domenica 10 agosto 2025

Dazi: riordiniamo le idee

 Vorremmo parlare d'altro ma la settimana è stata particolarmente avara di dati macroeconomici e finanziari quindi, gioco forza, tutta l'attenzione della comunità finanziaria internazionale è stata catturata dall'effettiva introduzione il 7 di agosto dei dazi americani che, secondo le intenzioni di Donal Trump, metteranno fine alle ruberie dei Paesi che esportano verso gli USA.




Il panorama dei dazi è assai variegato come ha ben evidenziato l'infografica del Corriere della Sera di un paio di giorni fa: si parte da un minimo del 10% (per tutti), al 15% dell'Europa fino all'esorbitante 39% della Svizzera e a qualcuno è pure andato peggio!  Sul dazio svizzero torneremo a spendere qualche parola fra poco. 

Prima, scopiazzando lo stile giornalistico di Marzullo — quello che, mentre ti intervista, all’improvviso ti butta lì un “fatti una domanda e datti una risposta!” — vorremmo riordinare un po’ le idee attorno al tema dei dazi. Procediamo quindi con le nostre domande seguite dalle nostre risposte:

  • A cosa servono i dazi imposti da Trump? E' convinzione dell'Amministrazione Trump che i dazi imposti da Donald servono a compensare le minori entrate fiscali — a seguito dei tagli alle imposte societarie — e a diminuire l'indebitamento dello Stato che come sappiamo è fortemente fuori controllo. Facciamo due calcoli.  Il taglio alle tasse creerà ogni anno, nella migliore delle ipotesi, un ammanco di almeno 380 miliardi di dollari alle casse dello Stato. L'amministrazione Trump è convinta di raccogliere 600 miliardi annui attraverso l'imposizione dei dazi ma secondo la Tax foundation (un think tank indipendente e apartitico fondato nel 1937 che ha l'obiettivo di analizzare le politiche fiscali degli Stati Uniti e fornire dati, studi e raccomandazioni su tasse federali, statali e locali) un importo più realistico può essere calcolato in 340 miliardi. Infatti l'amministrazione Trump non sembra tenere presente che i volumi delle importazioni caleranno (come stanno già facendo...), molti importatori ridurranno gli ordini e bisognerà presupporre che le catene di fornitura potrebbero radicalmente cambiare onde evitare l'imposizione dei dazi (per la serie: fatta la legge trovato l'inganno) . Non da ultimo è probabile che vi sarà un rallentamento della crescita economica che ridurrà l'imponibile doganale complessivo.  Pensiamo che ci siamo capiti. In buona sostanza se tutto andrà veramente per il verso giusto (secondo la visione trumpiana) i dazi serviranno giusto a pareggiare i minori gettiti fiscali ma non a ridurre i debiti dello Stato.
  • Quanto tempo ci vorrà per le Nazioni più colpite dai dazi per trovare altri sbocchi alle loro esportazioni? Storicamente si parla di un intervallo che va da pochi mesi a diversi anni: mediamente da 1 a 3 anni prima di ritrovare un equilibrio significativo. Non è una strada che si può facilmente percorrere ed è praticamente certo che, per i diplomatici di almeno una novantina di Paesi,  il lavoro per convincere Trump a ridurre le sue pretese prossimamente non mancherà. Ma sarà dura. L'abbiamo detto più volte: Trump ha bisogno di denaro e pure molto.
  • Per evitare i dazi Trump insiste che i produttori devono investire maggiormente sul territorio americano. Quanto tempo ci vuole per avviare una fabbrica negli USA? Abbiamo posto la domanda a ChatGPT (versione 5!) ed ecco la risposta: mediamente dai 2 ai 5 anni. Se stiamo parlando di produzione industriale standard (2-3 anni) se la produzione è high-tech (3-5 anni) e per progetti molto complessi anche più di 5 anni. Insomma, andare a produrre direttamente su suolo Americano non è una passeggiata e richiede un sacco di tempo. Non sappiamo quanti imprenditori hanno voglia di assumersi un tale rischio.
  • Ma torniamo alla realtà odierna: ci siamo chiesti chi saranno coloro che dovranno pagare questi dazi o per dirla meglio chi saranno le vittime finali di questa imposizione fiscale? Anche in questo caso la risposta di chatGPT è impeccabile e ve la proponiamo integralmente (grazie per la pazienza...):
"Se restiamo alla realtà economica odierna, la risposta — confermata sia dalla teoria economica che dai dati degli ultimi cicli di dazi USA — è che le vittime finali sono soprattutto i consumatori e le imprese a valle, non tanto i produttori stranieri a cui formalmente il dazio è applicato.


