domenica 2 marzo 2025

Trump-Zelensky: fumata nera

La scorsa settimana ci siamo lasciati con le elezioni Tedesche in pieno svolgimento e con la speranza che l'incontro tra Zelensky e Trump di venerdì 28 febbraio ci rivelasse quanto fossimo vicini ad un accordo di pace tra Russia ed Ucraina ma, alla luce di quello che è successo nello Studio Ovale della Casa Bianca, sembra essere ancora lontano anni luce.

Ma andiamo con ordine:



Il salto a ritroso nel tempo che questa elezione tedesca ci ha obbligato a fare è lì da vedere: la frattura tra est e ovest si è ripresentata e ci vien da pensare che dopo 36 anni dalla caduta del muro di Berlino i vecchi problemi tra i due blocchi sono tutt'altro che risolti: le disparità economiche, i salari medi più bassi e i tassi di disoccupazione più alti sono fonte di frustrazione tra la popolazione dell'Est e se aggiungiamo un lento ma inesorabile invecchiamento della popolazione ed uno spopolamento di molti Länder causato da un'emigrazione giovanile maggiormente attratta da quello che succede ad Ovest del loro paese,  ecco in parte spiegata la percezione di declino ed il senso di marginalizzazione che ha spinto massicciamente la popolazione a votare per l'AfD. Cosa poi possa fare l'AfD per risolvere questi problemi non ci è ancora chiaro ma l'elettorato dell'Est ha spedito al Bundestag un messaggio forte ed inequivocabile che non va sottovalutato.

Vinte le elezioni, a Merz il lavoro non manca: formare una solida coalizione che gli permetta di fare quelle modifiche costituzionali di cui la Germania ha urgentemente bisogno sembra una mission impossible; purtroppo è palese a tutti che senza riforme la Germania è destinata a marciare sul posto e probabilmente a tornare a nuove elezioni fra non molto... L'economista Fubini, in un intervento televisivo, ha messo bene in evidenza quanto sarà cruciale il programma del nuovo governo tedesco che fondamentalmente potrà prendere due direzioni ben precise: la prima è quella di elaborare un piano con una chiara matrice europeista che abbraccia il principio secondo cui l'unione fa la forza; la seconda, improntata al si salvi chi può, è la strada da prendere se la Germania vorrà pensare solo a sé stessa. Se quest'ultima sarà la via scelta,  bisognerà dare presto un'altra forma ad un Europa che forse dovrà fare a meno dei tedeschi.




Comunque sia il DAX l'ha presa bene ma era già dalla fine di novembre 2024, quando si era intuito che a breve si sarebbe andati ad elezioni anticipate, che l'indice tedesco si è impennato e ad oggi, con un +13.27% ytd, è una delle migliori borse europee. Vedremo se terrà il passo oppure davanti alle prime e probabili difficoltà di Merz si vorrà prendere una pausa di riflessione. Entro Pasqua dovremmo avere una prima risposta e capiremo subito se il governo sarà "europe friendly" oppure se si opterà per un approccio da "Aleingänger" a discapito dello spirito comunitario.  


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Magari prima di addentrarci in quel che è successo venerdì alla Casa Bianca, proviamo a quantificare quanto sia stato lo sforzo economico europeo e americano a favore della causa Ucraina: non abbiamo ovviamente gli strumenti (ma chi li ha?) per quantificarlo con precisione e quindi ci fidiamo del grafico pubblicato nella versione online dell'Economist che evidenzia come l'impegno  sia quasi paritetico con un piccolo vantaggio a favore dell'Europa. La parte americana è quantificabile in 110 miliardi di dollari.

Sappiamo tutti che venerdì 28 febbraio, nello Studio Ovale della Casa Bianca,  avremmo dovuto assistere alla firma di un trattato dal valore stimato in mezzo trilione di dollari che avrebbe permesso agli USA di metter le mani su di un consistente quantitativo di terre rare indispensabili per la produzione di microchip e non solo.  Diciamo che i 110 miliardi di aiuti sarebbero  stati piuttosto ben remunerarti a condizione che questo contratto fosse stato firmato. Purtroppo sappiamo tutti come è andata a finire: lo spettacolo è stato, pensando anche al valore simbolico di una tale firma,  piuttosto indecoroso e forse l'immagine più significativa è stata la reazione della ambasciatrice ucraina che non ha saputo nascondere tutta la sua emozione ed il suo sconforto per quel che stava succedendo ben conscia della gravità della situazione. 

Non sappiamo come andranno avanti le trattative (sembra che Zelensky non molli...) e la reazione a freddo dei mercati la vedremo lunedì. Quel che è certo è che questa guerra non è finita venerdì, anzi, sembra che sia iniziata solo ora...

