venerdì 25 giugno 2021

Inflazione no problem



 Chiediamo subito venia per la ridondanza dei nostri commenti, ma il controllo dell'andamento inflattivo è un tema troppo importante per essere trascurato. 

E' appena stato pubblicato negli USA il Personal Consumption Expediture anno su anno (PCE) che mostra un lieve aumento (3.4%)  rispetto alla precedente rilevazione (3.1%),  segno che la dinamica dei costi rimane comunque rialzista. E' vero che oggi è uscito un'altro dato, quello della Spesa Personale di maggio che era atteso al rialzo (0.4) ma che in realtà non si è mosso (0.0%): quindi si è speso meno (forse a causa dell'aumento dei prezzi?)  e contrasta un po con il PCE riequilibrando in parte la situazione.

Nel frattempo la FED, attraverso la voce dei suoi rappresentanti,  non perde occasione per ridimensionare la problematica inflazione etichettandola, come ben sapete,  transitoria. L'obiettivo ci pare chiaro: è quello di assuefare l'investitore all'idea che l'aumento dei prezzi sia una realtà presente nel circuito economico. L'inflazione è qui per rimanerci e sarà un elemento che non potremo più dare per assente come fatto negli ultimi 10 anni. Indirettamente stanno cercando di far passare l'idea, che presto o tardi,  la leva dei tassi dovrà entrare in funzione (attesa nell'ultimo scorcio del 2022) ma quando sarà arrivato il momento il mercato avrà già preventivamente digerito la cosa e forse non assisteremo a scene di panico collettivo condito dall'inevitabile crollo delle borse. Speriamo!


Ricontrolliamo l'indice delle materie prime di Bloomberg: dopo la correzione della scorsa settimana sta riprendendo a salire e a maggior ragione probabilmente il movimento continuerà dopo che ieri Biden ha annunciato un accordo bipartisan per ulteriori 579 miliardi di spesa pubblica nelle infrastrutture.


Anche il Baltic Dry index ha ripreso la sua salita. Rammentiamo che il BD  è un indice che monitora i costi dei trasporti marittimi ed è un buon indicatore della domanda di materie prime e derrate alimentari. Per queste sue caratteristiche viene monitorato per individuare i segnali di tendenza della congiuntura economica che viene segnalata quindi in buon rialzo. 

Insomma, le condizioni per vedere un'inflazione crescente nei prossimi mesi ci sono...


Ovviamente noi siamo interessati alla reazione dei mercati ed in primis dello S&P500:


Come già sottolineato le spinte inflazioniste sembrano non preoccupare:  proprio ieri, dopo una serie infruttuosa di tentativi, l'indice è riuscito a superare la resistenza dei 4250 punti,  indispensabile per pensare di raggiungere l'obiettivo di NDR a 4500 punti. Il superamento è avvenuto con volumi non eccezionali (freccia rossa) ma se lo S&P trova la forza di restare sopra la linea di resistenza per qualche giorno e magari accumulare qualche punticino supplementare, forse avremo la conferma definitiva che la strada per i 4500 punti è aperta. Mentre stiamo scrivendo mancano 10 minuti all'apertura dell'America ed alla fine del nostro intervento vi diremo come ha aperto...


In molti ci chiedono un costante aggiornamento del grafico di NDR: per il momento c'è solo da ammirare l'accuratezza della previsione e, a quanto pare, dopo la rottura della resistenza abbiamo ancora qualche settimana di bel tempo davanti a noi.




 

La borsa Svizzera sembra aver perso un po' del suo smalto ed tutta la settimana che consolida attorno agli attuali livelli. Per il momento è ancora all'interno del canale ascendente e potrebbe anche restarci... Come sottolineato la scorsa settimana, a questi livelli una mini presa di profitti può essere fatta: siamo quasi certi che un po' di liquidità nelle prossime settimane potrà servire.


Alle 15:41 l' S&P500 è al rialzo dello 0.22% a 4'275 punti nuovo record storico... proviamo a goderci il week end. 

