domenica 29 giugno 2025

Nuovi massimi!

                                  The Economist on-line edition
 
A quanto pare tutto o quasi sta girando per il meglio a Donald Trump! Ha la NATO ai suoi  piedi (vogliamo parlare di Rutte? Anche no, grazie!); i dazi sembrano cosa fatta ed almeno un 10% secco per tutti lo porterà di sicuro a casa (ma sarà sufficiente?) ; l'Iran ha testato a sue spese quanto chirurgici possono essere i bombardieri B2-Spirit che hanno messo fuori uso le centrifughe per l'arricchimento dell'uranio (ma quello già arricchito che fine ha fatto?) ; la Corte Suprema americana  ha dato un parziale via libera all'ordine esecutivo 14160, firmato il 20 gennaio 2025, che intende revocare lo ius soli alla nascita per figli di cittadini non autorizzati o temporanei (rafforzando in tal modo il potere presidenziale) e per finire, ma la lista è tutt'altro che esaustiva, sembra che già ci sia il successore di Powell alla testa della FED, successione che è prevista per maggio 2026 (si parla con insistenza di Kevin Warsh, da Trump considerato "molto stimato").

Della successione di Powell, considerate le ripercussioni sul dollaro, vorremmo spendere due parole in più. Come abbiamo spesso sottolineato, l'indipendenza di una Banca Centrale, dovrebbe essere difesa con i denti e se non basta anche con i B2 in quanto è vitale per la credibilità di ogni sistema finanziario. Il solo sospetto che essa non sia completamente indipendente o che è costantemente sotto attacco può creare notevoli sconquassi. Purtroppo è quello che sta succedendo alla FED. Sappiamo che Trump, pur avendolo nominato presidente della FED nel 2017,  oggi vede Powell come fumo negli occhi e non perde occasione per farci sapere quanto Jerom sia al posto sbagliato. Di solito le nomine del successore dell'attuale capo della FED vengono rese note qualche mese prima della fine del mandato ma svelarlo entro settembre/ottobre 2025, come sembra voglia fare Trump, è decisamente troppo presto e viene interpretato come un maldestro tentativo di mettere da parte anticipatamente Powell. Al mercato questo non è piaciuto e al dollaro men che meno:


Infatti da quando si è iniziato a parlare di chi potrebbe essere il potenziale sostituto di Powell,  la moneta americana ha perso ulteriore smalto e l'euro, rotti gli indugi a 1.15, si è issato in pochi giorni fino a 1.17. Un po' di analisi tecnica spicciola (prendetela con le pinze) individua la prossima resistenza seria a 1.19. Insomma, in sei mesi il dollaro ha perso contro la valuta europea il 13.19% che, se ci pensate bene, fa il 26% annualizzato. E' una performance che possiamo accettare dalla valuta di un paese in via di sviluppo ma non da quella della prima economia al mondo!  Era quello che voleva Trump, un dollaro più debole, e l'ha ottenuto fin troppo velocemente... qualche ripercussione negativa ci sarà di certo e presto lo scopriremo.

A dir tutta la verità anche Powell ci ha messo del suo gettando un po' di benzina sul fuoco:  durante la semestrale relazione al Congresso si è lasciato sfuggire che "se le pressioni inflazionistiche dovessero rimanere contenute, arriveremo ad un punto in cui taglieremo i tassi prima piuttosto che dopo, ma non indicherei una riunione in particolare" E' evidente che non solo Powell ma diversi altri governatori, prima di prendere una decisione su un eventuale taglio, vogliono capire cosa succederà il 9 di luglio quando, almeno sulla carta, scade la sospensione di 90 giorni dei dazi annunciati da Trump. Ci aspettiamo una seconda proroga che probabilmente farà slittare i dazi per dopo l'estate. Considerato che la maggior parte dei Governatori della FED ritengono che l'introduzione di gabelle varie saranno foriere di un aumento dell'inflazione ci sentiamo autorizzati a pensare che a luglio non ci sarà un taglio anche se l'inflazione del mese di giugno (verrà pubblicata il 15 di luglio, attesa al 2.4%) sarà stabile. 

Per la cronaca questo venerdì è stato pubblicato il PCE per il mese di maggio; come oramai sappiamo questo è l'indicatore d'inflazione preferito dalla FED:


Era previsto al 2.6% è uscito un 2.7% leggermente più alto ma tutto sommato ci dice che per il momento particolari pressioni sui prezzi non se ne vedono. Chissà se Powell e compagni ne terranno conto e magari a luglio, sorprendendo tutti, decideranno di tagliare? Le scommesse sono aperte!


Già che abbiamo menzionato euro/dollaro vediamo come vanno le cose contro franco svizzero: inutile dire che anche contro la nostra valuta, malgrado i tassi a zero e a breve fors'anche negativi, il franco è più forte che mai. La valuta americana non è stata in grado di reggere il supporto a 0.8050 ed ora ha pure sfondato gli 80 centesimi. Francamente, non sappiamo dove potrebbe andare a parare: bisogna tornare al 15 gennaio 2015, quando per un istante il franco svizzero è stato quotato a circa 0,75 centesimi di dollaro, ma si trattava della reazione (isterica) alla decisione della BNS di abbandonare la difesa della soglia di cambio euro/franco a 1,20. Poi si è subito ripreso.
 Oggi invece siamo confrontati con una debolezza strutturale del dollaro che non ci lascia ben sperare. E' vero che, dopo un simile indebolimento, interviene sempre una fase di recupero ma questa volta non ne siamo del tutto certi. 


I due tagli ai tassi, che il mercato si aspetta da oggi alla fine dell'anno, evidentemente non aiutano il rafforzamento della valuta americana.

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La scorsa settimana abbiamo evidenziato come i mercati azionari (soprattutto americani) stavano flirtando con i massimi storici e questa settimana hanno fatto ancora di meglio superandoli! Per quello che riguarda lo S&P500 dalla data del Liberation Day (2 aprile 2025) il recupero, dopo la violenta presa di profitto (-16%) è stato del 24% ed oggi siamo a +5% da inizio anno. Il domandone ora è sempre lo stesso: a questi livelli siamo arrivati ed è ragionevole portare a casa una parte degli utili, oppure il nuovo record apre la strada per successivi rialzi come abbiamo visto fare per tutto il 2024? Dipende! Da cosa? Ovviamente da come siete abituati ad approcciare i mercati.

Se seguite il metodo dei fondamentalisti, allora dovete sapere quanto segue:



S&P500 (+4.96% ytd)  e Nasdaq (+4.99% ytd) son tornati ad essere mercati "cari": il P/E di entrambi dal 2 aprile, quando erano rispettivamente scesi a 20 e 26, sono risaliti ai 24 e ai 33 di oggi. Sono stati bravi coloro che hanno voluto approfittare della forte correzione per accumulare posizioni; oggi probabilmente non sono più incentivati ad un rientro almeno fino a quando la politica dei dazi sarà chiara e uno o due tagli ai tassi si saranno materializzati. 

