domenica 30 maggio 2021

Fase di consolidamento


 Non è stata una settimana al fulmicotone, tutt'altro! Infatti pensiamo che le giornte con performances dell' 1.5%-2% siano oramai alle nostre spalle e siamo piuttosto entrati in un perido di consolidamento laterale come testimoniato dai tre grafici dello S&P500, del Nasdaq e della borsa Svizzera SMI.





Non disdegnamo il fatto che la borsa svizzera, malgrado il suo carattere spiccatamente difensivo, piano piano sta tentando il recupero e questa settimana, un po' in sordina a dir la verità, è riuscita a forare la resistenza degli 11'262 punti e portare a segno un nuovo record storico. Individuaiamo negli 11'555 punti la nuova resistenza e siamo abbastanza convinti che presto sarà raggiunta.

Un rallentamento (solo temporaneo probabilmente) della crescita dei prezzi delle materie prime e qualche dato macroeconomico (US Durable Goods) uscito non proprio in linea con le aspettative, hanno momentaneamente tolto un po' della pressione che grava su di un'inflazione che potrebbe sfuggire al controllo, contribuendo in tal modo ad una leggera riduzione dei rendimenti del reddito fisso che è piaciuta al mercato azionario e a quello dei metalli preziosi.



 

Un'occhiata al grafico elaborato da Ned Devis dobbiamo darlo: per il momento, per quanto  riguarda lo S&P500, ha predetto il trend in modo sorprendentemente aderente alla realtà. Forse ha anticipato di qualche giorno il rialzo previsto per il mese di giugno ma se continua di questo passo,  possiamo pensare di avere davanti a noi ancora qualche settimana di bel tempo. Nel frattempo stiamo riflettendo su quale sia la miglior stategia per proteggere i portafogli in vista di una eventuale correzione e, perché no, vedere se vi sono strumenti sufficientemente affidabili per sfruttare il ribasso.  Quando sarà il momento ne parleremo.





Il franco svizzero da qualche settimana è tornato a rafforzarsi e per  il momento non sembra aver intenzione di cambiare trend. La debolezza del dollaro, considerati i rendimenti reali decisamente negativi, è facilmente comprensibile, infatti si sta fiaccando anche contro euro e di rimando ha un influsso negativo pure sul cross euro/chf.  

Se è vero che l'impennata dell'inflazione americana è solo temporanea, allora è abbastanza probabile che anche la debolezza del dollaro lo sia, ma lo potremo vedere solo fra qualche mese.

Già che stiamo parlando di valute, un'occhiata al mondo delle cryptocurrencies dobbiamo darlo. Ci ha sempre un pochino sopreso il modo con il quale gli Stati, ed in modo specifico i loro regolatori e le banche centrali, abbiano affrontato il mondo delle crypto, evidentemenete considerato solo un effimero paradiso per speculatori incalliti. 

In realtà il fenomeno potrebbe avere conseguenze ben più incisive e durature per tutto quello che riguarda l'emissione di nuovi mezzi di pagamento, il loro controllo ed il rispetto delle norme di antiriciclaggio. Anche ai meno attenti non sarà sfuggita la correzione di quasi il 50% subita dal bitcoin e da una parte piuttosto consistente delle altre cryptocurrencies.

I motivi che hanno avviato la correzione sono molteplici e senza la pretesa di essere esaustivi ve ne elenchiamo alcuni:

  • La Cina proibisce l'uso del bitcoin come mezzo di pagamento. Vedremo se qualcun altro la seguirà.... probabile.
  • Sempre Cina e Iran stanno reprimendo le operazioni di mining in quanto necessitano di quantità di elettricità enormi ritenute decisamente eccessive. Che il bitcoin non sia proprio eco-friendly è risaputo
  • La FED vuole imporre un limite di 10'000 $ oltre il quale bisogna dichiarare CHI paga e CHI riceve. Un chiaro segnale che un uso anonimo delle crypto non sarà piu tollerato a lungo.
  • E' un mondo quello delle crypto che sembra essera particolarmente vulnerabile e manipolabile da parte dei cosiddetti influencer: in effetti Elon Musk con le sue esternazioni (un giorno dice una cosa ed il giorno dopo la smentisce) fa muove il bitcoin di decine di punti percentuali. Bello, ma devi essere investito dalla parte giusta...
  • Cina, Europa ed USA stanno pensando seriamente ad una valuta digitale, non sarà basata sul principio della blockchain e quindi non saranno delle vere cryptocurrencies, ma è comunque  un elemento di disturbo.
Insomma,  è chiaro che il fenomeno è tutt'altro che transitorio ma che comunque si tenterà sempre di più di regolamentarlo e stabilizzarlo. Quali saranno nel medio periodo le monete che sopravviveranno all'azione di controllo è roba per chiromanti.
Per chi ne attratto come forma di investimento/speculazione,  ricordiamo che sul mercato vi sono certificati ed etf che replicano il mondo delle crypto e che grazie alla diversificazione (anche se spesso molto parziale, ma comunque sempre di diversificazione stiamo parlando) riescono ad attutire i picchi volatilità (che rimangono sempre elevati e per i quali ci vogliono delle coronarie a prova di bomba) .


domenica 23 maggio 2021

E se la FED avesse ragione?


Come potete ben immaginare, gli investitori professionali e non, sono alla ricerca di indizi che portino acqua al mulino della Federal Reserve che si dice convinta che la recente riapparizione dell‘inflazione, che sembrava debellata per sempre ed invece ce la ritroviamo negli USA al 4.2%, sia solo un fenomeno transitorio. 


Che sia solo transitorio tutti lo sperano, banche centrali per prime, altrimenti dovranno trovare un modo originale per risucchiare dal sistema tonnellate di miliardi senza far crollare il castello della finanza. 

Siamo quindi in molti, consci delle difficoltà che potrebbe creare un regime d‘inflazione tignosa e persistente, che tifiamo per la versione di Powel e compagni. Come andiamo ripetendo da un po‘, ci aspettiamo una correzione ad estate inoltrata quantificabile in una quindicina di punti percentuali dello S&P500: scoprire che la FED ha torto potrebbe essere il detonatore che avvia la correzione ma ovviamente saremo prontissimi a modificare la nostra visione se Powel dovesse aver ragione:  di correzioni importanti negli anni ne abbiamo già viste a sufficienza e francamente non è che ne sentiamo la mancanza...



 Nell’ultimo post avevamo evidenziato i diversi fattori che hanno portato al risveglio della bella addormentata; oggi, dopo averci pensato un po’, vorremmo andare alla ricerca di quei segnali che potrebbero in un qualche modo avvalorare la tesi della FED. 





 

Uno di questi indizi, non forse il più importante ma ci accontentiamo,  è stato pubblicato venerdì: lo US Continuing Jobless Claims.

Si tratta del dato settimanale sulle richieste di disoccupazione, attese in leggero calo (3620k) ma smentite da quel 3751k che un po‘ cinicamente è piaciuto ai mercati. Infatti la curva dei disoccupati si sta appiattendo ad un livello ben superiore a quello pre-pandemico. Ciò significa che, malgrado tutti gli sforzi, non sarà facile riportare al lavoro tutta la gente che la pandemia ha lasciato a casa o lo sarà, come dicono i maligni, quando i sussidi statali non entreranno più nelle tasche degli americani (se non erriamo verso settembre). 

Il mercato interpreta il perseverare di una certa disoccupazione  come fosse un rimedio naturale all‘aumento dell‘inflazione: infatti chi non lavora o arranca aggrappandosi agli aiuti di stato difficilmente potrà avere una gran voglia di scialacquare a piene mani (anche se quando si ha a che fare con gli americani non si sa mai...). 

Ovviamente la nostra interpretazione è piuttosto elementare, ma chi ha voglia di approfondire può resuscitare la teoria, da tempo defunta, della Curva di Phillips che potrebbe tornare d‘attualità.