Come funziona davvero il “peso” dei dazi

  1. Il dazio è riscosso all’importazione, quindi lo paga l’importatore statunitense al momento dello sdoganamento.

  2. L’importatore ribalta il costo (parzialmente o totalmente) sui prezzi di vendita interni.

  3. Il consumatore americano paga il prezzo più alto sul prodotto importato — o, se sceglie un sostituto domestico, paga comunque un prezzo più alto perché anche il produttore USA alza i prezzi (effetto di protezione).

  4. Le imprese a valle (che usano beni importati come input, ad esempio componenti elettronici o acciaio) vedono crescere i costi di produzione e li traslano a loro volta sui clienti finali.


Dati empirici recenti

  • Ciclo di dazi 2018–2019 (Trump I)
    Uno studio di Federal Reserve Bank of New York, Princeton e Columbia stimava che quasi il 100% del costo dei dazi è stato trasferito a importatori e consumatori USA sotto forma di prezzi più alti.

  • Effetto moltiplicativo
    Non solo i beni importati diventano più cari, ma anche quelli domestici concorrenti aumentano di prezzo per approfittare della ridotta concorrenza estera.

📌 In sintesi:
Formalmente il dazio colpisce l’esportatore straniero, ma nella realtà il costo si scarica quasi interamente sull’economia interna USA: consumatori, imprese importatrici e produttori a valle. È una tassa indiretta e regressiva che pesa di più su chi ha meno margine di reddito."


Come pensavamo è storicamente dimostrato che i dazi gravano principalmente sui consumatori finali; non vediamo, salvo prova contraria, perché questa nuova tornata di dazi dovrebbe seguire una logica diversa. Qualcuno dovrebbe avvisare gli Americani...

  • Ma torniamo alle nostre domande e risposte: quali potrebbero essere gli effetti economici (ma non solo) per il paese che promuove l'introduzione dei dazi? La risposta in questo caso è piuttosto semplice: l’imposizione di dazi può offrire benefici immediati a certe industrie domestiche, ma rischia di degradare la crescita economica, aumentare l’inflazione, danneggiare i consumatori e minare le relazioni diplomatico-commerciali nel lungo periodo. In effetti fra qualche settimana (di norma una decina) potremmo probabilmente toccare con mano se l'introduzione dei dazi avrà un'incidenza negativa sull'inflazione americana. A tal proposito martedì 12 agosto assisteremo alla pubblicazione del CPI americano atteso al 2.8% (precedente:2.7%) e al core CPI atteso al 3.1% (precedente: 2.9%). Insomma le aspettative, ancora prima che i dazi abbiamo effettivamente avuto il tempo di fare il loro lavoro, sono per un rialzo del rincaro. Speriamo che si fermi lì, ma abbiamo qualche ragionevole dubbio...
  • Per finire ci siamo chiesti come potrebbero reagire i mercati finanziari soprattutto quelli americani. La tabella qui sotto riporta gli effetti a breve e a lungo termine:



***


La satira si è scatenata...

Ahinoi, non abbiamo ancora finito di parlare di dazi. Non vi sarà sfuggito che quelli applicati alla Svizzera, da un iniziale 31% che era già di per sé una stangata, il 7 di agosto sono lievitati al 39%! Se pensiamo che la Svizzera dal primo gennaio 2024 ha già abolito i dazi industriali questo accanimento nei nostri confronti non è facile da giustificare se non facendo riferimento al saldo di 41 miliardi a nostro favore che si ottiene sottraendo le nostre esportazioni verso gli USA a quelle degli USA verso il nostro paese. Insomma siamo uno sputo di Nazione (9 mio di abitanti) ma Trump è convinto che astutamente gli stiamo rubando annualmente una bella sommetta di denaro. 