Altro fattore fondamentale da tenere presente sono gli utili societari che inizieranno ad essere pubblicati dopo il 10 di luglio. Le aspettative, soprattutto se paragonate alla media quinquennale del + 12.9%,  non sono esagerate e si assestano attorno ad un modesto +5%. E' un valore che non dovrebbe essere così difficile da raggiungere. Le sorprese potrebbero essere parecchie.

Altra storia per quel che riguarda i mercati europei: i P/E sono ancora decenti e parecchi sono ancora sotto la media decennale. Abbiamo pochi titoli tecnologici ma comunque sia non si vive solo di innovazione: pensiamo anche ai dividenti e da questo punto di vista la vecchia Europa è imbattibile! 

Ma vediamo cosa ci dice l'analisi tecnica:



  E' chiarissimo il recupero a V messo a segno dal principale indice americano, un segnale che indica un ritorno della fiducia degli investitori. Infatti il trend dello S&P500 si trova all'interno di un canale ascendente piuttosto convincente e abbiamo fatto bene a non vendere la scorsa settimana quando eravamo adagiati sul supporto (con l'aria che tira la tentazione era forte).
Significativo il fatto che il nuovo record storico sia stato conseguito con notevoli volumi a significare che la partecipazione degli investitori è stata massiccia e l'entusiasmo potrebbe continuare. Siamo in zona di ipercomprato ma se la fiducia è tanta ci può restare anche per diversi mesi, soprattutto se gli utili saranno ben al di sopra delle aspettative. Restiamo comunque con i piedi per terra: il peggio potrebbe essere alle nostre spalle ma se arriva un segnale tecnico che ci dice che dobbiamo scappare a gambe levate non ce lo faremo ripetere due volte.

Come detto i volumi sono in netto aumento e c'è un settore che ha favorito indiscutibilmente questo recupero:


 Quello dell'Information Technology  l'ha fatta da padrone ed in seconda posizione troviamo una sua costola, quei Communication Services che oramai stanno prendendo sempre più piede. 


Se c'era ancora qualche dubbio che la tecnologia è ciò che in questo momento hanno a cuore gli investitori, basta gettare un'occhiata al grafico del Nasdaq: in primo luogo guardate i volumi! Eccezionali, persino più alti di quelli dello scorso venerdì che, se ben ricordate, era la giornata delle 3 streghe. Non è facile trovare volumi simili ed è certo che contribuiscono a dare un significato particolare al nuovo record storico. Siamo persino rientrati nel canale ascendente avviatosi nel lontano 2022 e pensiamo che i 21'000 punti, target che avevamo segnalato agli inizi di maggio, sono a portata di mano: mancano 3 punti e mezzo...


Per contro la settimana dell'Eurostoxx50 (+8.78% ytd) è stata decisamente meno esuberante di quella dei cugini americani ma la mancanza del settore tecnologico si è fatta sentire. Stiamo comunque cercando di superare e di rimanere sopra i 5300 punti;  il golden cross della media mobile a 50 giorni con quella dei 100 (cerchio verde) ci lascia ben sperare. I volumi non sono eccezionali e anche l'RSI è in posizione neutra. Diciamo che in queste condizioni non ci aspettiamo correzioni selvagge e inaspettate. Spazio per rientrare ce n'è ancora e pure noi lo sfrutteremo nelle prossime settimane. Magari dopo il 9 luglio...




Siamo invece abbastanza delusi dall'andamento della nostra borsa. Lo SMI (+3.27% ytd)  non brilla e il comportamento di Nestlé di questa settimana non aiuta. Abbiamo aggiunto un misero punto percentuale alla performance da inizio anno e facciamo fatica a staccarci dall'ipervenduto. Che non ci sia per il momento troppo interesse per la borsa svizzera è testimoniato anche dai volumi che sono stati in calo praticamente per tutta la settimana. Difficile dire cosa potrebbe far ritornare in auge lo SMI: con i tassi a zero e i rendimenti pure,  per chi ha franchi da investire non vi sono alternative valide alla borsa ma nessuno sembra accorgersene. Insomma non sappiamo veramente più che pesci pigliare.


Buona domenica!

domenica 22 giugno 2025

La BNS taglia, la FED rinuncia e gli USA bombardano.

Iniziamo con una constatazione: poteva essere molto peggio di così!

Evidentemente stiamo parlando dei mercati finanziari messi sotto pressione, un giorno sì e l'altro pure, da una serie di eventi geopolitici ed economici ad alto potenziale distruttivo. Invece stanno mostrando una sorprendente resilienza come dimostrato da molte borse azionarie che ancora oggi stanno flirtando con i massimi storici. 


Anche il VIX, l'indice della paura, non dovrebbe essere a 20 ma ben oltre il 30 ed invece ci sta dicendo che anche al peggio ci si può abituare. L’assuefazione al pericolo è forse uno dei peggiori nemici per noi investitori. Vale quindi la pena chiedersi perché eventi tanto distruttivi non stiano preoccupando più di tanto proprio chi dovrebbe esserlo. Anche noi probabilmente abbiamo finito per sviluppare una certa resilienza alle cattive notizie e non è affatto un bene.

Esaminiamo dunque i principali pericoli con cui ci troviamo a fare i conti e proviamo ad evidenziare quei segnali che meritano la nostra attenzione: segnali che potrebbero dirci quando sarà il momento di alleggerire o vendere con decisione gli asset a rischio che deteniamo nei nostri portafogli


1) Partiamo dall'evento più recente: l'attacco israeliano all'Iran. E' probabile, anzi è certo, che questo attacco è stato preparato da anni altrimenti, se fosse stato un semplice colpo di testa di Netanyahu, i risultati non sarebbero stati quelli che abbiamo visto. Praticamente in una sola notte le forze aeree israeliane sono diventate padrone dei cieli iraniani, i vertici militari sono stai decapitati, gli scienziati responsabili del programma nucleare pure e lo stretto di Hormuz rimane aperto. Rispondere ad un tale attacco è praticamente impossibile: è vero che qualche missile e diversi droni hanno fatto danni in territorio israeliano ma gli iraniani non andranno molto oltre. La superiorità militare degli israeliani è decisamente superiore.


 In queste condizioni una chiusura sine die del canale di Hormuz sembra materialmente improbabile ed anche il prezzo del petrolio ce lo sta ricordando:  dopo l'impennata della scorsa settimana, si è stabilizzato attorno ai 75$ per barile. Ricordiamoci che le sanzioni, in vigore da molto tempo, hanno limitato enormemente le capacità dell'Iran quale importante esportatore di petrolio. Comunque sia, se vedremo superare con  decisione gli 80/85 $ al barile,  è un segnale che non dovremo sottovalutare: significa che qualche cosa non sta andando per il verso giusto. Un coinvolgimento diretto degli USA nel conflitto - Trump ci rifletterà per un paio di settimane pur consapevole che molti aderenti al MAGA non sarebbero contenti - potrebbe fare da detonatore. Non scordiamocelo! 
Quest'ultimo passaggio l'abbiamo scritto ieri in giornata  ma siamo costretti ad una rettifica: questa notte alle ore 2 gli americani hanno attaccato i siti nucleari iraniani con le loro bombe perforanti e questo significa che anche gli USA partecipano direttamente al conflitto... Quali saranno le conseguenze lo scopriremo domani all'apertura dei mercati... evidentemente siamo preoccupati! L'unico mercato aperto è quello delle crypto e le principali stanno perdendo dai 2 ai 5 punti percentuali...


