domenica 29 giugno 2025

Nuovi massimi!

                                  The Economist on-line edition
 
A quanto pare tutto o quasi sta girando per il meglio a Donald Trump! Ha la NATO ai suoi  piedi (vogliamo parlare di Rutte? Anche no, grazie!); i dazi sembrano cosa fatta ed almeno un 10% secco per tutti lo porterà di sicuro a casa (ma sarà sufficiente?) ; l'Iran ha testato a sue spese quanto chirurgici possono essere i bombardieri B2-Spirit che hanno messo fuori uso le centrifughe per l'arricchimento dell'uranio (ma quello già arricchito che fine ha fatto?) ; la Corte Suprema americana  ha dato un parziale via libera all'ordine esecutivo 14160, firmato il 20 gennaio 2025, che intende revocare lo ius soli alla nascita per figli di cittadini non autorizzati o temporanei (rafforzando in tal modo il potere presidenziale) e per finire, ma la lista è tutt'altro che esaustiva, sembra che già ci sia il successore di Powell alla testa della FED, successione che è prevista per maggio 2026 (si parla con insistenza di Kevin Warsh, da Trump considerato "molto stimato").

Della successione di Powell, considerate le ripercussioni sul dollaro, vorremmo spendere due parole in più. Come abbiamo spesso sottolineato, l'indipendenza di una Banca Centrale, dovrebbe essere difesa con i denti e se non basta anche con i B2 in quanto è vitale per la credibilità di ogni sistema finanziario. Il solo sospetto che essa non sia completamente indipendente o che è costantemente sotto attacco può creare notevoli sconquassi. Purtroppo è quello che sta succedendo alla FED. Sappiamo che Trump, pur avendolo nominato presidente della FED nel 2017,  oggi vede Powell come fumo negli occhi e non perde occasione per farci sapere quanto Jerom sia al posto sbagliato. Di solito le nomine del successore dell'attuale capo della FED vengono rese note qualche mese prima della fine del mandato ma svelarlo entro settembre/ottobre 2025, come sembra voglia fare Trump, è decisamente troppo presto e viene interpretato come un maldestro tentativo di mettere da parte anticipatamente Powell. Al mercato questo non è piaciuto e al dollaro men che meno:


Infatti da quando si è iniziato a parlare di chi potrebbe essere il potenziale sostituto di Powell,  la moneta americana ha perso ulteriore smalto e l'euro, rotti gli indugi a 1.15, si è issato in pochi giorni fino a 1.17. Un po' di analisi tecnica spicciola (prendetela con le pinze) individua la prossima resistenza seria a 1.19. Insomma, in sei mesi il dollaro ha perso contro la valuta europea il 13.19% che, se ci pensate bene, fa il 26% annualizzato. E' una performance che possiamo accettare dalla valuta di un paese in via di sviluppo ma non da quella della prima economia al mondo!  Era quello che voleva Trump, un dollaro più debole, e l'ha ottenuto fin troppo velocemente... qualche ripercussione negativa ci sarà di certo e presto lo scopriremo.

A dir tutta la verità anche Powell ci ha messo del suo gettando un po' di benzina sul fuoco:  durante la semestrale relazione al Congresso si è lasciato sfuggire che "se le pressioni inflazionistiche dovessero rimanere contenute, arriveremo ad un punto in cui taglieremo i tassi prima piuttosto che dopo, ma non indicherei una riunione in particolare" E' evidente che non solo Powell ma diversi altri governatori, prima di prendere una decisione su un eventuale taglio, vogliono capire cosa succederà il 9 di luglio quando, almeno sulla carta, scade la sospensione di 90 giorni dei dazi annunciati da Trump. Ci aspettiamo una seconda proroga che probabilmente farà slittare i dazi per dopo l'estate. Considerato che la maggior parte dei Governatori della FED ritengono che l'introduzione di gabelle varie saranno foriere di un aumento dell'inflazione ci sentiamo autorizzati a pensare che a luglio non ci sarà un taglio anche se l'inflazione del mese di giugno (verrà pubblicata il 15 di luglio, attesa al 2.4%) sarà stabile. 

Per la cronaca questo venerdì è stato pubblicato il PCE per il mese di maggio; come oramai sappiamo questo è l'indicatore d'inflazione preferito dalla FED:


Era previsto al 2.6% è uscito un 2.7% leggermente più alto ma tutto sommato ci dice che per il momento particolari pressioni sui prezzi non se ne vedono. Chissà se Powell e compagni ne terranno conto e magari a luglio, sorprendendo tutti, decideranno di tagliare? Le scommesse sono aperte!


Già che abbiamo menzionato euro/dollaro vediamo come vanno le cose contro franco svizzero: inutile dire che anche contro la nostra valuta, malgrado i tassi a zero e a breve fors'anche negativi, il franco è più forte che mai. La valuta americana non è stata in grado di reggere il supporto a 0.8050 ed ora ha pure sfondato gli 80 centesimi. Francamente, non sappiamo dove potrebbe andare a parare: bisogna tornare al 15 gennaio 2015, quando per un istante il franco svizzero è stato quotato a circa 0,75 centesimi di dollaro, ma si trattava della reazione (isterica) alla decisione della BNS di abbandonare la difesa della soglia di cambio euro/franco a 1,20. Poi si è subito ripreso.
 Oggi invece siamo confrontati con una debolezza strutturale del dollaro che non ci lascia ben sperare. E' vero che, dopo un simile indebolimento, interviene sempre una fase di recupero ma questa volta non ne siamo del tutto certi. 