A presto e buona lettura!


domenica 20 giugno 2021

FED Dot Plot



FED Dot Plot 03.2021


                                                                 FED Dot Plot 06.2021





Che qualche cosa stia cambiando nella retorica della FED, appare evidente anche solo gettando  distrattamente un‘occhiata agli ultimi dot plot pubblicati a margine della riunione di mercoledì scorso. 

Rammentiamo che il „dot plot“ della FED è un grafico trimestrale che sintetizza l'opinione dei 18 membri della FED a riguardo del livello appropriato dei tassi per l’anno in corso e per i due anni successivi

La differenza tra la posizione di marzo e quella di giugno è in sintonia con l’avanzare dell’inflazione che, se ben ricordate, tre mesi fa non superava l’1.4-1.5% mentre oggi siamo vicini al 5%. Powell nelle scorse settimane non ha perso occasione per rammentarci come un tale rincaro sia solo temporaneo, ma mercoledì ha cambiato tono e ci ha messo sull’attenti a riguardo di un'inflazione che potrebbe anche restare più alta del previsto e per un tempo non ben determinato ma comunque persistente… 

Per quest‘anno di aumenti non se ne parla:  tutti i governatori sono allineati su questa posizione come lo erano a marzo. Quello che inizia a cambiare è la percezione di dove dovranno essere i tassi per il 2022: sono in 7 che se li aspettano più alti, mentre a marzo erano solo in quattro a pensarlo. Non diamo per scontato che vi saranno degli aumenti, ma se quest’ultimi dovessero manifestarsi il prossimo anno, significa che il movimento è avvenuto circa un anno prima del previsto e questo, fino a qualche settimana fa, NON era scontato dal mercato. A rincarar la dose sono rimasti in quattro a pensare che nel 2023 non vi saranno rialzi; quattro iniziano ad essere pochi... Ecco spiegato il nervosismo di questi ultimi giorni.


Stiamo cercando di capire se le spinte inflazionistiche, così evidenti negli USA (un po‘ meno in Europa) possano prima o poi affievolirsi  avvalorando la tesi di Powell sulla loro temporaneità. E‘ fuor di dubbio che un contributo essenziale all’aumento dei prezzi è arrivato dal rincaro (a volte anche impressionante) delle materie prime, dal costo del trasporto e dai vari colli di bottiglia che si sono formati negli approvvigionamenti. Non ci pare invece significativo il ruolo giocato dagli aumenti salariali che a nostro giudizio giocano per il momento un ruolo abbastanza marginale.


Vediamo come siamo messi:




L'indice generale delle materie prime di Bloomberg è reduce da una settimana di ribassi... E' solo un 5% ma potrebbe continuare la prossima...


Il rame ed il legname che sono stati tra i principali protagonisti del  rialzo dei prezzi delle materie prime hanno fatto anche peggio e sono arretrati di circa il 14/15%...



Anche l'indice dei trasporti sta calando e di sicuro sarà un aiuto a calmierare la crescita dei prezzi.

Quindi, senza la pretesa di aver fatto chissà quale esaustiva analisi, possiamo comunque ragionevolmente pensare che la crescita dell'inflazione potrebbe essere un po' meno virulenta e ce lo auguriamo. Forse Powell tutti i torti non li ha... lo capiremo nelle prossime settimane.

Ciò non toglie che l'azione della FED nei confronti di un aumento dei tassi dovrà comunque, presto o tartdi,  manifestarsi. Stiamo probabilmente risolvendo il problema pandemico e già questo potrebbe aiutare l'economia a restare a galla senza il continuo intervento delle banche central. Ma se non fosse il caso, allora bisognerà preoccuparsi, e parecchio, in quanto non si potrà lasciare il nostro paziente perennemente attaccatto all'ossigeno fornito della FED. Sembrerebbe una forma perniciosa di accanimento terapeutico che servirebbe solo a perpetuarne l'agonia a suon di migliaia di miliardi.

Ma vediamo come i mercati hanno reagito:



L'ultimo aggiornamento dell'algoritmo di NDR ci mostra un leggero rallentamento della crescita dello S&P500 ma per il momento tutto va nella giusta direzione...