2) Altra guerra, ma questa volta i missili e i droni non centrano, è quella dei dazi avviata da  un Trump alla disperata ricerca di denaro per fra quadrare i malandati bilanci dello Stato americano. E' una guerra potenzialmente distruttiva, sia per chi imporrà sia per chi dovrà subire i dazi, ma ci sembra di capire che non sono in molti a credere che sarà tanto devastante. Oramai abbiamo imparato a conoscere Donald, che con gli ultimatum ci va a nozze, ma sappiamo che sovente, una volta lanciato il sasso,  nasconde la mano tanto da meritarsi l'appellativo di TACO ("Trump Always Chickens Out" più o meno traducibile con un "Trump fa sempre marcia indietro"). Insomma a furia di bluffare ha perso credibilità. Vedremo il 9 di luglio, quando scadrà la pausa di riflessione sui dazi, se quest'ultimi verranno effettivamente applicati in maniera sistematica oppure se si accontenterà di applicare un 10% per tutti. Il 10% non è trattabile e riteniamolo pure dato per scontato.

L'attenzione quindi si sposta sui dazi reciproci ed in questo caso siamo convinti che assisteremo ad un ulteriore rinvio...  più TACO di così si muore. Ovviamente, se verremo smentiti, un'applicazione severa dei dazi reciproci significa che le trattative non sono andate a buon fine. Ai mercati non piacerà di certo quindi fino al 9 luglio stiamo attenti.

3) Altro problema grande come una casa è il deficit pubblico americano: oramai non fa più notizia sapere che sta sfiorando i 37 trilioni di dollari. Detto così sembra un numerino buttato lì a casaccio ma proviamo a scriverlo: 37'000'000'000'000 $... è un 37 seguito da 12 zeri! Un debito enorme, inestinguibile e che deve essere costantemente onorato. Per il momento un simile debito a 10 anni lo si finanzia al 4.42% e non sembra preoccupare nessuno. Ma se improvvisamente vedremo i rendimenti dei Treasury decennali andare come missili sopra il 5% e proseguire oltre, cosa non del tutto improbabile, allora è meglio iniziare ad alleggerire sia il portafoglio azionario che quello obbligazionario (sempre che si arrivi in tempo a farlo...). 

4) E' chiaro che un simile debito fa paura soprattutto se il creditore inizia a pensare che il debitore non è in grado di ripagarlo: per fortuna l'economia americana, pur perdendo un pochino del suo smalto, in questo momento sembra essere ancora sufficientemente sana da non destar preoccupazione eccessive. Ma se improvvisamente la crescita rallenta, i consumi pure e tutta la macchina s'imballa allora abbiamo un problema. Problema che  potrebbe essere risolto dalla FED con una massiccia riduzione dei tassi, sperando che basti, altrimenti siamo nei guai! Allo stato attuale la FED ha i mezzi per contrastare eventuali rallentamenti ma non li deve sprecare e questo Powell lo sa. 


Già che stiamo parlando della FED non possiamo fare a meno di spendere due parole sulla  decisione di mercoledì di lasciare i tassi americani invariati in una fascia tra il 4.25% e il 4.5%. Powell ha così motivato la sua scelta:

  • Attendiamo gli effetti dei nuovi dazi (in arrivo dopo il 9 luglio) sull'inflazione dei prezzi al consumo. Per il momento l'impatto è quasi nullo ma potrebbe materializzarsi nei mesi successivi all'applicazione dei balzelli.
  • La crescita dell'economia per il momento c'è ma è piuttosto debole (+1.4%), la disoccupazione è in leggero aumento (4.5%) e l'inflazione sarà per fine anno prevista attorno al 3%. Con un simile scenario un taglio è sconsigliato.
  • Ovviamente uno sguardo di riguardo è dato al mercato del lavoro che malgrado mostri una disoccupazione in leggero aumento è ancora da considerarsi solido. Un taglio ai tassi in questo momento non sembra opportuno ed utile.

Non c'erano grosse aspettative per dei tagli ai tassi e anche noi eravamo di questo avviso. Ovviamente (ed in parte comprensibilmente) la cosa non è piaciuta a Trump che non licenzierà Trump (ma ci sta pensando anche se non lo può fare) ma non ha mancato di farci sapere che "Lui stesso potrebbe fare molto meglio di Powell alla guida della FED".



La decisione di lasciare i tassi americani invariati pare sia stata presa all'unanimità ma per il futuro v'è incertezza: come indicato dal dot plot  circa la metà dei funzionari della FED prevede che non ci saranno tagli da qui alla fine dell'anno mentre l'altra metà potrebbe vedere di buon occhio due tagli che porterebbero i tassi dei FED Funds al 3.875%. Bisogna sottolineare che non capita sovente di vedere una simile divergenza di opinioni. Non proprio un segnale incoraggiante.

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Passiamo da una Banca Centrale ad un'altra. La BNS giovedì ha tagliato i tassi di un quarto di punto portandoli a zero! C'era chi, come UBS, si aspettava addirittura un taglio di mezzo punto che a quanto pare è solo rimandato. Significherebbe rivedere i tassi negativi e non lo si può escludere: vedremo cosa deciderà di fare la nostra Banca Centrale al 25 di settembre. Per il momento ha giustificato la scelta  di tagliare di un quarto di punto nel modo seguente:
  • L'inflazione in Svizzera è negativa. Come è possibile? Semplice: il franco svizzero è (troppo) forte. Ha contribuito anche il calo dei costi energetici. Gli aumenti salariali non sono eccessivi. I  consumi iniziano ad essere moderati. A parte il calo dei costi energetici c'è poco da stare allegri.
  • Come detto il franco svizzero è forte. Probabilmente troppo forte (contro dollaro si è rafforzato del 10% nei primi 6 mesi dell'anno...) Le importazioni sono più economiche ma chi esporta sa quali sono le difficoltà che deve affrontare... non vorremmo essere nei loro panni. Un taglio dello 0.25% forse può aiutare? Speriamo!
  • Probabilmente la BNS è memore delle difficoltà affrontate dai risparmiatori e dai fondi pensione (ma non solo loro)  che si trovano ad operare in un regime di tassi negativi. Si va sotto zero proprio se non se ne può fare a meno. Per il momento l'abbiamo scampata.
  • Un taglio di mezzo punto avrebbe limitato ulteriori interventi qualora fossero necessari. 
  • Non da ultimo ( e questo lo diciamo noi) considerata che la guerra dei dazi, che nelle intenzioni colpisce in modo piuttosto duro la nostra economia (36%), è meglio non farci passare agli occhi di Trump come dei manipolatori di valuta... l'ha già sottolineato più volte. Un mezzo punto poteva essere sospetto e avrebbe portato acqua al mulino di Donald.