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Uno dei grani crucci di Trump è il deficit della bilancia commerciale che è costantemente negativo a dimostrazione del fatto che gli USA non riescono a soddisfare la domanda interna con le loro mani ma si devono approvvigionare all'estero.

Il deficit commerciale degli USA non è solo il risultato di una produzione insufficiente, ma anche di una combinazione di elevata domanda interna, costi di produzione alti, un dollaro forte e politiche commerciali complesse. Se la produzione domestica americana fosse più competitiva a livello di costi, una parte delle importazioni potrebbe ridursi, ma la globalizzazione e la specializzazione economica rendono comunque difficile un riequilibrio immediato.

Trump, con l'imposizione di dazi a largo spettro,  spera di accelerare da una parte la ricerca di un nuovo equilibrio commerciale mondiale e dell'altra di trovare nuove fonti di finanziamento che vadano a compensare le minori entrate che si produrranno quando sarà riuscito a tagliare le tasse come promesso in campagna elettorale.

Le conseguenze immediate le vediamo espresse nel grafico: soprattutto da quando si sospetta che i dazi non sono più soltanto un bluff, utilizzato da Trump per agevolare le trattative con le controparti estere, ma stanno diventando una minaccia più che reale, le importazioni, prima che vengano colpite dai dazi, sono aumentate considerevolmente così come confermato anche dagli ordini di beni durevoli di gennaio:

  • Ordini beni durevoli gen: 3.1% (atteso: 2%; precedente: -2.2%)
Insomma: se i prezzi saliranno, meglio fare scorte e arraffiamo tutto quello che in futuro ci serve (ma anche no...) e che potrebbe costare di più.

Certo che questa prospettiva non fa fare i salti di gioia ai consumatori americani:
  • Fiducia dei consumatori feb: 98.3  (atteso: 102.3; precedente: 105.3)
Se il trend dovesse continuare non è una bella notizia per il PIL americano che per il momento sembra essere ancora in discreta forma:
  • PIL USA Q4 (seconda lettura): 2.3% (attesto: 2.3%; precedente: 2.3%)
Non sarà una crescita al fulmicotone ma insomma in America si continua ad evolvere positivamente. Certo che se i prezzi ( e quindi l'inflazione) continueranno a crescere,  e con i dazi non vediamo bene come ci possano essere strade alternative, non vorremmo essere confrontati con qualche scenario che inizia a parlarci di recessione o peggio ancora di stagflazione. Forse questa è proprio la ragione che meglio spiega come mai i rendimenti dei Treasury sono in discesa costante da un paio di settimane a questa parte... 

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Prima di passare ad un po' di analisi tecnica dei mercati ci vorremmo soffermare un istante a riflettere sulla differenza di performance degli indici europei rispetto a quelli americani:


Non vi sarà sfuggito il fatto che il Nasdaq da inizio anno ha, per la prima volta dopo anni (quanti? tanti...) un meno davanti alla sua percentuale di crescita; lo S&P500 se la cava un pochino meglio ma non più di tanto. 

E' evidente che l'aria che si sta iniziando a respirare sui mercati americani è piuttosto pesante e l'euforia dei mesi passati in gran parte è svanita sostituita da un sentimento di incertezza che si sta materializzando in vari modi: i titoli difensivi si stanno facendo strada (vedi anche la controprestazione dei Magnifici 7), il divario tra rialzisti e ribassisti diminuisce a favore di quest'ultimi, la domanda di coperture tattiche attraverso l'impiego di opzioni di vendita  e  shortaggio di future sta salendo copiosamente;  gli outlook delle società sono sempre meno positivi e i P/E sono ancora alle stelle. Insomma: gli investitori sembrano che stiano cercando protezione... e noi pure!

In Europa ci troviamo in una situazione leggermente diversa: i P/E sono decenti, le borse sono cresciute ma entro limiti accettabili, la situazione geo-politica è in stallo ma andare peggio di così è difficile (vedremo cosa farà la Germania), inizia a farsi avanti la consapevolezza che bisogna reagire (do something! Draghi dixit).  I risultati aziendali non sono malaccio ma sono soprattutto le prospettive di sviluppo futuro previste dalle società europee che sembrano essere migliori di quelle americane. E' probabilmente quest'ultimo punto che ha convinto gli investitori ad esser maggiormente presenti sui mercati europei. Noi non abbiamo nulla in contrario, anzi...!

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Interessante: Ned Davis anche questa volta ha pienamente catturato il movimento ribassista ma non la sua ampiezza. Comunque ci ha sempre messo sull'attenti che la forza del suo algoritmo non è quella di individuare i livelli ma i trend che è poi quello che interessa anche a noi. Secondo il suo schema a breve dovremmo assistere ad un rimbalzo ma attenzione, dubitiamo che i suoi algoritmi, per quanto molto sofisticati, siano in grado di anticipare gli umori di Trump che, come sappiamo, sono volatili assai...



