarie improvvise.
❌ Non sempre accurato a lungo termine → È utile per previsioni a brevissimo termine, ma può differire dai dati ufficiali quando questi vengono consolidati.
❌ Rischio di sovra-reazione ai dati economici → Se un dato mensile molto forte o debole viene pubblicato, il GDPNow può reagire in modo eccessivo, per poi correggersi successivamente.


Conclusione

Il GDPNow è uno strumento molto utile per anticipare la crescita economica, specialmente per investitori e analisti di mercato. Tuttavia, è importante non prenderlo come una previsione definitiva, perché è soggetto a revisioni e può sovrastimare o sottostimare il dato finale. Per un quadro completo, viene spesso confrontato con altri modelli previsionali, come il Blue Chip Consensus e le proiezioni della Fed di New York.