domenica 10 agosto 2025

Dazi: riordiniamo le idee

 Vorremmo parlare d'altro ma la settimana è stata particolarmente avara di dati macroeconomici e finanziari quindi, gioco forza, tutta l'attenzione della comunità finanziaria internazionale è stata catturata dall'effettiva introduzione il 7 di agosto dei dazi americani che, secondo le intenzioni di Donal Trump, metteranno fine alle ruberie dei Paesi che esportano verso gli USA.




Il panorama dei dazi è assai variegato come ha ben evidenziato l'infografica del Corriere della Sera di un paio di giorni fa: si parte da un minimo del 10% (per tutti), al 15% dell'Europa fino all'esorbitante 39% della Svizzera e a qualcuno è pure andato peggio!  Sul dazio svizzero torneremo a spendere qualche parola fra poco. 

Prima, scopiazzando lo stile giornalistico di Marzullo — quello che, mentre ti intervista, all’improvviso ti butta lì un “fatti una domanda e datti una risposta!” — vorremmo riordinare un po’ le idee attorno al tema dei dazi. Procediamo quindi con le nostre domande seguite dalle nostre risposte:

  • A cosa servono i dazi imposti da Trump? E' convinzione dell'Amministrazione Trump che i dazi imposti da Donald servono a compensare le minori entrate fiscali — a seguito dei tagli alle imposte societarie — e a diminuire l'indebitamento dello Stato che come sappiamo è fortemente fuori controllo. Facciamo due calcoli.  Il taglio alle tasse creerà ogni anno, nella migliore delle ipotesi, un ammanco di almeno 380 miliardi di dollari alle casse dello Stato. L'amministrazione Trump è convinta di raccogliere 600 miliardi annui attraverso l'imposizione dei dazi ma secondo la Tax foundation (un think tank indipendente e apartitico fondato nel 1937 che ha l'obiettivo di analizzare le politiche fiscali degli Stati Uniti e fornire dati, studi e raccomandazioni su tasse federali, statali e locali) un importo più realistico può essere calcolato in 340 miliardi. Infatti l'amministrazione Trump non sembra tenere presente che i volumi delle importazioni caleranno (come stanno già facendo...), molti importatori ridurranno gli ordini e bisognerà presupporre che le catene di fornitura potrebbero radicalmente cambiare onde evitare l'imposizione dei dazi (per la serie: fatta la legge trovato l'inganno) . Non da ultimo è probabile che vi sarà un rallentamento della crescita economica che ridurrà l'imponibile doganale complessivo.  Pensiamo che ci siamo capiti. In buona sostanza se tutto andrà veramente per il verso giusto (secondo la visione trumpiana) i dazi serviranno giusto a pareggiare i minori gettiti fiscali ma non a ridurre i debiti dello Stato.
  • Quanto tempo ci vorrà per le Nazioni più colpite dai dazi per trovare altri sbocchi alle loro esportazioni? Storicamente si parla di un intervallo che va da pochi mesi a diversi anni: mediamente da 1 a 3 anni prima di ritrovare un equilibrio significativo. Non è una strada che si può facilmente percorrere ed è praticamente certo che, per i diplomatici di almeno una novantina di Paesi,  il lavoro per convincere Trump a ridurre le sue pretese prossimamente non mancherà. Ma sarà dura. L'abbiamo detto più volte: Trump ha bisogno di denaro e pure molto.
  • Per evitare i dazi Trump insiste che i produttori devono investire maggiormente sul territorio americano. Quanto tempo ci vuole per avviare una fabbrica negli USA? Abbiamo posto la domanda a ChatGPT (versione 5!) ed ecco la risposta: mediamente dai 2 ai 5 anni. Se stiamo parlando di produzione industriale standard (2-3 anni) se la produzione è high-tech (3-5 anni) e per progetti molto complessi anche più di 5 anni. Insomma, andare a produrre direttamente su suolo Americano non è una passeggiata e richiede un sacco di tempo. Non sappiamo quanti imprenditori hanno voglia di assumersi un tale rischio.
  • Ma torniamo alla realtà odierna: ci siamo chiesti chi saranno coloro che dovranno pagare questi dazi o per dirla meglio chi saranno le vittime finali di questa imposizione fiscale? Anche in questo caso la risposta di chatGPT è impeccabile e ve la proponiamo integralmente (grazie per la pazienza...):
"Se restiamo alla realtà economica odierna, la risposta — confermata sia dalla teoria economica che dai dati degli ultimi cicli di dazi USA — è che le vittime finali sono soprattutto i consumatori e le imprese a valle, non tanto i produttori stranieri a cui formalmente il dazio è applicato.