I due tagli ai tassi, che il mercato si aspetta da oggi alla fine dell'anno, evidentemente non aiutano il rafforzamento della valuta americana.

***

La scorsa settimana abbiamo evidenziato come i mercati azionari (soprattutto americani) stavano flirtando con i massimi storici e questa settimana hanno fatto ancora di meglio superandoli! Per quello che riguarda lo S&P500 dalla data del Liberation Day (2 aprile 2025) il recupero, dopo la violenta presa di profitto (-16%) è stato del 24% ed oggi siamo a +5% da inizio anno. Il domandone ora è sempre lo stesso: a questi livelli siamo arrivati ed è ragionevole portare a casa una parte degli utili, oppure il nuovo record apre la strada per successivi rialzi come abbiamo visto fare per tutto il 2024? Dipende! Da cosa? Ovviamente da come siete abituati ad approcciare i mercati.

Se seguite il metodo dei fondamentalisti, allora dovete sapere quanto segue:



S&P500 (+4.96% ytd)  e Nasdaq (+4.99% ytd) son tornati ad essere mercati "cari": il P/E di entrambi dal 2 aprile, quando erano rispettivamente scesi a 20 e 26, sono risaliti ai 24 e ai 33 di oggi. Sono stati bravi coloro che hanno voluto approfittare della forte correzione per accumulare posizioni; oggi probabilmente non sono più incentivati ad un rientro almeno fino a quando la politica dei dazi sarà chiara e uno o due tagli ai tassi si saranno materializzati. 

Altro fattore fondamentale da tenere presente sono gli utili societari che inizieranno ad essere pubblicati dopo il 10 di luglio. Le aspettative, soprattutto se paragonate alla media quinquennale del + 12.9%,  non sono esagerate e si assestano attorno ad un modesto +5%. E' un valore che non dovrebbe essere così difficile da raggiungere. Le sorprese potrebbero essere parecchie.

Altra storia per quel che riguarda i mercati europei: i P/E sono ancora decenti e parecchi sono ancora sotto la media decennale. Abbiamo pochi titoli tecnologici ma comunque sia non si vive solo di innovazione: pensiamo anche ai dividenti e da questo punto di vista la vecchia Europa è imbattibile! 

Ma vediamo cosa ci dice l'analisi tecnica:



  E' chiarissimo il recupero a V messo a segno dal principale indice americano, un segnale che indica un ritorno della fiducia degli investitori. Infatti il trend dello S&P500 si trova all'interno di un canale ascendente piuttosto convincente e abbiamo fatto bene a non vendere la scorsa settimana quando eravamo adagiati sul supporto (con l'aria che tira la tentazione era forte).
Significativo il fatto che il nuovo record storico sia stato conseguito con notevoli volumi a significare che la partecipazione degli investitori è stata massiccia e l'entusiasmo potrebbe continuare. Siamo in zona di ipercomprato ma se la fiducia è tanta ci può restare anche per diversi mesi, soprattutto se gli utili saranno ben al di sopra delle aspettative. Restiamo comunque con i piedi per terra: il peggio potrebbe essere alle nostre spalle ma se arriva un segnale tecnico che ci dice che dobbiamo scappare a gambe levate non ce lo faremo ripetere due volte.

Come detto i volumi sono in netto aumento e c'è un settore che ha favorito indiscutibilmente questo recupero:


 Quello dell'Information Technology  l'ha fatta da padrone ed in seconda posizione troviamo una sua costola, quei Communication Services che oramai stanno prendendo sempre più piede. 


Se c'era ancora qualche dubbio che la tecnologia è ciò che in questo momento hanno a cuore gli investitori, basta gettare un'occhiata al grafico del Nasdaq: in primo luogo guardate i volumi! Eccezionali, persino più alti di quelli dello scorso venerdì che, se ben ricordate, era la giornata delle 3 streghe. Non è facile trovare volumi simili ed è certo che contribuiscono a dare un significato particolare al nuovo record storico. Siamo persino rientrati nel canale ascendente avviatosi nel lontano 2022 e pensiamo che i 21'000 punti, target che avevamo segnalato agli inizi di maggio, sono a portata di mano: mancano 3 punti e mezzo...


Per contro la settimana dell'Eurostoxx50 (+8.78% ytd) è stata decisamente meno esuberante di quella dei cugini americani ma la mancanza del settore tecnologico si è fatta sentire. Stiamo comunque cercando di superare e di rimanere sopra i 5300 punti;  il golden cross della media mobile a 50 giorni con quella dei 100 (cerchio verde) ci lascia ben sperare. I volumi non sono eccezionali e anche l'RSI è in posizione neutra. Diciamo che in queste condizioni non ci aspettiamo correzioni selvagge e inaspettate. Spazio per rientrare ce n'è ancora e pure noi lo sfrutteremo nelle prossime settimane. Magari dopo il 9 luglio...




Siamo invece abbastanza delusi dall'andamento della nostra borsa. Lo SMI (+3.27% ytd)  non brilla e il comportamento di Nestlé di questa settimana non aiuta. Abbiamo aggiunto un misero punto percentuale alla performance da inizio anno e facciamo fatica a staccarci dall'ipervenduto. Che non ci sia per il momento troppo interesse per la borsa svizzera è testimoniato anche dai volumi che sono stati in calo praticamente per tutta la settimana. Difficile dire cosa potrebbe far ritornare in auge lo SMI: con i tassi a zero e i rendimenti pure,  per chi ha franchi da investire non vi sono alternative valide alla borsa ma nessuno sembra accorgersene. Insomma non sappiamo veramente più che pesci pigliare.


Buona domenica!

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