La reazione a questo taglio è stata, come vedremo, modesta. Se si va in negativo dovremo capire per quanto tempo e se ci saranno problemi di redditività per le banche e le assicurazioni.

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Se avete ancora un po' di pazienza vorremmo accennare alla cosiddetta "scadenza delle tre streghe (triple witching)": quella alla quale abbiamo assistito venerdì 20 giugno ha avuto alcune ripercussioni (probabilmente di breve durata) sui nostri mercati con quello svizzero in testa.

Delle 3 streghe ne avevamo già parlato: è quella scadenza in contemporanea di opzioni su azioni e indici, ai quali si affianca la scadenza dei futures sugli indici, che si verifica il terzo venerdì dell'ultimo mese di ogni trimestre. 

Durante questa giornata particolare, prima della chiusura dei mercati, possiamo notare dei movimenti particolari che contribuiscono ad aumentare significativamente i volumi di scambio e si osserva una volatilità accentuata, non sempre giustificata, che si manifesta con movimenti repentini e apparentemente immotivati che spesso termina con una una distorsione delle quotazioni

Senza entrare troppo nel tecnico, questi movimenti sono il frutto di roll-over (chiusure e riaperture di contratti),  ribilanciamenti di hedging e arbitraggi. Se siete interessati a questi movimenti andatevi a vedere cosa è successo sullo SMI nelle ultime ore di venerdì scorso. Quindi, se non è stata una giornata campale, sappiamo di chi è la colpa. :-)

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La settimana corta (giovedì la borsa americana era chiusa per la festività del Juneteenth che commemora il 19 giugno 1865, giorno in cui le truppe dell'Unione giunsero a Galveston, Texas, e annunciarono ufficialmente la fine della schiavitùha fatto sì che la settimana borsista non è una di quelle che passerà alla storia: lo S&P500 (+1.47% ytd) ha chiuso la settimana praticamente come l'ha aperta. Per il momento rimane all'interno del canale ascendente anche se dobbiamo ammettere che quest'ultimo non è proprio solidissimo... servirebbe la prossima settimana un rimbalzo verso l'altro per staccarci dal supporto ma con l'aria che tira non sarà facile. Come potete osservare i volumi sono elevatissimi e le tre streghe un po' di distorsione l'hanno di certo creata. Siamo comunque, come già sottolineato in apertura del nostro intervento, a dei livelli ancora sorprendentemente elevati. Se la settimana è stata incolore è il minore dei mali e ce la facciamo piacere. 



Anche il Nasdaq (+0.71% ytd) qualche problema l'ha avuto e per il momento i 20'000 punti rimangono un miraggio, figuriamoci i 21'000 che abbiamo indicato come essere il nostro punto d'approdo. Non abbiamo fretta di arrivare fin lassù: è meglio che ci arriviamo con una crescita delle quotazioni che sia tecnicamente sostenibile. E' inutile arrivare ai 21k in un baleno per poi vedere l'indice crollare subito dopo a causa delle prese di profitto. Probabilmente fino al 9 di luglio il mercato sarà in stand by e non accadrà nulla di trascendentale (guerre permettendo...). La FED non ha tagliato i tassi e il Nasdaq manco se n'è accorto: per il momento l'attenzione dei mercati è rivolta altrove...



Non è stata una settimana bellissima per le borse europee e l'Eurostoxx50 (+6.90% ytd) non fa eccezione. Non ci piace la rottura del supporto dei 5'300 punti e il foramento al ribasso delle medie mobili dei 100 e dei 50 giorni.... è possibile che miri ad adagiarsi sulla media mobile dei 200 giorni che purtroppo si trova ad un paio di punti percentuali sotto l'attuale quotazione. Quello che ci piace è invece constatare che siamo quasi in ipervenduto quindi se perdiamo ancora un paio di punti percentuali poi dovremmo aver raggiunto il fondo e di certo ci saranno delle occasioni per fare acquisti. Aspettavamo da parecchio questo momento ma comunque non abbiamo fretta.



Se proprio dobbiamo dire quello che pensiamo allora non possiamo di certo avere parole gentili nei confronti dello SMI (+2.33% ytd) che di certo ultimamente non sta brillando. Non è riuscito a tenere il supporto dei 12'000 punti ed ora sta andando con ogni probabilità a chiudere il gap ascendente (cerchietto rosso) che si era formato a metà aprile: se così sarà aspettiamoci di vedere il nostro indice attorno agli 11'660 punti ovverosia un paio di punti percentuali più in basso di dove si trova ora. Ciò significa che il lavoro fatto da inizio anno è tutto da rifare. 
Probabilmente la mossa della BNS di portare i tassi a zero ha spaventato gli investitori... figuriamoci se sarà costretta ad introdurre i tassi negativi cosa potrebbe succedere. In effetti tutta la forza del franco svizzero, un'inflazione a zero e anche meno, l'indebitamento dello stato irrisorio (meno del 40% del PIL) ed una stabilità politica invidiabili non sempre sono un plus che gioca a favore del nostro mercato. Per chi cerca sicurezza comunque è qui che deve investire.

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Solitamente quando le Banche Centrali si riuniscono per decidere cosa fare in merito alla propria politica monetaria qualche movimento sui cambi lo si osserva sempre. Vale anche per questa volta anche se i movimenti registrati sono minimi.


Come abbiamo visto la FED ha lasciato i tassi guida invariati tra il 4.25% e il 4.5% mentre la BNS ha portato a zero il costo del denaro in CH: significa che tra i rendimenti svizzeri e quelli americani c'è uno spread di 450 basis points che in teoria, ma non nella pratica, dovrebbero fare da traino al dollaro. Per il momento la sola cosa che possiamo dire è che osserviamo un supporto a 0.8050 e sarà già un successo se si riuscirà a superare lo 0.82. La nostra visione si ferma qui... un po' poco e lo sappiamo... (Per questo la nostra attività di trading sulle valute è attualmente rallentata...)



Se contro franco abbiamo le idee un pochino offuscate, ci è più chiara la visione di euro-dollaro: in sostanza rimane per il momento inchiodato attorno all'1.15. Facciamo fatica a pensare ad un euro molto più forte di così. Poi domani veniamo smentiti... per la serie "non c'è nulla come il forex che riesce a mettere il nostro sistema nervoso sotto pressione!"



Forse il taglio di un quarto di punto della BNS è riuscito a ridare un po' di smalto a euro/chf: già le scorse settimane abbiamo osservato la perforazione rialzista del triangolo di consolidamento (quello in verde) ed ora abbiamo pure forato al rialzo tutte e tre le medie mobili. Diciamo che se l'analisi tecnica ha ragione potremmo avere quale obiettivo, non a brevissimo ma va bene lo stesso, i 95 centesimi.



Il bitcoin è chiaramente entrato in una fase di consolidamento laterale e per il momento forse è melgio così;  per i 120'000$ c'è tempo. L'importante è che non scenda sotto i 100k.



Diamo un'occhiatina anche all'oro. Non è dove dovrebbe essere... E' addirittura rientrato nel triangolo di consolidamento. Va da sè che prima o poi dovrà riuscirne  (presumibilmente la prossima settimana e andrà verso l'alto);  l'appuntamento con i 3'800$ è solo rimandato.