Come funziona davvero il “peso” dei dazi

  1. Il dazio è riscosso all’importazione, quindi lo paga l’importatore statunitense al momento dello sdoganamento.

  2. L’importatore ribalta il costo (parzialmente o totalmente) sui prezzi di vendita interni.

  3. Il consumatore americano paga il prezzo più alto sul prodotto importato — o, se sceglie un sostituto domestico, paga comunque un prezzo più alto perché anche il produttore USA alza i prezzi (effetto di protezione).

  4. Le imprese a valle (che usano beni importati come input, ad esempio componenti elettronici o acciaio) vedono crescere i costi di produzione e li traslano a loro volta sui clienti finali.


Dati empirici recenti

  • Ciclo di dazi 2018–2019 (Trump I)
    Uno studio di Federal Reserve Bank of New York, Princeton e Columbia stimava che quasi il 100% del costo dei dazi è stato trasferito a importatori e consumatori USA sotto forma di prezzi più alti.

  • Effetto moltiplicativo
    Non solo i beni importati diventano più cari, ma anche quelli domestici concorrenti aumentano di prezzo per approfittare della ridotta concorrenza estera.

📌 In sintesi:
Formalmente il dazio colpisce l’esportatore straniero, ma nella realtà il costo si scarica quasi interamente sull’economia interna USA: consumatori, imprese importatrici e produttori a valle. È una tassa indiretta e regressiva che pesa di più su chi ha meno margine di reddito."


Come pensavamo è storicamente dimostrato che i dazi gravano principalmente sui consumatori finali; non vediamo, salvo prova contraria, perché questa nuova tornata di dazi dovrebbe seguire una logica diversa. Qualcuno dovrebbe avvisare gli Americani...

  • Ma torniamo alle nostre domande e risposte: quali potrebbero essere gli effetti economici (ma non solo) per il paese che promuove l'introduzione dei dazi? La risposta in questo caso è piuttosto semplice: l’imposizione di dazi può offrire benefici immediati a certe industrie domestiche, ma rischia di degradare la crescita economica, aumentare l’inflazione, danneggiare i consumatori e minare le relazioni diplomatico-commerciali nel lungo periodo. In effetti fra qualche settimana (di norma una decina) potremmo probabilmente toccare con mano se l'introduzione dei dazi avrà un'incidenza negativa sull'inflazione americana. A tal proposito martedì 12 agosto assisteremo alla pubblicazione del CPI americano atteso al 2.8% (precedente:2.7%) e al core CPI atteso al 3.1% (precedente: 2.9%). Insomma le aspettative, ancora prima che i dazi abbiamo effettivamente avuto il tempo di fare il loro lavoro, sono per un rialzo del rincaro. Speriamo che si fermi lì, ma abbiamo qualche ragionevole dubbio...
  • Per finire ci siamo chiesti come potrebbero reagire i mercati finanziari soprattutto quelli americani. La tabella qui sotto riporta gli effetti a breve e a lungo termine:



***


La satira si è scatenata...

Ahinoi, non abbiamo ancora finito di parlare di dazi. Non vi sarà sfuggito che quelli applicati alla Svizzera, da un iniziale 31% che era già di per sé una stangata, il 7 di agosto sono lievitati al 39%! Se pensiamo che la Svizzera dal primo gennaio 2024 ha già abolito i dazi industriali questo accanimento nei nostri confronti non è facile da giustificare se non facendo riferimento al saldo di 41 miliardi a nostro favore che si ottiene sottraendo le nostre esportazioni verso gli USA a quelle degli USA verso il nostro paese. Insomma siamo uno sputo di Nazione (9 mio di abitanti) ma Trump è convinto che astutamente gli stiamo rubando annualmente una bella sommetta di denaro. 

Formula alla mano, ecco come si arriva secondo il metodo americano all'imposizione del 31%:


Deficit commerciale (38,5 mld USD)Export svizzeri negli USA (63,4 mld USD)61%




P
er “non apparire eccessivamente punitivi”, gli americani hanno deciso di applicare un moltiplicatore dello 0.5 e si arriva ad un più decente 31%. 

