domenica 15 giugno 2025

Bombe sull'Iran

Tempo di annoiarci proprio non ne abbiamo anche se la settimana è stata avara di eventi fatto salvo i dati sull’inflazione americana che, come vedremo,  per il momento non sembra subire le bizze dei dazi imposti da Trump. Meglio così! 
Purtroppo quello che ancora non sappiamo è la piega che prenderanno gli scontri bellici mediorientali che da giovedì notte si sono arricchiti di un nuovo capitolo  e che vede gli Israeliani bombardare senza troppi complimenti i siti nucleari Iraniani che disporrebbero di parecchio  materiale debitamente arricchito per ottenere non uno ma diversi ordigni nucleari che evidentemente turbano e tolgono il sonno a Netanyahu e, se vi dobbiamo dire tutta la verità, non lasciano nemmeno noi assolutamente tranquilli. 

Ergo, con la solita efficienza ed apparentemente senza neppur aver perso troppo tempo ad avvisare i cugini americani, gli israeliani hanno iniziato un'operazione di distruzione sistematica su territorio iraniano di tutto quello che con il nucleare ha o potrebbe avere a che fare e già che ci sono ne hanno pure approfittato per eliminare fisicamente alcune figure di alto rango dell'esercito iraniano e alcuni tra i più importanti scienziati che si occupavano del programma nucleare. Il conflitto è tutt'ora in corso e siamo certi che lo state seguendo pressoché in diretta, quindi non ci dilunghiamo...

Quello che a noi qui interessa è iniziare ad evidenziare quelle che sono le prime conseguenze a livello finanziario dell'operazione denominata "rising lion": dollaro in cantina (veramente strano…), rafforzamento dei rendimenti dei Treasury  (altra cosa bizzarra...), oro in deciso rialzo, petrolio alle stelle, mercati azionari decisamente mosci e, last but not least, passeremo un week end poco simpatico meditando sulla riapertura dei mercati di lunedì che non sarà di certo al fulmicotone.

Ogni volta che si apre un nuovo fronte di guerra nella zona medio orientale non si riesce mai bene a capire dove si potrebbe andare a parare, ma questa volta lo scenario è piuttosto chiaro come testimoniato dal grafico che abbiamo preso in prestito dalla rivista Limes: 



Dal canale di Hormuz, controllato dagli Iraniani, passano circa il 30% di tutte le petroliere mondiali ed una sua eventuale chiusura potrebbe spingere il prezzo del petrolio verso i 120$ al barile soprattutto se gli Americani non dovessero intervenire militarmente e forzarne la riapertura:



Per il momento, malgrado un rialzo di oltre il 20% del costo del petrolio, l'incidenza sull'inflazione dovrebbe essere minima, ma se il conflitto si farà più lungo del previsto (diciamo oltre le due settimane...) ed il canale di Hormuz sarà effettivamente chiuso, allora qualche preoccupazione inizieremo a avercela. 
In questo momento stiamo pensando a Powell e, considerato che mercoledì prossimo dovrà prendere una decisione a proposito di un possibile taglio ai tassi americani, quanto sta accadendo in Medio Oriente è di certo una variabile supplementare che dovrà essere presa in debita considerazione e non gioca di certo a favore di una manovra riduttiva.

Quando la tensione internazionale sale il VIX è il primo a reagire:


ad inizio settimana si trovava in una comoda e tranquilla posizione sotto il 20 ma giovedì notte ha invertito la sua direzione ed ha chiuso sopra il 20. Nulla di drammatico ma è ovvio che si sta agitando. Probabilmente sarà destinato ad andare a 30 e magari anche oltre. Non bello ma ci permetterà di sfruttare la volatilità per emettere qualche strutturato che ci offrirà delle cedole interessanti con un rischio piuttosto contenuto...


L'oro sta assolvendo il suo ruolo di bene rifugio ed ha rotto il triangolo di consolidamento color rosso al rialzo: l'analisi tecnica ci suggerisce che potrebbe anche salire fino a 3'800$ l'oncia... non siamo in grado di garantirlo ma se le tensioni continueranno è probabile che salirà ancora;  magari non arriverà a 3800 ma ci potrebbe andare vicino. Per noi l'oro è ancora da tenere ben stretto.