Altro indizio che tranquillizza per il momento la FED è l‘evoluzione dei salari,  che in molti dicono essere in crescita,  ma che dal grafico (linea nera) sembrano variare all‘interno di un range piuttosto stretto e che si sta fondamentalmente spostando lateralmente. E‘ abbastanza probabile che per il momento non abbiamo una inflazione (linea rossa) indotta da salari che stanno crescendo rapidamente, ma è il risultato di altre componenti  tre le quali troviamo il prezzo delle materie prime, i costi per il trasporto e aggiungiamoci pure una certa svalutazione del dollaro. Sappiamo che la FED ha una grossa lente di ingrandimento orientata verso l‘evoluzione salariale e noi pure. Per capire meglio la situazione bisognerebbe anche dare un‘occhiata al genere di posti di lavoro creati e i nostri agganci negli USA ci dicono che spesso sono di bassa qualità e mal pagati. Abbiamo quindi qualche fondato dubbio che eventuali aumenti salariali intercettati dalla statistiche potrebbero essere solo nominali e non reali e quindi non in grado di restare al passo con l‘aumento dei prezzi, aumento che determina in queste condizioni una diminuzione del potere d’acquisto con tutto quello che ne consegue.






Un‘ultima considerazione: stiamo osservando da mesi all‘impennata dei costi delle materie prime (nel grafico quello del rame) determinata da una forte domanda ed in certi casi pure dalla penuria delle stesse. A queste condizioni stiamo assistendo ad un fenomeno che non era facilmente prevedibile: la scarsità di alcuni elementi di base, primi fra tutti i microchips, sta mettendo a dura prova gli innumerevoli apparati di produzione che ne fanno impiego, costringendo in molti casi alla sospensione temporanea dell‘attività (vedi ad es. il settore auto) o ad un allungamento delle date di consegna dei prodotti. Comunque da qualche giorno stiamo registrando una correzione del prezzo delle materie prime e se continua faranno contenta la FED. 

Riassumendo:  qualche cosa nel meccanismo di produzione si è momentaneamente inceppato, i prezzi in generale salgono velocemente,  le aziende non riescono a produrre a sufficienza ma neppure a vendere pure in presenza di una domanda crescente (provate a comprare un'auto elettrica...). Sarà interessante osservare l‘impatto sulla crescita dell‘economia che a queste condizioni potrebbe anche rallentare.  Insomma, più che uno scenario inflazionistico, per quel che ne capiamo, ci pare che corriamo il rischio di vederci confrontati con una bella stagflazione. Sarebbe il colmo!


A questo punto non vi nascondiamo che siamo curiosissimi di vedere l‘evoluzione degli utili delle società per il secondo trimestre di quest‘anno (bisogna pazientare fino alla metà di luglio)  e non ci meraviglieremmo più di tanto se un calo dei numeri fosse un altro dei tanti detonatori che potrebbero dare il via alla correzione dello S&P500.





Due parole sulle borse: per il momento sembra che la correzione del mese di maggio potrebbe anche essere arrivata alla sua fine. Lo SMI questa settimana non si è comportato malissimo ma ci vorrebbe ben altra evoluzione per farci veramente contenti. Ma non lamentiamoci sempre, anche uno spostamento laterale va bene.







Un‘occhiata al dollaro (sia contro chf che euro) bisogna sempre darla: le rese reali abbondantemente negative continuano a pesare sulla sua evoluzione e purtroppo il trend ci pare evidente e non facile da ribaltare... Per il momento non pensiamo sia da acquistare.



Buona lettura!


domenica 16 maggio 2021

Inflazione: cosa pensare?


 E' da mercoledì che stiamo rilfettendo sulle possibili conseguenze del ritorno dell'inflazione negli USA. Inflazione sostenuta da una serie importante d'indicatori economici che ne giustificano l'aumento e ai quali venerdi si è pure aggiunto quello sui prezzi all'importazione di aprile,  anch'essi, manco a dirlo, al rialzo (14.4%, atteso 14%, precedente 9.5%). C'è effettivamente da preoccuparsi? Forse in questi giorni la cosa più intelligente l'ha esternata il Nobel per l'economia Michael Spence. Sentite che cosa ha da dirci: "l'onesta verità è che nessuno sa davvero come stiano le cose. Un mese di dati è troppo poco per capire se i problemi con l'inflazione (in forte rialzo) e la disoccupazione (meno occupati del previsto) sono temporanei o duraturi". In effetti difficile dargli torto. 

Se neppure i Nobel ci capiscono qualche cosa, allora  noi ci accontentiamo di osservare la reazione dei mercati che, grazie alla loro efficienza, danno risposte piuttosto significative. 