Per capire come poi si è passati dal 31% al 39% avremmo voluto assistere alla telefonata tra l'attuale Presidente della Svizzera (Karin Keller-Sutter) e lo stesso Trump che evidentemente quel giorno aveva ben altro per la testa (pare che fosse tormentato dal non aver imbucato un put da 30cm alla buca 17 che gli ha fatto perdere il match domenicale sul campo di Mar a Lago). 
Dalle parole con le quali Donald si è espresso in merito alla telefonata di Keller-Sutter possiamo dedurre quanto segue: il colloquio lo ha subito infastidito. Il Presidente della Svizzera, che non conosce, è, sorpresa!, una donna. Sarà anche gentile ma l'ha trovata pedante.  Infatti Karin ha tentato con metodo e razionalità di spiegare al Presidente USA  il perché del deficit di 41 miliardi di $ ma non è riuscita a catturare l'attenzione di Donald in quanto  a) "non mi lasciava parlare" e b) "manco mi ascoltava". Accidenti! Non si può non ascoltare uno che ha un ego formato famiglia come quello di Trump. Infatti la telefonata, che doveva convincere Trump a ridurre per lo meno al 15% i nostri dazi, è terminata con un aumento di 8 punti percentuali della gabella applicata alla Svizzera. Punto.

Ovviamente non vogliamo essere nei panni di Keller-Sutter in questo momento e probabilmente non le si possono attribuire tutte le colpe per questo trattamento fortemente ingiusto nei nostri confronti ma insomma, prima di comporre il numero della Casa Bianca,  dovresti sapere che ti risponde uno che con la logica e la razionalità, marchio di fabbrica del nostro Paese,  ha ben poco a che fare! Infatti Trump si è subito annoiato,  ha arbitrariamente aggiunto un 8% ai dazi svizzeri e poi ha riattaccato il telefono. 

E' stato subito chiarissimo che "Bern, we have a problem" e quindi, in fretta e furia, è stato organizzato un viaggio riparatore in quel di Washington dove Keller-Sutter e di Parmelin (il nostro ministro delle finanze) non sono stati ricevuti da nessuno fatta eccezione per il segretario di Stato Marco Rubio... Peccato che non avesse nessuna delega per trattare con la Svizzera il capitolo dazi. Imbarazzante!

Ora i colloqui con gli americani sembrano che stiano procedendo ma allo stato attuale nessuno sa in quale direzione e se stanno producendo gli effetti sperati. Siamo al buio e per un po', temiamo, ci resteremo. Siamo quindi spiacenti di non riuscire a rispondere alle vostre domande su come prossimamente andranno le cose nel nostro Paese ma nessuno lo sa!

***

Piuttosto vediamo come i mercati hanno reagito negli ultimi 5 giorni, questo sì, lo sappiamo:


Per l'ennesima volta in America sono ancora i Magnifici 7 a tirare il carro. L'intelligenza artificiale fa miracoli e i CEO dei Mag 7 lo sanno e stanno investendo nell'AI l'inverosimile. Peccato che il resto del mercato non stia andando altrettanto bene e quindi ci ritroviamo tra le mani uno S&P500 piuttosto sbilanciato. Non dimentichiamocelo!


Lo S&P500 (+8.63% ytd) non è stato da record storico ma ci sta andando vicino. Occhio ai numeri dell'inflazione di martedì  prossimo che potrebbero fare da catalizzatore. Un numero inferiore alle aspettative potrebbe portare al 100% la probabilità di vedere un taglio ai tassi il 17 settembre. Attualmente tale probabilità si situa al 92%. 
Poi vedremo se il 15 di agosto Russi e Americani si incontreranno sul serio in Alaska e questo di per sé sarebbe già un piccolo miracolo. Poi vedremo se troveranno la quadra per far finire il conflitto tra russi ed ucraini... sappiamo tutti che Trump è ossessionato dal Premio Nobel per la Pace! 

Tecnicamente l'indice ha ripreso la salita dopo una pausa di consolidamento a dir la verità troppo breve per i nostri gusti; sarebbe stato melgio che per i prossimi 2 mesi lo spostamento fosse laterale. I volumi sono inaspettatamente  buoni per essere agosto: evidentemente i traders (soprattutto i piccoli) si stanno divertendo sotto l'ombrellone. Non sottovalutiamo la forza di questo esercito di investitori...