Formula alla mano, ecco come si arriva secondo il metodo americano all'imposizione del 31%:


Deficit commerciale (38,5 mld USD)Export svizzeri negli USA (63,4 mld USD)61%




P
er “non apparire eccessivamente punitivi”, gli americani hanno deciso di applicare un moltiplicatore dello 0.5 e si arriva ad un più decente 31%. 

Per capire come poi si è passati dal 31% al 39% avremmo voluto assistere alla telefonata tra l'attuale Presidente della Svizzera (Karin Keller-Sutter) e lo stesso Trump che evidentemente quel giorno aveva ben altro per la testa (pare che fosse tormentato dal non aver imbucato un put da 30cm alla buca 17 che gli ha fatto perdere il match domenicale sul campo di Mar a Lago). 
Dalle parole con le quali Donald si è espresso in merito alla telefonata di Keller-Sutter possiamo dedurre quanto segue: il colloquio lo ha subito infastidito. Il Presidente della Svizzera, che non conosce, è, sorpresa!, una donna. Sarà anche gentile ma l'ha trovata pedante.  Infatti Karin ha tentato con metodo e razionalità di spiegare al Presidente USA  il perché del deficit di 41 miliardi di $ ma non è riuscita a catturare l'attenzione di Donald in quanto  a) "non mi lasciava parlare" e b) "manco mi ascoltava". Accidenti! Non si può non ascoltare uno che ha un ego formato famiglia come quello di Trump. Infatti la telefonata, che doveva convincere Trump a ridurre per lo meno al 15% i nostri dazi, è terminata con un aumento di 8 punti percentuali della gabella applicata alla Svizzera. Punto.

Ovviamente non vogliamo essere nei panni di Keller-Sutter in questo momento e probabilmente non le si possono attribuire tutte le colpe per questo trattamento fortemente ingiusto nei nostri confronti ma insomma, prima di comporre il numero della Casa Bianca,  dovresti sapere che ti risponde uno che con la logica e la razionalità, marchio di fabbrica del nostro Paese,  ha ben poco a che fare! Infatti Trump si è subito annoiato,  ha arbitrariamente aggiunto un 8% ai dazi svizzeri e poi ha riattaccato il telefono. 

E' stato subito chiarissimo che "Bern, we have a problem" e quindi, in fretta e furia, è stato organizzato un viaggio riparatore in quel di Washington dove Keller-Sutter e di Parmelin (il nostro ministro delle finanze) non sono stati ricevuti da nessuno fatta eccezione per il segretario di Stato Marco Rubio... Peccato che non avesse nessuna delega per trattare con la Svizzera il capitolo dazi. Imbarazzante!

Ora i colloqui con gli americani sembrano che stiano procedendo ma allo stato attuale nessuno sa in quale direzione e se stanno producendo gli effetti sperati. Siamo al buio e per un po', temiamo, ci resteremo. Siamo quindi spiacenti di non riuscire a rispondere alle vostre domande su come prossimamente andranno le cose nel nostro Paese ma nessuno lo sa!

***

Piuttosto vediamo come i mercati hanno reagito negli ultimi 5 giorni, questo sì, lo sappiamo:


Per l'ennesima volta in America sono ancora i Magnifici 7 a tirare il carro. L'intelligenza artificiale fa miracoli e i CEO dei Mag 7 lo sanno e stanno investendo nell'AI l'inverosimile. Peccato che il resto del mercato non stia andando altrettanto bene e quindi ci ritroviamo tra le mani uno S&P500 piuttosto sbilanciato. Non dimentichiamocelo!


Lo S&P500 (+8.63% ytd) non è stato da record storico ma ci sta andando vicino. Occhio ai numeri dell'inflazione di martedì  prossimo che potrebbero fare da catalizzatore. Un numero inferiore alle aspettative potrebbe portare al 100% la probabilità di vedere un taglio ai tassi il 17 settembre. Attualmente tale probabilità si situa al 92%. 
Poi vedremo se il 15 di agosto Russi e Americani si incontreranno sul serio in Alaska e questo di per sé sarebbe già un piccolo miracolo. Poi vedremo se troveranno la quadra per far finire il conflitto tra russi ed ucraini... sappiamo tutti che Trump è ossessionato dal Premio Nobel per la Pace! 