...anche se la resistenza a 4240 sembra veramente.... resistente e dura da superare. Senza l'uscita dal canale trasversale NON abbiamo possibilità di nuove salite e quel 5/6% di potenziale salita rimane non espresso. Pazienza! Al contrario noi ci allarmiamo seriamente qualora l'indice dovesse bucare verso il basso il supporto dinamico (vedi freccia verde).





A livello europeo ci sono due Svizzere: quella che arranca agli Europei venti-venti e quella in che nell‘ultimo mese si è espressa, attraverso la sua borsa (SMI), risultando una delle migliori  in campo non solo a livello continentale ma addirittura mondiale. Il recupero è stato impressionante, supportato da volumi crescenti e strappi verso l’alto che l’hanno portata a colmare quasi tutto il ritardo nei confronti delle consorelle europee. Vi avevamo consigliato di tenere le posizioni e chi l’ha fatto non se n’è pentito. 


Ora però dobbiamo prender atto che alcuni indicatori ci stanno dando dei segnali che non vanno sottovalutati: uno di questi è il classico RSI che sul breve si trova in chiaro territorio di ipercomprato (cerchio rosso) che lascia presagire l’arrivo di una probabile correzione. Anche la ripidità e la rapidità con la quale la crescita è avvenuta suggerisce prudenza. Il canale ascendete è molto stretto e bastano pochi movimenti ribassisti per forare il supporto e dare il via a vendite più importanti. L’intuito ci suggerisce che forse è meglio agire d‘anticipo, senza aspettare un vero segnale di inversione. Non proponiamo una vendita massiccia, ma qualche alleggerimento mirato va fatto;  poi, pronti ad essere un po’ più incisivi quando i segnali ce lo suggeriranno e dei quali vi faremo partecipi.







Tutto questo parlar di tapering e tassi più alti, non può lasciar indifferente il dollaro che in effetti ha reagito; eccome ha reagito! Nello spazio di 2 giorni ha messo a segno un recupero importante di circa 200 punti base e sembra voler continuare a farlo anche per la prossima settimana sia contro euro che contro chf. Contro franco non escludiamo di vedere presto i 0.93 cts mentre contro euro 1.17 non sembra essere impossibile.





sabato 12 giugno 2021

Inflazione


 

Abbiamo alle spalle una settimana che, in quanto a dati macroeconomici, non ci ha fatto mancare nulla. Indubbiamente l'evento più atteso è stata la pubblicazione dello stato dell'inflazione negli USA per il mese di maggio. Se ben ricordate ad aprile eravamo al 4.2 e giovedì gli analisti  si aspettavano un aumento al 4.7 ma ancora una volta si sono sbagliati per difetto:  il CPI è uscito con un bel +5%, come indicato dal bel grafico "preso in prestito" dal sito MarketWatch. 

Insomma, sembra proprio che i prezzi stiano scappando verso l'alto ed anche se prendiamo il Core CPI (l'inflazione depurata da due componenti piuttosto volatili come i costi dell'energia e del cibo) il quadro non cambia di molto e ci stiamo muovendo ben oltre il 2%, che sarebbe l'obiettivo di medio periodo fissato dalla FED.

A dir la verità, l'indicatore di aumento dei prezzi preferito dalla FED,  è il Core Personal Consumption (PCE). L'indice delle spese di consumo personale tiene conto dei costi diretti ed indiretti dei consumatori, congloba le spese mediche e registra anche i cambiamenti nelle abitudini dei consumatori: se una cosa diventa troppo cara quest'ultima viene sostituita da qualche cosa d'altro meno costoso; questo comportamento contribuisce a calmierare l'inflazione. Insomma anche PCE dimostra un discreto incremento (3.5%)  ma sembra per il momento non preoccupare più di tanto la banca centrale americana che come ben sapete ritiene questi aumenti solo temporanei.