La prima anomalia che vi vogliamo segnalare è quella che concerne il comportamento dei Treasury americani: di norma, quando gli investitori cercano sicurezza, i titoli del tesoro americani sono i primi ad essere ricercati ed il loro massiccio acquisto genera una riduzione dei rendimenti. Ultimamente è vero il contrario e a fronte di un evento che origina ansia negli investitori si procede a venderli con la conseguenza di farne salire i rendimenti (ovale rosso). 

E' probabile che stiamo assistendo ad un cambiamento nei comportamenti storici del mercato dove le crisi generavano soprattutto paure deflazionistiche (vedi la crisi finanziaria del 2008 o quella del Covid 2020) e quindi in automatico si rispondeva alla crisi acquistando Treasury americani che sembravano la risposta perfetta a queste paure. Oggi sappiamo che l'inflazione, dopo quasi quarant'anni di letargo, si è risvegliata e spesso una crisi - generata da guerre o scelte politiche discutibili - si porta appresso anche un aumento dell'inflazione che rende l'acquisto di Treasury, soprattutto a lungo termine, sconsigliati.



Se i Treasury in tempi di crisi non sono più ricercati come una volta, anche la moneta che li rappresenta viene venduta: fino a poco tempo fa era impensabile che, confrontati con eventi destabilizzanti, non si corresse a comprare dollari. Oggi ad esser gettonato è l'euro che in un attimo si è trovato a superare 1.15 contro dollaro (freccia rossa)  aprendo una strada che potrebbe anche portarlo in zona 1.17 prima di trovare una piccola resistenza.


Ovviamente in tempi di crisi chi si esprime al meglio è il franco svizzero (per i nostri esportatori son dolori...) che contro dollaro pare abbia fretta di andare a testare il minimo storico di 0.7894 segnato nell'agosto del 2011. Francamente non lo vogliamo vedere scendere fin laggiù e una mano potrebbe darcela la BNS il prossimo giovedì: vi sono banche che si aspettano un taglio secco di mezzo punto al posto del tradizionale 0.25%. UBS è una di loro e siamo certi che non farà i salti di gioia nel rivedere il tasso di sconto andare in negativo! Se poi un taglio così netto contribuirà ad indebolire un po' la nostra valuta lo sapremo solo da giovedì prossimo in poi. Considerato il contesto geo-politico qualche dubbio l'abbiamo.


Eravamo convinti che il presunto, ma non ancora certo, mezzo punto di taglio ai tassi svizzeri avrebbe aiutato l'euro a rafforzarsi un pochino. L'uscita dal triangolo di consolidamento verso l'alto ce lo faceva pensare ma gli eventi internazionali hanno avuto la meglio:  per il momento Netanyahu batte BNS 1 a 0 palla al centro.

Già che stiamo parlando di monete a questo punto vale la pena gettare un'occhiata al grafico del bitcoin:


...quello che temevamo è diventato realtà: il pullback si è materializzato e per il momento non sappiamo bene dove il bitcoin protrebbe andare. Quello che è certo è che questa crypto non funge da asset protection ed in caso di crisi, pure lei ci va. Se credi che andrà a 200k te la tieni ma se la compri perché speri che sia decorrelata dagli assets portatori di rischio, lascia perdere.

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Quando nei giorni scorsi stavamo riflettendo su cosa scrivere in questo numero di Appunti Finanziari, gli argomenti scarseggiavano. In effetti non era successo granché e avevamo puntato i fari soprattutto su quanto discusso tra americani e cinesi a Londra in merito ai dazi e sull'importante e atteso dato dell’inflazione americana.

Sui dazi a dir la verità non ci aspettavamo più di tanto:  una seria discussione in merito ad un argomento così complesso non la si liquida in due giorni; infatti il comunicato al termine dell'incontro è stato piuttosto stringato. Sappiamo che "attorno all'osso dei dazi è stata aggiunta un po' di carne" e i colloqui, per quanto "franchi e produttivi",  non sono sfociati nella firma di un accordo che verosimilmente verrà siglato agli inizi del mese di agosto (l'8 probabilmente). 

Per il momento gli USA impongono una tariffa cumulativa del 55% sulle importazioni cinesi mentre la Cina risponde con una tariffa del 10% su quelle americane. 