Buona domenica!


domenica 15 giugno 2025

Bombe sull'Iran

Tempo di annoiarci proprio non ne abbiamo anche se la settimana è stata avara di eventi fatto salvo i dati sull’inflazione americana che, come vedremo,  per il momento non sembra subire le bizze dei dazi imposti da Trump. Meglio così! 
Purtroppo quello che ancora non sappiamo è la piega che prenderanno gli scontri bellici mediorientali che da giovedì notte si sono arricchiti di un nuovo capitolo  e che vede gli Israeliani bombardare senza troppi complimenti i siti nucleari Iraniani che disporrebbero di parecchio  materiale debitamente arricchito per ottenere non uno ma diversi ordigni nucleari che evidentemente turbano e tolgono il sonno a Netanyahu e, se vi dobbiamo dire tutta la verità, non lasciano nemmeno noi assolutamente tranquilli. 

Ergo, con la solita efficienza ed apparentemente senza neppur aver perso troppo tempo ad avvisare i cugini americani, gli israeliani hanno iniziato un'operazione di distruzione sistematica su territorio iraniano di tutto quello che con il nucleare ha o potrebbe avere a che fare e già che ci sono ne hanno pure approfittato per eliminare fisicamente alcune figure di alto rango dell'esercito iraniano e alcuni tra i più importanti scienziati che si occupavano del programma nucleare. Il conflitto è tutt'ora in corso e siamo certi che lo state seguendo pressoché in diretta, quindi non ci dilunghiamo...

Quello che a noi qui interessa è iniziare ad evidenziare quelle che sono le prime conseguenze a livello finanziario dell'operazione denominata "rising lion": dollaro in cantina (veramente strano…), rafforzamento dei rendimenti dei Treasury  (altra cosa bizzarra...), oro in deciso rialzo, petrolio alle stelle, mercati azionari decisamente mosci e, last but not least, passeremo un week end poco simpatico meditando sulla riapertura dei mercati di lunedì che non sarà di certo al fulmicotone.

Ogni volta che si apre un nuovo fronte di guerra nella zona medio orientale non si riesce mai bene a capire dove si potrebbe andare a parare, ma questa volta lo scenario è piuttosto chiaro come testimoniato dal grafico che abbiamo preso in prestito dalla rivista Limes: 



Dal canale di Hormuz, controllato dagli Iraniani, passano circa il 30% di tutte le petroliere mondiali ed una sua eventuale chiusura potrebbe spingere il prezzo del petrolio verso i 120$ al barile soprattutto se gli Americani non dovessero intervenire militarmente e forzarne la riapertura:



Per il momento, malgrado un rialzo di oltre il 20% del costo del petrolio, l'incidenza sull'inflazione dovrebbe essere minima, ma se il conflitto si farà più lungo del previsto (diciamo oltre le due settimane...) ed il canale di Hormuz sarà effettivamente chiuso, allora qualche preoccupazione inizieremo a avercela. 
In questo momento stiamo pensando a Powell e, considerato che mercoledì prossimo dovrà prendere una decisione a proposito di un possibile taglio ai tassi americani, quanto sta accadendo in Medio Oriente è di certo una variabile supplementare che dovrà essere presa in debita considerazione e non gioca di certo a favore di una manovra riduttiva.

Quando la tensione internazionale sale il VIX è il primo a reagire:


ad inizio settimana si trovava in una comoda e tranquilla posizione sotto il 20 ma giovedì notte ha invertito la sua direzione ed ha chiuso sopra il 20. Nulla di drammatico ma è ovvio che si sta agitando. Probabilmente sarà destinato ad andare a 30 e magari anche oltre. Non bello ma ci permetterà di sfruttare la volatilità per emettere qualche strutturato che ci offrirà delle cedole interessanti con un rischio piuttosto contenuto...


L'oro sta assolvendo il suo ruolo di bene rifugio ed ha rotto il triangolo di consolidamento color rosso al rialzo: l'analisi tecnica ci suggerisce che potrebbe anche salire fino a 3'800$ l'oncia... non siamo in grado di garantirlo ma se le tensioni continueranno è probabile che salirà ancora;  magari non arriverà a 3800 ma ci potrebbe andare vicino. Per noi l'oro è ancora da tenere ben stretto.



La prima anomalia che vi vogliamo segnalare è quella che concerne il comportamento dei Treasury americani: di norma, quando gli investitori cercano sicurezza, i titoli del tesoro americani sono i primi ad essere ricercati ed il loro massiccio acquisto genera una riduzione dei rendimenti. Ultimamente è vero il contrario e a fronte di un evento che origina ansia negli investitori si procede a venderli con la conseguenza di farne salire i rendimenti (ovale rosso). 

E' probabile che stiamo assistendo ad un cambiamento nei comportamenti storici del mercato dove le crisi generavano soprattutto paure deflazionistiche (vedi la crisi finanziaria del 2008 o quella del Covid 2020) e quindi in automatico si rispondeva alla crisi acquistando Treasury americani che sembravano la risposta perfetta a queste paure. Oggi sappiamo che l'inflazione, dopo quasi quarant'anni di letargo, si è risvegliata e spesso una crisi - generata da guerre o scelte politiche discutibili - si porta appresso anche un aumento dell'inflazione che rende l'acquisto di Treasury, soprattutto a lungo termine, sconsigliati.



Se i Treasury in tempi di crisi non sono più ricercati come una volta, anche la moneta che li rappresenta viene venduta: fino a poco tempo fa era impensabile che, confrontati con eventi destabilizzanti, non si corresse a comprare dollari. Oggi ad esser gettonato è l'euro che in un attimo si è trovato a superare 1.15 contro dollaro (freccia rossa)  aprendo una strada che potrebbe anche portarlo in zona 1.17 prima di trovare una piccola resistenza.


Ovviamente in tempi di crisi chi si esprime al meglio è il franco svizzero (per i nostri esportatori son dolori...) che contro dollaro pare abbia fretta di andare a testare il minimo storico di 0.7894 segnato nell'agosto del 2011. Francamente non lo vogliamo vedere scendere fin laggiù e una mano potrebbe darcela la BNS il prossimo giovedì: vi sono banche che si aspettano un taglio secco di mezzo punto al posto del tradizionale 0.25%. UBS è una di loro e siamo certi che non farà i salti di gioia nel rivedere il tasso di sconto andare in negativo! Se poi un taglio così netto contribuirà ad indebolire un po' la nostra valuta lo sapremo solo da giovedì prossimo in poi. Considerato il contesto geo-politico qualche dubbio l'abbiamo.


Eravamo convinti che il presunto, ma non ancora certo, mezzo punto di taglio ai tassi svizzeri avrebbe aiutato l'euro a rafforzarsi un pochino. L'uscita dal triangolo di consolidamento verso l'alto ce lo faceva pensare ma gli eventi internazionali hanno avuto la meglio:  per il momento Netanyahu batte BNS 1 a 0 palla al centro.