Chi invece un nuovo record storico l'ha messo a punto è stato il Nasdaq (+11.08% ytd) che sta approfittando del momento di grazia dei M7: i volumi sono interessanti e i 21'000 punti sono stati superati di slancio. Dove andrà a finire? Questo l'analisi tecnica per il momento non è proprio in grado di dircelo. Quello che è certo è che il trend è al rialzo e noi lo lasciamo correre.


Bene anche l'Eurostoxx50 (+9.23% ytd) che sembra per lo meno voler rientrare nel canale di consolidamento che troviamo tra i 5'300 e i 5'470 punti. Saremmo sorpresi se trovasse la forza di andare oltre la resistenza dei 5470. Per il momento sarebbe già bello se si trovasse il modo di digerire in fretta i dazi al 15% che non sono poca roba ma a detta di molti imprenditori sono ancora gestibili.


A ben pensarci, considerando tutto quello che ci sta accadendo, lo SMI  (+2.29% ytd) non dovrebbe essere a questi livelli ma ben più in basso a dimostrazione del fatto che gli investitori in azioni sono degli inguaribili ottimisti! 
Non è comunque facile essere positivi considerate le circostanze: i dazi non sappiamo se e quando verranno ridotti (magari anche mai!) , le aziende farmaceutiche hanno una spada di Damocle sulla testa che non sanno ancora bene come eventualmente schivare e per tutte le altre è arrivata l'ora di trovare nuovi sbocchi per i nostri prodotti. Come abbiamo visto più facile a dirsi che a farsi. Speriamo che la prossima settimana qualcuno del nostro governo ci dica come intendono uscire da questa fase di crisi  Noi siamo tutt’orecchi!

***




Il dollaro americano per il momento sembra volersi apprezzare malgrado la possibilità di assistere ad un taglio ai tassi per il 17 di settembre. Evidentemente, la riduzione importante delle importazioni ha fatto sì che si vendessero meno dollari del consueto. 
Contro chf ci sembra di aver visto una bandiera di consolidamento (in blu nel grafico) e non è escluso che la prossima settimana si possa assistere allo sforamento verso l'altro del triangolo che, per lo meno tecnicamente, aprirebbe la strada verso gli 83 centesimi.


Anche contro euro il dollaro sta probabilmente cercando di muoversi lateralmente e non è escluso che un nuovo canale di spostamento si sta creando tra 1.1430 e 1.18.


Euro-franco è sempre in spostamento laterala ma questa settimana l'ha chiusa con l'euro pronto anche ad uno sfondamento rialzista della resistenza che si situa leggermente sopra i 94 centesimi. Comunque fino a quando non ci sarà l'evidenza dello sfondamento per noi lo spostamento resta ancora laterale.


Terminiamo il nostro intervento spendendo due parole due sull'oro che questa settimana è stato oggetto di molte attenzioni in quanto la sua esportazione dalla Svizzera verso gli USA è la causa di una fetta molto consistente del nostro surplus commerciale nei confronti degli americani. L'eccezionale richiesta di metallo giallo da parte anche degli USA ha fatto esplodere le esportazioni che notoriamente sono state fino ad oggi  esenti da dazi. Comunque sia l'applicazione di un dazio al 39% sulle barre da un kg di oro, che fino all'altro ieri era dato per scontato, è attualmente messa in discussione. Pare che a breve ci saranno dei chiarimenti da parte dell'amministrazione Trump e vedremo se si ritornerà alla situazione iniziale (no dazi) o se verranno applicati dazi calmierati. Diciamolo: per il momento è un gran pasticcio!

Tecnicamente il momento è di quelli delicati. Presto il triangolo rosso verrà forato: verosimilmente, con tutto quello che sta succedendo, verso l'alto aprendo così la strada in direzione dei 3'800 dollari per oncia. Una eventuale rottura ribassista, improbabile, potrebbe portare il metallo giallo verso i 2'900 $ ma la cosa ci sembra improbabile.  


Buona domenica!!

domenica 3 agosto 2025

Dazi americani: il cerchio si stringe


                                                              The Economist, 01.08.2025

 Ci siamo lasciati un paio di settimane fa con la bella notizia, si fa per dire, che i dazi europei sarebbero stati fissati al 30% ma, a quanto pare, nessuno ha creduto a Trump. Infatti nelle settimane a seguire i mercati hanno continuato a salire e a comportarsi come se il problema non esistesse, dimenticandosi che a qualsiasi livello essi siano, i dazi sono sempre dazi! Ovverosia, come dice il dizionario Treccani, sono "un' imposta indiretta sui consumi, di riscossione mediata, che colpisce la circolazione dei beni da uno stato all’altro" e che di norma non sono proprio forieri di buone notizie sia per chi esporta così come per chi importa; é abbastanza probabile che, i dazi, non tarderanno a far sentire il loro effetto sui bilanci di molte  società e sul tasso d'inflazione di numerose nazioni compresi gli stessi Stati Uniti d'America.