Prendiamo ad esempio la reazione che c'è stata sui rendimenti del Treasury a 10 anni (grafico qui sopra): se consideriamo quanto la stima dell'inflazione è stata sbagliata (atteso 3.6%, attuale 4.2%) al  momento della pubblicazione del dato ci saremmo aspettati un aumento delle rese ben più consistente di quello che in effetti è stato. Stiamo parlando di una decina di basis points che in effetti non sono nulla. Se avessimo visto un rialzo fino al 2% (cerchio rosso) non ci saremmo scandalizzati: era il minimo che ci si poteva aspettare. Bisogna comunque ammettere che i rendimenti sono da mesi che stanno prezzando un ritorno dell'inflazione e quindi una parte di ques'ultima era già prezzata. Ma non lo era lo 0.6% supplementare rispetto alle attese e questa mancata reazione si fa interessante.

E' quindi probabile che per il momento il mercato stia effettivamente soppesando molto seriamente le parole del capo della FED che insiste nel ritenere l'inflazione un fenomeno transitorio. Nel caso quest'ultima sfugga veramente di mano, ci sono gli strumenti per riportarla a livelli meno preoccupanti. 

I casi sono due: o Powell in effetti sa di cosa sta parlando, oppure la FED sta bluffando e tutte le dita dei governatori della banca centrale americana sono incrociate in un collettivo rituale scaramantico che eviti a tutti i costi un rialzo del costo del denaro.




Per il momento il mercato non intravvede degli imminenti aumenti dei tassi e se ce ne saranno non sono attesi prima di 2 anni, ma attenzione perché le aspettative possono cambiare anche molto rapidamente...

Quindi non è ancora arrivato il momento di strapparci tutti i capelli dalla testa, ma sarà fondamentale osservare i dati dei prossimi mesi. Se l'inflazione scappa, allora la correzione attesa per l'estate è quasi certa.



Le borse, dopo la giornataccia di mercoledì, si sono subito ricomposte e quella svizzera non fa difetto: dopo aver testato a più riprese gli 11'000 punti si è riportata a livelli meno preoccupanti. Ricordiamo che se effettivamente l'inflazione dovesse essere un ospite fisso per i prossimi anni, in queste condizioni di norma le borse non smettono di crescere (anzi sono sicuramente meglio dei bonds) ma assisteremo ad un ritorno importante dei titoli value che sono un po' la specialità del nostro listino. Quest'anno la nostra borsa non ha fatto un granché, ma in futuro potrebbe anche sorprendere.






Pure il Nasdaq ha mostrato segnali di reazione: da inizio anno non è stato favorito dal movimento rialzista dei rendimenti ed ha brillato meno del solito. Il recente rimbalzo dai 13'000 rende il doppio massimo intravisto a 14'000' punti meno temibile e speriamo di lasciarcelo dietro di noi. Sarebbe importante: per  il momento chi ha una leggera sovraponderazione nel tecnologico non è certo contento come lo era lo scorso anno... Per il momento teniamo,  ma forse non è detto che un alleggerimento va fatto.




E' chiaro che questa impennata inflazionistica, fino a quando le rese non saliranno con decisione, sta mettendo il dollaro sotto pressione. Abbiamo sempre detto che le rese reali sono importanti per convincere gli investitori  su quale moneta bisogna puntare. In questo momento la resa reale del dollaro é facile immaginare dove sia andata: TB10anni 1.6386% - 4.2% inflazione= -2.56%,  abbastanza per tenere gli investitori alla larga. 


giovedì 13 maggio 2021

CPI al 4.2% !


 

Dopo tanto (forse troppo) attendere, è arrivata! Francamente non poteva essere altrimenti. Stiamo parlando dell’inflazione americana che da tempo covava sotto le braci di un sistema che si sta surriscaldando. Ieri il CPI statunitense (YoY) è stato abbastanza sorprendente: si aspettavano un +3.6%, mentre il rincaro è ben più alto di quello atteso. Un bel 4.2% che potrebbe iniziare a togliere il sonno ai governatori della FED.

