domenica 23 marzo 2025

L'incertezza fa paura

Settimana interessante: c'era evidentemente molta curiosità per vedere cosa la FED avrebbe combinato in ambito taglio dei tassi. Le aspettative, come poi è stato, puntavano ad un nulla di fatto ma eravamo comunque curiosi di assistere alla conferenza stampa. 

Proviamo a ridurre all'osso quanto Powell ci ha fatto sapere: quattro sono i concetti principali attorno ai quali ha architettato il suo intervento: 

  • L'incertezza oggi è insolitamente elevata. Lo certifica pure l'indice di incertezza della politica economica degli Stati Uniti : non siamo ancora ai livelli degli anni del Covid ma ci stiamo andando.
Come spesso abbiamo sottolineato, l'incertezza è la criptonite dei mercati finanziari. Per un po' (non molto) la si sopporta, se persiste si molla la presa e non si esita a vendere. Non è una bella prospettiva.

  • L'inflazione sta salendo ed è attribuibile, dice Powell,  ai dazi imposti o minacciati dall'amministrazione Trump. Di certo il presidente della FED non fa nulla per farsi amico l'altro presidente, quello degli Stati Uniti d'America. E' comunque un tranquillizzante segnale di indipendenza.
  • Le previsioni di crescita del PIL sono state riviste ulteriormente al ribasso: dal 3% al 2.1% all'attuale 1.7%. Il modello della FED di Atlanta parla ancora di recessione:

  • Powell rallenterà il ritmo con il quale vuole ridurre il  bilancio della FED.
In altre parole, se abbiamo capito bene, ci sta dicendo che il quadro della situazione è particolarmente complesso, che l'economia americana è ad un passo dal soffrire di stagflazione (inflazione al rialzo accompagnata da un PIL al ribasso) e  l'unica cosa che per il momento può fare è rallentare il Quantitative Tightening per evitare di irrigidire troppo le condizioni finanziarie. 

La FED è decisamente in modalità attendista ed è più che consapevole che presto dovrà fare una scelta difficile: alzare i tassi per combattere l'inflazione che minaccia di salire oppure li dovrà abbassare per sostenere la crescita di un economia che si sta indebolendo? E' un bel dilemma: qualsiasi cosa farà ci saranno delle controindicazioni negative. Per il momento osserva...

Via Truth la risposta di Trump alla mancanza di azione della FED non si è fatta attendere e temiamo che sia solo il preludio di uno scontro che nei prossimi mesi si farà vieppiù cruento:

"La FED farebbe MOLTO meglio a TAGLIARE I TASSI mentre le tariffe statunitensi iniziano a farsi strada (agevolmente!) nell'economia. Fate la cosa giusta. Il 2 aprile è il Giorno della Liberazione in America!!!" 

Ovviamente i termini in maiuscolo non sono nostri ma di Trump e nel linguaggio dei social, a quanto pare,  è l'equivalente di qualcuno che urla. Dei moderni linguaggi ne capiamo poco, siamo dei boomers, ma ci dicono che gli slogan sui social più sono gridati meglio funzionano. Sarà anche così ma per il momento Trump può solo fare la voce grossa e non molto di più. 

Infatti, se guardiamo il dot plot, che riassume le posizioni dei governatori che hanno diritto di voto in termini di manovrabilità dei tassi, non ci pare di vedere una grande tendenza ribassista (clicca sul grafico per una miglior visione):


Se tutto andrà per il verso giusto, la FED prevede per quest'anno un paio di tagli ai tassi (il mercato se ne aspettava 3) e pure per il prossimo anno non ci saranno grossi movimenti verso il basso fatto salvo se l'economia americana entrerà veramente in una seria spirale recessionista

Per il momento limitiamoci a vedere cosa succede il 2 di aprile, quale ampiezza avranno i dazi e se ci sarà un'immediata ed equivalente risposta da parte di coloro che i dazi li subiranno. Poi vedremo di riaggiustare i nostri scenari. Per comprare non c'è fretta.


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Una Banca Centrale che giovedì 20 marzo non ci ha pensato né due né tre a ridurre il costo del denaro é quella Svizzera che ora può persino vantare i tassi più bassi al mondo, portati allo 0.25%; con questa mossa ha scalzato dal primato la Banca Centrale Giapponese.