Negli ultimi 15 giorni abbiamo comunque registrato alcuni eventi e diversi dati che siamo sicuri avrete già letto da qualche parte ma, repetita iuvant, ve ne proponiamo una veloce carrellata di quelli che ci sembrano i più importanti :

  • Il 15.7 veniamo a sapere che l'inflazione americana, come da aspettative, è al rialzo.  CPI yoy: 2.7% (atteso: 2.7%; precedente: 2.4%). Anche il Core CPI yoy è salito, ma meno delle aspettative: 2.9% (atteso: 3%; precedente: 2.8%). Il dato porta comunque acqua al mulino di Powell che cincischia sul taglio ai tassi.
  • Il 17.7 viene approvata la legge sugli Stablecoins: a margine del nostro intervento abbiamo chiesto a chatGPT di riassumere a grandi linee, per chi fosse interessato, il contenuto del "GENIUS Act". Reazione del dollaro: in buon ribasso contro tutte le principali monete.
  • Il 16.7 e il 22.7 assistiamo ad un paio di attacchi da parte di Trump a "too late" Powell che si ostina, dice lui, a tenere i tassi troppo alti. Due attacchi che hanno visto subito dopo il dollaro vacillare: contro franco il 22.7 siamo passati in 3 secondi da 0.7980 a 0.7928...
  • Il 23.7 Trump annuncia i dazi per il Giappone: +15%. A Tokyo si fa festa ed il Nikkei sale del 3.5%. Diciamo che questa  imposizione è di buon auspicio anche per l'Europa che, seppur più timidamente, festeggia in borsa pure lei.
  • Sempre il 23.7 il PIL americano registra un apparente robusto tasso di crescita del 3% nel secondo trimestre. Purtroppo, se si leggono i dati tra le righe, lo scenario è meno positivo e la vera crescita è stata calcolata all'1.2%. A gonfiare il dato ci hanno pensato la vistosa diminuzione delle importazioni (che, come abbiamo già visto, gonfia il PIL) e il forte acquisto di autoveicoli prima che quest'ultimi siano colpiti dai dazi. E' verosimile che nei prossimi trimestri questi acquisti caleranno vistosamente.
  • Il 27.7 Trump annuncia dazi al 15% per l'Europa e una buona parte del Continente tira un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo di un'imposizione al 30%. Le borse ringraziano ma noi restiamo guardinghi: come detto un dazio è un dazio e le reali conseguenze non sono ancora note... bisognerà pazientare ancora qualche mese per iniziare a capire dove andremo realmente a finire.
  • La FED il 30.7 lascia, come previsto, i tassi invariati: se ne riparlerà il 17 settembre. Probabilità di un taglio a settembre? circa il 38%.
  • Bene i risultati societari USA nel 2 trimestre:   


Su 498 società dello S&p500, 329 hanno pubblicato i dati ed in media tutti i settori riuniti hanno battuto le stime dell'8.19%. E' un ottimo risultato ma le aspettative erano molto più basse rispetto a quelle del trimestre precedente. Va comunque sottolineato che non tutti i settori hanno reagito bene, pur avendo pubblicato numeri positivi (cerchio verde). Per capirci meglio: hanno subito dei ribassi alle quotazioni delle loro azioni malgrado i numeri non erano malvagi; a pesare è stato probabilmente un outlook poco favorevole.
 Un solo settore, quello dei materiali (cerchio rosso) ha pubblicato dati negativi ed ha pure reagito malamente in borsa. La cosa non è da sottovalutare in quanto questo settore è maledettamente anticipatore e quindi ci sta dicendo che probabilmente una recessione, in America, non la si può escludere.