I motivi di questo rialzo sono noti ed in ordine sparso citiamo: la marea di liquidita presente nel sistema economico e finanziario, liquidità che grazie al programma di aiuti è  in parte finita nelle tasche degli americani che a quanto pare si stanno pure trovando qualche soldino in più in busta paga; i prezzi delle materie prime stanno esplodendo;  i costi di trasporto pure,  aiutati dal petrolio che costa tre volte tanto rispetto ad un anno fa; la carenza di microchips  è come una sabbia che sta entrando negli ingranaggi produttivi di un gran numero di industrie che non riescono più a star dietro alla domanda; persino i prezzi delle auto e i camion d‘occasione, in mancanza di quelli nuovi, stanno andando alle stelle. Insomma potremmo continuare ma crediamo che abbiate capito la situazione... 


Ma adesso proviamo a metterci nei panni della FED e dei loro governatori che sono tutt‘altro che degli sprovveduti e avevano già capito da tempo come sarebbe finita questa storia: infatti dopo aver foraggiato a suon di trilioni il sistema economico e finanziario, fino ad averlo reso totalmente dipendente dall‘emissione costante di nuova moneta, ora non possono di punto in bianco, pena una violenta crisi di astinenza, fare anche solo  mezzo passo indietro. 

Consapevoli delle conseguenze del loro agire, già qualche trimestre fa si sono portati avanti con i lavori ed hanno avvisato tutti di non spaventarsi troppo alle prime avvisaglie di una inflazione crescente. Infatti anni di rincari vicini allo zero possono tranquillamente essere compensati con un periodo di inflazione che supera il 2% programmato. Infondo un po’ di inflazione che ti „mangia“ una parte del debito accumulato non è necessariamente un male, anzi!

Per il momento stanno cercando di mitigare il problema alludendo al  fatto che dal loro osservatorio ritengono il riacutizzarsi dell‘inflazione come un fenomeno transitorio che si riassorbirà nei prossimi mesi. Prepariamoci quindi a tutta una serie di declinazioni del termine "transitorio" nel tentativo di convincerci che questa inflazione sarà destinata a cessare, a passare in fretta e che non è assolutamente durevole ma bensì limitata nel tempo... Comunque date di scadenza non ne hanno date e probabilmente saremo chiamati ad un esercizio di pazienza e tolleranza. 

 
Speriamo che sia veramente così, anche perché se l‘inflazione gli scapperà di mano,  alla FED non resterà che avviare il tapering ed alzare i tassi,  magari prima di quanto previsto,   con delle conseguenze non simpaticissime per noi investitori.  Quindi: che fenomeno transitorio sia! 

sabato 8 maggio 2021

Greespan dixit


 Iniziamo dando una rapida occhiata agli indici azionari americani. Lo S&P500, pur spostandosi da qualche settimana orizzontalmente, è ostinatamente attaccato alla linea di resistenza che coincide anche con il suo record storico. L'RSI è sempre vicino all'ipercomprato mentre i volumi non segnalano una attività particolarmente vivace e si situano leggermente sotto la media dei 15 giorni. Se prendiamo il Dow Jones, che anche lui questa settiamana ha festeggiato il suo record storico, la situazione è simile. Della presunta correzione, attesa per il mese di maggio, pare non vi sia traccia... 

Un po' diverso lo scenario per il Nasdaq: è chiaramente visibile il doppio massimo (quelle due punte sopra i 14'000) che tecnicamente è forriero di una correzione, correzione che in effetti è in essere e la consideriamo più che salutare. Come sappiamo la stessa è stata avviata dal rialzo dei rendimenti americani che disturbano soprattutto le aziende più indebitate e nel Nasdaq abbondano. Non escludiamo di vedere i 13'000 punti a breve.


Borsa svizzera. Ammettiamolo: decisamente noiosa. Da inizio anno non ha fatto un granché (+4.49%)  e, grazie soprattutto alla farmaceutica, sembra voler perseverare. Altra piccola nota di demerito per il nostro mercato: non segue l'andamento al rialzo delle altre borse europee (tutte vicine al 10% ytd) ma quando c'è da correggere, lo SMI non si fa pregare e segue pari pari le sue consorelle europee. Motivo in più per prestare attenzione alle correzioni onde evitare di andare sotto zero.


E' stata una settimana piuttosto vivace e vogliamo portare alla vostra attenzione alcuni eventi che ci hanno colpito.