Con una simile inflazione ci saremmo aspettati per lo meno un accenno di aumento dei rendimenti del Treasury Americano a 10 anni: diciamo che se si fosse portato al livello pre-pandemico (leggermente sopra il 2%) ci sarebbe sembrata la più naturale e spontanea delle reazioni. In realtà i rendimenti sono scesi e ieri in chiusura erano all'1.47%. Ammettiamo che facciamo un po' fatica a capire e probabilmente siamo in buona compagnia. Insomma, chi te lo fa fare di comprare un titolo decennale che ha una resa reale del -3.53? Eppure, a quanto pare, l'hanno comprato!

Ovviamente questa reazione è piaciuta alla borsa, che con ogni probabilità,  potrà ancora andare avanti ancora per un po' ad inanellare un massimo storico dietro l'altro. Ci sta bene e ci mancherebbe altro, ma noi non siamo tranquilli.

Ammettiamo che probabilmente una parte dell'inflazione il mercato obbligazionario l'ha già scontata nel rialzo di febbraio/marzo; ma l'unica spiegazione sostenibile, che ci aiuta a comprendere un ribasso dei rendimenti,  è che da qualche parte qualcuno sta già prezzando una possibile frenata dell'economia nel secondo semestre di quest'anno. La qualcosa potrebbe essere verosimile.

Pensateci bene: l'aumento del costo delle materie prime, del loro trasporto e di quello dei prodotti finiti, i colli di bottiglia nell'approvigionamento delle stesse con possibili blocchi alla produzione (anche in Ticino parecchi cantieri iniziano ad avere problemi e potrebbero anche temporaneamente fermarsi...), il trasferimento di questi costi sull'acquirente finale che desiste dall'acquisto o al contrario un loro totale assorbimento da parte della società, potrebbe in effetti innescare un rallentamento della crescita economica e degli utili delle società... Ma questo lo vedremo solo fra qualche mese.




La realtà di questi giorn invece ci porta a considerare che alle borse, quanto appena esposto,  per il momento non importa più di tanto. Quasi tutte stanno flirtando con i massimi storici e se avranno la forza di sfondare le resistenze potremmo assistere ad ulteriori incrementi di valore.

Riprendiamo lo schema aggiornato di NRD:



...si commenta da solo! Non lo diamo per scontato ma, accidenti!, che precisione...




Nell'ultimo post dicevamo che lo SMI poteva fare quache cosa di meglio: detto, fatto! Anche il nostro indice, grazie a Roche e Novartis, si è finalmente riportato a ridosso delle migliori borse europee. E' chiaro che ogni giorno che passa non sarà facile confermare un record storico dietro l'altro ma per il momomento, anche se l'RSI è chiaramente nell'ipercomprato, non si intravvedono inversioni di tendenza.

Proponiamo di tenere aperte le posizione ancora per un po',  anche se la tentazione di consolidare più i giorni passano più aumenta... poi quella strana reazione del reddito fisso è oramai lì, ben presente, nel nostro retro cranio e sta iniziando a lavorare...


lunedì 7 giugno 2021

SMI: bene ma potrebbe fare meglio


 Dobbiamo ammettere che siamo piacevolmente sorpresi da quanto rapidamente, una volta forata la resistenza a 11'262 punti, il nostro indice ha coperto la distanza (non strepitosa a dir la verità) che lo separava dall'obiettivo tecnico situato a 11'555 punti. Come oramai ben sapete, il nostro mercato è un po' la Cenerentola di quelli europei, ma negli ultimi giorni ha leggermente raccorciato lo spread e se Roche e compagni si mettono di buzzo buono (come sembrerebbe) potremmo anche assistere ad un ulteriore parziale recupero.

Ci sono comunque un paio di cose che ci piacciono meno: la prima è che il rialzo dopo la rottura è avvenuto con volumi calanti e non è mai un bel segnale per la continuità del movimento (vedi feccia rossa in basso); mentre l'oscillatore RSI si avvicina sempre più in territorio di ipercomprato. Inoltre l'aver già raggiunto l'ipotetica resistenza a 11'555 pone il problema del suo superamento e non sarà per domani... Siamo comunque dell'idea che per il momento dobbiamo tenere le posizioni in essere e mai scordare che "a bull market is a sequence of new-time-highs!" E' lapalissiano ma pure sacrosanto.