Poi, con il primo di agosto, molte cose prendono una brutta piega:

Venerdì mattina,  giorno della Festa Nazionale Svizzera,  ci siamo svegliati con un bel pacco regalo che è arrivato dritto dritto dagli USA: finalmente anche noi potremo sapere di che morte andremo a morire;  il 15% di dazi imposti al Giappone e all'Europa hanno contribuito a tenere alto il morale del governo svizzero ma, scartato il pacco, ci aspetta una bella doccia fredda: gli iniziali dazi al 31%, paventati da Trump in prima battuta, sono stati rivisti al 39%!  il che fa della nostra Nazione la quinta al mondo nella sgradevole classifica dei paesi più "daziati". 
Come mai Trump abbia riservato alla Svizzera un simile trattamento non è facile da comprendere. Per il momento girano solo delle supposizioni:
  • A detta della Presidentessa della Svizzera, Trump è convinto che il nostro paese gli rubi 40 miliardi di dollari all'anno attraverso le esportazioni nel suo paese. Come abbia fatto i calcoli non è dato a sapere.
  • Sembra che i funzionari svizzeri, durante le trattative, si siano dimostrati particolarmente inflessibili, irritando così l'amministrazione Trump. Che alcuni funzionari svizzero-tedeschi possano essere stati un po’ rigidi è plausibile, ma la reazione dell’amministrazione Trump appare quantomeno discutibile.
  • Sappiamo che Trump considera la nostra nazione, attraverso l'attività della Banca Nazionale Svizzera, una grande manipolatrice di cambi: in effetti di valuta estera ne maneggia parecchia ma, soprattutto se parliamo del dollaro, i numeri a livello mondiale sono ben altri rispetto a quanto movimenta quotidianamente la nostra BNS. I manipolatori, se ve ne sono, stanno da un'altra parte; aggiungeremmo pure che a tal proposito, Trump,  un personale esame di coscienza dovrebbe iniziare a farselo.
  • Un'ultima ipotesi l'abbiamo catturata sabato mattina: è noto che la Svizzera è  il principale polo mondiale per la raffinazione dell'oro. E' quindi probabile che nella statistica di Trump sia entrata l'esportazione di oro raffinato che evidentemente in questi ultimi anni è un bene piuttosto richiesto e le masse esportate non sono indifferenti.  Vedremo di approfondire...
La nostra fortuna è che la borsa svizzera venerdì era chiusa ma se guardiamo cosa è successo alle borse del nostro continente possiamo facilmente immaginare cosa succederà lunedì mattina dove, ad essere particolarmente sotto pressione, saranno le solite 3 azioni: Novartis, Roche e Nestlé seguite da tutto il resto. Diciamo che lunedì abbiamo la concreta possibilità di vedere lo SMI azzerare la sua performance da inizio anno a meno che  i negoziati, che stanno continuando, arrivino a fare un miracolo entro il 7 di agosto.


Fa comunque effetto vedere l’Eurostoxx50 perdere quasi il 3% nella giornata di venerdì e le altre Borse non sono state da meno. Come spiegarlo? Non era tutto scontato? Forse qualcuno si aspettava un ulteriore rinvio dei dazi? Qualcun altro sperava in dazi ulteriormente calmierati? Anche il clima estivo, con molti operatori in vacanza, ha inciso pesantemente su dei mercati che in questa fase dell'anno hanno volumi molto sottili? Tutto è possibile e probabilmente la giornataccia di venerdì scaturisce da un mix di tutto quanto abbiamo ipotizzato. 

Il Chief Investment Officer di UBS è convinto che la prossima settimana i negoziati continueranno a pieno regime (non solo per la Svizzera) con l'obiettivo di portare i dazi per il nostro Paese al 15% e sconsiglia di vendere azioni spinti dalla paura. Possiamo concordare. Certo che se il 7 di agosto ci ritroveremo con un nulla di fatto tra le mani, non potremo che sperare in un ulteriore rinvio dell'applicazione dei dazi.  Non dimentichiamoci che Trump ha bisogno di soldi -  pure molti! - e li sta chiedendo al mondo intero. La Svizzera non fa eccezione e quindi le nostre aspettative per una riduzione dei dazi a nostro favore sono piuttosto limitate.

***

Altro dato pubblicato il primo di agosto che ci induce a riflettere è quello riguardante i nuovi posti di lavoro non agricoli americani: 


Per il mese di luglio ne erano previsti 106k ma nella realtà sono molti di meno: 73k. Malauguratamente quello che ha veramente creato il panico anche nelle borse americane è stata la revisione dei mesi precedenti (maggio e giugno) dove il numero di nuovi posti di lavoro è stato ridotto complessivamente di 258'0000 unità! E' la revisione più drastica mai fatta dai tempi della pandemia. Potrebbe essere uno dei segnali di rallentamento del ciclo che Powell stava aspettando e rilancia lo scenario di una possibile stagflazione in arrivo (crescita debole + inflazione in risalita). Se il 30 luglio la probabilità di un taglio ai tassi era solo del 38% il primo di agosto questa probabilità è schizzata all'82%... Ammettiamo che Trump potrebbe anche non avere tutti i torti a chiedere con insistenza un taglio ai tassi.