Iniziamo da un numero pubblicato ieri negli USA:


Tra le aspettative (978K) e la realtà (266k) c'è un abisso! Che si tratti di un errore che potrebbe, come capita, anche venir parzialmente rettificato non lo escludiamo. Ma una breve riflessione comunque si impone in quanto la creazione di nuovi posti di lavoro è un importante indicatore che serve agli analisti per capire quanto velocemente stiamo uscendo dalla crisi pandemica. Se leggiamo tra le pieghe dei numeri ci accorgiamo che quasi 200'000 posti sono andati persi nel settore dei servizi di assistenza e nei servizi di consegna ( di per sé non un brutto segnale: significa che la gente sta riprendendo a circolare) mentre la crisi dei microprocessori ha lasciato a casa 27'000 lavoratori del settore auto ed il rincaro del legname ha cancellato 15'000 posti nell'edilizia. Alcuni analisti hanno poi puntato il dito accusatorio nei confronti della generosità degli aiuti di disoccupazione che agirebbero da dissuasori per molta gente che dovrebbe cercasi un posto di lavoro. 

Ma quello che a noi interessa sono le consegueze di questo numero: paradossalmente per quanto sia negativo, gli effetti sui mercati potrebbero non essere così devastanti. Infatti un tale numero ci fa capire che da una crisi non se ne esce con uno schiocco delle dita ed il processo è lungo e si protrae nel tempo, così come da venerdi si allontana un pochino l'idea che i tassi americani dovranno essere aumentati prima del previsto. Questo dovrebbe portare un po' di giovamento ai mercati. 

Comunque ciò non toglie che qualcuno si sta portando avanti con i lavori:


Abbiamo intercettato questo grafico pubblicato dalla Bank of America che mette in evidenza come gli  Hedge Funds stanno scaricando il portafoglio azionario, probabilmente in attesa della famosa correzione. La stessa banca mette pure in evidenza che, mentre i professionisti del rischio si stanno proteggendo, il cosiddetto "Parco Buoi" (ovverosia noi piccoli investitori) è ancora fully invested e persevera nell'esserlo. Altro segnale da non sottovalutare.

Come se non bastasse la BofA a metterci sull'attenti una, ci verrebbe voglia di dire "disattenta" Jellen, mercoledi se ne esce con un Può darsi che i tassi di interesse debbano aumentare un po’ per essere sicuri che la nostra economia non si surriscaldi". Apriti cielo,  esattamente l'opposto di quanto Powell ci sta dicendo da settimane! E' vero che Jellen non è la presidentessa della FED ma lo è stata fino a non molto tempo fa... Ovviamente i mercati sono entrati in fibrillazione,  per poi calmarsi quando qualcuno ha suggerito alla Jellen di rettificare quanto detto il giorno prima... 

A confondere ulteriomente le acque ci ha poi pensato la stessa  FED che nel Financial Stability Report porta alla nostra attenzione che   “I prezzi elevati delle azioni riflettono in parte il continuo basso livello dei rendimenti del Tesoro. Tuttavia, le valutazioni per alcune attività sono elevate rispetto alla media storica. In questo contesto, i prezzi delle attività potrebbero essere vulnerabili a cali significativi se la propensione al rischio dovesse diminuire”

Chissà perché a noi viene subito in mente la famosissima "esuberanza irrazionale dei mercati" menzionata a suo tempo, era il 5 dicembre del 1996, da Alan Greenspan indimenticato presidente della FED: era il suo elegantissimo modo per farci sapere che, dal suo punto di vista,  i mercati azionari stavano fluttuando all'interno di una bella bolla. Biden ci sembra decisamente meno raffinato di Greenspann ma il suo messaggio è chiaro uguale!

Permetteteci di chiudere questo nostro intervento con un piccolo momento di umorismo nero: siamo andati a ripescare dai nostri archivi (e ci scusiamo per la qualità) una bellissima vignetta che ci riporta indietro nel tempo, proprio in quel 1996 quando Greenspan, alludendo all'esuberanza dei mercati,  senza saperlo stava scrivendo un pezzettino della storia dei mercati finanziari. Godetevela!






 

domenica 2 maggio 2021

Good news, bad news?