Lo S&P500 (+1.24% ytd) questa settimana ha rischiato parecchio di uscire dal canale ascendente che stiamo seguendo da parecchi trimestri: in effetti giovedì ha cercato di sfondare il supporto dinamico e sembrava cosa fatta;  poi venerdì, anche grazie ai dati sull'inflazione piuttosto buoni (PCE e CORE PCE sono usciti come da aspettative leggermente inferiori ai precedenti), l'indice è rientrato e si è adagiato sulla media mobile dei 100 giorni (linea verde). E' ovvio che stiamo scherzando con il fuoco e basta poco per far si che la prossima rottura potrebbe essere quella che danneggia definitivamente il trend. Siamo in pre-allarme e non vi nascondiamo che una sforbiciata leggera agli etf l'abbiamo già data.


Anche il Nasdaq (-2.86% ytd) non ci sta facendo dormire sonni tranquilli: questo indice ha sfondato il supporto dinamico, è andato a fare una visita alla media mobile dei 100 giorni (linea blu) e poi, per fortuna, venerdì è rientrato nel canale ascendente (freccia rossa); purtroppo il movimento ha il sapore di un classico pull back e non ci meraviglieremmo più di tanto se lunedì dovesse riprendere la strada del ribasso. D'altronde la foratura al ribasso del triangolo blu ci segnala un target d'arrivo a 18'000 punti...  se ci arrivasse bisognerà capire se consoliderà a quel livello oppure se si lascerà cadere fino al supporto successivo che intravvediamo  a circa 16'800 punti. Anche in questo caso una sforbiciata agli etf l'abbiamo data.


Quello che è certo è che anche l'Eurostoxx50 (+11.59% ytd) si sta prendendo una (breve?) pausa di riflessione: purtroppo non riusciamo a leggere come vorremmo il grafico e abbiamo tirato un paio di linee rosse in prossimità dei massimi ma, dobbiamo ammetterlo, senza troppa convinzione. Ogni tanto succede... Pensiamo che i 5'400 punti possano essere un buon supporto ma restiamo a livello di RSI (cerchio nero) ancora troppo appiccicati all'ipercomprato per essere completamente tranquilli. Sarà interessante vedere come i mercati reagiranno lunedì allo spettacolo offerto dalla premiata ditta Trump-Zelensky.


Lo SMI (+12.105 ytd) sembra per il momento tenere bene anche grazie ad una rotazione dei suoi componenti che non stanno salendo tutti all'unisono. Sembra aver ripreso il trend di medio periodo avviatosi nell'ottobre del 2023 e questo è un bene anche perché il suo sviluppo è decisamente meno verticale e più sostenibile nel tempo. L'impennata di inizio anno non è ancora stata digerita e quell'essere da settimane costantemente in ipercomprato non ci lascia proprio tranquilli tranquilli: una piccola ma salutare correzione la vorremmo vedere. Ci permetterebbe di rientrare nel mercato....

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Purtroppo ci sembra che il dollaro si è infilato in un canale ribassista che abbiamo già visto recentemente in due occasioni (set-dic 2023; mag-set 2024). Farebbe la felicità di Trump ma non la nostra o di tutti coloro che pensano in franchi. Vedremo nelle prossime settimane se questo trend sarà confermato. Per il momento vediamo se il rimbaluo sulla media mobile dei 200 giorni (linea verde) è significativo...per il resto siamo nelle mani della BNS (20 marzo).


Ennesimo tentativo dell'euro di andare sopra l'1.05 ma è stato rimbalzato... questa resistenza è sempre più forte (dobbiamo tenerne conto...) Per il momento sembra essere rientrato nel canale discendente (due righe verdi) ma non escludiamo che possa anche iniziare un movimento laterale che non ci dispiacerebbe.



  Euro/chf sembra voler evolvere lateralmente in un range compreso tra i 95 cts e i 93... la chiave di volta ora sembra essere la BNS (20 marzo) che avrà tutto il tempo di vedere le mosse della BCE (6 marzo) e della FED (19 marzo). Probabile un taglio di un quarto di punto ma se la valuta europea dovesse effettivamente spostarsi lateralmente forse non ce ne sarebbe bisogno.


 Un paio di settimane fa vi avevamo messi sull'attenti delle difficoltà del bitcoin nel superare la resistenza dinamica (linea rossa) e ci sembrava che questa cripto fosse indirizzata verso i 91'000 $. In effetti li ha visti e pure superati sfondando facilmente il supporto degli 89'000 $. Tecnicamente possiamo dire che il nostro target, suggerito dalla rottura del triangolo discendente,  è posto attorno 70'000 $; lì attorno (70-73) si può iniziare a pensare di rientrare ma prima vediamo se la media mobile dei 200 giorni (linea blu) è un supporto valido e magari può fare da trampolino già nei prossimi giorni. 

 Buona domenica!

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