La decisione è stata motivata principalmente dalla necessità di contrastare le pressioni inflazionistiche estremamente basse (!). A febbraio, l'inflazione in Svizzera è scesa allo 0,3%, il livello più basso degli ultimi quattro anni, avvicinandosi al limite inferiore dell'obiettivo di stabilità dei prezzi della BNS, fissato tra lo 0% e il 2%. 
Ovviamente non c'è troppo da festeggiare in quanto una diminuzione così drastica del rincaro potrebbe essere sinonimo di una deflazione imminente con tutti i rischi che un simile scenario si trascina appresso. 
Pensiamo che questo sia l'ultimo taglio. Dopo 5 ribassi consecutivi siamo certi che la BNS vorrà tenere di riserva un quarto di punto da utilizzare in caso di assoluta necessità. Non prevediamo per il momento un possibile ritorno dei tassi negativi ma non possiamo escluderlo categoricamente. Trump potrebbe metterci lo zampino...

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Altro evento epocale che non possiamo far passare sottotraccia è quanto accaduto in Germania al Bundestag martedì 18 marzo dove Merz è riuscito ad ottenere l'approvazione per un pacchetto di spesa particolarmente significativo attraverso una modifica costituzionele che allenta le rigide regole sul debito pubblico tedesco. 

Due i pacchetti approvati:

  • Fondo per la difesa: attraverso un incremento delle spese militari dell'ammontare di 100 miliardi di euro con il quale si cercherà di rafforzare le capacità difensive della Germania. Le pressioni americane hanno giocato un ruolo importante. 

  • Fondo per le infrastrutture: è prevista la creazione di un fondo speciale di 500 miliardi di euro destinato ad investimenti in infrastrutture nei prossimi 12 anni. 100 miliardi di euro sono riservati a progetti legati al clima e considerato quanto è stato importante il ruolo dei verdi in questa votazione non poteva essere altrimenti.

Questa settimana il DAX (+15.14% ytd) non ha reagito più di tanto alla notizia che era evidentemente già stata scontata nelle settimane precedenti. Sarà ora interessante capire come si muoveranno i tedeschi, quali saranno le aziende maggiormente coinvolte nel processo di ristrutturazione e se ci sarà spazio anche per qualche azienda svizzera...

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In ambito finanziario si parla spesso di mercato in correzione o di mercato al ribasso. Evidentemente sono due termini che segnalano una situazione di disagio ma con sfumature un pochino diverse:

 Mercato in correzione (correction)

  • Si parla di “correzione” quando un indice azionario scende del 10% o più rispetto a un massimo recente, ma meno del 20%.

  • È spesso considerata una fase naturale e salutare del mercato dopo un forte rialzo: serve a “raffreddare” gli eccessi.

  • Le correzioni possono essere brevi, durare giorni o settimane e non significano necessariamente che l’economia è in difficoltà.

Mercato al ribasso (bear market)

  • Si definisce “mercato al ribasso” quando un indice scende del 20% o più rispetto ai massimi.

  • Segnala una perdita più profonda e persistente di fiducia, spesso legata a fattori macroeconomici più seri quali recessioni, crisi bancarie, guerre e via discorrendo.

  • Può durare mesi o anni e spesso è accompagnato da volatilità elevata e da un sentiment negativo diffuso.

In questo momento i due mercati americani che seguiamo con costanza (S&P500 e Nasdaq) si stanno trovando in una fase di correzione: dai massimi di fine febbraio siamo scesi di qualche cosa in più di un 10% ed ora stanno consolidando. Per il momento siamo anche noi dell'idea che questa correzione sia più che salutare:


i price/earnings sia dei Magnifici 7 che delle restanti 493 società dello S&P500 si stanno portando verso valori più sostenibili; ora dovremo stabilire se i dazi di Trump avranno degli effetti dirompenti sugli utili delle società oppure, già a questi livelli, possiamo ritenerci soddisfatti ed iniziare a selezionare i titoli che vorremmo ricomprare. Forse bisognerà attendere qualche settimana anche e soprattutto per capire se i dazi saranno transitori oppure diventeranno sistemici. In quest'ultimo caso i danni, perché non c'è un analista che non li metterà in conto,  non sono ancora facilmente calcolabili.



Possiamo comunque consolarci: se l'attuale fase dei mercati americani la possiamo, come sembra il caso, definire una correzione  allora abbiamo ottime probabilità di assistere presto o tardi ad una reazione in quanto spesso, in ambito finanziario,  la storia ripete sé stessa. Il grafico qui sopra è lì a dimostrarlo.  Sarà inoltre interessante verificare se per l'ennesima volta Ned Davis, che prevede una ripartenza ad aprile, avrà ragione. Ovviamente dazi permettendo...


Piccola nota di servizio prima di addentrarci in un po' di analisi tecnica: venerdì è stato, come ogni fine trimestre, il giorno delle 4 Streghe in cui scadono contemporaneamente 4 strumenti derivati: futures su indici azionari e su singole azioni e opzioni su indici azionari e su singole azioni. La scadenza simultanea porta a forti volumi di scambio e ad una maggior volatilità. Inoltre i trader e gli istituzionali chiudendo o bilanciando le loro posizioni  possono generare delle anomalie temporanee dei prezzi. I volumi in aumento li vedete benissimo sui grafici: sono i picchi color verde che si notano ogni 3 mesi.