Che dire di questi mercati? La settimana appena trascorsa non è stata brillantissima e le borse di mezzo mondo ci sembrano un pochino appesantite. Quella Svizzera si è mangiata in terzo della performance da inizio anno (ringraziamo la farmaceutica...) e le altre hanno più o meno marciato sul posto. Se ben vi ricordate, avevamo riposto nella pubblicazione dei dati del primo trimestre la speranza che da quest'ultimi le borse avrebbero trovato gli spunti per aggiungere qualche mattoncino alla loro crescita. A  ben guardare i risultati ci sono,  ed in buona parte sono decisamente superiori alle aspettative, ma le borse non reagisco più nemmeno se confrontati con delle positive sorprese. Questo  significa una sola cosa: tutto è già scontato nelle attuali quotazioni e soprattutto il futuro prossimo venturo è foriero di qualche preoccupazione. Non vogliamo fare i menagramo modello Alfonso Tuor, ma la logica ci spinge in questa direzione.

E' abbastanza probabile che siamo confrontati con un fenomeno più unico che raro:  l'impressionante reazione dei mercati,  dopo il crollo record del mese di marzo e aprile del 2020,  è stata avviata dalla prospettiva di aiuti governativi senza precedenti e questo è bastato a fare muovere i mercati ancor prima di vedere la ripresa degli utili societari; in pratica lo scoro anno ci siamo  portati avanti con i lavori e abbiamo vissuto, forse per la prima volta, un ribaltamento del principio di causa-effetto che ci ha portato oggi in una situazione di stallo difficile da smuovere.


In settimana abbiamo intercettato un paio di dati macroeconomici che meritano una riflessione (clicca sui grafici per una miglior visione):


PIL USA: Prec: 4.3%, Atteso: 6.1% Attuale: 6.4%    PIL GERMANIA. P: 0.5%, A: -1.5%, ATT: -1.7%

Il commento ci sembra quasi superfluo: è evidente che al di là e al di qua dell'Oceano sono in atto dinamiche diverse che si possono facilmente spiegare: in America la campagna vaccinale prosegue a ritmi serrati (anche in virtù del fatto che vige, anche sotto l'egida di Biden,  il concetto di America First) e più di un terzo della popolazione è immunizzata. In Europa (e la Germania, di norma campione di efficienza,  non fa eccezione) la carenza di vaccini si fa sentire e parecchio: nemmeno un quinto della popolazione è protetta ed infatti siamo ancora in lockdown ed in recessione (se lo è la Germania lo siamo tutti...). 

Altro fattore da sottolineare: gli aiuti negli USA sono già finiti nelle tasche degli americani e questi hanno già iniziato a spendere (70% del Pil è fatto dai consumi...)  mentre in Europa si continua a discutere: maggio dovrebbe essere il mese giusto per iniziare a vedere distribuiti i miliardi di aiuti europei ma francamente abbiamo ancora qualche dubbio. Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno,  possiamo sperare che in Europa la ripresa sia solo leggermente posticipata rispetto a quella americana, ma temiamo che quando questa avverrà (pensiamo alla fine dell'estate ad esser ottimisti) i mercati finanziari saranno già in marcata correzione e, volenti o nolenti,  lo saranno anche le borse del nostro continente in barba alla ripresa economica.

Venerdi abbiamo intercettato un'intervita della CNBC che interrogava il presidente dell'Omega Family Office Leon Cooperman (che definisce se stesso come un "orso completamente investito") che ha oramai un occhio ben puntato sull' uscita di sicurezza del mercato. Infatti afferma : "nessuno, me compreso, sa quando questo finirà (riferito all'esuberanza del mercato azionario), ma stiamo iniziando ad osservare una serie di cose che indicherebbero una fine", lasciando intendere che i guadagni in borsa non potranno salire all'infinito.