Già che stiamo parlando di monete a questo punto vale la pena gettare un'occhiata al grafico del bitcoin:


...quello che temevamo è diventato realtà: il pullback si è materializzato e per il momento non sappiamo bene dove il bitcoin protrebbe andare. Quello che è certo è che questa crypto non funge da asset protection ed in caso di crisi, pure lei ci va. Se credi che andrà a 200k te la tieni ma se la compri perché speri che sia decorrelata dagli assets portatori di rischio, lascia perdere.

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Quando nei giorni scorsi stavamo riflettendo su cosa scrivere in questo numero di Appunti Finanziari, gli argomenti scarseggiavano. In effetti non era successo granché e avevamo puntato i fari soprattutto su quanto discusso tra americani e cinesi a Londra in merito ai dazi e sull'importante e atteso dato dell’inflazione americana.

Sui dazi a dir la verità non ci aspettavamo più di tanto:  una seria discussione in merito ad un argomento così complesso non la si liquida in due giorni; infatti il comunicato al termine dell'incontro è stato piuttosto stringato. Sappiamo che "attorno all'osso dei dazi è stata aggiunta un po' di carne" e i colloqui, per quanto "franchi e produttivi",  non sono sfociati nella firma di un accordo che verosimilmente verrà siglato agli inizi del mese di agosto (l'8 probabilmente). 

Per il momento gli USA impongono una tariffa cumulativa del 55% sulle importazioni cinesi mentre la Cina risponde con una tariffa del 10% su quelle americane. 

La Cina si impegna a rimuovere le restrizioni (per 6 mesi?)  sulle esportazioni di terre rare e magneti senza i quali la tecnologia civile e militare arrancano. Non sono comunque previsti scambi tra esportazioni di chip avanzati (gli USA mantengono le restrizioni) e le terre rare. 

Auguriamo invece agli studenti cinesi buono studio considerato il fatto che verrà ripristinato l'accesso agli atenei americani. 

Fine del comunicato. Reazioni dei mercati: quasi nulla.

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Dal CPI americano, pubblicato lo scorso mercoledì,  riceviamo la conferma che l'inflazione è ancora sotto controllo malgrado l'incombente minaccia dei dazi:

  • CPI yoy maggio          : 2.4% (atteso: 2.4%; precedente: 2.3%)
  • Core CPI yoy maggio: 2.8% (atteso: 2.9%; precedente: 2.8%)
in effetti registriamo solo un timido aumento dello 0.1% a maggio per quanto riguarda l'inflazione generale mentre il dato core, quello che non contempla i volatili costi dell'energia e del cibo,  è rimasto pressoché invariato e leggermente sotto le aspettative.
  • Prezzi alla produzione yoy maggio: 2.6% (precedente: 2.5%)
Insomma, anche produrre costa una virgola in più, ma nulla di trascendentale. Se ne conclude che, se Powell è spaventato dai rigurgiti inflazionistici, per il momento può stare tranquillo e mercoledì potrebbe anche provare a concedere un piccolo taglio ai tassi. Vediamo cosa succederà nei prossimi giorni in Medio Oriente... In ogni caso, non perdetevi lo speech di Jerome, mercoledì prossimo alle 20:30.

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Ce la stava mettendo tutto lo S&P500 (+1.62% ytd) per raggiungere il suo massimo storico. Ora dovremo fare i conti con gli eventi medio orientali e la risposta dell'Iran che minaccia di ripagare con la stessa moneta gli attacchi degli ultimi 2 giorni. Non crediamo che possa farcela anche se dicono che "sono pronti ad usare 2000 missili". Tecnicamente parlando l'indice si trova ancora all'interno del canale ascendente e non ci sono per il momento motivi per vendere.



L'appuntamento del Nasdaq (+0.50% ytd)  con i 20'000 punti è solo rimandato... peccato perché le possibilità di andare oltre c'erano. Forse una piccola correzione, tanto staccarsi dall'ipercomprato, può essere utile perché, come dicono i francesi, "il faut reculer pour mieux sauter"! Lunedì capiremo meglio quali saranno le conseguenze dell'attacco israeliano. Per il momento siamo in pre-allarme.


Il -1.44% di venerdì sullo SMI (+4.76% ytd), peggior borsa europea, non ci è piaciuto: il nostro dovrebbe essere il mercato difensivo per eccellenza e l'assalto al franco svizzero avrebbe potuto e dovuto portare acqua al nostro mulino. Non è stato così! Oltre a non esser riusciti a superare i 12'400 ci stiamo dirigendo molto in fretta verso i 12'000 punti sperando di trovare un supporto degno di questo nome. L'incontro con la media mobile dei 50 giorni (linea viola) potrebbe attutirne la discesa.

Giovedì prossimo 19 giugno la BNS ci farà sapere di quanto vorrà tagliare i tassi: francamente se il taglio fosse effettivamente dello 0.50% non sappiamo bene quale reazione aspettarci: un taglio simile potrebbe anche venire mal accolto dal mercato in quanto a) significa che vedono la situazione macro economica deteriorarsi seriamente b) il franco troppo forte inizia a fare veramente paura c) si ritorna a fare i conti con i tassi negativi... come già sottolineato la scorsa volta: no grazie, abbiamo già dato!



Lo stesso discorso è valido per l'Eurostoxx50 (+8.06% ytd) : purtroppo il supporto a 5'300 punti (rafforzato pure dall'incontro con la media mobile dei 100 giorni (linea verde)) è stato forato ed ora possiamo solo sperare che la media mobile dei 50 giorni (linea viola) funga da supporto. Dita incrociate!

Buona domenica!


domenica 8 giugno 2025

One Big Beautiful Bill




Per gli appassionati del genere, la soap opera trasmessa dai canali televisivi della Casa Bianca, è manna caduta dal cielo: l'improbabile relazione tra l'uomo più ricco del mondo (Elon) e di quello più potente, il Presidente degli Stati Uniti d'America (Donald), è una di quelle che fin dai suoi albori era destinata ad essere particolarmente tormentata ed infatti, dopo soli 4 mesi, è già al capolinea;  ora a volare non sono i missili di SpaceX ma i piatti del servizio buono della State Dining Room, quella dove si svolgono i banchetti presidenziali.

Pomo della discordia, a quanto ci risulta, è stata la proposta legislativa che porta l'altisonante nome di "One Big Beautiful Bill" e che mirerebbe a semplificare radicalmente il sistema normativo e burocratico federale degli USA con un'attenzione particolare alla riduzione delle tasse e all'eliminazione delle vecchie norme ritenute eccessive o dannose per le imprese. 

Agli occhi di Musk questa legge è una "disgustosa abominazione" in quanto aumenterebbe il deficit (+ 2.5 trilioni), sparirebbero gli incentivi per i veicoli elettrici e sarebbe in netto contrasto con l'efficienza governativa promulgata dal DOGE, il dipartimento condotto fino a non troppo tempo fa da Elon stesso. 