La Cina si impegna a rimuovere le restrizioni (per 6 mesi?)  sulle esportazioni di terre rare e magneti senza i quali la tecnologia civile e militare arrancano. Non sono comunque previsti scambi tra esportazioni di chip avanzati (gli USA mantengono le restrizioni) e le terre rare. 

Auguriamo invece agli studenti cinesi buono studio considerato il fatto che verrà ripristinato l'accesso agli atenei americani. 

Fine del comunicato. Reazioni dei mercati: quasi nulla.

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Dal CPI americano, pubblicato lo scorso mercoledì,  riceviamo la conferma che l'inflazione è ancora sotto controllo malgrado l'incombente minaccia dei dazi:

  • CPI yoy maggio          : 2.4% (atteso: 2.4%; precedente: 2.3%)
  • Core CPI yoy maggio: 2.8% (atteso: 2.9%; precedente: 2.8%)
in effetti registriamo solo un timido aumento dello 0.1% a maggio per quanto riguarda l'inflazione generale mentre il dato core, quello che non contempla i volatili costi dell'energia e del cibo,  è rimasto pressoché invariato e leggermente sotto le aspettative.
  • Prezzi alla produzione yoy maggio: 2.6% (precedente: 2.5%)
Insomma, anche produrre costa una virgola in più, ma nulla di trascendentale. Se ne conclude che, se Powell è spaventato dai rigurgiti inflazionistici, per il momento può stare tranquillo e mercoledì potrebbe anche provare a concedere un piccolo taglio ai tassi. Vediamo cosa succederà nei prossimi giorni in Medio Oriente... In ogni caso, non perdetevi lo speech di Jerome, mercoledì prossimo alle 20:30.

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Ce la stava mettendo tutto lo S&P500 (+1.62% ytd) per raggiungere il suo massimo storico. Ora dovremo fare i conti con gli eventi medio orientali e la risposta dell'Iran che minaccia di ripagare con la stessa moneta gli attacchi degli ultimi 2 giorni. Non crediamo che possa farcela anche se dicono che "sono pronti ad usare 2000 missili". Tecnicamente parlando l'indice si trova ancora all'interno del canale ascendente e non ci sono per il momento motivi per vendere.



L'appuntamento del Nasdaq (+0.50% ytd)  con i 20'000 punti è solo rimandato... peccato perché le possibilità di andare oltre c'erano. Forse una piccola correzione, tanto staccarsi dall'ipercomprato, può essere utile perché, come dicono i francesi, "il faut reculer pour mieux sauter"! Lunedì capiremo meglio quali saranno le conseguenze dell'attacco israeliano. Per il momento siamo in pre-allarme.


Il -1.44% di venerdì sullo SMI (+4.76% ytd), peggior borsa europea, non ci è piaciuto: il nostro dovrebbe essere il mercato difensivo per eccellenza e l'assalto al franco svizzero avrebbe potuto e dovuto portare acqua al nostro mulino. Non è stato così! Oltre a non esser riusciti a superare i 12'400 ci stiamo dirigendo molto in fretta verso i 12'000 punti sperando di trovare un supporto degno di questo nome. L'incontro con la media mobile dei 50 giorni (linea viola) potrebbe attutirne la discesa.

Giovedì prossimo 19 giugno la BNS ci farà sapere di quanto vorrà tagliare i tassi: francamente se il taglio fosse effettivamente dello 0.50% non sappiamo bene quale reazione aspettarci: un taglio simile potrebbe anche venire mal accolto dal mercato in quanto a) significa che vedono la situazione macro economica deteriorarsi seriamente b) il franco troppo forte inizia a fare veramente paura c) si ritorna a fare i conti con i tassi negativi... come già sottolineato la scorsa volta: no grazie, abbiamo già dato!



Lo stesso discorso è valido per l'Eurostoxx50 (+8.06% ytd) : purtroppo il supporto a 5'300 punti (rafforzato pure dall'incontro con la media mobile dei 100 giorni (linea verde)) è stato forato ed ora possiamo solo sperare che la media mobile dei 50 giorni (linea viola) funga da supporto. Dita incrociate!

Buona domenica!


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