domenica 20 giugno 2021

FED Dot Plot



FED Dot Plot 03.2021


                                                                 FED Dot Plot 06.2021





Che qualche cosa stia cambiando nella retorica della FED, appare evidente anche solo gettando  distrattamente un‘occhiata agli ultimi dot plot pubblicati a margine della riunione di mercoledì scorso. 

Rammentiamo che il „dot plot“ della FED è un grafico trimestrale che sintetizza l'opinione dei 18 membri della FED a riguardo del livello appropriato dei tassi per l’anno in corso e per i due anni successivi

La differenza tra la posizione di marzo e quella di giugno è in sintonia con l’avanzare dell’inflazione che, se ben ricordate, tre mesi fa non superava l’1.4-1.5% mentre oggi siamo vicini al 5%. Powell nelle scorse settimane non ha perso occasione per rammentarci come un tale rincaro sia solo temporaneo, ma mercoledì ha cambiato tono e ci ha messo sull’attenti a riguardo di un'inflazione che potrebbe anche restare più alta del previsto e per un tempo non ben determinato ma comunque persistente… 

Per quest‘anno di aumenti non se ne parla:  tutti i governatori sono allineati su questa posizione come lo erano a marzo. Quello che inizia a cambiare è la percezione di dove dovranno essere i tassi per il 2022: sono in 7 che se li aspettano più alti, mentre a marzo erano solo in quattro a pensarlo. Non diamo per scontato che vi saranno degli aumenti, ma se quest’ultimi dovessero manifestarsi il prossimo anno, significa che il movimento è avvenuto circa un anno prima del previsto e questo, fino a qualche settimana fa, NON era scontato dal mercato. A rincarar la dose sono rimasti in quattro a pensare che nel 2023 non vi saranno rialzi; quattro iniziano ad essere pochi... Ecco spiegato il nervosismo di questi ultimi giorni.


Stiamo cercando di capire se le spinte inflazionistiche, così evidenti negli USA (un po‘ meno in Europa) possano prima o poi affievolirsi  avvalorando la tesi di Powell sulla loro temporaneità. E‘ fuor di dubbio che un contributo essenziale all’aumento dei prezzi è arrivato dal rincaro (a volte anche impressionante) delle materie prime, dal costo del trasporto e dai vari colli di bottiglia che si sono formati negli approvvigionamenti. Non ci pare invece significativo il ruolo giocato dagli aumenti salariali che a nostro giudizio giocano per il momento un ruolo abbastanza marginale.


Vediamo come siamo messi:




L'indice generale delle materie prime di Bloomberg è reduce da una settimana di ribassi... E' solo un 5% ma potrebbe continuare la prossima...


Il rame ed il legname che sono stati tra i principali protagonisti del  rialzo dei prezzi delle materie prime hanno fatto anche peggio e sono arretrati di circa il 14/15%...



Anche l'indice dei trasporti sta calando e di sicuro sarà un aiuto a calmierare la crescita dei prezzi.

Quindi, senza la pretesa di aver fatto chissà quale esaustiva analisi, possiamo comunque ragionevolmente pensare che la crescita dell'inflazione potrebbe essere un po' meno virulenta e ce lo auguriamo. Forse Powell tutti i torti non li ha... lo capiremo nelle prossime settimane.

Ciò non toglie che l'azione della FED nei confronti di un aumento dei tassi dovrà comunque, presto o tartdi,  manifestarsi. Stiamo probabilmente risolvendo il problema pandemico e già questo potrebbe aiutare l'economia a restare a galla senza il continuo intervento delle banche central. Ma se non fosse il caso, allora bisognerà preoccuparsi, e parecchio, in quanto non si potrà lasciare il nostro paziente perennemente attaccatto all'ossigeno fornito della FED. Sembrerebbe una forma perniciosa di accanimento terapeutico che servirebbe solo a perpetuarne l'agonia a suon di migliaia di miliardi.

Ma vediamo come i mercati hanno reagito:



L'ultimo aggiornamento dell'algoritmo di NDR ci mostra un leggero rallentamento della crescita dello S&P500 ma per il momento tutto va nella giusta direzione...




...anche se la resistenza a 4240 sembra veramente.... resistente e dura da superare. Senza l'uscita dal canale trasversale NON abbiamo possibilità di nuove salite e quel 5/6% di potenziale salita rimane non espresso. Pazienza! Al contrario noi ci allarmiamo seriamente qualora l'indice dovesse bucare verso il basso il supporto dinamico (vedi freccia verde).





A livello europeo ci sono due Svizzere: quella che arranca agli Europei venti-venti e quella in che nell‘ultimo mese si è espressa, attraverso la sua borsa (SMI), risultando una delle migliori  in campo non solo a livello continentale ma addirittura mondiale. Il recupero è stato impressionante, supportato da volumi crescenti e strappi verso l’alto che l’hanno portata a colmare quasi tutto il ritardo nei confronti delle consorelle europee. Vi avevamo consigliato di tenere le posizioni e chi l’ha fatto non se n’è pentito. 


Ora però dobbiamo prender atto che alcuni indicatori ci stanno dando dei segnali che non vanno sottovalutati: uno di questi è il classico RSI che sul breve si trova in chiaro territorio di ipercomprato (cerchio rosso) che lascia presagire l’arrivo di una probabile correzione. Anche la ripidità e la rapidità con la quale la crescita è avvenuta suggerisce prudenza. Il canale ascendete è molto stretto e bastano pochi movimenti ribassisti per forare il supporto e dare il via a vendite più importanti. L’intuito ci suggerisce che forse è meglio agire d‘anticipo, senza aspettare un vero segnale di inversione. Non proponiamo una vendita massiccia, ma qualche alleggerimento mirato va fatto;  poi, pronti ad essere un po’ più incisivi quando i segnali ce lo suggeriranno e dei quali vi faremo partecipi.







Tutto questo parlar di tapering e tassi più alti, non può lasciar indifferente il dollaro che in effetti ha reagito; eccome ha reagito! Nello spazio di 2 giorni ha messo a segno un recupero importante di circa 200 punti base e sembra voler continuare a farlo anche per la prossima settimana sia contro euro che contro chf. Contro franco non escludiamo di vedere presto i 0.93 cts mentre contro euro 1.17 non sembra essere impossibile.





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