E' tradizione che i Re Magi portino in dono oro (che dovrebbe valere di più degli attuali 1792 $ per oncia), incenso e mira ai quali quest'anno hanno aggiunto le minute della FED. Dai verbali dell'ultima seduta della banca centrale americana (15.12.2021) se ne deduce che i Governatori sono molto più preoccupati per l'inflazione di quanto dato a sapere fino ad oggi: tutti prevedono un rincaro in fase ascendente per tutto il 2022 e le cose potrebbero non essere molto diverse anche per il prossimo anno.
Inoltre dalle minute traspare la volontà di procedere in tempi rapidi ad una riduzione del bilancio della FED di 8.7 trilioni di dollari, la qualcosa costituisce un'ulteriore manovra di riduzione indiretta di liquidità che andrà ad aggiungersi ai tre aumenti dei tassi attesi dal mercato, il primo dei quali non saremmo sorpresi se sarà già nel mese di marzo, in corrispondenza con la fine del tapering.
Lo sapevamo che le cose non erano messe bene ma, leggerlo nero su bianco, dà all'evento tutt'altro peso specifico che è subito stato recepito negativamente dai mercati azionari già nella seduta americana di ieri sera ed in quella odierna per quanto concerne Asia ed Europa.
La reazione più significativa è stata quella del rendimento del Treasury americano a 10 anni che ieri si è portato all'1.73% ad un soffio del livello pre-pandemico (cerchio rosso) di 1.80%-2% e temiamo che presto potrà anche essere superato. Va comunque considerato il fatto che un tasso del decennale al 2.5% è considerato "neutrale" (non stimola e non danneggia eccesivamente l'economia) e quindi inizieremo a preoccuparci sul serio solo se con le rese andremo oltre.
Anche la resa del Treasury a 2 anni (0.85%) segue a ruota confermando un trend che si è messo già in movimento a settembre dello scorso anno e sembra non avere nessuna resistenza fino al 1.30%.
Come avevamo previsto per il reddito fisso non è certo un bel momento e per fortuna abbiamo sempre mantenuto una posizione sottoponderata rispetto al nostro benchmark. Qualche danno l'abbiamo subito ma moderato.
Chi invece sta soffrendo è il settore tecnologico: il Nasdaq (-3.48% ytd) sta avendo il suo peggior avvio d'anno dal 2008 quando è iniziata la crisi finanziaria. Le medie mobili a 50 (viola) e 100 (verde) giorni sono state perforate al ribasso e quella a 200 giorni (blu) potrebbe essere il prossimo obiettivo. Oggi l'indice si trova sulla linea di supporto (tratteggiata) e sarà importante che venga confermato come sembra voler fare a mercato appena aperto.
La prospettiva di tassi più elevati ha tolto dello smalto a questo settore che è sempre stato premiato dal mercato a causa di prospettive eccellenti sui guadagni futuri delle società tecnologiche; un aumento delle rese rende il valore attuale dei loro guadagni futuri meno interessante. Per il momento ci limitiamo ad osservare questi movimenti e vedremo nei prossimi giorni se vi saranno delle occasioni da cogliere.
Anche lo S&P500 ovviamente non è insensibile a quanto sta succedeno ma per il momento si è limitato ad una modesta correzione che l'ha portato ad adagiarsi sul suo supporto a 4700 punti (che non è altro che la vecchia resistenza...). Per il momento il trend è intatto, le medi mobili sono vicine ma non sono ancora state perforate.
Il nostro SMI è pure in fase di correzione, ma le cause sono più da ricercare in una fase di debolezza di alcuni colossi come Roche, Nestlé e Lonza piuttosto che andare a scomodare i tassi americani. Una pausa si riflessione la salutiamo senza troppi isterismi: stamani il trend a corto termine è stato forato (freccia rossa) e probabilmente il mercato si stabilizzerà attorno ai 12'600/12'650 punti (zona di conolidamento di nov-dic 2021 ovale tratteggiato rosso) e le preoccupazioni le avremo se andrà sotto i 12'500 punti. Per il momento teniamo le posizioni.
Vale forse la pena sottolinerare che un aumento delle rese (che sta comunque avvenendo anche in Europa) favorisce banche e assicurazioni che abbiamo comprato qualche settimana fa: andate a vedere qualche quotazione per convincervene.
Con un simile scenario legato all'aumento delle rese americane, il dollaro dovrebbe approfittarne: deve contrastare la forza del franco svizzero e soprattutto deve evolvere con convizione oltre il livello di 0.92 cts. UBS ha un target a 0.96 per fine anno: modesto, ma non sarebbe male.
Anche contro euro potrebbe avere uno sviluppo positivo: infatti non ci pare che la BCE abbia in serbo un programma simile a quello della FED... per il momento il dollaro è imbrigliato nel triangolo tratteggiato ma se sfondato al ribasso 1.10 è il suo target.
Come detto l'oro dovrebbe valere molto di più dei 1795$ odierni ma evidentemente soffre la concorrenza dell'aumento delle rese e del dollaro forte. Non sembra essere più il bene rifugio per eccellenza soprattutto quando si parla di inflazione...
... sono in molti a pensare che il bitcoin possa sostituire l'oro come bene rifugio ma per il momento sembra non dare le garanzie di stabilità richieste.
Ma leggete cosa riporta la rivista Barron's a proposito della cripto valuta:
"L'analista di Goldman Sachs Zach Pandl ha detto in una nota che il Bitcoin potrebbe raggiungere i 100.000 dollari se gli investitori arrivassero a considerare la criptovaluta davvero come oro digitale, e la sua quota di mercato del "negozio di valore" dovesse aumentare al 50%.
Nessun commento:
Posta un commento