Anche Bank of America ci conforta con un'analisi dei mercati europei che potrebbero, abbastanza agilmente, accumulare fino a 5 punti percentuali di performance e questo in effetti ci sembra verosimile, soprattutto perché  che se in America si intravvede in lontananza un tapering, alle nostre latitudini parlare di assottigliamento sarebbe un suicidio e questo Lagarde lo sa benissimo.



Ricordate la conditio sine qua non per arrivare al target ipotizatto da NDR? Il superamento di quota 4240/50 è indispensabile e per il momento non ci siamo. Si sperava che i dati sul lavoro di venerdi, sotto le aspettative, potesse stimolare qualche acquisto di pancia ma non è stato il caso e anche oggi non sembra la giornata giusta. Il perché cerchiamo di capirlo tra un attimo...



 

Come ben sapete, abbiamo tutti i giorni gli occhi ben puntati sul rendimento del Treasury a 10 anni che per il momento si sta spostano, come avevamo previsto, lateralmente insensibile apparentemente al rialzo dell'inflazione e alla retorica della FED ben supportata anche dal segretario al Tesoro.

In questi giorni abbiamo comunque cercato di capire meglio come la FED sta preparando il terreno ad un eventuale assottigliamento (tapering) della politica monetaria ultraespansiva. E' interessante. Si stanno muovento a piccoli passi, come a voler testare l'umore dei mercati, e senza troppo clamore. A partire proprio da oggi 7 giugno inizieranno,  un poco per volta,  a rivendere sul mercato i bond aziendali e gli eft che hanno comprato durante la pandemia. Poca roba: sono 5.2 mia di obbligazioni corporate e 8.5 mia di etf, ma quel che importa è che le stanno riposizionando sul mercato... insomma sembra proprio l'inizio di un tapering pulviscolare ma sempre di tapering stiamo parlando... così,  tanto per vedere che effetto che fa!

A dar man forte alla FED, ieri ci ha messo lo zampino pure la Jellen che,  a margine dell'incontro del G7,  rilascia qualche dichiarazione tra le quali un paio che vanno dove la Fed vorrebbe andare. Infatti, candidamente, come sua abitudine, afferma  che "tassi di interesse più alti possono essere un plus per gli Stati Uniti" e non paga rincara la dose affermando "che dopo un decennio speso a combattere l'assenza di inflazione e tassi di interesse vicini allo zero, un po di inflazione non ci dispiace".  Intendiamoci, non ha detto nulla di trascendentale, ma quello che importa è che l'ha detto anche qui con l'intento di assuefarci all'idea che presto o tardi qualche cosa succederà in tal senso... Risultato: oggi l'America è piatta... un paio di trimestri fa simili dichiarazioni avrebbero scavato una voraggine in borsa. E' probabile che già assuefatti lo siamo e non ce ne siamo neppure accorti... La tattica dell'ammministrazione americana sembra funzionare.


Roche (clicca sul grafico per una miglior visione)


Ieri vi abbiamo inoltrato l'articolo apparso sull'Economist della scorsa settimana. Stamani abbiamo stampato il grafico a 5 anni, l'abbiamo abbellito con le medie mobili e abbiamo cercato di intravvedere un qualche accenno ad un cambiamento di trend in atto.

In effetti Roche è entrata in crisi nell'aprile dello scorso anno, fors'anche perché parzialmente esclusa dal grande business della pandemia e dallo spauracchio che Biden possa diminuire i prezzi dei farmaci. L'articolo parlava chiaro e con la diagnostica la casa farmaceutica Basilese sembra stia facendo bene: in molti si sono resi conto di quanto sia importante il settore.

Tecnicamente il titolo sta cercando di uscire dal canale discendente all'interno del quale si trovava intrappolato dal mese di aprile del 2020 (cerchio verde). La rottura della resistenza è avvenuta nei giorni scorsi e se guardate bene il grafico del titolo ha forato dal basso verso l'alto tutte e tre le medie mobili (a 50, 100 e 200 giorni) ed è un altro bel segnale che potrebbe esser rafforzato quanto la media mobile dei 50 giorni (linea rossa) forerà verso l'alto sia quella a 100 (verde) che a 200 (gialla). Insomma il titolo non ci dispiace. Ad onor del vero, e ci scusiamo, il target del titolo per i prossimi 12 mesi si situa tra i 340 e 370 chf.  Gli oltre 400 chf per il momento non sono più menzionati, ma comunque il rialzo potenziale è pur sempre apprezzabile.