Tecnicamente l'indice ha ripreso la salita dopo una pausa di consolidamento a dir la verità troppo breve per i nostri gusti; sarebbe stato melgio che per i prossimi 2 mesi lo spostamento fosse laterale. I volumi sono inaspettatamente  buoni per essere agosto: evidentemente i traders (soprattutto i piccoli) si stanno divertendo sotto l'ombrellone. Non sottovalutiamo la forza di questo esercito di investitori...


Chi invece un nuovo record storico l'ha messo a punto è stato il Nasdaq (+11.08% ytd) che sta approfittando del momento di grazia dei M7: i volumi sono interessanti e i 21'000 punti sono stati superati di slancio. Dove andrà a finire? Questo l'analisi tecnica per il momento non è proprio in grado di dircelo. Quello che è certo è che il trend è al rialzo e noi lo lasciamo correre.


Bene anche l'Eurostoxx50 (+9.23% ytd) che sembra per lo meno voler rientrare nel canale di consolidamento che troviamo tra i 5'300 e i 5'470 punti. Saremmo sorpresi se trovasse la forza di andare oltre la resistenza dei 5470. Per il momento sarebbe già bello se si trovasse il modo di digerire in fretta i dazi al 15% che non sono poca roba ma a detta di molti imprenditori sono ancora gestibili.


A ben pensarci, considerando tutto quello che ci sta accadendo, lo SMI  (+2.29% ytd) non dovrebbe essere a questi livelli ma ben più in basso a dimostrazione del fatto che gli investitori in azioni sono degli inguaribili ottimisti! 
Non è comunque facile essere positivi considerate le circostanze: i dazi non sappiamo se e quando verranno ridotti (magari anche mai!) , le aziende farmaceutiche hanno una spada di Damocle sulla testa che non sanno ancora bene come eventualmente schivare e per tutte le altre è arrivata l'ora di trovare nuovi sbocchi per i nostri prodotti. Come abbiamo visto più facile a dirsi che a farsi. Speriamo che la prossima settimana qualcuno del nostro governo ci dica come intendono uscire da questa fase di crisi  Noi siamo tutt’orecchi!

***




Il dollaro americano per il momento sembra volersi apprezzare malgrado la possibilità di assistere ad un taglio ai tassi per il 17 di settembre. Evidentemente, la riduzione importante delle importazioni ha fatto sì che si vendessero meno dollari del consueto. 
Contro chf ci sembra di aver visto una bandiera di consolidamento (in blu nel grafico) e non è escluso che la prossima settimana si possa assistere allo sforamento verso l'altro del triangolo che, per lo meno tecnicamente, aprirebbe la strada verso gli 83 centesimi.


Anche contro euro il dollaro sta probabilmente cercando di muoversi lateralmente e non è escluso che un nuovo canale di spostamento si sta creando tra 1.1430 e 1.18.


Euro-franco è sempre in spostamento laterala ma questa settimana l'ha chiusa con l'euro pronto anche ad uno sfondamento rialzista della resistenza che si situa leggermente sopra i 94 centesimi. Comunque fino a quando non ci sarà l'evidenza dello sfondamento per noi lo spostamento resta ancora laterale.


Terminiamo il nostro intervento spendendo due parole due sull'oro che questa settimana è stato oggetto di molte attenzioni in quanto la sua esportazione dalla Svizzera verso gli USA è la causa di una fetta molto consistente del nostro surplus commerciale nei confronti degli americani. L'eccezionale richiesta di metallo giallo da parte anche degli USA ha fatto esplodere le esportazioni che notoriamente sono state fino ad oggi  esenti da dazi. Comunque sia l'applicazione di un dazio al 39% sulle barre da un kg di oro, che fino all'altro ieri era dato per scontato, è attualmente messa in discussione. Pare che a breve ci saranno dei chiarimenti da parte dell'amministrazione Trump e vedremo se si ritornerà alla situazione iniziale (no dazi) o se verranno applicati dazi calmierati. Diciamolo: per il momento è un gran pasticcio!

Tecnicamente il momento è di quelli delicati. Presto il triangolo rosso verrà forato: verosimilmente, con tutto quello che sta succedendo, verso l'alto aprendo così la strada in direzione dei 3'800 dollari per oncia. Una eventuale rottura ribassista, improbabile, potrebbe portare il metallo giallo verso i 2'900 $ ma la cosa ci sembra improbabile.  


Buona domenica!!

Nessun commento:

Posta un commento