Come era prevedibile la relazione tra i due è presto degenerata ed ora Elon sta accusando Donald di essere coinvolto nei file riservati relativi al caso Epstein; Donald ha replicato, esprimendo in tal modo la sua totale delusione, che non ci mette due minuti a revocare i contratti governativi dove coinvolte ci sono le aziende di Elon il quale, punto sul vivo,  ha minacciato che potrebbe anche dismettere la navicella Dragon di SpaceX mandando all'aria le operazioni della Stazione Spaziale Internazionale. Ripicca di Donald:  si vede costretto a mettere in vendita la fiammante Tesla color rosso ricevuta in omaggio dal suo creatore. 

Potremmo continuare ma siamo sicuri che avete capito che aria tira all'interno dei muri della Casa Bianca. C'è da preoccuparsi? Diciamo che da un certo punto di vista tranquillissimi non siamo ma, considerati i miracoli che abbondano in molte soap opera, possiamo sempre contare sulla resurrezione  di Elon come succede quando, per esigenze di copione, un protagonista che è già stato spedito nel regno dei cieli viene riportato in vita quando ci si accorge che, senza la sua presenza, gli ascolti sono in netto calo. Sotto sotto Donald aveva definito Elon " one of our great geniuses". Non è quindi detto che presto o tardi sul set possa fare la sua apparizione una lampada di quelle che si devono strofinare... La fantasia degli autori di soap opera non ha limiti!

Comunque sia è abbastanza evidente che i panni sporchi andrebbero lavati in casa altrimenti le conseguenze, soprattutto se hai una società quotata,  sono facili da immaginare:


...il 5 giugno per Tesla e i suoi azionisti non è stata una giornata felicissima e i problemi potrebbero non essere finiti qui considerato che Steve Bannon sta attaccando frontalmente Elon: «Musk vuole solo soldi, è un immigrato illegale. Sono preoccupato, dobbiamo scoprire quali dati ha». Elon replica alla sua maniera e senza scherzare più di tanto ci avvisa che è intenzionato a fondare un nuovo movimento, "the America Party". La soap opera continua..Stay tuned!

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Torniamo seri. L'ultimo nostro post risale al 22 di maggio e da allora il discorso sui dazi si è momentaneamente cristallizzato - siamo in attesa del colloquio tra USA e Cina della prossima settimana -  mentre alcuni dati interessanti sono stati pubblicati. I più seguiti in America sono quelli riguardanti lo stato di salute degli impieghi che oramai abbiamo capito essere l'ago della bilancia che influenza le decisioni della FED per quanto riguarda il taglio ai tassi:

  • Posti di lavoro vacanti aprile: 7.4 mio (atteso: 7.1 mio; precedente: 7.2 mio)
Siamo lontani dai 10-11 milioni di un paio di anni fa ma comunque sia 7.4 mio di posti vacanti è un numero non irrilevante e piuttosto stabile... per chi ha voglia di lavorare un posto lo si trova.
  • ADP: nuovi posti lavoro settore privato maggio: 37k (atteso: 110k; precedente: 60k)
Il dato è ben al di sotto delle attese e ovviamente ha scatenato le ire di Trump nei confronti di Powell: "i tassi vanno tagliati, SUBITO!" Va comunque detto che gli ADP sono piuttosto volatili e sono poco rappresentativi sul vero numero di posti di lavoro creati dall'economia americana.
  • Disoccupazione per il mese di maggio: 139k (atteso: 125k; precedente: 147k)
  • Tasso di disoccupazione americano maggio: 4.2% (atteso: 4.2%; precedente: 4.2%)
Questi erano i dati più attesi della settimana: la disoccupazione è stabile al 4.2% mentre i disoccupati sono leggermente più alti del previsto ma meno del dato precedente. Insomma per quanto concerne la FED questi sono numeri che stanno a dimostrare che la fase attendista, prima di tagliare ulteriormente i tassi, può essere procrastinata. Vedremo mercoledì prossimo 18 giugno cosa la FED deciderà di fare: un taglio ai tassi non è escluso ed il mercato lo valuta con una probabilità del 65%. 

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Per quello che riguarda l'Europa vogliamo portare alla vostra attenzione un paio di numeri. Sono quelli che riguardano l'inflazione Europea e quella Svizzera:

  • Inflazione Unione Europea (Eurozona) maggio: 1.9% (precedente: 2.2%)
  • Inflazione Unione Europea (Eurozona) core maggio: 2.3% (precedente: 2.7%) 
La BCE ha risposto a questi dati giovedì scorso con un taglio ai tassi dello 0.25%, l'ottavo taglio consecutivo. Probabilmente ora la Banca Centrale si prenderà una pausa e taglierà i tassi solo se strettamente necessario. L'inflazione sta andando verso il target previsto (2%) e ci arriverà sfruttano la forza inerziale dell'attuale trend ribassista. All'idea che per un po' di tagli non se ne vedranno, il mercato ha iniziato a vendere obbligazioni ed abbiamo registrato un leggero aumento dei rendimenti ma nulla di particolarmente allarmante.
  • Inflazione svizzera a maggio: -0.1% (precedente: 0.0%)
Il dato è addirittura negativo e con ogni probabilità invoglierà la BNS a procedere con l'ultimo taglio ai tassi portandoli a zero e sperando che lì si fermi: vedere ancora il tasso di sconto negativo non sarebbe una bella cosa (abbiamo già dato, grazie!)



Ad onor del vero dobbiamo sottolineare che i rendimenti sul franco, partendo dal Saron ad 1 mese e coinvolgendo i governativi fino a 5 anni, sono già negativi; il governativo a 10 anni rende ancora lo 0.28% ma probabilmente non più per molto ancora. Investire nel reddito fisso svizzero è sempre più complesso...

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Due parole due sul conflitto Russia-Ucraina: non vi nascondiamo che la situazione ci preoccupa. Gli eventi possono sfuggire di mano e per quanto si resta impressionati dall'inventiva ucraina (geniale l'attacco con i droni in pieno territorio russo)  temiamo che la risposta di Putin sarà piuttosto pesante. La via diplomatica per risolvere il conflitto è per il momento decisamente sbarrata ed ora che anche Trump si sta defilando le probabilità di arrivare ad una pace duratura in tempi rapidi sono ridotte al lumicino. Speriamo solo di non dover assistere a colpi di testa sia da una parte che dall'altra. Abbiamo già abbastanza problemi da risolvere. Grazie! 

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E' abbastanza probabile che ve ne sarete accorti da soli ma in queste ultime due settimane i mercati azionari dei problemi di convivenza tra Trump e Musk, del conflitto tra Russia ed Ucraina e della questione legata ai dazi se ne sono fatti un baffo e ci ritroviamo con gli indici ad un soffio dai record storici.
Le borse americane sono state sicuramente spinte dai numeri societari del primo trimestre che senza troppo clamore si sono attestati, come confermato da FactSet, al +13% ben al di sopra del 7% stimato all'inizio del trimestre. A trainare gli utili, una volta di più,  sono state le aziende del settore tecnologico che con il loro +28% hanno surclassato il resto dello S&P500 che è salito comunque di un apprezzabile +9%. Da sottolineare il fatto che il 78% delle società ha riportato utili sopra le aspettative e il dato non è passato inosservato.