 Il dollaro, come si evince dalla sua evoluzione di venerdì,  NON ha apprezzato questo tipo di scenario. L'unico che probabilmente in questo momento sta gongolando è Trump. Lui il dollaro lo vuole debole, anzi debolissimo!



Per il momento, sulla notizia di venerdì, il settore obbligazionario in dollari non si è scostato più di tanto ma è abbastanza probabile che si muoverà in settimana. E' comunque al rialzo da inizio anno ma non a sufficienza per compensare la perdita sul cambio sia contro euro che contro chf.

***

Lo schema di Ned Davis continua ad essere particolarmente efficace: davanti a noi dovremmo avere un paio di mesi di consolidamento. Nutriamo qualche dubbio sul fatto che, se lo scenario sarà quello di una stagflazione, i mercati azionari si limiteranno a spostarsi lateralmente.  Comunque per il momento accantoniamo il nostro dubbio e non vendiamo nulla.  



Venerdì lo S&P500 (+6.06% ytd) non ha certo brillato ma non si poteva pretendere che andasse avanti ad apprezzarsi come ha fatto da aprile in poi: la salita è stata troppo ripida e sapevamo che, presto o tardi, sarebbe arrivato un momento dove deve consolidare altrimenti si rischia di entrare in una bolla speculativa e tutti noi sappiamo come queste bolle vanno a finire.
 Se la correzione, avvenuta a dir la verità con volumi da non sottostimare (cerchio rosso), dovesse arrivare in prossimità dei 6'100 punti la cosa non ci preoccuperebbe più di tanto. Venerdì si è formato anche un gap ribassista che probabilmente dovrà essere ricoperto... quindi per il momento manteniamo la calma. Ci agiteremo se l'indice dovesse muoversi sotto il livello dei 6'100


Anche il Nasdaq (+6.94% ytd) venerdì non è rimasto indifferente ai dati sui nuovi posti di lavoro non agricoli e alla revisione dei dati di maggio e giugno: infatti pure lui ha aperto con un gap. Avevamo individuato correttamente la figura di spalla-testa-spalla rovesciato che ha spinto l’indice a superare i 21'000 punti. Ora riteniamo possibile una correzione che potrebbe portare l’indice dei titoli tecnologici a ritracciare parte del movimento compiuto dai 18'000 ai 21'000 punti. Questo tipo di ritracciamento si attesta intorno al 50% del movimento rialzista (circa 3000 punti)  il che implicherebbe un possibile ritorno verso area 19'500. Poi da lì dovrà ripartire altrimenti sono guai seri.


Come già sottolineato la performance di venerdì dell'Eurostoxx50 (+5.51% ytd) non ci ha lasciati indifferenti. Purtroppo ha sfondato, anche con volumi importanti, il supporto dei 5300 punti e in un attimo è andato ad adagiarsi sulla media mobile dei 200 giorni (linea blu). Difficile dire come evolverà la prossima settimana: ovviamente se ci dovessero essere delle novità in ambito dazi questo aiuterebbe molto, ma con i dazi al 15% riteniamo che non ci siano molti spazi di manovra per ulteriori ribassi. Non ci resta che aspettare il 7 di agosto.


Lo SMI (+2.03% ytd) per fortuna venerdì era chiuso per festività ma se la borsa fosse stata aperta non avrebbe avuto nessun  problema ad andare a chiudere quel gap rialzista indicato con il cerchietto rosso e che corrisponde ad un livello di 11'600 punti. Tenendo conto che, se le cose in fatto di dazi non cambieranno radicalmente durante il week end, lunedì ci ritroveremo con due farmaceutici (Roche e Novartis) che potrebbero essere pesantemente sanzionati (si parla anche di un 200%) e con Nestlé che probabilmente subirà anch'essa un ulteriore ribasso. Diciamolo apertamente: non è un bel momento per la nostra borsa e i dazi al 39%, se non verranno ridotti massicciamente, getteranno ulteriore benzina sul fuoco. Noi siamo disposti a tenere fino a 11'600; sotto si vedrà cosa possiamo fare ma sarà difficile non alleggerire. 