Per concludere una curiosità. Per le cripto non è un momento dei migliori e bisogna portare pazienza. A quanto pare la colpa è del futuro imperatore marziano Elon Musk che si diverte a "trollare",  con i suoi messaggi fuori luogo sia per contenuto che per tempismo, il mondo delle criptocurrencies. 

Dicevamo di una curiosità: a quanto pare il bitcoin è nato anche  in contrapposizione alla fiat money con l'idea di rende agibili a tutti la moneta elettronica in modo tale da evitare le fastidiose concentrazioni di denaro nella mani di pochi o pochissimmi.

La curiosità è presto svelata: un bitcoin vale 36'648$ per una capitalizzazione ad oggi di 685.4 miliardi di dollari. Il 63% di questo cifra è detenuto da circa 16'000 indirizzi sulla blockchain, che fatti due calcoli veloci, corrisponde allo 0.04%. Obiettivo distribuzione della ricchezza non raggiunto. Ma questo non è assolutamente una novità.

domenica 6 giugno 2021

Roche la visionaria

Non capita tutte le settimane di leggere sull'Economist un articolo che fondamentalmente incensa la visione a lungo termine di Roche. Non c'è che da esserne contenti e soddisfatti. Alzi la mano chi non ha almeno un'azione della Roche nel suo deposito. Fra parentesi il titolo pare essersi risvegliato proprio in questi giorni e ce lo ritroviamo a 320 chf. Non dimentichiamo che quasi tutti gli analisti danno un rating per Roche che va dai 380 ad oltre i 400 chf. Fingers corssed!


Come al solito abbiamo passato l'articolo in un traduttore automatico che ha fatto il suo dovere. Buona lettura.


La grande azienda farmaceutica che ha visto il futuro

Molto tempo fa Roche ha scommesso sull'assistenza sanitaria personalizzata. Ora è arrivato il suo momento

The Economist del 5 giugno 2021

Roche è una strana entità. Il gigante svizzero è il secondo produttore di farmaci più grande del mondo e una delle aziende più redditizie di Big Pharma. Ma il suo più grande gruppo azionario, in gran parte discendente da Fritz Hoffmann-La Roche, che fondò l'azienda nel 1896, è guidato da André Hoffmann, un amante della natura e sostenitore della sostenibilità che crede che lo scopo del business non sia principalmente quello di fare soldi. Anche i suoi capi sono scoraggiati dal fare un franco veloce. Severin Schwan, un austriaco che guida l'azienda dal 2008, è solo il settimo amministratore delegato di Roche in 125 anni. Gran parte del suo stipendio è legato alle azioni dell'azienda per dieci anni, dandogli, come dice lui, "letteralmente un interesse acquisito" nel futuro a lungo termine.

Un'altra cosa distingue Roche dalla massa. Per due decenni ha coltivato una divisione diagnostica poco appariscente accanto al suo pilastro della produzione di farmaci, nel tentativo di creare un'assistenza sanitaria più personalizzata. Questa unità, che rappresenta quasi un quarto delle vendite, ha generato margini più bassi rispetto ai prodotti farmaceutici, e allontana il tipo di investitori che anelano solo ai farmaci di successo. Se non fosse stato per la pazienza degli Hoffmann, alcuni sospettano che gli attivisti avrebbero costretto Roche a venderla o a scorporarla molto tempo fa.

Eppure nell'ultimo anno o giù di lì la capacità di diagnosticare una malattia nelle sue fasi iniziali è entrata pienamente in gioco. La divisione ha aiutato l'azienda a superare la pandemia di covid-19. Roche non era uno dei produttori di vaccini di punta, ma i suoi test pcr e antigenici hanno sostenuto i profitti nonostante un rallentamento nei trattamenti del cancro, il suo più grande business. Inoltre, i progressi nel sequenziamento dei geni e altre tecniche di biologia molecolare hanno aiutato a identificare sars-cov-2, il virus covid-19, così come i modi per combatterlo. Questo ha evidenziato il valore della combinazione di biotecnologia e diagnostica. Sono entrambi campi in cui Roche eccelle.