Purtroppo per il trimestre in corso le aspettative sono per una crescita degli utili più moderata  che si assesta attorno al +4.9%. Se così fosse e tenendo conto di tutto quello che sta succedendo negli USA ed in giro per il mondo una crescita simile non è da disprezzare. Ne riparleremo a luglio. Nel frattempo godiamoci il rimbalzo degli indici azionari.

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Lo S&P500 (+2.02% ytd) è tornato finalmente positivo da inizio anno: non molto, un paio di punti percentuali ma quello che ci piace è il canale ascendente nel quale il movimento rialzista si sta sviluppando. Ovviamente non perdiamo di vista i due gap rialzisti segnalati dai cerchi rossi e che prima o poi dovranno con ogni probabilità venir coperti ma per il momento non intravvediamo segnali tanto negativi da poter presupporre che siamo in prossimità di una forte correzione. E' vero che mercoledì prossimo ci sarà la FED ma oramai diamo per scontato che di ribassi non ne farà e se, per caso, venissimo smentiti ci sarebbe solo da che esser contenti. Per il momento siamo a 6'000 punti: il livello è di quelli psicologici e non sarà facile da superare ma l'abbiamo già fatto tra febbraio e marzo quindi non vediamo perché non ci si possa spingere fin lassù. E' vero che siamo in zona ipercomprato ma lo siamo già da metà maggio e il mercato non sembra farci caso...




E' andato bene anche il Nasdaq (+1.13% ytd) ma avevamo pochi dubbi sul suo percorso: una volta superati i 17'900 punti abbiamo potuto calcolare il target di questo indice per i prossimi mesi ed il spalla-testa-spalla rovesciato ci porta verso i 21'000 punti. Metà del percorso è stato fatto... vediamo mercoledì se Powell ci darà un altro colpo di mano e soprattutto siamo molto curiosi di vedere se e cosa si saranno detti cinesi e americani a proposito del tormentone legato ai dazi.



L'Eurostoxx50 (+10.91% ytd) è da diverse settimane che sta consolidando e si sta spostando lateralmente: ve bene così; l'importante è che non scenda sotto i 5'300 punti e se poi avrà voglia di superare i 5'500 si apriranno altre strade. Anche se dovesse chiudere l'anno con un +10% a noi andrebbe benissimo! A rovinare la festa ci potrebbero essere i dazi e di questo ne siamo più che consapevoli. Se si andrà sotto i 5'300 inizieremo ad alleggerire...



Anche lo SMI (+6.60% ytd) è in fase di consolidamento all'interno di un range costituito dalla media mobile a 50 giorni (linea viola) che fa da supporto e della media mobile dei 100 giorni (linea verde) che fa da resistenza. Sarebbe interessante se la prossima settimana potremmo assistere alla chiusura del gap rialzista segnalato del cerchio arancione ma molto dipenderà dalle decisioni della BNS che si riunirà il prossimo giovedì 19 giugno e da come il mercato avrà scontato la notizia che il Governo Svizzero esige dalle banche di natura sistemica (UBS, PostFinance, ZKB, Raiffeisen e Banque Cantonale Vaudoise) requisiti di capitale più severi. La più colpita da questa iniziativa è ovviamente UBS e per il momento gli investitori l'hanno presa piuttosto bene. Infatti Reuters ha pubblicato la notizia alle 15:01 a mercati ancora aperti e UBS ha chiuso con un rialzo del 3.8% (max di giornata +6%) segno che con ogni probabilità ritengono che le nuove regole siano gestibili: la loro implementazione è prevista per fine 2028 ed il periodo di transizione per portare a termine l'aumento dei requisiti di capitale sarà di 6-8 anni.  Ermotti  ha calcolato che ci vorranno circa 42 miliardi per capitalizzare la sua banca secondo le nuove regole e non ha fatto di certo i salti di gioia, anzi... Vedremo martedì alla riapertura della borsa se gli investitori, dopo tre giorni di riflessione, saranno ancora così accondiscendenti. (Lunedì borsa chiusa per la festività di Pentecoste).

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E' evidente a tutti che il dollaro non sta passando uno dei suoi migliori momenti e malgrado offra un rendimento piuttosto attraente rispetto ai suoi competitors continua ad indebolirsi. Spiegare il perché non è semplice ed entrano in gioco una moltitudine di cause che si intrecciano tra di loro:
  • E' probabile che presto o tardi i tassi in America, malgrado le resistenze della FED, dovranno essere tagliati: ma non perché lo vuole Trump ma perché la situazione macroeconomica lo suggerisce. Comunque sospettiamo che fino a quando il pasticcio dei dazi rimarrà sospeso nell'aria la debolezza andrà avanti.
  • L'Eurozona, il Giappone e qualche mercato emergente stanno mostrano segnali di ripresa: il miglioramento delle prospettive economiche funge da calamita.
  • Gli squilibri fiscali e geopolitici hanno un peso specifico importante: il deficit americano è sempre più importante e spaventa gli investitori. Per il momento la valuta americana è quella universalmente riconosciuta ed è utilizzata per regolare gli scambi commerciali di mezzo mondo ma molti Paesi (soprattutto asiatici) stanno cercando di accumulare riserve valutarie alternative al dollaro americano.

Dopo il ritracciamento del dollaro avviatosi a metà aprile e conclusosi verso metà maggio, la valuta americana ha ripreso ad indebolirsi contro il franco svizzero malgrado un differenziale tra i tassi dei due paesi di quasi 4  punti percentuali! 0.82 sembra essere un supporto che deve essere difeso con i denti ma non sarà facile: tra mercoledì (FED) e giovedì (BNS) le carte potrebbero venir scompaginate anche se temiamo che l'attuale forza del franco svizzero sia difficile da scalfire. 


Malgrado l'ottavo taglio consecutivo ai tassi di interesse effettuato giovedì dalla BCE il dollaro ha continuato ad indebolirsi. Come abbiamo già sottolineato per un po' di ulteriori tagli non ve ne saranno e gli investitori l'hanno già messo in conto. Tecnicamente parlando la resistenza dell'1.15 sembra per il momento difficile da superare ma se la FED dovesse tagliare non escludiamo che si possa anche andare oltre... fino a mercoledì 18 giugno sospendiamo ogni giudizio.


Euro/franco in questo momento ci incuriosisce molto: apparentemente la valuta europea, dopo un periodo di consolidamento duranto un paio di mesi (vedi triangolo verde) sembra voler imboccare la strada del rialzo. Proprio in questi giorni potrebbe aver forato al rialzo il triangolo (vedi freccia) e se il movimento verrà confermato nei prossimi giorni non escludiamo che stia puntando ai 95 centesimi. La prossima settimana potremo essere più precisi.


L'uscita dal canale ascendente che ha portato il bitcoin dai 75'000$ di metà aprile agli attuali 105'000 è evidente (cerchietto rosso): nei tre giorni successivi abbiamo assistito ad un classico pullback che ha riportato il bitcoin verso il punto di uscita e che ci indurrebbe a rientrare. Lo si può fare solo se nei prossimi giorni rientra nel canale ascendente. Non è da escludere che se non rientra riprenderà ad indebolirsi.

Buona domenica!