Buona domenica!

Sicuramente per tutti gli amanti delle crypto le disposizioni del Genius Act sono di un certo interesse: le abbiamo fatte riassumere da ChatGPT.

📘 Principali disposizioni della GENIUS Act

  1. Sistema di licenza — “issuer permessi”
    Solo alcune entità (subsidiarie di banche assicurate, emittenti federali o statali conformi) possono emettere “payment stablecoins”. Entità non bancarie devono ottenere l'approvazione dell’OCC morganlewis.com+5Arnold & Porter+5Latham & Watkins+5.

  2. Riserva 1:1 e attivi sicuri
    Gli stablecoin devono essere interamente garantiti (riserva minima 1:1) da asset liquidi come USD, titoli di Stato USA a breve termine, o repo a breve termine Arnold & Porter+7World Economic Forum+7MarketWatch+7.

  3. Trasparenza e audit mensili
    Divulgazione pubblica mensile delle riserve; revisione da revisori esterni; attesta del CEO/CFO ai regolatori federali o statali Investors+5Arnold & Porter+5Business Insider+5Wikipedia.

  4. Framework antifrode e KYC/AML
    Gli emittenti sono trattati come istituti finanziari ai sensi del Bank Secrecy Act e devono implementare programmi anti-riciclaggio, know-your-customer e sanzioni The White House+15Mayer Brown+15Wikipedia+15.

  5. Proibizioni promozionali e sui rendimenti
    Vietato affermare che gli stablecoin siano garantiti dallo Stato, coperti da assicurazioni governative o siano moneta legale. Non si può offrire interesse o rendimento per il loro possesso Arnold & Porter+12Skadden+12Wikipedia+12Skadden+2The White House+2Latham & Watkins+2.

  6. Priorità in caso di insolvenza
    Claim dei detentori di stablecoin sulla riserva hanno priorità sui creditori generali — simile ai depositi bancariThe White HouseSkadden.

  7. Tempistiche di entrata in vigore
    La legge entra in vigore al più presto 120 giorni dopo le regolamentazioni finali, oppure entro 18 mesidall'entrata in vigore. Dopo 3 anni, coin da emittenti non autorizzati non potranno più essere venduti negli USAWikipedia+3Latham & Watkins+3Wikipedia+3.


🔍 Quali conseguenze possiamo aspettarci?

✅ Vantaggi

  • Clarità normativa e fiducia istituzionale: crea uno standard chiaro, promuovendo innovazione e adozione da parte delle istituzioni tradizionali wilmerhale.com.

  • Crescita del mercato stablecoin: analisti stimano che il settore potrebbe raggiungere circa 3,7–4 trilioni di dollari entro il 2030 DLA Piper+15Business Insider+15New York Post+15.

  • Consolidamento del ruolo del dollaro: le riserve in titoli USA aumentano la domanda di Treasuries, rafforzando il dollaro come valuta di riserva internazionale The White Housewashingtonpost.com.

⚠️ Rischi e criticità

  • Debolezze strutturali in caso di crisi: nonostante le riserve, gli stablecoin restano vulnerabili a depegging e “bank run” in eventi avversi (come successo in passato a USDC) MarketWatch.

  • Concentrazione e ostacoli alla concorrenza: la regolamentazione può favorire grandi enti bancari a discapito di startup e innovazione decentralizzata SkaddenMarketWatch.

  • Impatto sui mercati dei Treasury: la crescente richiesta di debito a breve termine può alterare la curva dei rendimenti e creare volatilità nei titoli statali MarketWatchBusiness Insider.

  • Maggiore sorveglianza: le aziende devono adempiere a rigidi requisiti AML/KYC, aumentando i costi e i controlli regolatori Mayer Brownwilmerhale.com.


🧾 In breve:

  • La GENIUS Act è la prima legge federale statunitense sugli stablecoin, firmata il 18 luglio 2025 Harvard Law School+15sidley.com+15Latham & Watkins+15.

  • Impone riserva integraleaudit regolari, supervisione federale/statale e forte trasparenza.

  • È progettata per promuovere crescita, affidabilità e aderenza legale, ma potrebbe limitare concorrenza, aumentare concentrazione nel settore e avere effetti collaterali nei mercati finanziari globali.