Per quanto concerne lo S&P500 (-3.64% ytd) la correzione sembra per il momento terminata ed ora probabilmente inizierà un periodo di consolidamento dove non ci meraviglieremmo di assistere ad un movimento laterale. Due cose ancora non ci lasciano completamente tranquilli (dazi a parte...): la media mobile a 50 giorni (linea viola) sta incrociando al ribasso quella dei 100 giorni. E' un classico death cross (freccia rossa)  che indica come il momentum al ribasso sta prendendo forza e potrebbe anche proseguire se non addirittura accelerare. Se il mercato non cambia abbastanza presto direzione potrebbe anche essere la conferma che si va verso un mercato ribassista. Per fortuna è un indicatore importante ma non affidabilissimo... speriamo. Altro elemento di disturbo: la media mobile dei 200 giorni (linea blu) sta facendo da resistenza. Andare oltre questo "tappo" sarebbe un bel segnale...




Discorso molto simile anche per il Nasdaq (-7.91% ytd). Anche in questo caso ad inquietare un pochino è il death cross della media mobile a 50 giorni con la media mobile a 100 (freccia rossa);  valgono le medesime osservazioni fatte per lo S&P50 con una sola differenza:  la resistenza è costituita dalla linea tratteggiata che non si riesce per i momento a superare. Sarebbe importante risalire sopra i 18'000 punti. 



L'Eurostoxx50 (+10.78% ytd) si trova decisamente in una fase di cosolidamento caratterizzata da uno spostamento laterale che si sviluppa tra i 5'400 punti del supporto e i 5'600 della resistenza. Dopo aver scontato le buone notizie per quanto riguarda sia l'impegno europeo per una accresciuta difesa militare sostenuta da quasi 800 miliardi di euro sia l'esito della risoluzione tedesca a favore di un maggior indebitamento della Germania per infrastrutture ed esercito, una simile fase laterale è assolutamente da salutare con piacere. Si evitano ritracciamenti selvaggi che potrebbero portare a vendite eccessive. Rimane da stabilire se i dazi voluti da Trump saranno particolarmente distruttivi per gli utili delle aziende europee. Vedremo: le prime proiezioni, per quanto poco piacevoli, non sono particolarmente impattanti.



 Bisogna ammettere che la mossa di tagliare i tassi da parte della BNS era già stata ampiamente anticipata dal nostro SMI (+12.71% ytd): giovedì infatti la nostra borsa non ha festeggiato più di tanto. Ma non fa niente. Quello che dobbiamo mettere in risalto è che con questo ulteriore taglio siamo a livello di rendimenti oramai vicini allo zero. Per chi ha franchi difficilmente riesce a trovare delle valide alternative al mercato azionario. Da non scordare che è pure un mercato che si porta in dote dei dividenti che non possiamo trascurare. Stiamo parlando di qualche cosa che, a dipendenza del settore, può andare tra il 2% ed il 5%-5.5%. Tecnicamente siamo rientrati nel trend ascendente di medio periodo e sembra che riusciamo a restarci. 

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Il taglio dei tassi svizzeri ha permesso al dollaro di guadagnare qualche manciata di basis point ma per il momento il trend è chiaramente ribassista. Non vediamo sul breve termine cosa gli possa far cambiare direzione.


Il dollaro è leggermente più pimpante contro euro ma dopo aver perso in pochi giorni il 4% ci si poteva aspettare un ritracciamento più convinto. Probabile che ci trascinermo per mesi lateralmente. 



Malgrado il talgio ai tassi il franco questa settiamana si è rafforzato. Strano... ma bisogna ammettere che l'euro era da un paio di settimane in ipercomprato e quindi una correzione ci sta. Rimane comunque ben dentro il canale ascendente che si è formato a partire dal dicembre scorso. 



Per il bicoin il momento non sembra essere dei migliori. Forse sta digerendo la momentanea delusione per quanto riguarda quanto fatto fino ad ora dalla nuova amministrazione Trump in ambito cripto: non molto; diciamo che le aspettative erano altre. E' comunque ancora presto per tirare le somme e le cose possono ancora cambiare in modo significativo. 

Tecnicamente diremmo che lo si compera solo se riesce a salire sopra la linea di resistenza rossa. Farlo prima è piuttosto pericoloso: il nostro target per il momento rimangono i 73'000 dollari. Ma, come detto, se va sopra la linea rossa sarà un'altra musica.

 Buona domenica!

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