Lungi dall'abbandonare la diagnostica, Roche sta ora raddoppiando su di essa, espandendosi nella digitalizzazione e nell'analisi avanzata dei dati per creare trattamenti per il cancro su misura. Questa è, dice Tim Haines, capo di Abingworth, una società di venture capital biotech, "l'età dell'oro della diagnostica". Le scommesse fatte anni fa stanno facendo sembrare preveggente l'azienda con sede a Basilea dal suono noioso.

Il signor Schwan, il cui background è nella diagnostica, riesce a malapena a contenere la sua eccitazione. Dopo una lunga conversazione con The Economist, è tornato per saperne di più il giorno dopo. Come spiega, il cancro è una panoplia di malattie basate su mutazioni individuali. La diagnostica identifica le differenze genetiche e di altro tipo tra i pazienti, portando alla creazione di trattamenti più personalizzati. Il mercato personalizzato, per definizione, è più piccolo di quello dei farmaci blockbuster, ma se i pazienti rispondono meglio al trattamento, il valore dei farmaci può essere proporzionalmente più alto. Setacciare oceani di dati genomici può produrre ancora più precisione.

Accumulare risme di informazioni sui pazienti è stato a lungo scomodo per le preoccupazioni sulla privacy medica. Ora non è più così, crede il signor Schwan. Egli dice che la pandemia ha contribuito a cambiare l'umore in due modi. In primo luogo, l'uso del data-crunching per accelerare la lotta contro il covid-19 ha reso le autorità sanitarie, gli ospedali e i medici più disponibili all'idea di condividere le cartelle cliniche, a condizione che le informazioni siano rese anonime. Questo è, dopo tutto, biotech, non big tech. "Non siamo nel business della pubblicità", dice. In secondo luogo, i regolatori hanno mostrato quella che lui descrive come una volontà "incredibile" di accelerare l'approvazione dei farmaci ottenendo l'accesso ai dati dei test clinici in tempo reale. "Perché non dovremmo fare lo stesso per i farmaci salvavita contro il cancro?

Roche, che recentemente è rimasta indietro rispetto a Merck, un rivale in oncologia, nei trattamenti di immunoterapia, ha aspettato con ansia che questa marea digitale girasse. Due acquisizioni americane nel 2018 potrebbero rivelarsi particolarmente fruttuose. Una è Foundation Medicine, una società di sequenziamento genico che può identificare i tumori dal dna nei campioni di sangue, invece che dalle biopsie tumorali. L'altro è Flatiron Health, uno specialista in cartelle cliniche legate al cancro che genera dati sui pazienti dal mondo reale, integrando gli studi clinici. Entrambi producono ciò che Roche chiama intuizioni sul cancro. Come la sua attività di diagnostica, non solo la aiutano a promuovere lo sviluppo dei suoi farmaci, ma vendono anche servizi ai rivali, rendendoli imprese a pieno titolo. Non sono ancora redditizie, ma un giorno, dice il signor Schwan, il business degli "approfondimenti" potrebbe essere un terzo pilastro per Roche, altrettanto grande, se non più grande, della diagnostica e della farmaceutica.

Detto questo, la Roche ha un record di successo nell'ottenere l'inaspettato. Stefan Schneider di Vontobel, una società di investimenti svizzera, nota che ha compiuto la rara impresa di mantenere i profitti anche quando i brevetti sui suoi tre più grandi farmaci contro il cancro, che hanno avuto un picco di ricavi annuali di 21 miliardi di dollari, sono scaduti. Il suo farmaco immunoterapico, Tecentriq, ha recentemente mostrato risultati promettenti nella cura del cancro ai polmoni allo stadio iniziale, che potrebbe essere una grande svolta. E ha padroneggiato l'arte di comprare aziende biotecnologiche alla moda senza rovinare la loro effervescenza innovativa.