 Dobbiamo ammettere che "la serie di cose" ce l'abbiamo bene in mente anche noi e velocemente, repetita iuvant, le evidenziamo:
  • Oltre la metà delle società dello S&P500 ha pubblicato i numeri del trimestre e l'87% ha battuto le stime anche di parecchio (trimestre mai così buono dal 1993); mediamente le quotazioni di queste società dopo la pubblicazione dei dati sono scese dello 0.2%.
  • L'inflazione in arrivo potrebbe non essere domata così facilmente come potrebbe pensare la FED costringendola ad anticipare le sue mosse: fra le tante un tapering prima della fine del 2022.
  • I rendimenti dei Treasury sono al rialzo...
  • Biden sta spingendo sull'acceleratore delle tasse, ovviamente da rivedere al rialzo sia per le società che per i privati benestanti. Per non farsi mancare nulla sta pensando pure di rivedere i prelievi per i capital gains (una vera e propria criptonite per i mercati finanziari)
  • I P/E e altri indicatori ci suggeriscono che il mercato non è... a buon mercato!
  • La dobolezza dell'attività manifatturiera e dei servizi in Cina e la recessione in Europa pesano
  • La crisi dei microprocessori è in pieno svolgimento.
Sulla crisi dei microprocessori, all'inizio piuttosto sottovalutata, vale la pena spendere due parole supplementari in quanto forriera, più di quel che sembra, di grossi guai per molte industrie. Le cause di questa crisi sono facilmente identificabili:  A) la forte domanda di microprocessori da parte dell'industria informatica e automobilistica in primis; B) Le tensioni tra USA e Cina non hanno aiutato: infatti la produzione di microprocessori è concentrata in alcuni paesi asiatici (Cina, Corea del Sud e Taiwan) e temiamo che il microprocessore si sia trovato, suo malgrado,  nel bel mezzo di una guerra commerciale.

Le conseguenze sono importanti: l'industria automobilistica, già in crisi di suo, è costretta a diminuire la produzione per mancanza di microcips fondamentali per far funzionare un'auto.  Persino Apple ha dichiarato che potrebbe esserci un rallentamento nella produzione di Ipad  ed altri prodotti che ovviamente impatteranno sulle vendite future (da qui la tiepida reazione del titolo della grande mela alla pubblicazione di risultati impressionanti).

Insomma, anche i microprocessori sono vittime di un problema di eccessiva delocalizzazione che li accomuna a quello della produzione di vaccini (concentrata tra India e Cina): è chiaro che qualche cosa nella catena di approvvigionamento di noi occidentali deve essere rivisto e corretto (soprattutto se qualcuno continua a voler far la guerra ai cinesi...).





Come già sottolineato lo SMI questa settimana non ha brillato e  venerdi si è riportato a ridosso del supporto degli 11'000 punti: per fortuna i volumi non sono eccezionali e quindi il movimento non ci pare allarmante: vorremmo quasi dire che potrebbe già essere un'anticipazione della correzione attesa per questo mese. Anche l'RSI è in posizione neutra e per il momento non vogliamo preoccuparci oltre.


Ma cosa ci dice Ned Davis a proposito dello S&P500?



Per il momento non sbaglia un colpo ed in effetti il modello riproduce piuttosto fedelmente la direzionalità dell'indice: se l'algoritmo è corretto è probabile che con la settimana entrante potremo avere l'inizio della correzione...




... correzione abbastanza probabile considerato che siamo molto vicini all'ipercomprato (RSI 61.9).


...  per il Nasdaq non siamo in ipercomprato ma ci sembra di aver visto la formazione di un doppio massimo che di norma, se confermato nei prossimi giorni, è sinomimo di correzione.





Questa settimana abbiamo notato la ripresa dei rendimenti sul Treasury americano a 10 anni: è un fattore di "disturbo" per i metalli, il Nasdaq e le obbligazioni in generale: come già più volte ripetutto siamo convinti che punterà verso una resa del 2% a breve e poi si vedrà.




All'aumento delle rese ha subito reagito USD/CHF con un cinquantina di basis points che potranno diventare anche di più la prossima settimana.


Meno brillante Euro/Chf che non ha gradito la pubblicazione del PIL tedesco peggiore delle aspettative...


In conclusione possiamo dire  di non essere ovviamente particolarmente soddisfatti della settimana appena trascorsa e come detto il mese di maggio in generale potrebbe non essere dei più felici. Se Ned Davis ha ragione,  saremo confrontati con un movimento ribasista abbasta modesto e facilmente riassorbibile. Più preoccupante sarà la correzione di questa estate che speriamo di riuscire ad intercettare  in tempo senza esser presi in contropiede. 
A tal proposito l'analisi tecnica, della quale facciamo largo uso, ci verrà incontro. Non abbiamo mai parlato delle medie mobili anche se le utilizziamo con frequenza. In una delle prossime pubblicazioni ne spiegheremo l'utilità soprattutto se dovremo "catturare" un movimento piuttosto ampio come quello che ci aspetterà tra qualche mese.

Buona lettura!