In effetti, il suo successo giustifica il pensiero a lungo termine e dimostra che l'attenzione degli azionisti per nozioni come la sostenibilità può coesistere con il successo commerciale. Nonostante l'influenza della famiglia Hoffmann, il signor Schwan non è un rammollito. Difende gli alti prezzi dei farmaci in America. Crede in una forte protezione della proprietà intellettuale. Quando il governo americano quest'anno ha dato il suo sostegno alla rinuncia al brevetto per i vaccini covid-19, l'ha paragonato alla nazionalizzazione comunista della Germania dell'Est dei produttori di farmaci. Roche può essere insolito. Come una delle poche megafirme di classe mondiale in Europa, è anche coraggiosa.



martedì 1 giugno 2021

E se NDR avesse ragione?



Alzi la mano chi si è accorto che il mese di giugno è già iniziato! Il tempo vola, vero!? Eccome!!

Stamani abbiamo ripreso in mano lo schema elaborato da Ned Devis (NDR) ed in teoria ci rimangono 4/6 settimane prima che la volatilità si risvegli ed inizi a far male. 

Come abbiamo già detto, la stagione degli utili del secondo trimestre potrebbe fungere da detonatore, soprattutto se i risultati aziendali dovessero deludere le aspettative. 

Per il momento non abbiamo segnali in tal senso,  ma il rincaro delle materie prime e soprattutto la scarsità di microcips, potrebbero creare delle brutte sorprese nei bilanci di parecchie aziende... vedremo.


Quello che per il momento ci preme evidenziare, è che se NDR ha ragione, a partire da oggi lo S&P500 dovrebbe realizzare ancora una performance positiva quantificabile in 5/6 punti percentuali o per lo meno il trend (the trend si more importante than the level) dovrebbe puntare decisamente al rialzo trainandosi appresso le borse di mezzo mondo. 

Possibile? Perché no, ma sul cortissimo ad una condizione... 




... l‘indice deve riuscire a superare la resistenza posta a 4250 punti. 

Infatti è da qualche settimana che si sta spostando lateralmente tra i 4080 e i 4250 punti, anche se, ad onor del vero,  il supporto dinamico (linea rossa) è ancora perfettamente valido e lascia intatta l’ipotesi di una continuazione del trend che effettivamente punta ai 4500 punti per luglio.



Sul fronte dei rendimenti, quello che guardiamo con grande interesse è quello del Treasury a 10 anni: è una cartina di tornasole piuttosto efficiente ed in caso di guai grossi, quali ad esempio un‘impennata fuori controllo dell‘inflazione,  lo segnalerebbe con un deciso rialzo. Per il momento è calma piatta e di questo ce ne rallegriamo. 
Anche il VIX, il famigerato indice della paura... non fa paura e addirittura sta puntando verso i minimi storici.



Non tutto comunque è così tranquillo... Stamani abbiamo intercettato una new di Bloomberg che portiamo alla vostra attenzione: i costi di protezione dei portafogli da eventi nefasti stanno salendo rapidamente... non è un bel segnale. 

E‘ come se qualcuno intendesse assicurare la propria abitazione contro gli incendi sapendo che tra 5/6 settimane potrebbe anche divamparne uno. Il problema è che solitamente anche l‘assicuratore lo sa e nel peggiore dei casi non vi assicura la casa; nei migliori, lasciamo a voi immaginare quanto sia onerosa una simile copertura. E‘ un po‘ quello che sta succedendo al Cboe.



Riassumendo: siamo entrati a piè pari nel mese di giugno; secondo NRD lo S&P500 accumulerà ancora una performance positiva del 5/6% per poi prepararsi ad un atterraggio non tanto morbido. 

La probabilità che un tale scenario si avveri sono intatte ma ad una conditio sine qua non:  l‘indice americano deve superare di slancio i 4250 punti. 

Poi occhio ai risultati del secondo  trimestre che di norma sono pubblicati verso la fine della seconda settimana di luglio. 

Ovviamente se abbiamo il sentore che la casa bruci prima del previsto, non resteremo di certo con le mani in mano. Quindi...

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